attualita' ecclesiale
e vita consacrata

        
nelle parole di Giuliana Martirani


Rita Salerno (a cura di)


 

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Giuliana Martirani, nata a Napoli, meridionalista, docente universitaria di geografia politica ed economica e di politica dell'ambiente presso l’Università del capoluogo campano “Federico II”, fa parte del direttivo dell'International Peace Research Association (IPRA), è membro di Pax Christi, del MIR, e collabora con numerose altre esperienze pacifiste, ecologiste, della solidarietà, nonviolente. Esperta per il V Programma Quadro della Commissione Europea relativamente agli Aspetti socio-economici dello sviluppo sostenibile in ordine a Cambiamenti Globali, Clima e Biodiversità, è  stata analista di scenario ed esperta per lo sviluppo sostenibile del Progetto Posidonia della Provincia di Napoli nell'ambito del Programma Terra della Commissione Europea. E' delegata della Commissione Giustizia Pace Salvaguardia del Creato della Conferenza Episcopale Campana, ha animato un gruppo su Impegno sociale e politico al III Convegno della Chiesa Italiana (Palermo 1995) e sull'Interculturalismo alle Settimane Sociali (Napoli, 1999). E' Membro del Progetto Policoro e l'Imprenditoria Giovanile nel Mezzogiorno. E' docente di Giustizia Pace Salvaguardia del Creato e Pace e nonviolenza alla Facoltà di teologia della famiglia Francescana di S. Angelo in Palco (Nola). A lei abbiamo rivolto alcune domande sull’attualità ecclesiale.

Quali le ricadute della breve ma intensa visita pastorale di Benedetto XVI a Napoli lo scorso mese?

“Sicuramente la speranza. La speranza che si riallaccia ad un’altra visita, quella di Giovanni Paolo II, quando venne nel capoluogo campano per riproporre un argomento molto importante: la speranza. Lui stesso amava dire: realizzare la speranza”.

Nell’omelia pronunciata nel corso della messa in piazza Plebiscito, Benedetto XVI ha chiesto l’intervento di tutte le componenti della società: occorre puntare sulla scuola, sul lavoro e sull’aiuto ai giovani. La lotta alla violenza deve partire dalla formazione delle coscienze, dalla trasformazione delle mentalità e degli atteggiamenti di tutti i giorni. Come tradurre in pratica questo richiamo e quali gli ostacoli, dal suo punto di vista?

“E’ evidente che per tradurli in pratica, è necessario l’impegno di ogni componente della società. Ognuno deve fare la sua parte. Per quanto riguarda la scuola, è un problema che compete non solo alla pubblica amministrazione e alle scuole private. Cioè, le istituzioni scolastiche. Riguarda gli educatori, in primo luogo. Gli insegnanti, che molto spesso si trovano a fare i conti con la propria precarietà lavorativa. È un po’ il cane che si morde la coda. Quindi, occorre puntare sulle istituzioni scolastiche e sugli stessi insegnanti, motivandoli. Ma non bisogna dimenticare una educazione che sia anche innovativa nei metodi. Ci troviamo a vivere nell’era dell’accesso, di internet, della multimedialità.

Le vecchie metodologie di insegnamento non servono più. Quindi, probabilmente non solo si deve lavorare sugli obbiettivi da raggiungere ma anche sui metodi. Si parla molto del lavoro. Un punto che riporta a galla l’annoso tema della precarietà. I giovani sono i più martoriati, quelli che ne fanno le spese. Le politiche sul lavoro devono essere molto serie, specie quelle riguardanti il mezzogiorno d’Italia. Perché, altrimenti, cadere nelle mani della criminalità organizzata è il passo più semplice del mondo. E non va dimenticata la lotta per la formazione delle coscienze alla reale non violenza. L’assoluta assenza di violenza nei comportamenti è anche una questione di imitazione per i giovani. Che perciò chiama in causa gli adulti e la loro effettiva capacità di offrire alle nuove leve una testimonianza seria e credibile. Gli adulti sono diventati i primi violenti e le istituzioni sono esse stesse diventate violente. Esempi perciò dannosi.”

”Napoli ha certo bisogno di adeguati interventi politici, ma prima ancora di un profondo rinnovamento spirituale; ha bisogno di credenti che ripongano piena fiducia in Dio, e con il suo aiuto si impegnino per diffondere nella società i valori del Vangelo”: è una delle affermazioni forti del Papa nella sua visita pastorale a Napoli. Ed ha invocato l’aiuto di tutti “specialmente dei fedeli laici operanti nel campo sociale e politico, per assicurare ad ogni persona, e in particolare ai giovani, le condizioni indispensabili per sviluppare i propri talenti naturali e maturare generose scelte di vita a servizio dei propri familiari e dell’intera comunità”. Sarà ascoltato secondo lei?

