La "Mulieris Dignitatem"
vent'anni dopo

        
nelle parole di Angela Ales Bello


Rita Salerno (a cura di)


 

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Di fronte alle correnti culturali che cercano di confondere le differenze sessuali iscritte nella natura umana, va richiamato il disegno di Dio sull’uomo e la donna: è questo l’invito rivolto da Papa Benedetto XVI, in occasione del convegno svoltosi a Roma lo scorso mese per il ventesimo anniversario della Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II, Mulieris Dignitatem. Tra i relatori, c’era Angela Ales Bello, professore ordinario di storia della filosofia contemporanea presso l’Università Lateranense, già decano della facoltà di filosofia, che dirige il centro italiano di ricerche fenomenologiche. Autrice di numerose pubblicazioni sulla fenomenologia tedesca in rapporto alle altre correnti del pensiero contemporaneo sotto il profilo storico e teoretico con particolare riferimento a Edmund Husserl e Gerda Walther. Curatrice, tra l’altro, della traduzione italiana dell’opere di Edith Stein edite da Città Nuova. A lei abbiamo rivolto alcune domande a partire dagli spunti emersi da questo convegno intitolato “Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza”.

Vent’anni dopo la sua pubblicazione, la Mulieris Dignitatem è ancora attuale?

“Assolutamente sì. Non solo, è attuale ma la lettera apostolica avrebbe bisogno di un’ulteriore espansione e di altri approfondimenti, oltre che meriterebbe di essere portata a conoscenza di un pubblico più ampio. Sarei portata a dire anche all’interno della Chiesa cattolica, perché è stato un documento molto importante che Giovanni Paolo II ha voluto dedicare non solo alle donne, ma al tema antropologico della dualità maschile e femminil,e che ha rappresentato una svolta nell’ambito della nostra riflessione intellettuale, ma anche della nostra presa di posizione religiosa”.

In che cosa consiste essenzialmente la novità e come fu accolta dalla comunità ecclesiale e civile?

“L’accoglienza, all’epoca, fu abbastanza buona. Si è riconosciuta l’esigenza prevalentemente di ritornare sul tema del femminile. Però credo che non è stato colto un aspetto che a mio avviso era rivoluzionario della Lettera apostolica che consisteva non solo nel rivendicare il ruolo del femminile, giustamente, dal punto di vista sociale, religioso ed intellettuale. Ma consisteva soprattutto nella necessaria riflessione sul rapporto maschile – femminile. Perché questo direi è la novità della lettera. Per capire qual è il ruolo del femminile, è necessario anche parlare del maschile. La dualità non può essere superata”.

La Mulieris Dignitatem segna una svolta nei rapporti donna – Chiesa cattolica. Da allora, a suo avviso, sono avvenuti cambiamenti significativi da questo punto di vista?

“Penso che qualche cambiamento ci sia stato perché, in conseguenza della Lettera apostolica, sono stati compiuti alcuni atti importanti all’interno della Chiesa. Mi riferisco ad esempio, ad una maggiore visibilità nel ruolo pubblico  della donna all’interno della Chiesa. Faccio riferimento, alla possibilità di insegnare teologia o ricoprire ruoli importanti nelle istituzioni ecclesiastiche e nelle stesse strutture vaticane. Alcuni segnali sono stati, senz’altro, presenti dopo la pubblicazione”.

Quale spazio possono occupare le religiose e le consacrate nella Chiesa del terzo millennio, alla luce di questo documento?

“La questione delle donne religiose è molto delicata, perché tradizionalmente avevano un ruolo secondario, anche rispetto alle congregazioni maschili. Non di rado dovevano lavorare in maniera assolutamente separata ed autonoma, come in alcune congregazioni è accaduto. Direi che forse questo è un aspetto ancora non sufficientemente portato a compimento. Perché ho l’impressione che qualche volta si operi una discriminazione nei riguardi della donna consacrata, anche a vantaggio della donna laica, che potrebbe avere un maggiore spazio all’interno della Chiesa”.

Nel convegno promosso recentemente sul tema “Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza” è stato fatto un bilancio del cammino degli ultimi venti anni nell’ambito della promozione della donna e del riconoscimento della sua dignità. A quali conclusioni si è arrivati nel corso del dibattito?

