Riposo e spiritualità

        
nelle parole di Don Vittorio Peri
 
 


Rita Salerno (a cura di)


 

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Una provvidenziale sosta nel quotidiano tran tran è una valida occasione per distendere il fisico e per nutrire lo spirito. E può essere anche un tempo opportuno per coltivare le imprescindibili esigenze di spiritualità. E’ stato Papa Benedetto XVI a farlo presente in occasione di un recente angelus. E sono diverse le possibilità in ogni parte d’Italia di coltivare questo desiderio, che prima o poi, ad un certo punto della nostra vita ci coglie. Sette giorni oppure un solo week end per una riflessione a partire dalla Parola per eccellenza: sono tante le opportunità da prendere al volo per approfondire il senso dell’esistenza e delle cose ultime. Esperienze ricche di spunti da meditare e da mettere a frutto nella vita quotidiana che abbiamo affrontato con don Vittorio Peri, attualmente  Vicario episcopale per la Cultura della Diocesi di Assi e Presidente nazionale dell'Unione Apostolica del Clero, dopo essere stato per diversi anni consulente ecclesiastico nazionale del Centro Sportivo Italiano, e curatore di numerose proposte di questo genere.

Le vacanze sono un vuoto o un contenitore da riempire?

“Direi: l’una e l’altra cosa. La parola “vacanza” (dal latino vacuum) può infatti significare  un “vuoto”: la sospensione dell’attività lavorativa, un dolce far niente. Ma può anche indicare un “pieno” di attenzione a se stessi (il necessario recupero di energie psico-fisiche, letture distensive, visite a luoghi culturali), verso la natura e nei confronti degli altri tra cui, al primo posto, per chi crede c’è l’incontro e l’ascolto del Signore. Lo ricordava già il Boccaccio scrivendo: “Giusta cosa e molto onesta reputerei che, a onor d’Iddio, più tosto ad orazioni che a novelle vacassimo”.  In questo senso la vacanza è un otium, un tempo di libertà opposto al negotium (nec-otium), che è il tempo delle cose obbligate.

Il periodo delle vacanze, che tuttavia non tutti possono permettersi, dovrebbe anzitutto diventare un pieno di relazioni, di cultura, di spiritualità”.

Il tempo libero, ieri e oggi. Che ne dice?

“Inteso come “libero da”, il tempo libero è una realtà piuttosto recente. Nei tempi antichi era infatti privilegio di pochi. I più, vivevano per lavorare, se volevano vivere, tanto che il tempo non occupato dal lavoro poteva sembrare perfino sprecato, come argutamente diceva il ciabattino di una novella di La Fontaine: “Il guaio è che ogni tanto ci sono giorni di festa, e il signor curato carica sempre le sue prediche di qualche nuovo santo”. Da festeggiare astenendosi dai lavori, naturalmente…

Una delle grandi aspirazioni del movimento operaio dell’800 – otto ore per lavorare, otto per riposare e otto per sognare – cominciò a diventare realtà solo intorno al 1914 allorché Henry Ford stabilì che, nella sua fabbrica di automobili, la giornata lavorativa fosse appunto di otto ore.

E’ stato perfino detto che, dal momento che il lavoro non è il fine della vita ma solo un mezzo per vivere, il tempo libero non viene dopo, ma prima del tempo lavorativo. Si tratta certo di un paradosso ma, forse, non del tutto infondato”.

Ci sono modi intelligenti di vivere il tempo libero, specie alla luce del Vangelo?

“C’è un delizioso dialogo nel notissimo Piccolo principe che potrebbe suggerire una interessante risposta a questa domanda.  “Buon giorno, disse il Piccolo Principe. Buon giorno, rispose il negoziante. Era un negoziante di pillole prodigiose che calmavano gli  stimoli della sete. Bastava ingoiarne una ogni settimana, e non si sentiva più il bisogno di bere. Perché vendi quelle pillole? chiese il Piccolo Principe. Perché permette una grossa economia di tempo, rispose il negoziante. Gli esperti hanno calcolato che si risparmiano 53 minuti la settimana, con queste pillole. E cose si fa con questi 53 munti risparmiati? chiese il  Piccolo Principe. Beh, si fa quello che si vuole… Bene, disse il Piccolo Principe. Se io avessi 53 minuti da impiegare come voglio, me ne andrei pian piano verso una fontana…”

Ecco: camminare a lenti passi verso una mèta, magari osservando attentamente la natura, è certo un bel modo di vivere il tempo libero. Se poi questa mèta è una Fontana con la “F” maiuscola, si comprende bene il senso metaforico del raccontino di Saint-Exupèry. La vera sorgente è lui. Lo capì la donna di Samaria al pozzo di Giacobbe; lo capirono i primi discepoli cui Gesù disse: “Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’”. C’è forse un modo migliore per occupare il tempo libero? L’invito di Gesù è attuale oggi non meno che ieri. E non sono pochi, grazie a Dio, quelli che anche oggi lo accolgono, come io stesso ho potuto constatare anche di recente”.

Si riferisce a qualche esperienza specifica?

Sì. Proprio durante questa estate ho avuto la gioia di incontrare alcuni gruppi di giovani che, invece di bighellonare qua e là tanto per “ammazzare il tempo”, hanno preferito forti esperienze comunitarie alla ricerca del senso della vita e di un’autentica spiritualità cristiana.  Al termine di una intensa tre-giorni uno di loro ha detto: sono venuto per non restare in debito di ossigeno, e riprendere fiato.

