|
|
|
|
Il Papa l’ha definito
“via privilegiata per il quotidiano colloquio con il Signore”. Come i
santi e i beati del Paradiso, tutti i credenti possono, grazie al
Rosario, giungere ad un’intimità sempre più profonda con Cristo e con la
Vergine. Il Rosario è, senza dubbio, la preghiera spirituale prediletta
del Papa al punto da dedicarle una lettera apostolica “Rosarium Virginis
Mariae” ed un anno in preparazione al venticinquesimo anniversario del
suo ministero petrino. È un itinerario per il fedele che ha come meta
finale la conoscenza piena del mistero di Cristo attraverso la sequenza
dei misteri in cui si riflette e si propaga la luce dello sconfinato
mistero di Gesù. Un tesoro prezioso per il credente a cui Giovanni Paolo
II ha voluto aggiungere altri cinque misteri, i misteri della Luce.
Sul Rosario, atto di
devozione spontaneo nato tra il dodicesimo e il tredicesimo secolo e
scuola di preghiera, sono state scritte pagine memorabili. Testi ricchi
di suggestione, veri e propri attestati d’amore, come lo è Il Rosario
e la nuova evangelizzazione, l’ultima fatica letteraria di
monsignor Domenico Sorrentino, arcivescovo prelato di Pompei e delegato
Pontificio per il Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario
fino al due agosto scorso, quando è stato scelto come segretario del
dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Sorrentino, professore di teologia dogmatica e spirituale alla facoltà
teologica dell’Italia meridionale, è, infatti, l’autore di un agile
volumetto incentrato sul Rosario e sulla nuova evangelizzazione. Poco
meno di duecento pagine per un libro che vuole essere un omaggio al
magistero papale, capace di condurre per mano il lettore alla scoperta
di quella che promette di essere l’esperienza di fede più appagante per
chi crede, vissuta alla scuola e in compagnia di Maria.
Il Rosario è sinonimo di pace e un inno
alla pacifica convivenza tra i popoli e le nazioni, come più volte ha
ricordato il Pontefice nei suoi interventi in questi mesi. Nel suo libro
c’è un intero capitolo dedicato a questo aspetto….
“Giovanni Paolo II ci
ha aiutato a capire come il Rosario non sia soltanto un’invocazione per
la pace, perché al pari di tutte le altre preghiere può essere rivolta
al Signore per ottenere questo grande dono, ma sia anche una preghiera
privilegiata per la sua stessa struttura. Ossia, un’invocazione che per
sua natura è in grado di indurre e stimolare la pace. E’ risaputo che il
Rosario è una preghiera contemplativa, rivolta a Gesù alla scuola di
Maria. A mano a mano che questa preghiera si è fatta sempre più spazio
nella coscienza cristiana, soprattutto in tempi recenti con il magistero
dei Pontefici del secolo scorso, questo suo carattere militante è
diventato sempre più una milizia per la pace. Mi piace sottolineare il
fatto che Giovanni Paolo II ci ha aiutato a comprenderne le ragioni.
Perché questa preghiera porta proprio il segno della pace. Per più di un
motivo.
Innanzitutto, il
Rosario è una preghiera contemplativa che ci fa incontrare il volto di
Gesù, alla scuola della Madre. Si passa in rassegna, per così dire, la
vita di Cristo nello scenario dei suoi diversi momenti. A mano a mano
che l’animo contempla Gesù, ne assimila anche il suo messaggio. Nel
segreto delle sue stanze interiori si fa strada il segreto della pace,
perché Gesù è la pace. Questo è un primo grande motivo. C’è, però,
un’altra ragione più specifica su cui il Papa ha voluto porre l’accento:
è la struttura del Rosario. Nel senso che il Rosario è una preghiera
ripetitiva. Nel senso migliore del termine. Quando è partecipata nel
giusto modo, la preghiera assume il carattere dell’innamoramento.
Infatti, il Rosario si ripete per innamorarsi di Gesù Cristo. A mano a
mano che l’animo si concentra su Gesù Cristo, si costruisce nel cuore
del credente un ritmo di pace. Il Papa parla, infatti, di un ritmo
pacificante. Dunque, il Rosario aiuta il fedele a sintonizzarsi sul
messaggio di pace, proprio in virtù di questa sua struttura ripetitiva e
contemplativa. Naturalmente, da questa condizione interiore ne deriva la
testimonianza di fratellanza che ognuno irradia nella società e nel
quotidiano del suo vissuto”.
Collochiamo la preghiera del Rosario
all’interno del magistero petrino e in particolare in rapporto alla
Novo Millennio Ineunte, documento programmatico per la Chiesa del
terzo millennio.