“Già il titolo stesso mi è sembrato interessante. Il fatto cioè che il convegno sia stato dedicato al dualismo donna – uomo e non soltanto al femminile. Tuttavia, all’interno del convegno molte voci erano legate ancora ad una rivalutazione del femminile. Cosa ottima, naturalmente. Ma direi che è necessario fare questo passo ulteriore nella presa di coscienza del rapporto duale o non uguale, come si dice. Devo dire che alcune relazioni hanno affrontato questa questione. Sono state cioè poste delle basi significative che possono, anzi debbono essere ulteriormente sviluppate a mio avviso. Poi, dipende dai contesti storici, perché nella nostra cultura occidentale il passo ulteriore è quello che riguarda il rapporto maschile – femminile.

Ma ci sono alcune culture, che erano anche rappresentate all’interno del convegno, come quella africana o asiatica, in cui il problema della donna si pone in termini drammatici rendendo difficile affrontare il rapporto, che pure sarebbe importante analizzare. Credo che gli uomini fuggirebbero assolutamente ad una riflessione di questo tipo. Soltanto il cristianesimo ha la forza, grazie alla figura di Cristo che ha lavorato con le donne in maniera straniera e anche con gli uomini contemporaneamente, di affrontarla. Grazie anche al magistero della Chiesa è possibile rilanciare non solo l’importanza del ruolo femminile pubblico, perché il problema non è tanto quello privato ma il pubblico, ma anche in secondo luogo parlare della questione della dualità. Questo è un lavoro pastorale che dalla cultura occidentale deve partire, oppure dalla cultura cristiana fondersi nelle altre culture”.

Nel suo discorso ai partecipanti, Papa Benedetto XVI ha sottolineato il persistere di una mentalità maschilista che ignora la novità del cristianesimo che riconosce pari dignità e responsabilità all’uomo e alla donna. Si tratta di un passaggio che merita di essere approfondito….

“Il fatto che il Papa, la massima autorità morale, si renda conto di quest, sulla scia delle indicazioni di Papa Paolo VI e Giovanni Paolo II, è importantissimo. Perché è una denuncia pubblica di atteggiamenti che purtroppo troviamo presenti spesso a tutti i livelli, sia dentro le strutture ecclesiastiche che nel mondo laico. Anzi, a volte è proprio quest’ultimo che si proclama così aperto, in realtà poi si mostra estremamente chiuso”.

Sempre rivolgendosi ai delegati del convegno, il Papa ha rilevato che non mancano “luoghi e culture dove la donna è discriminata o sottovalutata e dove si fa ricorso ad argomenti religiosi e pressioni familiari, sociali e culturali per sostenere la disparità dei sessi”. Fenomeni gravi di fronte ai quali non si può essere indifferenti. A suo avviso, l’impegno dei cristiani può cambiare qualcosa, come il Papa ha invocato?

“Penso di sì e in due direzioni. Sia attraverso l’esempio, perché questa è la cosa più importante. La testimonianza sta a dimostrare che è possibile anche un cambiamento. E poi attraverso anche una predicazione di principi, promuovere un concreto sostegno di alcuni principi. Questo è il grande compito della cultura occidentale cristiana nei confronti delle altre culture”.

Nel suo intervento, Papa Ratzinger cita i predecessori, Paolo VI e Giovanni Paolo II. Come si è evoluto, a suo avviso, il rapporto degli ultimi tre Pontefici nei riguardi della donna, sia essa laica che consacrata?

“Senz’altro la questione è stata affrontata, anche se forse lo ricordiamo poco, da Paolo VI. Papa Montini aveva indicato nella figura femminile un contributo straordinario alla società e alla Chiesa cattolica. Però, secondo me, è Giovanni Paolo II che ha dato un impulso notevole, facendo riflettere sulla struttura duale dell’essere umano, dal punto di vista antropologico. Mi sembra che il nostro attuale Pontefice continui su questa linea, con grande forza. E’ un aspetto molto importante, di grande incoraggiamento per tutti noi”.
 

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