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Docente Ordinario di
Teologia Fondamentale e di Teologia Sistematica nella Facoltà Pontificia
di Scienze dell’Educazione “Auxilium”, suor Marcella Farina è Direttore
responsabile della Rivista di Scienze dell'Educazione
della stessa Facoltà. Suor Farina, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, è
inoltre membro della Pontificia Accademia Teologica, membro e socio
fondatore della Società Italiana per la Ricerca Teologica; membro
dell’Associazione Mariologica Interdisciplinare; fa parte anche del
consiglio delle suddette associazioni. Ha, poi, collaborato alla
preparazione della proposta della Santa Sede alla quarta conferenza
mondiale dell'ONU svoltasi a Pechino nel 1995. Tra le pubblicazioni
sulla riflessione di genere spiccano: “Donna e umanizzazione della
cultura alle soglie del terzo millennio. La via dell'educazione”, “Donne
consacrate oggi. Di generazione in generazione alla sequela di Gesù”.
Sul tema della povertà e del servizio ai poveri ha scritto “Chiesa di
poveri e Chiesa dei poveri. La fondazione biblica di un tema conciliare
(approccio alla povertà dal punto di vista della Bibbia)” e “Chiesa di
poveri e Chiesa dei poveri. La memoria della Chiesa”. L’abbiamo
interpellata sul prossimo appuntamento di rilievo per la Chiesa che è in
Italia: il Convegno ecclesiale di Verona. E ha risposto con una
eccezionale ricchezza di spunti per la riflessione.
Nei giorni 16-20 ottobre 2006 la Chiesa che è in Italia celebrerà a
Verona il 4° Convegno ecclesiale. Il tema è significativo e
provocatorio: Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo. E’
oltremodo intenso e impegnativo. Ci dica: cosa vuol significare?
“La scelta del
tema è il risultato di un cammino di riflessione e di discernimento
dell’Episcopato italiano che ha avuto il suo momento privilegiato nella
51ª Assemblea generale dei vescovi, svoltasi a Roma dal 19 al 23 maggio
2003.
Essa è in profonda
sintonia con il messaggio lanciato da Giovanni Paolo II che nella
Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte ha incoraggiato la
Chiesa e i singoli credenti “a prendere il largo”, annunciando con
ardore e testimoniando con coraggio Gesù. Ha esortato ad accogliere Lui,
il Signore, il Salvatore del mondo, contemplandoLo nei suoi misteri,
soprattutto nella sua Pasqua, lasciandosi conformare a Lui dallo Spirito
che Egli ci ha donato da parte del padre. Quindi, il Papa ci ha spinti a
scommettere sulla santità, misura alta della vita cristiana.
Il tema riprende
gli Orientamenti Pastorali, Comunicare il Vangelo in un mondo che
cambia (Cvmc), valorizzando la ricchezza spirituale del
Giubileo, il cammino post-giubilare e i frutti spirituali del Congresso
Eucaristico Nazionale.
Al centro vi è
Gesù Risorto, il Figlio di Dio che per nostro amore, per la nostra
salvezza, si è fatto uno di noi amandoci “fino alla fine”, fino a dare
la vita per noi. Egli, glorificato presso il Padre nella resurrezione, è
l’inizio della nuova creazione, fonte di vita e di santità, quindi
sorgente della nostra testimonianza.
Rigenerati e resi
nuove creature, colmi della sua grazia, non possiamo non annunciarLo.
Con le opere e le parole, cioè con la vita, siamo spinti a testimoniarLo,
proclamando la speranza che non delude, perché non è semplicemente una
proiezione utopica, costruzione umana, ma è dono divino, è accoglienza
fattiva della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte.
La Chiesa ha la
missione di annunciare questa speranza al mondo che sembra aver smarrito
il senso del futuro e si appiattisca sull’immediato.
Il presente è
sperimentato, talvolta, come drammatico, paralizzante, quindi genera
paura e restringe gli spazi alla cultura della vita e della gratuità.
Sovente è vissuto con una forma di autosufficienza che aliena da Dio e
lascia la persona orfana, in una pesante solitudine, nonostante il
moltiplicarsi dei nuovi e potenti mezzi di comunicazione sociale. Oggi,
anzi, non mancano, talvolta si moltiplicano, esplicite o nascoste
ostilità nei confronti della proposta cristiana, tentativi di
emarginarla nel privato e nell’opinabile.
