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English version
L’Anno Paolino si
conclude, ma essere in cammino con Paolo e, grazie a lui, conoscere
Gesù, essere illuminati e trasformati dal Vangelo farà sempre parte
dell’esperienza cristiana. E’ quanto ha detto Benedetto XVI ai vespri di
chiusura dell’anno dedicato a Saulo di Tarso nella Basilica di San Paolo
fuori le Mura in cui si è soffermato sulle Lettere di San Paolo, a
partire da quella indirizzata ai Romani. In essa, sono contenute due
parole decisive: “trasformare” e “rinnovare”. “Dobbiamo diventare uomini
nuovi”, scrive l’Apostolo delle Genti, perché “solo se ci saranno uomini
nuovi, vi sarà anche un mondo nuovo, rinnovato e migliore”. Per questo,
ha aggiunto il Papa, “San Paolo ci esorta ad un non-conformismo”, a “non
sottomettersi allo schema dell’epoca attuale”. Quali i frutti spirituali
di questo anno tematico dedicato a San Paolo? Quali le ricadute per la
Famiglia Paolina di questo anno che ha richiamato migliaia di pellegrini
da tutto il mondo?
Domande che abbiamo girato a don Primo Gironi, biblista, parroco nella
parrocchia-Santuario Regina degli Apostoli di Roma, e direttore della
rivista mensile Paulus, nata in occasione dell’anno dedicato
all’apostolo delle genti e che continuerà ad essere pubblicata anche
dopo la chiusura dell’anno paolino.
Cosa ha significato per la Società di San Paolo l’Anno
dedicato all’apostolo delle genti? E come è stato vissuto?
“Sul significato
dell’”Anno Paolino” per la Società San Paolo, si è espresso il Superiore
Generale, Don Silvio Sassi, il quale ha anche tracciato un bilancio
delle iniziative a livello ecclesiale e più in particolare nel contesto
della Famiglia paolina. Don Sassi ha accennato alla vasta produzione
imperniata sull’Apostolo che ha coinvolto le molte diocesi e le comunità
cristiane. In questo ambito non sono mancati studi, convegni, incontri e
soprattutto celebrazioni liturgiche appropriate. Vasta è stata anche
l’attività catechistica. All’interno della Famiglia Paolina il Superiore
Generale ha ricordato le iniziative proprie dell’Anno Paolino, quali
l’Edizione della Bibbia “Via verità e Vita” (che rispecchia il modo di
porgere la Parola del Signore caratteristico del Fondatore, il Beato don
Giacomo Alberione), la Nuova Bibbia per la Famiglia, che ha
accompagnato per diversi mesi lo scorrere dell’Anno Paolino, durante il
quale si è svolto il Sinodo dei Vescovi dedicato alla Parola di Dio. Più
in particolare i Paolini si sono impegnati nell’organizzare il
Seminario Internazionale su San Paolo, svoltosi nell’Aprile scorso.
Ora è evidente che
per la Società San Paolo questo anno tematico ha comportato una
riflessione più profonda sulla sua identità, sulla sua missione e sulla
sua ispirazione al pensiero e all’opera dell’Apostolo delle Genti. E’
interessante annotare che, circa il significato, si siano riprese le
affermazioni di Don Alberione che vedeva in Paolo il vero fondatore
dell’Istituzione, i Padre, il modello e l’ispiratore. L’attenzione più
intensa è stata rivolta alla imitazione dell’Apostolo finalizzata a una
maggiore conformazione a Cristo come Egli stesso afferma in 1Corinzi
11,1 e anche all’impegno di rendere Paolo “vivo oggi”, richiamando
concretamente il mandato celebrativo di Benedetto XVI all’atto
dell’apertura dell’Anno Paolino.
In tale contesto ha
acquistato forma e contenuto il mensile “Paulus” che ha
accompagnato mese dopo mese l’Anno tematico. In esso è confluito in
duplice direzione l’invito di Benedetto XVI: da una parte l’invito ad
approfondire la conoscenza del Grande Apostolo ha strutturato la parte
centrale del mensile con un “dossier” dedicato agli scritti di Paolo;
dall’altra la vera e propria attualizzazione del messaggio di Paolo, si
è venuta esplicitando attraverso l’individuazione di “aggettivi” che
hanno dimostrato la poliedricità e la statura del suo pensiero: in
effetti l’intera realtà umana e cristiana pub essere plasmata e ricevere
linfa sempre nuova dalla spiritualità e dalla riflessione di Paolo. Ecco
allora giustificata l’abbondanza di rubriche, di articoli e contributi
specifici. E’ anche interessante annotare la dimensione ecumenica che ha
necessariamente interessato le 80 pagine della rivista, così come
caldeggiava il Santo Padre”.