“Non a
caso ho scelto per il mio testo il titolo di ‘Il Rosario e la nuova
evangelizzazione’. Tutti sanno che quest’espressione, nuova
evangelizzazione, caratterizza il pontificato di Giovanni Paolo II. Il
Papa ha davanti a sé un mondo in cui il cristianesimo è purtroppo
minoritario. Tutto questo implica il fatto che la società c’interpella
come evangelizzatori. Con modalità rinnovate: più ardenti e
appassionate. Il Pontefice ha fatto di questo principio il leit-motiv
del suo magistero. Fin dall’inizio, il suo ‘Spalancate le porte a
Cristo’ è da leggere in questa chiave. Oggi siamo chiamati ad essere
presenti nella storia con l’arma della preghiera, ed in particolare con
il Rosario.
Ripartire da Cristo,
come ci ha detto, a partire dal Rosarium Virginis Mariae. La
Novo Millennio Ineunte e Rosarium Virginis Mariae sono due
documenti da leggere insieme. Questa chiave di lettura è un invito
esplicito al mondo contemporaneo a riconoscere in Cristo il Salvatore,
il Redentore. In tono contemplativo. Nella misura in ciò avviene, Gesù
diventa il senso dell’esistenza.”.
L’Anno del Rosario è appena terminato,
proprio in coincidenza con l’anniversario dell’elezione al soglio
pontificio di Giovanni Paolo II. Possiamo fare un bilancio di questi
365 giorni vissuti nel segno di Cristo e di Maria, dal punto di vista
dell’osservatorio privilegiato che è Pompei?
“E’ un
bilancio certamente positivo. A Pompei abbiamo visto i miracoli del
Rosario. Tantissime persone dall’Italia e dal mondo si sono recate al
Santuario in quest’anno provvidenziale. Ma, soprattutto, abbiamo
constatato quanto il Rosario, se vissuto in questa maniera rinnovata
indicata dal Papa, riesca ad essere una preghiera trasformante. Vale a
dire, aiuta le persone ad incontrare davvero Gesù Cristo. Ed
eventualmente, a cambiare vita. In tantissimi casi ho avuto la
testimonianza diretta e tangibile che, mettersi in contemplazione di
Gesù al cospetto di Maria entrando nelle profondità del mistero, riesca
a cambiare la vita e a restituire gioia e speranza a chi l’ha perduta.
Ho conosciuto persone che mi hanno raccontato di aver aperto la propria
esistenza alla luce dopo aver recitato il Rosario. Questi sono i frutti
di questo Anno voluto dal Santo Padre”.
Il Rosario è preghiera per la famiglia e
della famiglia. Spesso il Papa pone l’accento su questo aspetto.
“Anche
da questo punto di vista il Papa si muove in un solco tradizionale.
Perché è da sempre che questo legame tra il Rosario e la famiglia è vivo
e sentito. Un solco tradizionale che oggi sembra interrotto, a causa
della crisi che attraversano la famiglia e i valori che ne fanno il
collante essenziale della società. Da questo punto di vista, l’invito
del Papa ha il sapore di una sfida. Giovanni Paolo II ci indica le
ragioni per le quali questa sfida deve essere raccolta per il bene della
cellula fondamentale della società. Un aspetto, in particolare, mi piace
rilevare in questa circostanza: il Papa fa della crisi della famiglia
una questione di sguardo. Dice che purtroppo la società contemporanea ci
distoglie dal guardarci in maniera attenta. Rende i rapporti tra le
persone molto fugaci e superficiali, persino in famiglia.
Il ruolo della comunicazione in
famiglia è disturbato persino dal televisore. Fissare le immagini di un
televisore troppo spesso fa dimenticare di concentrare il proprio
sguardo sui volti di chi abbiamo accanto. Se s’impara a recitare il
Rosario insieme, questo oltre ad essere un atto che aiuta i membri della
famiglia, è una sorta di educazione dello sguardo. Permette, cioè, alle
persone di guardarsi in modo nuovo tra loro. Mentre si mette al centro
del proprio sguardo Gesù Cristo, inevitabilmente s’impara anche a
guardare l’altro con un sguardo rinnovato. Ed è tutto merito del
Rosario. Sta poi a ciascuno di noi attribuire il giusto ruolo e il
giusto spazio alla preghiera in seno alla famiglia. La conseguenza è uno
sguardo rinnovato che aiuta i genitori e i figli a guardarsi con una
luce nuova e a leggere negli occhi, gli uni degli altri, uno sguardo
d’amore”.
|