Ma proprio in
questo nostro tempo il Signore continua ad irradiare nel mondo la luce e
la gioia della sua resurrezione e vuole farlo attraverso i suoi
discepoli, chiamandoli alla professione di fede coraggiosa, libera da
ogni forma di latitanza e di fondamentalismo.
Egli ci chiama ad
adorarLo nei nostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque ci
domandi ragione della speranza che è in noi (cf 1Pt 3,15).
Sì, il tema scelto
è ardito e impegnativo perché esprime sinteticamente la Rivelazione
divina che si compie in Cristo. Pertanto non può esaurirsi nella
preparazione e nello svolgimento del convegno. Verona è come una
occasione propizia per ricentrare la nostra vita in Gesù con un nuovo
impulso nel cammino di santità e nello slancio missionario.
Perciò,
consapevoli della vastità e profondità del tema, non ci lasciamo
abbattere dai nostri limiti, ma con Pietro diciamo: “Signore, sulla tua
parola…”; “Da chi andremo?… Tu solo hai parole di vita eterna”.
Come si pone questo tema all’interno del cammino attuale della ‘nostra’
Chiesa?
Il convegno, come
ho detto, si colloca esplicitamente nella prospettiva degli Orientamenti
Pastorali Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, anzi ne
rappresenta un momento significativo, una grande opportunità di verifica
e di discernimento personale ed ecclesiale.
Si pone in
continuità con i tre convegni nazionali precedenti, valorizzandoli, come
un evento di grazia che, mentre interpella a vivere più radicalmente il
Vangelo, fa riflettere operativamente su come irradiarlo nel mondo.
Il testo porta la
data significativa del 29 aprile, giorno dedicato a S. Caterina da
Siena, Patrona d’Italia, quindi pone il convegno sotto la protezione di
questa singolare testimone della speranza cristiana in un momento
storico particolarmente problematico a livello economico, politico,
sociale e religioso.
L’Introduzione
inquadra il convegno esplicitamente nel cammino non solo della Chiesa
italiana, ma in quello della Chiesa universale. Richiama, così, i 40
anni dal Concilio e invita a riaccoglierne l’eredità; riprende le
prospettive e gli orientamenti di Cvmc, valorizza i frutti del
Congresso Eucaristico Nazionale, avvia a una rilettura teologica degli
attuali scenari culturali e sociali a livello nazionale, europeo e
mondiale, considerando le profonde trasformazioni nei loro aspetti
positivi e nelle loro ambiguità con i loro effetti soprattutto sul modo
di concepire la persona e il suo essere nel mondo. Mette in rilievo che
l’evento di Verona è il primo convegno del nuovo millennio che ci si
presenta carico di sfide e possibilità, di fronte alle quali i cristiani
sono chiamati a essere testimoni credibili del Vangelo della speranza.
Infatti, pur
essendo stranieri in questo mondo, i credenti in Gesù Risorto non
possono disinteressarsi delle difficoltà, ambiguità e aspirazioni
dell’umanità contemporanea.
Proprio
nell’intento di segnalare la continuità del convegno con il cammino
della Chiesa si è svolto a Palermo dal 24 al 26 novembre 2005 un
seminario di studio dal titolo Ricorda, racconta, cammina, da Palermo
1995 a Verona 2006: trasmettere la fede nel Risorto, speranza del mondo.
Sono stati tre giorni di confronto e di proposta sul percorso fatto
nella ricerca di una comunicazione della fede attenta alle dinamiche
culturali del nostro tempo.
In un certo senso
si potrebbe dire che la Chiesa Italiana nel post-Concilio ha posto
l’attenzione sulla dimensione teologale della vita cristiana: negli anni
’70-80 ha insistito sulla fede e sulla comunicazione della fede, negli
anni ’90 sulla carità, ora sulla speranza.
Per questa evenienza è stata pubblicata una “traccia di riflessione”. La
presentazione porta la firma del card. Dionigi Tettamanzi, quale
Presidente del Comitato preparatorio. Quali spunti offre per una
preparazione adeguata?
