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“Educare
non è mai stato facile e oggi sembra diventare sempre più difficile:
perciò non pochi genitori e insegnanti sono tentati di rinunciare al
proprio compito, e non riescono più nemmeno a comprendere quale sia,
veramente, la missione loro affidata. Troppe incertezze e troppi dubbi,
infatti, circolano nella nostra società e nella nostra cultura, troppe
immagini distorte sono veicolate dai mezzi di comunicazione sociale.
Diventa difficile, così, proporre alle nuove generazioni qualcosa di
valido e di certo, delle regole di comportamento e degli obiettivi per i
quali meriti spendere la propria vita”. Ma, nonostante le incertezze e
l’imposizione mediatica di modelli distorti, “anche nel nostro tempo
educare bene è possibile”. E’ quanto ha detto recentemente Papa
Benedetto XVI rivolgendosi alle migliaia di fedeli della diocesi di
Roma, radunati in Piazza San Pietro per ascoltare le riflessioni del
Papa sull’“emergenza educativa”. Riflessioni che il Pontefice ha già
espresso nella sua Lettera firmata lo scorso 21 gennaio, già distribuita
in un milione di copie in tutta la diocesi. Ai giovani in particolare,
Benedetto XVI ha chiesto di accogliere il patrimonio del cristianesimo
per una sana crescita morale, culturale e spirituale. Tema sul quale
abbiamo interpellato suor Angela Elicio, responsabile progetti per il
Ciofs-fp in Italia.
"Senza educazione non c’è evangelizzazione duratura e profonda, non c’è
crescita e maturazione, non si dà cambio di mentalità e di cultura" – ha
scritto il Papa nel messaggio per il capitolo generale dei salesiani
che si sta svolgendo a Roma in questo periodo. Nel testo si ricorda che
oggi occorre "allargare gli ambiti dell’impegno educativo con attenzione
alle nuove povertà giovanili, all’educazione superiore,
all’immigrazione; richiede inoltre di avere attenzione alla famiglia e
al suo coinvolgimento", come raccomanda la lettera sull’urgenza
educativa. Che ne pensa?
“Abbiamo un compito ben difficile ed impegnativo quando ci
proponiamo di essere accanto agli adolescenti e giovani come educatori,
e questo, lo dice anche il Papa, non è una novità dei nostri tempi, ciò
che non può non essere adeguato all’oggi è la metodologia, il modo di
essere educatori nell’oggi che non può prescindere dalla ricchezza e
della complessità della nostra società. La gestione frenetica del tempo,
delle risorse, la sensazione di non aver mai abbastanza sta portando la
nostra società a perdere il valore dell’incontro, dello stare acanto
apprezzandosi. La radice del termine educazione ci porta a ripensare che
il meglio è nell’altro che ho di fronte e non nel passaggio a lui di
quello che io conosco e sono. Ne soffriamo a tutti i livelli: nelle
famiglie, al lavoro, nelle scuole e negli ambienti educativi. I nostri
fondatori Don Bosco e Madre Mazzarello ci invitano a riscoprire il
valore dello stare accanto”.
Nelle
situazioni plurireligiose e in quelle secolarizzate quali possono essere
le “vie inedite per far conoscere, specialmente ai giovani, la figura di
Gesù”, così come suggerisce Papa Benedetto XVI?
“Il riferimento ai valori più veri dell’essere umano quali
il rispetto e l’attenzione all’altro non può che portare a scoprire che
una religione è tanto più vera quanto più capace di sintetizzare ed
esprimere i valori più profondi della storia dell’umanità e Gesù è
maestro”.
Nella Lettera diffusa nel gennaio scorso sulla grande “emergenza
educativa” del nostro tempo il Papa ricorda che: “Educare non è mai
stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile” come “sanno
bene i genitori e tutti coloro che hanno dirette responsabilità
educative” i cui sforzi sono “troppo spesso” segnati dagli insuccessi.
Siamo davvero in presenza di una “emergenza educativa”? E come
affrontarla?
All’emergenza attuale occorre dare un nome: il timore, la
fretta a parte degli adulti impegnati a risolvere i propri conflitti
adeguati e il ripiego a pagare in termini i consumo i vuoi degli
adolescenti e giovani. Credo che ogni epoca e territorio abbia la sua
emergenza. Identificarla senza nasconderci dietro interpretazioni
pessimistiche ed ideologiche è il primo passo”.
“Un'autentica educazione” – si legge nel documento - “ha bisogno
anzitutto di quella vicinanza e di quella fiducia che nascono
dall'amore. Benedetto XVI ricorda poi le doti di un vero educatore: la
capacità di donarsi e di non limitarsi a a fornire all’alunno nozioni ed
informazioni. Condivide queste affermazioni del Pontefice? E quale altre
caratteristiche aggiungerebbe per un buon educatore?
“Condivido certamente quanto afferma il Papa. Aggiungerei
che ad un educatore oggi è richiesta tanta competenza, ma anche capacità
di ricominciare sempre mettendo in discussione quelli che si ritengono
punti di arrivo”.
Il
Papa si sofferma sul “punto forse più delicato dell'opera educativa:
trovare un giusto equilibrio tra la libertà e la disciplina. Senza
regole di comportamento e di vita, fatte valere giorno per giorno anche
nelle piccole cose, non si forma il carattere e non si viene preparati
ad affrontare le prove che non mancheranno in futuro. È possibile dare,
oggi, dare regole di comportamento a giovanissimi non abituati?
“E’ possibile anche se molto faticoso perché le indicazione
richiede anche condivisione tra educatori e famiglia, ad esempio. Lo
sport, il teatro, la preparazione al lavoro richiedono il rispetto delle
regole e ciò diviene opportunità educativa. Ho degli esempi in cui gli
adolescenti hanno letto come attenzione la richiesta di rispettare le
regole e l’azione degli educatori che ne esigono il rispetto, ma anche
esempi di contestazioni dure”.
Ci
racconta l’esperienza del Ciofs-fp in proposito? Lo stile educativo per
realizzare un vero progetto di vita e di lavoro su quali premesse si
basa?
“Il CIOFS-FP traduce nell’oggi la scelta dei nostri
fondatori Don Bosco e Madre Mazzarello di preparare i giovani alla vita
attraverso la preparazione al loro inserimento nella società attraverso
il lavoro. Questo metodo funziona ancora oggi nelle situazioni più
difficili e con i giovani immigrati e di ogni religione. Lo studio e
l’articolazione del proprio progetto professionale diviene trampolino
per un progetto da realizzare diviene stimolo ad apprendere e
collaborare”.
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