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English version
Si è appena conclusa la dodicesima
assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi dedicata alla
Bibbia. Molti gli spunti emersi dai lavori sinodali a cui hanno preso
parte 253 padri sinodali e diversi uditori ed esperti. Ora la sfida
dovrà essere raccolta dall’intera comunità di credenti per vivere ed
assimilare nel quotidiano la Parola di Dio. Non poche le donne,
religiose e laiche, che hanno preso parte ai lavori. Come Silvia
Sanchini, Presidente nazionale della FUCI, nata a Rimini il 27 maggio
1983, laureata in Scienze della Formazione, corso di laurea Educatore
professionale, presso l'Università di Bologna e attualmente studentessa
del biennio specialistico presso la facoltà di Scienze della Formazione
dell'Università di Roma Tre. È stata presidente del gruppo FUCI di
Rimini dal 2005 al 2007. Ed è stata eletta Presidente Nazionale
Femminile della FUCI il 29 Aprile 2007 e nominata dal Consiglio
Permanente della CEI il 21 Maggio 2007.
A lei abbiamo rivolto alcune domande
sugli spunti emersi a conclusione del Sinodo.
Tra gli spunti più interessanti emersi a conclusione dei lavori sinodali
la necessità di diffondere e di inculturare la Bibbia tra tutti i popoli
della Terra. Un compito in cui le famiglie, i missionari, religiosi e
religiose e i mezzi di comunicazione di massa possono svolgere un ruolo
tutt’altro che secondario?
“La
questione dell’inculturazione delle Sacre Scritture è stato uno dei temi
ricorrenti nella riflessione del Sinodo, al centro degli interventi di
molti padri sinodali. A questo argomento è stata così dedicata una
specifica Proposizione in cui si afferma, tra l’altro, che “Il mandato
che il Signore dà alla Chiesa di annunciare il Vangelo a tutte le
creature (cf. Mc 16, 15) implica l’incontro della Parola di Dio con
tutti i popoli della terra e le loro culture” e ancora: “ la Parola di
Dio deve penetrare in ogni ambiente in modo che la cultura produca
espressioni originali di vita, di liturgia, di pensiero cristiano”. In
questo ambito, un ruolo specifico e privilegiato può essere rivestito da
alcune categorie particolari di credenti. Innanzitutto i missionari, per
definizione vocati ad annunciare e testimoniare la Parola di Dio in ogni
angolo della terra, con una particolare attenzione ai poveri e ai
sofferenti. I missionari sono così chiamati ad un incontro con la
diversità religiosa e socio-culturale a volte difficile ma
irrinunciabile e in questa
opera devono lasciarsi guidare da un atteggiamento di ascolto e di
accoglienza.
È importante che conservino uno stile non giudicante né impositivo ma
che nasca innanzitutto dalla conoscenza e dalla comprensione del
contesto locale (lingua, cultura, riti…) per poi poter annunciare la
Parola nelle forme e con gli strumenti più adeguati. Si tratta di
incontrare la diversità in maniera proficua, senza mai rinunciare alla
propria identità. Insieme ai missionari,
tutte le religiose e i religiosi vivono con particolare responsabilità
il compito di annunciare il Vangelo. Sono infatti chiamati ad essere,
usando le parole di Benedetto XVI, “esegesi vivente della Parola di Dio”
testimoniando incessantemente con la loro vita come la Parola di Dio non
cessa di parlare agli uomini e alle donne di ogni epoca e di tutto il
mondo. Lo stesso concetto
è stato ribadito nel suo intervento anche da Suor Maria Viviana Ballarin,
insieme a me uditrice al Sinodo, che ha sottolineato il ruolo speciale
nell’annuncio rivestito da “una moltitudine di donne
consacrate/religiose infaticabili testimoni, dispensatrici della Parola
di Dio che è Padre e madre”.