Quali, a suo avviso, saranno i frutti spirituali di
questo anno tematico?
“E’ difficile,
oggettivamente, fornire un elenco di sintesi. E’ più facile ritenere che
ciascuna comunità cristiana, animata dai propri pastori con diverse e
disparate situazioni pastorali, saprà cogliere da San Paolo gli elementi
più confacenti alla crescita e alla doverosa testimonianza nei
rispettivi ambiti geografici. Certamente gli stimoli, mossi specialmente
dalle Catechesi di Benedetto XVI e da innumerevoli contributi, mediatici
e non, potranno superare la “cultura dello slogan” che ha caratterizzato
anche l’Anno Paolino.
Dal nostro “piccolo”
e “limitato” ma privilegiato osservatorio con dati inequivocabili sia in
termini di diffusione della rivista (mediamente 15/20.000 copie) sia in
termine di fruizione web, (il sito
www.paulusweb.net che è nato in coincidenza con l’uscita del primo
numero del mensile) con possibilità di una certa interazione,
l’interesse e la volontà di approfondire la conoscenza di Paolo di Tarso
ci porterebbero ad affermare che ne deriveranno frutti spirituali
notevoli. Sia in termini squisitamente “personali”, sia in termini
“ecclesiali”… se si pensa ad esempio che la liturgia della parola delle
domeniche dell’anno liturgico offre quasi sempre un brano
dell’Epistolario Paolino e che - questo – sia generalmente trascurato
nelle omelie… l’anno tematico ha indubbiamente offerto un contributo
notevole alla conoscenza della figura e degli scritti di San Paolo. Da
qui può derivare, anzi ne deriverà certamente un riflesso sulla identità
e autenticità dell’essere cristiani, anche perché tutta la vita
cristiana ha in Paolo la fonte di riflessione e di razionalizzazione con
le conseguenze morali opportune.
Altri frutti si
orienteranno certamente al versante ecumenico come “tensione” spirituale
e storica all’unità in Cristo. In questo senso il carattere ecumenico
dell’Anno Paolino ha giocato un ruolo fondamentale e questo contribuirà
notevolmente nel dialogo intrapreso da molti decenni. Indubbiamente il
Paolo che ha “diviso”, può tranquillamente divenire il Paolo che
“unisce”. Un’ulteriore frutto, ma che si coglie già con la celebrazione
dell’Anno Sacerdotale, sarà il prendere maggiore coscienza dell’identità
missionaria della Chiesa. In questo senso c’è chi ha parlato di
“continuità” tra l’Anno Paolino e l’Anno sacerdotale, riscoprendo nel
sacerdozio ministeriale e comune una forza propulsiva notevole per la
cristianità del terzo millennio. Più concretamente, l’aver approfondito
Paolo sotto il profilo della comunicazione, apre le prospettive anche
all’evangelizzazione della cultura mediale… specialmente negli areopaghi
virtuali”.
Sul piano della comunicazione in che modo la figura di
San Paolo interpella la Famiglia Paolina?
“E’ indubbio che Paolo costituisca, nell’apparato carismatico, un
riferimento indiscusso, non foss’altro per il rimando alla spiritualità
tutta incentrata sul vivere e dare Gesù il Maestro, Via verità e Vita.
In questo si pone come, “modello”, “esemplare”, “paradigma” o, ripetendo
le parole di Don Alberione “padre” con doverose implicazioni di rapporto
“familiare”, per cui Figli e Figlie crescono nella misura in cui
rimangono, per consanguineità spirituale, fedeli e rispettosi,
imitandone esempi, intelligenza, virtù. Torna l’antico dilemma: Se san
Paolo fosse vivo oggi, cosa farebbe? Solo il giornalista? Ecco la
questione: Paolo ha portato il Vangelo di Gesù Cristo ai pagani; oggi lo
porterebbe ai “lontani” o a coloro che non ne hanno neppure sentito il
nome. Siamo nell’era della Comunicazione in un contesto di forte
relativismo e scristianizzazione…, mi pare che il dato obblighi di per
sé a rispondere con parrhesia, anche in forza di un carisma specifico
che perdura ormai da un secolo. Probabilmente il peso e le
sovrastrutture della propria storia e della propria tradizione possono
affievolire l’entusiasmo e lo zelo, vista la crisi generalizzata delle
vocazioni e la crescita dell’età media, ma certamente non indebolire
l’ideale che lo anima.