Il Cardinale
Dionigi Tettamanzi nella breve presentazione in primo luogo ha collocato
questo evento ecclesiale nel contesto socio-culturale e
socio-ecclesiale, quindi ha indicato come si è giunti alla formulazione
del tema, ha messo in luce i contenuti fondamentali inclusi nel tema,
gli obiettivi del convegno, il significato dello strumento preparato.
Ha evidenziato che
la traccia fa convergere su quattro elementi fondamentali: Gesù
Risorto presente tra noi e nel mondo, il mondo nella sua
concretezza del quale facciamo parte anche noi, le attese del
mondo che il vangelo apre alla speranza, l’impegno dei
cristiani, specie dei laici, nel testimoniare la speranza con uno
stile di vita nuova capace di incidere nella storia.
Di qui le
domande fondamentali:
Ø
che cosa
il Vangelo comunica alla vita dei cristiani?
Ø
come Gesù
Cristo può rigenerare questo vissuto soprattutto nella sua dimensione
quotidiana?
Ø
come può
essere plasmata una nuova prospettiva antropologica nell’epoca della
complessità?
Ø
quali
forme e modalità possono caratterizzare la presenza dei cristiani in
questo momento storico nel nostro Paese?
Le considerazioni
del Cardinale sono riprese ed esplicitate ulteriormente nella Traccia.
Questa ruota
attorno a quattro domande che declinano gli elementi indicati nel
titolo Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo:
Ø
come Gesù
Risorto rigenera la vita nella speranza?
Ø
come la fede in
Lui ci rende testimoni di speranza?
Ø
come
essere uomini e donne che testimoniano nella storia la speranza?
Ø
come la
speranza aiuta a comprendere e vivere le situazioni che maggiormente
interpellano l’umanità oggi?
Da queste domande
deriva l’articolazione del tema in quattro momenti che
corrispondono alle quattro parti della Traccia:
Ø
il primo porta nel
cuore della testimonianza, ossia alla sorgente viva, inesauribile della
speranza che è l’incontro con il Risorto;
Ø
il secondo mette a
fuoco il fondamento, la radice del testimone cristiano;
Ø
il terzo narra
la testimonianza del cristiano nella Chiesa e nel mondo,
segnalando che la speranza cristiana si fa vita;
Ø
il quarto
prospetta l’esercizio della testimonianza come discernimento e
ricerca di presenza signifi-cativa dei cristiani laici che sanno mettere
a fuoco le situazioni oggi più rilevanti per la vita delle persone (cfr
Traccia n. 1).
L’intento è quello
di favorire la più larga partecipazione ecclesiale al cammino di
preparazione e alla celebrazione come un momento privilegiato di
crescita nella fede e come un rinnovato impegno missionario. Quindi il
convegno non è fine a se stesso. È un punto di arrivo e un punto di
partenza dell’intera comunità cristiana. In questa ricerca operosa Maria
è la guida, in quanto, grazie al suo “sì” la speranza ha fatto irruzione
nel mondo.
Lei ha una buona conoscenza della vita consacrata femminile presente in
Italia. Ne conosce la vita la sua realtà e “sogni”. Cosa dice alle
religiose perché sappiano – qui e ora - in questo momento di Chiesa,
vivere intensamente la loro ‘passione per Cristo’ e la ‘passione per
l’umanità’, tema proposto alla loro considerazione durante il Congresso
internazionale del 2004?
La Terza Parte
della Traccia considera Il racconto della testimonianza. È
introdotta dell’espressione: «Voi siete la stirpe eletta, il
sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato
perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle
tenebre alla sua ammirabile luce» (1Pt
2,9).
Inizia ponendo
l’attenzione su come essere uomini e donne che testimoniano nella
storia la speranza, non isolatamente, ma come comunità, appunto come
stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo redento.
Ispirandosi
all’espressione della 1Pt 2,9, evidenzia che la proclamazione
delle opere meravigliose di Dio ha il duplice scopo di narrare
l’incontro con il Risorto e far nascere negli altri il desiderio di
incontrarLo. Insieme al contenuto della speranza si narra il cammino per
riconquistarla mediante i segni della resurrezione, cioè la vita nuova.
Primi destinatari di questa narrazione sono i fratelli di fede, luogo
privilegiato è la famiglia. La testimonianza soprattutto dei genitori e
degli adulti propone il dinamismo di memoria, presenza, profezia, che
coniuga tradizione ed educazione della fede, secondo la
paternità/maternità nella fede.
