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Suor Therezinha Joana Rasera, superiora generale della Congregazione
delle Suore del Divin Salvatore, è presidente dell’Unione Internazionale
Superiore Generali, essendo stata eletta nel maggio scorso durante la
riunione plenaria incentrata su “Donne, discepole di Gesù Cristo,
artefici di riconciliazione in questo nostro mondo”.
Servire le persone che vivono ai margini della società è
la base dell’apostolato dell’ordine fondato da Padre Francesco Maria
della Croce Jordan che ha istituito la congregazione con l’obiettivo di
fare conoscere Dio il Salvatore attraverso tutti i mezzi e modi che
l’amore di Cristo ci ispira. Si tratta di un progetto umanitario che si
concretizza anche in uno stile di vita rispettoso dei valori delle
culture, incentrato su una testimonianza dei principi cristiani del
Vangelo.
A Suor Rasera, la cui
congregazione Salvatoriana é diffusa in 28 paesi, abbiamo chiesto la sua
personale interpretazione dello slogan del Congresso mondiale “Passione
per Cristo, passione per l’umanità”, alla luce del carisma della sua
congregazione, e come è possibile metterlo in pratica nel quotidiano.
“In base alla mia personale esperienza, passione per Cristo e per
l’umanità significa essere persone dotate di mistica e di profezia.
Persone che possono attingere ad una profonda spiritualità incarnata a
partire dal mondo che ci circonda. Il documento indica due icone
bibliche: quella della Samaritana, quando Gesù va al pozzo di Giacobbe e
le offre “acqua viva” e quella del Samaritano che ha soccorso il
moribondo sulla strada. Tutte e due sono esempi di spiritualità che
illuminano anche la vita consacrata, perché sono esempi propri di chi ha
un colloquio con Gesù e ha ricevuto una missione. Di chi ha un cuore
ricco di misericordia e di compassione verso chi soffre e ha bisogno di
aiuto. La passione significa possedere questo fuoco, avere questa
attitudine ad accogliere l’altro nelle sue necessità. È il principio
ispiratore della nostra esistenza. Tutti dobbiamo essere animati da una
passione nella nostra vita. La nostra vocazione è immersa nella vita e
nella situazione di oggi, così complessa e ricca di spunti che ci
interpellano dal profondo e di problematiche di non facile soluzione.
Dobbiamo essere vicine alla gente con il cuore pieno di misericordia e
di compassione”.
La vita
consacrata oggi è ad un bivio: quali i nodi cruciali che a suo avviso
debbono essere immediatamente affrontati, alla luce del documento di
lavoro premessa a questo congresso mondiale?
“Il documento sottolinea che dobbiamo
saper discernere tra le sfide e insieme vogliamo scoprire dove lo
Spirito Santo ci vuole condurre.La prospettiva è, dunque, discernere per
rifondare. Percepiamo la Vita Religiosa come un dono dello Spirito,
ricevuto della Chiesa per il mondo. Occorre una rivitalizzazione
radicale che ci dia una nuova fisionomia. Il cammino che abbiamo già
intrapreso, ci indirizza sull’uomo e sulla donna sofferente. Siamo
consci che il nostro impegno quotidiano da vivere in chiave di passione
per Cristo e per l’umanità, ci porta a stare accanto alle persone più
deboli. Di fronte alle tante sfide che il mondo presenta ogni giorno, la
vita religiosa è chiamata a essere parte di un ampio processo di
comunione, che alimenti la speranza attraverso scelte conseguenti di
riconciliazione, in particolare la scelta di portare il male senza
restituirlo.<In altre parole, significa avere la libertà di non
restituire il male ricevuto, ma di rispondere alla situazione di
violenza con la non-violenza, all’arroganza con la mitezza, aver la
forza di accogliere il male su di sé, senza reagire in modo automatico,
ripetitivo.
Il Papa
ha appena indetto uno speciale Anno dedicato all’Eucaristia. Il
congresso mondiale si svolgerà proprio durante questo Anno e sarà
successivo all’incontro mondiale in programma in Messico. In che modo
questo appuntamento influenzerà i lavori del congresso di novembre?
Già dal tema è evidente il legame tra il nostro Congresso
e l’Anno dedicato all’Eucaristia. “La passione per Cristo e per
l’umanità” non prescinde dall’Eucaristia, questa presenza costante
di amore e di comunione che ci accompagna permanentemente. Concretamente
occorre riflettere su che tipo di contributo la celebrazione
dell’Eucaristia potrebbe dare per la globalizzazione della solidarietà.