La comunicazione,
come fenomeno complesso e – per certi versi – insondabile per essere
ricondotto a una definizione univoca, è l’espressione più evidente del
mondo “che cambia” e cambia vorticosamente e non solo in chiave
tecnologica. Cosicché, se per molti decenni poteva apparire sufficiente
l’apostolato come “fare”, oggi in primis è richiesta una trasformazione
in apostolato dell’”essere” in cui sviluppare “tensione” anche e
soprattutto razionale tra la cultura dell’organizzazione e la cultura
della missione. Ciò per affermare che nulla è rigettabile del progresso
e della tecnica, ma è fortemente necessario considerare questi come
“mezzi” e non “fini”. Credo sia stata indubbia in San Paolo la chiarezza
dei “fini” e l’assoluta fedeltà a questi lo hanno reso con dignità
“Apostolo delle Genti”, anche senza aver conosciuto il suo Signore e
Dio”.
Si aspettava questo grande interesse da parte di persone
di tutto il mondo sull’apostolo delle genti?
“Mi sarei stupito del
contrario, sebbene – e sempre da nostro piccolo e limitato osservatorio
– bisogna ammettere che l’eco e l’importanza dell’Anno tematico attorno
alla figura di S. Paolo abbiano avuto una certa gradualità. Infatti è
onesto affermare che, escludendo il battage mediatico all’atto
dell’apertura, i primi mesi sono stati piuttosto flebili. E’ a partire
dal quarto mese dall’apertura che l’interesse ha visto un crescendo
quantitativo: lo confermano gli stessi dati forniti dall’affluenza
quotidiana di pellegrini alla Basilica di San Paolo fuori le Mura. Ciò
rivela quanto l’Apostolo necessitasse di “visibilità”, anche a livello
di culto e di devozione. Parlare di Paolo e su Paolo è difficile, anche
solo in termini di biografia, per non parlare di teologia. Cosa che non
accade, ad esempio di Sant’Antonio o di San Pio da Pietrelcina, santi
così prossimi al cuore della devozione popolare. Ed è sembrato proprio
che la difficoltà di approccio abbia generato per secoli una “distanza”
generalizzata: si pensi soprattutto alla storia della sua iconografia,
rapportata ai santi della devozione popolare. Eppure, una volta scoperto
o ri-scoperto ci si rende conto che il suo culto esige radicalità e
soprattutto un cristianesimo vissuto da adulti”.
Grande emozione ha suscitato ovunque la notizia, data dal
Papa nel corso dei vespri a conclusione dell’Anno Paolino, dei risultati
dell’indagine scientifica condotta sul sarcofago. Che valore attribuire
a questa analisi effettuata con una sonda da cui risulta frammenti di
resti mortali di una persona vissuta tra il primo e il secondo secolo?
“Indubbiamente la
notizia ha una straordinaria importanza sotto il profilo storico, ma se
ci immedesimiamo nelle migliaia di pellegrini che da terre lontane sono
venute a Roma presso la tomba dell’Apostolo, il rilievo diviene meno
significativo. Addirittura taluni giornalisti, commentando la notizia
nel corso delle rassegne stampa dei quotidiani, l’hanno considerata
quasi “ovvia”. Ciò dimostra che il dato di fede è decisamente superiore
al dato scientifico. Ciò tuttavia non esclude – sotto il profilo
archeologico – un interesse davvero straordinario. Cosicché la fede ne
esce ancor più rafforzata”.
Anche sul piano ecumenico sappiamo che l’Anno Paolino
avrà ricadute positive per il cammino verso l’unità. La sua opinione al
riguardo?
“Anche da nostro
punto di vista abbiamo potuto esperire la positività per il dialogo
ecumenico. Avendo sviluppato numerosissimi contatti con le altre
confessioni cristiane e con le altre religioni per l’interpretazione e
la ricaduta del pensiero paolino su tematiche fondamentali contenute o
dedotte dagli scritti di Paolo, abbiamo potuto constatare, eccettuato
qualche rarissimo caso, una disponibilità e quasi un “onore” a
collaborare e contribuire. Non è quindi per caso che il Santo Padre ha
indicato in San Paolo il “propulsore” nel dialogo ecumenico”.