Religiosi e religiose sperimentano molte situazioni di “confine”,
vivendo accanto agli ultimi e rinnovando ogni giorno il loro compito
audace e coraggioso di testimoni dell’amore di Dio. Ma l’annuncio della
Parola non si realizza solo attraverso la vita attiva. Anche la
dimensione contemplativa infatti offre un contributo insostituibile e
prezioso. Così afferma la Proposizione 24: “Le comunità monastiche sono
scuole di spiritualità e danno forza alla vita delle Chiese
particolari”, ricordando inoltre le parole di Benedetto XVI che ha
definito i monasteri vere e proprie “oasi spirituali” in cui la Parola
viene accolta, celebrata e pregata in maniera particolarmente intensa.
Alla luce di tutto questo e consci della sempre più urgente necessità
di annunciare la Parola di Dio in ogni angolo della terra come messaggio
di consolazione e di speranza, non si può non evidenziare anche il ruolo
fondamentale dei mezzi di comunicazione di massa come nuove occasioni di
annuncio in un mondo che sempre più velocemente cambia e si trasforma.
Questo compito è stato ribadito e sottolineato con forza nel Messaggio
al popolo di Dio, diffuso a conclusione del Sinodo: “La comunicazione
stende ora una rete che avvolge tutto il globo […].Certo, la parola
sacra deve avere una sua prima trasparenza e diffusione attraverso il
testo stampato, con traduzioni eseguite secondo la variegata
molteplicità delle lingue del nostro pianeta. Ma la voce della parola
divina deve risuonare anche attraverso la radio, le arterie informatiche
di Internet, i canali della diffusione virtuale on line, i CD, i DVD,
gli podcast e così via; deve apparire sugli schermi televisivi e
cinematografici, nella stampa, negli eventi culturali e sociali”.
Anche le donne rivestono un ruolo
primario nella trasmissione della fede in famiglia e nella catechesi.
Condivide l’auspicio espresso nelle proposizioni finali di affidare alle
donne il ministero del lettorato biblico?
“Penso che le donne rivestano un ruolo primario nell’annuncio della
Parola e nella trasmissione della fede non solo in famiglia e nella
catechesi, ma anche in molti altri ambiti di vita. Penso alle tante
donne, giovani e laiche, impegnate in ambiti ecclesiali e civili e
capaci di testimoniare con una coerenza di vita e di fede la loro
esperienza credente in molteplici luoghi e contesti: dal mondo della
politica a quello dell’economia, nel mondo della scuola, dell’università
e dell’educazione in genere, nelle più diverse professioni così come
nello studio dell’esegesi e della teologia. In tutti questi ambiti sono
convinta che le donne sappiano essere annunciatrici della Parola in
maniera speciale, con una particolare sensibilità e competenza. In
quest’ottica anche la possibilità di affidare alle donne il ministero
del lettorato è sicuramente propizia. Certo, la valorizzazione del ruolo
della donna all’interno della Chiesa non deve fermarsi ad un
riconoscimento formale o a qualche semplice concessione ma deve invece
permeare ogni ambito e contesto ecclesiale e divenire prassi abituale e
condivisa”.
Nel ribadire il legame tra Parola di Dio e liturgia, si è sottolineato
nell’elenco finale delle proposizioni del Sinodo l’importanza delle
omelie ispirate dal Verbo divino. Per questo i padri sinodali hanno
auspicato l’elaborazione di un direttorio sull’omelia capace di aiutare
i predicatori nel ministero della Parola di Dio. Che ne pensa?
