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Nei giorni 5-6 maggio
2006 si è svolta, presso la casa Bonus Pastor, in Via Aurelia,
Roma, la Consulta Nazionale CEI per la pastorale della famiglia cui ha
preso parte, come ormai di consuetudine, Sr. Emma Zordan, dell’Ufficio
Nazionale per la pastorale familiare della CEI e responsabile
dell’Ufficio Famiglia dell’USMI nazionale
La consulta
effettuata subito dopo la IX
Settimana di studi sulla spiritualità coniugale e familiare,
svoltasi dal 21 al 25 aprile a Nocera Umbra, organizzata
dall’Ufficio nazionale CEI per la pastorale della famiglia sul “Settanta
volte sette - il perdono, forza della comunione”, ha inteso
verificare subito a caldo il risultato di questo Convegno e sulla base
della recente esperienza organizzare i momenti formativi in cantiere.
A sr Emma Zordan
che aveva pure partecipato alla Seconda Settimana di studi sulla
spiritualità coniugale e familiare a Nocera Umbra, il 21-25 aprile
2006 abbiamo chiesto:
E’
possibile una verifica a caldo sul Convegno appena celebrato?
Il Convegno è
stato interessante perché, a differenza dello scorso anno che ha avuto
un taglio prettamente teologico, quest’anno volutamente è stato
impostato con lo sguardo pastorale, caratterizzato da più lavori di
gruppo e da racconti di esperienze vissute sulla pelle.
Avete parlato di collaborazione tra pastorale familiare e pastorale
catechistica, cioè sul coinvolgimento dei genitori nell’educazione
cristiana dei figli in ambito parrocchiale. Che cosa è emerso?
Mi
è parso di capire che si soffre di non collaborazione e che la catechesi
così come viene portata avanti nelle parrocchie è fallimentare. C’è
necessità di capire le ragioni di tali difficoltà di collaborazioni e di
confrontarsi con il n. 97 del DPF sulla centralità della pastorale
familiare nell’intera azione pastorale della Chiesa. Si tratta di non
badare tanto ai contenuti quanto piuttosto ad una fede matura,
elaborando nuove prospettive con uno sguardo di conversione
Mi
hai parlato di esperienze fatte in Liguria e in Triveneto, di che cosa
si tratta?
La prima
esperienza, quella della Liguria,
nasce da una non collaborazione, da una carenza, da una catechesi
giudicata fallimentare. Si tratta di un documento di ricerca, sintesi di
esperienze diverse, divenuto oggetto di visita pastorale da parte del
Vescovo diocesano. La seconda, quella del Triveneto, vuole essere
un contributo basato sulla soggettività della famiglia, famiglia come
mistero, risorsa, positività e non sempre come negatività.
Hai detto che nel 2007 (25/29 aprile) ci sarà la Prima Settimana del
biennio di studi sulla spiritualità coniugale e familiare dal tema “Da
questo vi riconosceranno - lo stile di vita della famiglia cristiana”,
da che cosa prenderà il via questo convegno?
La maggior parte è
dell’avviso di partire dalle beatitudini evangeliche. Le famiglie che
partecipano al Convegno hanno bisogno di capire e di apprender uno stile
di spiritualità familiare, sono quindi ben disposti ad ascoltare per
iniziare una vita di famiglia più responsabile.
In
Programma c’è anche una Settimana estiva (29 giugno 3 luglio
200), dal tema “Educare da cristiani in famiglia”, a che cosa pensi sarà
chiamata la famiglia?
Decisamente penso
che la famiglia debba riappropriarsi della responsabilità educativa,
tutelarsi da altre agenzie, non delegare, liberarsi dalla presunzione i
farcela da sola e infine appropriarsi delle proprie responsabilità.
Quale la vostra opinione sulla Proposta della Commissione Episcopale
per la famiglia e la vita di inserire nella programmazione del
prossimo triennio il tema della preparazione al matrimonio e alla
famiglia.
In realtà
l’impianto della preparazione al matrimonio ha una struttura
trentennale… ma in trenta anni il mondo è cambiato di molto. Nelle
parrocchie, purtroppo, si è ancora fermi al Concilio di Trento, cioè ad
una sensibilità avvertita solo per la formazione dell’iniziazione
cristiana. L’80% delle forze di una comunità viene impiegato in questo
settore.
Dal programma, ho notato che Sr. Giulia Cappozzo, esperta in
animazione, ha avuto un ruolo determinante nel Corso di formazione per
l’animazione dei figli in occasione dei Convegni diocesani o regionali
di pastorale familiare. Qual è stato l’obiettivo che lei, secondo te, ha
tenuto presente, quali le tecniche adottate, quali i risultati?
La sua
preoccupazione principale è stata l’attenzione alla famiglia: genitori e
figli. Si è trattato di preparare un modello-sussidio per le varie
Diocesi, che indicasse il ruolo degli animatori. Non s'è trattato, come
si potrebbe pensare, solo di canti e gioco, ma di formazione.
L’obiettivo, infatti, è stato quello di fare un’esperienza di formazione
di ottima qualità da allargare poi alle regioni, per formare giovani
che, nei convegni delle famiglie nelle Diocesi, avrebbero avuto il
compito dell’animazione a tema. Devo dire che il risultato ha risposto
alle aspettative di tutti. I figli animati, già durante il corso dei
convegni, hanno iniziato con la propria famiglia un dialogo più aperto e
spontaneo. I cento ragazzi partecipanti (dai 16 anni e via via sino ai
30-40), arrivati a Nocera con una determinata visione ne sono usciti con
una totalmente diversa e molto motivati.
Avete parlato della giornata Anche tu in Cristo dai vita alla
Speranza? Come coinvolgere le famiglie?
Intanto, non si
può essere testimoni se non si è portatori di speranza, quella speranza
che ci fa incamminare verso la casa del Padre. Il richiamo alla speranza
che la Chiesa italiana fa è rivolto a tutti, specie alla famiglia che è
il luogo dove si sperimenta l’amore di Dio di cui il matrimonio ne è il
sacramento (n. 10 DPF). Tutti, indistintamente, siamo chiamati ad essere
annunciatori di speranza. Siamo chiamati come famiglia a vivere la
nostra vocazione e ad essere apostoli delle vocazioni. Oggi c’è una
fragilità di fondo, c’è bisogno di ridare speranza, di orientare
nuovamente lo sguardo verso Dio, di sperare nel Cristo Risorto. E quando
la famiglia diventa “chiesa domestica” non può non essere grembo di
vocazione.
Secondo te, le conclusioni a fine consulta sono positive?
Sicuramente,
apprezzo molto l’impegno che i laici pongono nel volere una famiglia
sana e costruttiva. A stimolarmi a questa lettura positiva sono anche
gli interventi del direttore nazionale dell’Ufficio famiglia, don Sergio
Nicolli, sempre atteggiati alla speranza. Infatti, a conclusione dei
lavori , ha invitato i partecipanti ad una lettura più pasquale sul tema
“famiglia come risorsa”. “Se guardiamo - ha detto - a ieri, forse non
riusciamo a vedere tanti passi, ma se pensiamo a dieci anni fa di passi
ne sono stati fatti e possiamo affermare che la famiglia è vista come
risorsa e di fatto lo è. Importante tener presente la logica dei piccoli
passi.
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