Benedetto XVI in occasione della chiusura dell’Anno
Paolino ha definito San Paolo, l’apostolo del non conformismo, della
verità nella carità e della fede adulta. Quale è la sua personale
definizione di Saulo di Tarso e perché?
“Non si può non concordare sulle espressioni qualificative utilizzate
dal Santo Padre, sebbene non esauriscano la personalità dell’Apostolo
delle Genti; Paulus, costruendo e sviluppando il proprio piano
editoriale è proprio ricorso – anche per necessità di sintesi – agli
aggettivi, giocando sull’antonomasia, per condensare in un’espressione
qualificativa il contenuto dei suoi singoli scritti: il cittadino
romano, il comunicatore, architetto della Chiesa, il teologo, il
pastore, l’Apostolo, l’esteta, il giustificato, il prigioniero, il
mistico, educatore alla libertà, il cosmopolita, il libero in Cristo, il
lavoratore, l’organizzatore, l’atleta, l’orante…. Ma, per essere
rigorosi, anche queste accezioni sono limitative e non esclusive.
Ciò che emerge di
rilevante è la poliedricità di Paolo e ogni sfaccettatura analizzata
apre ad ulteriori apposizioni o aggettivazioni. Le sottolineature di
Benedetto XVI credo vadano orientate sul versante parenetico, anche
perché l’articolato discorso che ha tenuto durante i primi vespri della
Solennità dei Santi Pietro e Paolo nella basilica di San Paolo fuori le
Mura a chiusura dell’Anno Paolino, è stato ricchissimo dal punto di
vista teologico e pastorale. Personalmente, soprattutto alla luce della
dialettica redazionale e dal confronto con gli esperti e gli studiosi,
risulta difficile, quanto definire Paolo… tuttavia mi pare quanto mai
significativo aver presentato di lui un’immagine che appositamente ci ha
fatto fuoriuscire dai classici schemi iconografici. In un poster, ormai
esaurito, abbiamo voluto presentare l’Apostolo con un fare “combattivo”:
un uomo giovane, dal bel volto, quasi un moderno samurai che con la
spada a doppio taglio della parola di Dio, in forma di scimitarra ed
elevata corre nella battaglia del mondo, alle cui spalle – nello sfondo
– è ben visibile una serie di costruzioni recanti la croce, la stella di
Davide e la mezzaluna”.
gh gh gh gh gh gh gh
A suor Bruna Fregni,
consigliera
provinciale delle Paoline per l'ambito Comunicazione e informazione,
abbiamo chiesto:
Cosa ha significato per le Figlie di San Paolo l’Anno
dedicato all’apostolo delle genti e come è stato vissuto.
“Per noi Figlie di
San Paolo e per tutta la Famiglia Paolina, di cui facciamo parte, l’Anno
Paolino è stato un grande evento di grazia, che ci ha permesso di
riscoprire in modo nuovo la figura dell’Apostolo delle genti, nostro
modello e ispiratore, e, nel contempo, ci ha viste impegnate a far
conoscere e approfondire la sua figura come dono per tutta la Chiesa,
non solo di ieri, ma soprattutto di oggi.
Lo abbiamo vissuto
intensamente, cercando di coniugare, personalmente e comunitariamente,
due dimensioni:
quella
più interiore, attraverso gli itinerari spirituali che ci sono stati
proposti dalla nostra Congregazione, attraverso i quali siamo state
inviate a ripercorrere tutti i valori del nostro carisma e della nostra
missione nella luce della vita e delle Lettere di San Paolo;
quella
più rivolta agli altri, attraverso una serie di iniziative di animazione
capillare sul territorio, che hanno spaziato dalle pubblicazioni di ogni
genere su San Paolo, dai convegni, dalle mostre a pannelli dedicate alla
figura dell’Apostolo ai concorsi per le scuole, dagli incontri culturali
nelle Librerie Paoline agli spettacoli sulle piazze, dai concerti alla
“Peregrinatio Pauli”, ovvero al pellegrinaggio di un’icona di San
Paolo a tappe che hanno toccato più di 60 località italiane”.
Quali, a suo avviso, saranno i frutti spirituali di
questo anno tematico?
“Mi auguro che il
primo frutto spirituale sia un rinnovato amore per la Parola di Dio
unito a una rinnovata passione per l’evangelizzazione, grazie anche alla
felice concomitanza del Sinodo sulla Parola di Dio nella vita e nella
missione della Chiesa.