“Nei decenni
scorsi - prosegue il testo al n. 10 - la Chiesa italiana ha messo in
rilievo la fede e la carità. Oggi vuole sottolineare la forza
insospettata della speranza. Per questo metterà sul candelabro le
esperienze che sono profezia di futuro: la vita consacrata,
in particolare monastica; la vocazione missionaria, in specie ad
gentes; la donazione nel matrimonio e nella famiglia; il servizio ai
più poveri e la cura del disagio; l’accompagnamento educativo nei
confronti dei ragazzi e degli adolescenti; la formazione al senso civile
e alla partecipazione nel sociale; l’attenzione al mondo del lavoro; la
presenza nei luoghi della sofferenza e della malattia”.
Come si vede, le
persone consacrate, nella varietà dei carismi, sono interpellate
direttamente.
La loro narrazione
è mettere “sul candelabro le esperienze che sono profezia di futuro”.
Non raramente
anche in Italia si suonano le campane a morte sulla vita religiosa
femminile, proferendo “profezie di sventura”, insistendo sul calo
numerico, sull’età avanzata delle suore, su un clima di stanchezza,
mettendo, però, tra parentesi la capillare presenza delle donne
consacrate sul territorio soprattutto nei luoghi di povertà materiale e
spirituale, il loro generoso servizio, la loro “resistenza” nel lavoro,
non tirandosi indietro nel sacrificio. Non mi riferisco solo alle Case
famiglia, alle case di accoglienza per ragazze madri o per prostitute
che vogliono uscire da questa drammatica esperienza, le visite alle e ai
carcerate/i…; ricordo pure la tante impegnate nelle scuole ove sovente
vanno incontro a molteplici forme di povertà e di solitudine, di
scoraggiamento e di paura; agli oratori e centri giovanili, alle
parrocchie e ai movimenti…
I consigli
evangelici, vissuti con coerenza e radicalità, sono, come afferma
l’Esortazione post-sinodale Vita Consecrata, luogo profetico,
possibilità di proclamare le grandi opere di Dio.
Le donne
consacrate si sentono particolarmente interpellate. Ispirandosi al
messaggio della Mulieris Dignitatem di Giovanni Paolo II,
vogliono maturare la consapevolezza che la loro dignità e vocazione
stanno proprio “nelle grandi opere di Dio”, secondo la spiritualità del
Magnificat della Vergine Maria.
Il cantico della
Madre di Dio è come il filo rosso che le guida con “genio femminile” a
esprimersi nella storia generando vita nuova, collaborando alla
costruzione del futuro in una maternità spirituale che si nutre alla
mensa della Parola e del Pane.
Dio scommette su
di noi, dandoci un anticipo di fiducia. Anche noi scommettiamo su Dio
affidandoci totalmente al suo amore misericordioso, sperando attivamente
nella salvezza nostra e del mondo intero.
La nostra povertà
non blocca questa speranza, anzi la alimenta, perché la nostra fede è in
Gesù, Figlio di Dio, il Crocifisso Risorto. La sofferenza, la povertà,
le contraddizioni entrano in questo mistero, non sono un ostacolo, sono
piuttosto il contesto concreto in cui si realizza la salvezza.
Vogliamo seguire
l’esortazione di Pietro: «Stringendovi a lui, pietra viva,… anche voi
venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio
spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali
graditi a Dio» (1Pt 2,4-5)
“Questo sia fatto
con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza” (1Pt
3,15-16)
Unica cosa
necessaria è accogliere il suo amore e rimanere con cuore lieto e grato
in esso.
Riporto una
espressione di Giuliana di Norwich, una mistica del 14° secolo:
«”Bene, vuoi
sapere che cosa ha inteso il tuo Signore in tutto ciò?
Sappilo bene,
amore è il suo significato.
Chi ti rivela?
Amore.
Cosa ti ha
rivelato? L'Amore.
Perché te lo
rivela? Perché è l'amore.
Rimani salda in
questo e lo conoscerai più a fondo.
Ma non saprai mai
cose diverse da queste per l'eternità”.
Così mi fu
insegnato che nostro Signore è amore.