Secondo il Papa Giovanni Paolo II “le comunità cristiane hanno il dovere
di far diventare la celebrazione dell’Eucaristia un luogo, dove la
fratellanza diventi solidarietà concreta e nella riflessione e
nell’amore dei fratelli e delle sorelle, gli ultimi diventano i primi,
dove proprio Cristo tramite l’offerta generosa dei ricchi per i poveri,
possa continuare di modo particolare, il miracolo della moltiplicazione
dei pani nel tempo” (Dies Domini Nº 71). Sono tanti i modi in cui
il Signore si manifesta e sta presente fra di noi con il suo amore
incondizionale. Ma per questo tema dell’Eucaristia stiamo lavorando su
una bozza in vista di un instrumentum laboris per l’assemblea
sinodale che si terrà il prossimo anno”.
Parlando
ancora sul Congresso della Vita Religiosa, quale a suo avviso il punto
centrale di questo documento preparatorio?
“La situazione del mondo è colta da noi
sia come sfida, che come opportunità. In un certo senso, uno stimolo ad
essere più dinamiche. La globalizzazione con le sue ambiguità, la
mobilità umana con le sue due facce dell’immigrazione e
dell’emigrazione, il sistema economico neoliberale così ingiusto e
destabilizzante, la cultura di morte, la crisi internazionale: tutte
grandi sfide, presenti nel documento, che ci coinvolgono e ci chiamano
ad un nuovo modo di vivere la vita religiosa. È un nuovo stile di vita
che deve prendere il sopravvento. Occorre instaurare un sistema
economico solidale che includa a tutti, basato sulla solidarietà. Non
solo. E’ necessario promuovere la pace come frutto della giustizia, la
vita, e la vita in pienezza, collaborando con le altre istituzioni
civili e religiose che perseguono lo stesso obiettivo. Stiamo imparando
a portare avanti gli impegni, in partecipazione, in comunione, e a
confrontarci sui nuovi stili di vita e promovendo una missione
solidaria. Siamo convinte che il nostro atteggiamento deve essere
improntato alla solidarietà”.
Nell’introduzione del documento preparatorio si accenna al grande
impulso offerto alla vita consacrata dal Concilio Ecumenico Vaticano II.
È un’affermazione valida ancora oggi? E soprattutto, gli insegnamenti
del Concilio in materia di vita consacrata sono stati davvero applicati
o ancora c’è molta strada da percorrere a suo giudizio?
“Parlando ad esempio della vita religiosa, sappiamo che
molto è stato fatto. È in atto un processo ancora. Alcuni temi sono
stati aggiornati, altri approfonditi. Siamo consapevoli che c’è ancora
molto da fare. Soprattutto l’attenzione ai segni dei tempi. Per esempio
quando viene fondato un nuovo ordine, spesso avviene per colmare una
lacuna che si avverte nella Chiesa. Il nostro compito è oggi di fare un
cammino dinamico. Siamo consapevoli che abbiamo tanta strada da
percorrere. In questo senso il congresso rappresenterà di sicuro uno
stimolo per intraprendere con coraggio e fiducia un nuovo tratto di
questo cammino. Rinnovare le nostre congregazioni, a partire dei
ideali,del profetismo dei nostri fondatori e fondatrici, guardado sempre
con attenzione al mondo circostante, curiosi di cogliere i segni dei
tempi”.
Lo
spirito del Congresso è da interpretare alla luce di quattro verbi:
accogliere, lasciarsi trasformare, iniziare una nuova prassi e
celebrare. Si tratta di quattro indicazioni operative estremamente
impegnative. In base alla sua personale esperienza, ritiene realizzabili
concretamente questi propositi?
“Il congresso è un momento forte di un lungo processo in
divenire. Il nostro obiettivo è di fare un passo in più su questo
itinerario che per certi versi è provocatorio. Vogliamo creare
un’atmosfera che sia in grado di aiutare i delegati a vivere un tempo di
rinnovamento, in chiave di compartecipazione. Questo spirito, che ci
proponiamo di fortificare, deve animare le nostre azioni quotidiane. Per
osare uno stile nuovo, su una strada tutt’altro che facile e scontata,
ma che vogliamo percorrere con speranza”.
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