“Trovo significativo e molto positivo che i padri sinodali abbiano
dedicato tanta attenzione al tema delle omelie, riconoscendo i limiti e
le difficoltà che spesso oggi ancora si riscontrano nelle omelie di
tanti predicatori. È infatti proprio nella messa domenicale che i fedeli
hanno il principale contatto (a volte l’unico) con la Parola. Occorrono
allora omelie efficaci, puntuali, capaci di favorire la comprensione
delle Sacre Scritture e di aiutare i fedeli a fare in modo che la Parola
divenga realmente realtà “performativa”, capace di incidere
sull’esistenza di ciascuno e di rinnovarla. L’omelia infatti, come
recita una proposizione, fa in modo che “la Parola proclamata si
attualizzi” e rinnova l’invito alla Chiesa ad essere sempre più
missionaria. Snodo fondamentale in questo senso è la formazione dei
sacerdoti. Basterebbe a tal proposito ricordare semplicemente
l’esortazione apostolica post-sinodale “Pastores dabo vobis”, in
cui si ricorda il compito dei sacerdoti chiamati ad essere “servi” della
Parola. Nel messaggio al popolo di Dio questo tema è stato ampiamente
sottolineato: “il vertice della predicazione è nell’omelia che ancor
oggi per molti cristiani è il momento capitale dell'incontro con la
Parola di Dio. In questo atto il ministro dovrebbe trasformarsi anche in
profeta. Egli, infatti, deve in un linguaggio nitido, incisivo e
sostanzioso non solo con autorevolezza «annunziare le mirabili opere di
Dio nella storia della salvezza» (SC 35) […] ma deve anche attualizzarle
nei tempi e nei momenti vissuti dagli ascoltatori e far sbocciare nel
loro cuore la domanda della conversione e dell'impegno vitale: «Che cosa
dobbiamo fare?» (At 2, 37)”. Considerata l’importanza e l’urgenza di
questi temi e la centralità che rivestono nella vita delle nostre chiese
particolari e della Chiesa universale, trovo auspicabile ed importante
la possibilità di elaborare un direttorio omiletico, come ulteriore e
specifico strumento per la formazione dei predicatori della Parola.
Tutto questo però non può e non deve
sostituire il primo compito fondamentale dei sacerdoti che devono
profondamente amare la Parola di Dio e nutrirsi assiduamente di essa per
saperla poi sempre meglio trasmettere e spiegare”.
Come accostare la Parola di Dio ai
giovani è stato al centro della sua riflessione. Si tratta di un
obiettivo non facile specialmente oggi, ma un dovere quello di
avvicinare i giovani, speranza della Chiesa, da attuare stando al suo
intervento in comunità in un cammino costante di accompagnamento. Può
spiegarci meglio in che modo concretamente? E attraverso quali linguaggi
e quali modalità?
“Penso che sempre più i giovani debbano essere educati ad un incontro
con la Parola che si realizzi nella duplice dimensione: personale e
comunitaria. Personale perché l’incontro autentico con la Parola è
realmente capace di rinnovare l’esistenza e di trasformarla, nulla può
sostituire questo incontro del tutto intimo e privato con le Scritture
sante. Un primo passo fondamentale è che ciascun credente, i giovani
innanzitutto, possegga la sua Bibbia e la
custodisca, leggendola quotidianamente e pregandola seguendo il ritmo e
il respiro della Chiesa universale, come scriveva S. Agostino: “La
Bibbia va letta sulle ginocchia della Chiesa”. Un utile strumento può
essere quello di favorire ed incentivare la preghiera della Liturgia
delle ore. Questo aspetto ci riporta alla necessità che l’accostarsi
alle Sacre Scritture assuma anche una forma comunitaria. Diviene qui
fondamentale il ruolo degli adulti e degli educatori che devono essere
“veri testimoni appassionati della Parola di Dio” (Proposizione 34). È
necessario che l’esperienza di contatto con la Parola rivesta un ruolo
centrale anche nei gruppi e nelle associazioni giovanili, attraverso la
pratica della Lectio divina e altre esperienza di ascolto e preghiera
della Parola. Questo perché sempre più venga riconosciuto il ruolo della
Parola come strumento indispensabile per il discernimento, in
particolare negli anni giovanili, tempo di scelte serie ed importanti
che necessitano di essere illuminate dalla luce del Vangelo. Questo
orizzonte fondamentale è stato recentemente indicato anche da Benedetto
XVI: “Cari giovani, vi esorto ad acquistare dimestichezza con la Bibbia,
a tenerla a portata di mano, perché sia per voi come una bussola che
indica la strada da seguire”.