E ho visto, con
assoluta certezza in ciò ed in tutto il resto, che Dio ancora prima di
crearci ci ha amati, di un amore che non è mai diminuito né mai svanirà.
E in questo amore
egli ha fatto tutte le cose, in questo amore le ha fatte vantaggiose per
noi, in questo amore la nostra vita dura in eterno.
Nella nostra
creazione abbiamo avuto un inizio, ma l'amore nel quale ci ha creati era
in lui da sempre, senza inizio.
In questo amore
noi abbiamo avuto il nostro principio e tutto questo lo vedremo in Dio
senza fine»
Tra gli interrogativi che fanno da filo conduttore al Convegno
ecclesiale di Verona spicca la domanda in particolare su che cosa il
Vangelo comunica alla vita cristiana?
Gesù, il Signore e
Salvatore del mondo! Egli è tutto! Egli è il Vangelo, la lieta notizia
che Dio annuncia al mondo intero! Egli è la nostra santità, quindi la
misura alta della vita cristiana.
E
in che modo Gesù Cristo può rigenerare questo vissuto, soprattutto nella
sua dimensione quotidiana? E quale il compito che spetta alle religiose
in questo contesto in costante mutamento multi-etnico?
È lo Spirito
Santo, dono del Cristo Risorto, l’artefice. Egli nella Chiesa e nel
cuore dei credenti fa memoria di Gesù e rende testimoni. Egli nel qui ed
ora della storia, nella vita quotidiana, ricorda in maniera efficace
Gesù, cioè ci ricorda la sua logica di amore, ci ricorda che Egli è la
nostra Roccia, la nostra Salvezza, il Ponte che congiunge la creazione
con Dio.
Lo Spirito
costruisce l’unità facendo convergere le forze nell’unico punto di
convergenza dell’universo, nel Figlio di Dio nel quale tutto è creato e
ricreato.
Noi molte volte
partiamo dalle differenze, pensando di farle convergere nell’unità. È
una via che a volte risulta senza uscite o al massimo produce sentieri
paralleli. La storia della Chiesa, fin dalle origini, ammaestra che
l’unità si costruisce su Gesù, sul suo Vangelo. Egli solo ha eliminato
il muro di divisione tra i popoli. Egli è la nostra pace, colui che dei
due ha fatto un solo popolo e ha abbattuto il muro che li separava,
l’inimicizia” (Ef 2,14)
«Cristo è morto
una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per
ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito»
(1Pt
3,18).
Mi sembrano molto
espressive al riguardo le riflessioni conclusive della Traccia, perché
sono molto sintetiche e pratiche.
Conclude
richiamando ancora 1Pt che esorta alla dolcezza, al
rispetto e alla retta coscienza (1Pt 3,15-16).
«La riflessione
sulla forza della testimonianza e sul dinamismo della speranza trova il
suo principio fondamentale nel rinnovamento della nostra vita in Gesù
Crocifisso e Risorto. Questo riferimento porta ad un atteggiamento di
discernimento personale ed ecclesiale che da queste riflessioni possono
trarre spunto. L’esercizio del discernimento è già una componente della
testimonianza: esso non solo prepara alla testimonianza, ma già la fa
vivere.
Il discernimento è
anche ascesi e purificazione: purifica la nostra conoscenza, e la
conoscenza della realtà arricchisce la carità rendendola viva e operante
nella storia quotidiana.
Il discernimento è
vigilanza paziente: vigilanza sempre richiesta dalla vita cristiana e
pazienza oggi particolarmente necessaria rispetto alle ambivalenze
dischiuse dalle trasformazioni sociali e culturali.
Il discernimento,
infine, va accompagnato con un atteggiamento umile nei confronti della
verità, da cui nasce anche attenzione verso gli altri e verso le
condizioni della loro esistenza, così che la testimonianza non sia mai
fonte di divisione o di contrasto, ma sempre di edificazione.
Siamo invitati a
essere testimoni di Gesù Cristo, speranza del mondo in «questa stupenda
e drammatica scena temporale e terrena» (Paolo VI, Testamento),
«tenendo fisso lo sguardo su Gesù» (Eb 12,2) e «gettando
in lui ogni nostra preoccupazione, perché egli ha cura di noi» (cfr
1Pt 5,7-8)».
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