Il secondo frutto
dovrebbe essere quello di un maggiore impegno di tutta la comunità
cristiana nel testimoniare la vita nuova, la vita in Cristo, sotto la
guida dello Spirito Santo che ci rende figlie e figlie di Dio e diffonde
nei nostri cuori la fede, la speranza e la carità, a gloria del Padre”.
Sul piano della comunicazione in che modo la figura di
San Paolo interpella la Famiglia Paolina?
“San Paolo ci interpella in diversi modi, ma in
particolare, a mio parere, nello sviluppare una comunicazione della fede
sempre più universale, quindi rivolta a tutti, sempre più inculturata,
quindi capace di parlare tutti i linguaggi, e sempre più pastorale,
ossia sempre più attenta alle necessità concrete degli uomini e delle
donne di oggi”.
Si aspettava questo grande interesse da parte di persone
di tutto il mondo sull’apostolo delle genti?
“No, devo dire la verità. Temevo che San Paolo fosse
presentato o recepito come un santo difficile o troppo grande e lontano.
Invece, con mia grande e lieta sorpresa, ho riscontrato che ha saputo
affascinare tutte le più svariate categorie di persone. Credo che un
grande emerito vada riconosciuto proprio a papa Benedetto XVI che,
attraverso le celebrazioni liturgiche e le catechesi ha saputo davvero
risvegliare l’interesse e presentare l’attualità di San Paolo
nell’oggi”.
Grande emozione ha suscitato ovunque la notizia, data dal
Papa nel corso dei vespri a conclusione dell’Anno Paolino, dei risultati
dell’indagine scientifica condotta sul sarcofago. Che valore attribuire
a questa analisi effettuata con una sonda da cui risulta frammenti di
resti mortali di una persona vissuta tra il primo e il secondo secolo?
“Certamente il valore di una conferma anche scientifica di
un dato della tradizione, che spinge a un amore ancora più grande per la
basilica di San Paolo e per la tomba che custodisce, quale memoriale del
martirio di una delle due “colonne” della Chiesa..”
Anche sul piano ecumenico sappiamo che l’Anno Paolino
avrà ricadute positive per il cammino verso l’unità. La sua opinione al
riguardo?
“L’Anno paolino ha dimostrato che si possono trovare grandi
punti di incontro e di cammino comune, al di là delle divergenze,
quando si fa memoria insieme delle origini dell’esperienza cristiana e
delle grandi figure che l’hanno contrassegnata..”
Benedetto XVI in occasione della chiusura dell’Anno
Paolino ha definito San Paolo, l’apostolo del non conformismo, della
verità nella carità e della fede adulta. Quale è la sua personale
definizione di Saulo di Tarso e perché?
“Mi piace guardare a Saulo di Tarso con lo sguardo del mio
Fondatore il beato don Giacomo Alberione, che lo vedeva come il grande
innamorato di Cristo, l’apostolo con un cuore grande come l’oceano,
pronto ad accogliere tutti nell’abbraccio della carità e pronto a tutto
per di annunciare il Vangelo ad ogni popolo e cultura”.
Quale messaggio lascia alle Figlie di San Paolo
l’apostolo delle genti con questo anno tematico?
“Durante tutto questo
tempo San Paolo ci ha accompagnato in vari modi, tra i quali anche un
“viaggio interiore” che ci è stato proposto dalla nostra Superiora
provinciale, sr Giovannamaria Carrara, attraverso sei lettere che hanno
scandito i tempi forti di questo anno tematico, ognuna caratterizzata da
un verbo significativo dell’esperienza di Paolo. Nell’ultimo tratto,
dedicato al tema dell’offrire, come chiave di lettura dell’ultima
fase di esistenza di apostolo, Paolo si rivolge a noi, sue Figlie, con
queste parole, riprese dalle sue lettere:
“Fatevi mie imitatrici; come me lasciate perdere tutto
ciò che vi appesantisce e considerate tutto spazzatura a confronto di
Cristo Gesù; lasciate che Lui si formi in voi; non abbiate paura perché
niente potrà separarvi da Lui. Avete posto la vostra sicurezza in
Qualcuno che può custodire bene il vostro deposito. Le sofferenze del
momento presente non sono nulla a confronto della gloria che dovrà
essere rivelata in voi”.
NB.
Una comunicazione più ampia che abbraccia l’esperienza di tutti gli
istituti facenti parte della Famiglia paolina verrà offerta
prossimamente dal Centro Studi USMI sulla rivista Consacrazione e
Servizio.
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