“Lo spero proprio dal profondo del cuore. Perché vedo una borghesia non ancora illuminata, purtroppo. Non solo a Napoli, dove vivo, ma anche in tutto il Mezzogiorno. Una borghesia, cioè, che si metta a servizio degli ultimi, che parta dagli ultimi. A volte, vedo una borghesia che si arrabatta per raggiungere traguardi di successo che si traducano in risvolti economicamente vantaggiosi. E questo è incompatibile con il servizio. Quindi, una borghesia che sta accanto al potere, ma che non s’impegna per un servizio a fianco di chi è ai margini della società non può dirsi illuminata”.

Napoli, città del Mediterraneo, ha saputo vivere nella sua storia secoli di convivenza, può essere e diventare un messaggio di dialogo e di pace per il mondo. Ne è convinta la Comunità di S. Egidio che ha promosso il meeting interreligioso “Uomini e religioni” che ha scelta la città partenopea sede dell’ultima edizione. Quale ruolo può giocare Napoli nello scenario di un Mediterraneo, luogo di grande convivenze ma anche di violenza e di separazione, a suo avviso?

“Penso che Napoli e tutto il mezzogiorno d’Italia possano avere un ruolo importantissimo e lo dico continuamente nei miei libri. Nella mia ultima opera  intitola ‘Viandante maestoso’ indico addirittura delle metodologie d’intervento. Credo che Napoli e il mezzogiorno possano offrire al nord d’Italia e al nord del mondo finalmente uno sviluppo meridiano. Parlava di pensiero meridiano don Tonino Bello che, prima di morire, c’invitava a vedere che cosa di buono può venire da Nazareth, dai sud del mondo. Può venire il riportare i valori importantissimi che contribuiscono a promuovere uno sviluppo meridiano, con occhi e cuore cioè umano. Nel meridione ci sono ancora valori solidi, a Napoli per di più, già diventati cultura in questa che è la grande interculturalità del mezzogiorno, fondata su cultura greca, araba e francese. Forse, possiamo dal mezzogiorno portare al nord del mondo un messaggio basato sullo sviluppo umano, uno sviluppo meridiano”.

Una recente indagine realizzata per il Viminale dalla Makno ha messo in evidenza i sentimenti di ostilità e contrarietà che gli italiani nutrono nei confronti degli immigrati. Cosa si può fare per restituire alla parola “Immigrazione” una connotazione meno negativa e per evitare che si sovrapponga un’immagine d’illegalità dal potere evocativo fortemente critico?

“Dobbiamo fare quello che ci diceva di fare don Tonino Bello: che cosa può venire di buono dai villaggetti africani, dalla badante romena e dalla cameriera peruviana? Che cosa può venire di buono da tutte queste persone originarie del sud del mondo? Può venire una nuova speranza, possono venire valori importantissimi che il nord nel suo benessere ha totalmente dimenticato. Anzi, nel suo bene-avere ha dimenticato di raggiungere”.

Dalla 45ª edizione della settimana sociale dei cattolici italiani, emerge “la consapevolezza di avere qualcosa di specifico da dire e da offrire al Paese come cattolici”, grazie alla loro “presenza qualificata” e “ancora vitale”: ha detto mons. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della CEI, tracciando per i giornalisti un primo bilancio dei lavori di Pistoia e Pisa. Cosa ne pensa?

“Penso che i cattolici possono offrire sicuramente un pensiero più umano. Possono offrire valori importanti, come quello della vita innanzitutto, ma anche quello della sobrietà e dell’umiltà. Anche il valore della mediazione e della mitezza. Sono essenziali per la società, come quello della trasparenza e della legalità, che possono essere offerti dai cattolici per far lievitare questa massa della società e farla diventare buon pane”.

Lei ha scritto e pubblicato numerosi libri sui tema della pace e dello sviluppo, ambiente ed interculturalismo. In particolare per le edizioni Paoline il recente “Viandante maestoso. La via della bellezza”: quale pensa possa essere il ruolo che possono giocare le religiose per una “civiltà dell’amore” come invocava Giovanni Paolo II?

“Sicuramente i loro voti che sono il condensato delle Beatitudini. Il voto della povertà che è una sintesi della Beatitudine della giustizia, della misericordia e sicuramente dell’obbedienza al regno di Dio che è un regno di pace e di eguaglianza. Dalla purezza alla non violenza fino alla costruzione della pace: abbiamo bisogno di guardare con occhi puri, con occhi casti l’altro, ma anche la natura, il nostro prossimo, il nostro vicino e i popoli del mondo. Credo che veramente sia un ruolo di enorme importanza quello delle religiose e del mondo cristiano. Essere, come diceva don Tonino Bello, “il cantus firmos” nel coro del mondo, alla stregua del tenore. Come il coro del mondo è fatto da un cactus firmos che tiene le note, anche i cristiani occupano un ruolo fondamentale nella tenuta di questa società”.

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