Potrebbe riferirci qualche concreto dettaglio di questi momenti alla Sorgente?

Potrei parlare di quella ventina di ragazzi e ragazze, venuti recentemente da due parrocchie di Caltanissetta al Lago di Monte Colombo, nell’entroterra di Rimini, per approfondire insieme, in un clima di ascolto, dialogo e preghiera, il senso della Bibbia come parola di Dio riflettere. Il gruppetto era assai affiatato per aver dato vita a una rappresentazione teatrale sulla figura di s. Marco evangelista patrono di una delle due parrocchie.

Mi ha colpito il fatto di vederli “inchiodati” per ore e ore, ogni giorno, attorno a un tavolo per ascoltare prima, leggere e meditare poi da soli o in gruppetti alcune pagine della Bibbia, ritrovarsi infine per mettere sul tavolo comune il frutto della loro ricerca. Conoscevano per lo più la Bibbia per sentito dire. Ma il contatto diretto con il testo li affascinava.

Continueranno questi incontri di spiritualità?

Sì certamente. Sarebbe infatti un vero peccato di omissione interrompere una positiva esperienza di evangelizzazione, specie in questo decennio in cui la Chiesa italiana ci chiede un supplemento d’impegno nel comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Sono previsti una decina di fine settimana, da novembre a maggio prossimi, su temi (la Bibbia come parola di Dio, la speranza cristiana, Cristo luce delle genti, La liturgia fonte e culmine della fede, la ricerca vocazionale ecc.)  specificamente indicati per ogni incontro, in modo che ciascuno possa scegliere in modo mirato.

Possono ovviamente parteciparvi tutti, singole persone o gruppi sia parrocchiali sia di altre realtà ecclesiali. Il programma sarà reso noto soprattutto attraverso la stampa cattolica.

Queste esperienze saranno poi messe a frutto nella vita quotidiana?

Nessun seme è inutile, se gettato in un terreno fertile. La parola di Dio, poi, è sempre efficace, genera sempre ciò che esprime. A differenza delle nostre parole, che sono puramente descrittive di ciò che esiste, o augurali, la parola di Dio è sacramentale, perché crea ciò che esprime, dona ciò che trasmette.

Il dono di Dio va certo accolto e custodito, sia individualmente sia soprattutto con la mediazione della comunità ecclesiale. Ecco perché ai singoli partecipanti si preferiscono i gruppi, tanto meglio se accompagnati dai rispettivi sacerdoti.  Al valore formativo del gruppo – l’educazione avviene soprattutto nel gruppo e con la mediazione del gruppo, ha scritto Vittorino Andreoli – la presenza del parroco o di un altro educatore è di solito garanzia di continuità”.

Potrebbe darci qualche informazione circa la sede di questi incontri di spiritualità?

“Si terranno presso il Lago di Monte Colombo, a pochi chilometri di Rimini. Si tratta di un “piccolo paese fuori dal mondo”, come dice una grande scritta all’ingresso, ove ha sede l’Associazione Dare: una realtà associativa formata da qualche centinaio di giovani e adulti che cercano di vivere anche attraverso esperienze comunitarie, oltre che in famiglia e nella professione, la loro vita di fede.

Tra le tante attività (assistenza sociale, soggiorno per anziani, centro di riflessologie e medicina naturale, agriturismo, accademia di danza e canto, attività alberghiera e ristorazione) l’Associazione promuove musical spettacolari e ricchi di spiritualità sia nel locale Teatro Leo Amici sia in altre città italiane. Dall’inizio di agosto, ad esempio, circa 30 giovani artisti, tra cui alcuni professionisti, presentano in Assisi con grande successo, al Teatro Comunale Metastasio, il musical Chiara di Dio.  Un gioiello di arte scenica e di spiritualità francescana”.

Abbiamo iniziato parlando di vacanze. Vogliamo chiudere con qualche riflessione sul senso del riposo nella Bibbia?

“Il pensiero non può che andare al libro della Genesi, al significato profondo di quel “riposo” con cui Dio conclude, curiosamente direi, la creazione. Egli la porta a termine …riposandosi. Nel sesto giorno aveva creato l’uomo, nel settimo entra in comunione con lui e con tutto il cosmo. La comunione con il Creatore è l’approdo della storia, il porto verso cui è diretta. La storia trova il suo compimento nel settimo giorno, nella comunione con Dio. E’ la reciproca contemplazione tra Dio e l’uomo che dà senso al tempo cronologico e  che sarà la perfezione di quello escatologico. 

L’invito di Gesù rivolto ai discepoli al termine della loro prima missione – “Venite a riposarvi un po’ con me” - è un chiaro invito ad anticipare nell’oggi la beatitudine del giorno senza tramonto. Credo che questo orientamento non sia adeguatamente “evangelizzato” nella vita ecclesiale; credo che ci sia uno sbilanciamento sull’orizzonte temporale, sul versante delle cose da fare. Le cose penultime mettono in ombra quelle ultime, tra gli stessi cristiani. Ma in quella vita “altra da questa” ci sarà l’essere, non il fare; la comunione non  l’azione. E’ urgente recuperare la visione biblica della storia: vivere nelle cose penultime guardando alle cose ultime, guardare alle cose ultime per dare senso alle cose penultime”.
 

 

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