Fondamentale è la proposizione numero 22
in cui si raccomanda la pratica
della Lectio divina e si chiede che la lettura orante comunitaria delle
Scritture sia seguita da un impegno di carità. Raccomanda questa pratica
anche
i giovani?
“Come già accennato nella precedente risposta, la Lectio divina
(personale e comunitaria) è probabilmente uno degli strumenti più
efficaci anche per l’animazione biblica giovanile. La lettura delle
Sacre Scritture non può infatti rimanere semplice esercizio ermeneutico
ed intellettuale ma deve invece necessariamente aprirsi ad una
dimensione orante e spirituale. Solo così l’esperienza di incontro con
le letture può trasformarsi in un dialogo incessante
con Dio, che attraverso le Scritture ci parla e ci indica più
chiaramente il cammino da percorrere e ci aiuta a rileggere gli eventi
della nostra vita attraverso il suo sguardo. Nella lettura orante è
possibile attingere la forza necessaria anche per il proprio servizio,
in ogni ambito. In questo senso penso che sia particolarmente forte la
sensibilità dei giovani nei confronti dell’impegno di carità. Molti
giovani si mostrano infatti attenti e desiderosi di
impegnarsi in favore di temi come la pace, la giustizia, la salvaguardia
del creato, l’attenzione ai poveri e ai bisognosi. All’ascolto della
Parola deve dunque corrispondere un impegno concreto e coerente. Ecco
perché nell’omelia a conclusione del Sinodo il Santo Padre ha affermato:
“è necessario che si comprenda la necessità di tradurre in gesti di
amore la parola ascoltata, perché solo così diviene credibile l’annuncio
del Vangelo”.
A conclusione dei lavori ci può riferire
della sua esperienza al Sinodo e se è stata positiva, perché? E in che
modo questa esperienza sarà proficua nel suo impegno quotidiano?
“Per quel che mi riguarda, la partecipazione al Sinodo è stata
un’esperienza straordinaria di condivisione e comunione ecclesiale,
un’occasione unica per sentire il respiro e il battito del cuore della
Chiesa universale. Il Sinodo ha visto infatti la partecipazione di padri
sinodali, esperte ed esperti, uditrici ed uditori provenienti da ogni
parte del mondo. A questa dimensione di confronto tra culture diverse,
si è aggiunta la possibilità di entrare in dialogo anche con i delegati
fraterni delle altre chiese. Il Sinodo è stato quindi per me anche una
opportunità straordinaria ed istruttiva di educazione al dialogo
interreligioso ed ecumenico. A conclusione del Sinodo sento forte la
responsabilità e il desiderio di raccontare e condividere questa
esperienza e di trasmetterla soprattutto a tanti miei coetanei, affinché
sempre più giovani imparino a riscoprire il primato della Parola di Dio
nella loro esistenza. La vera sfida del Sinodo comincia quindi a partire
da oggi, con la necessità e il dovere di tradurre in esperienza concreta
e visibile le tante riflessioni sviluppate”.
Si è anche sottolineato che è importante
la formazione alla lettura. In pratica, occorre saper leggere durante le
liturgie. Quelli che leggono durante le Messe debbono farlo bene, perché
tutti sentano bene la Parola di Dio. Inoltre, la Parola non deve andare
perduta, perché non c’è l’acustica o perché si legge male. Ci racconta
la sua esperienza in questo senso?
“Una prima semplice osservazione che mi permetto di sottolineare è la
necessità di evitare lettori che si improvvisino tali durante le
celebrazioni. Dovrebbero invece avere già gustato e meditato le letture
precedentemente, possibilmente durante l’arco di tutta la settimana, in
modo da trasmettere anche nella lettura l’amore per il testo biblico e
proclamandolo così in
maniera il più possibile chiara, efficace e comprensibile, nell’ottica
di un servizio prezioso a tutta l’assemblea riunita in preghiera”.
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