L'educazione

        
nelle parole di Suor Angela Elicio


Rita Salerno (a cura di)


 

trasp.gif (814 byte) trasp.gif (814 byte) trasp.gif (814 byte) trasp.gif (814 byte)

English version

“Educare non è mai stato facile e oggi sembra diventare sempre più difficile: perciò non pochi genitori e insegnanti sono tentati di rinunciare al proprio compito, e non riescono più nemmeno a comprendere quale sia, veramente, la missione loro affidata. Troppe incertezze e troppi dubbi, infatti, circolano nella nostra società e nella nostra cultura, troppe immagini distorte sono veicolate dai mezzi di comunicazione sociale. Diventa difficile, così, proporre alle nuove generazioni qualcosa di valido e di certo, delle regole di comportamento e degli obiettivi per i quali meriti spendere la propria vita”. Ma, nonostante le incertezze e l’imposizione mediatica di modelli distorti, “anche nel nostro tempo educare bene è possibile”. E’ quanto ha detto recentemente Papa Benedetto XVI rivolgendosi alle migliaia di fedeli della diocesi di Roma, radunati in Piazza San Pietro per ascoltare le riflessioni del Papa sull’“emergenza educativa”. Riflessioni che il Pontefice ha già espresso nella sua Lettera firmata lo scorso 21 gennaio, già distribuita in un milione di copie in tutta la diocesi. Ai giovani in particolare, Benedetto XVI ha chiesto di accogliere il patrimonio del cristianesimo per una sana crescita morale, culturale e spirituale. Tema sul quale abbiamo interpellato suor Angela Elicio, responsabile progetti per il Ciofs-fp in Italia.

"Senza educazione non c’è evangelizzazione duratura e profonda, non c’è crescita e maturazione, non si dà cambio di mentalità e di cultura" – ha scritto il Papa  nel messaggio per il capitolo generale dei salesiani che si sta svolgendo a Roma in questo periodo. Nel testo si ricorda che oggi occorre "allargare gli ambiti dell’impegno educativo con attenzione alle nuove povertà giovanili, all’educazione superiore, all’immigrazione; richiede inoltre di avere attenzione alla famiglia e al suo coinvolgimento", come raccomanda la lettera sull’urgenza educativa. Che ne pensa?

“Abbiamo un compito ben difficile ed impegnativo quando ci proponiamo di essere accanto agli adolescenti e giovani come educatori, e questo, lo dice anche il Papa, non è una novità dei nostri tempi, ciò che non può non essere adeguato all’oggi è la metodologia, il modo di essere educatori nell’oggi che non può prescindere dalla ricchezza e della complessità della nostra società. La gestione frenetica del tempo, delle risorse, la sensazione di non aver mai abbastanza sta portando la nostra società a perdere il valore dell’incontro, dello stare acanto apprezzandosi. La radice del termine educazione ci porta a ripensare che il meglio è nell’altro che ho di fronte e non nel passaggio a lui di quello che io conosco e sono. Ne soffriamo a tutti i livelli: nelle famiglie, al lavoro, nelle scuole e negli ambienti educativi. I nostri fondatori Don Bosco e Madre Mazzarello ci invitano a riscoprire il valore dello stare accanto”.

Nelle situazioni plurireligiose e in quelle secolarizzate quali possono essere le “vie inedite per far conoscere, specialmente ai giovani, la figura di Gesù”, così come suggerisce Papa Benedetto XVI?

“Il riferimento ai valori più veri dell’essere umano quali il rispetto e l’attenzione all’altro non può che portare a scoprire che una religione è tanto più vera quanto più capace di sintetizzare ed esprimere i valori più profondi della storia dell’umanità e Gesù è maestro”.

Nella Lettera diffusa nel gennaio scorso sulla grande “emergenza educativa” del nostro tempo il Papa ricorda che: “Educare non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile” come “sanno bene i genitori e tutti coloro che hanno dirette responsabilità educative” i cui sforzi sono “troppo spesso” segnati dagli insuccessi. Siamo davvero in presenza di una “emergenza educativa”? E come affrontarla?

All’emergenza attuale occorre dare un nome: il timore, la fretta a parte degli adulti impegnati a risolvere i propri conflitti adeguati e il ripiego a pagare in termini i consumo i vuoi degli adolescenti e giovani. Credo che ogni epoca e territorio abbia la sua emergenza. Identificarla senza nasconderci dietro interpretazioni pessimistiche ed ideologiche è il primo passo”.

“Un'autentica educazione” – si legge nel documento  - “ha bisogno anzitutto di quella vicinanza e di quella fiducia che nascono dall'amore. Benedetto XVI ricorda poi le doti di un vero educatore: la capacità di donarsi e di non limitarsi a a fornire all’alunno nozioni ed informazioni. Condivide queste affermazioni del Pontefice? E quale altre caratteristiche aggiungerebbe per un buon educatore?

“Condivido certamente quanto afferma il Papa. Aggiungerei che ad un educatore oggi è richiesta tanta competenza, ma anche capacità di ricominciare sempre mettendo in discussione quelli che si ritengono punti di arrivo”.

Il Papa si sofferma sul “punto forse più delicato dell'opera educativa: trovare un giusto equilibrio tra la libertà e la disciplina. Senza regole di comportamento e di vita, fatte valere giorno per giorno anche nelle piccole cose, non si forma il carattere e non si viene preparati ad affrontare le prove che non mancheranno in futuro.  È possibile dare, oggi, dare regole di comportamento a giovanissimi non abituati?

“E’ possibile anche se molto faticoso perché le indicazione richiede anche condivisione tra educatori e famiglia, ad esempio. Lo sport, il teatro, la preparazione al lavoro richiedono il rispetto delle regole e ciò diviene opportunità educativa. Ho degli esempi in cui gli adolescenti hanno letto come attenzione la richiesta di rispettare le regole e l’azione degli educatori che ne esigono il rispetto, ma anche esempi di contestazioni dure”.

Ci racconta l’esperienza del Ciofs-fp in proposito? Lo stile educativo per realizzare un vero progetto di vita e di lavoro su quali premesse si basa?

“Il CIOFS-FP traduce nell’oggi la scelta dei nostri fondatori Don Bosco e Madre Mazzarello di preparare i giovani alla vita attraverso la preparazione al loro inserimento nella società attraverso il lavoro. Questo metodo funziona ancora oggi nelle situazioni più difficili e con i giovani immigrati e di ogni religione. Lo studio e l’articolazione del proprio progetto professionale diviene trampolino per un progetto da realizzare diviene stimolo ad apprendere e collaborare”.


 

Torna indietro