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244 Padri Sinodali, 29
esperti, 49 uditori, 3 invitati speciali: sono questi i numeri del
secondo
Sinodo speciale per l’Africa.
L’evento tenuto in Vaticano per tre settimane, dal 4 al 25 ottobre, ha
puntato l’attenzione sui temi della riconciliazione, della giustizia e
della pace. Ai lavori hanno preso parte anche i delegati fraterni,
rappresentanti di sei Chiese e comunità ecclesiali presenti in Africa,
tra cui quella copta, quella anglicana e quella metodista.
Il
calendario
dei lavori prevedeva venti congregazioni generali e nove sessioni
dei circoli minori. Benedetto XVI ha presieduto tre celebrazioni
eucaristiche: quella iniziale, domenica 4 ottobre, quella per la
canonizzazione di 5 beati, l’11 ottobre, e la Messa finale, il 25 del
mese. Il Papa ha guidato anche il Santo Rosario con l’Africa e per
l’Africa in Aula Paolo VI sabato 10 ottobre, insieme agli studenti
universitari sia italiani che africani, collegati via satellite. Da
segnalare anche la riflessione sull’Esortazione apostolica post-sinodale
“Ecclesia in Africa” il 5 ottobre, nel pomeriggio. Tre appuntamenti
hanno coinvolto gli Invitati speciali che hanno preso la parola in Aula:
si tratta del Patriarca della Chiesa ortodossa etiope Abuna Paulos, il 6
ottobre; di Rudolf Adada, già capo della missione di pace per il Darfur
delle Nazioni Unite, il 9 ottobre. Infine, il 12 ottobre si è rivolto ai
Padri Sinodali Jacques Diouf, direttore generale della FAO, di religione
islamica.
A distanza di 15
anni dalla prima assemblea speciale dedicata alla terra africana i Padri
Sinodali hanno avvertito la necessità di riflettere sugli sviluppi del
continente. Un territorio in crescita, che ha visto i cattolici
aumentare da 55 a 164 milioni, in un arco di tempo che va dal 1978 al
2007. Cifre che hanno portato i cattolici dell’Africa al 17,5%, una
percentuale superiore alla media mondiale, che si ferma al 17,3%.
E pensare che
all'inizio del Novecento non erano neppure due milioni. Rispetto
all'assemblea del 1994, i vescovi sono oggi circa il 18 per cento in più
- il 60 per cento è stato nominato dopo il primo Sinodo - i sacerdoti
diocesani addirittura il 58. C'è senza dubbio una crescita eccezionale,
con una nuova capacità di raccogliere sfide antiche e recenti. A
quest’Africa potenzialmente ricca ma di fatto relegata in ruoli di
sudditanza nei confronti delle nazioni avanzate è dedicata la seconda
assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi dal titolo “La
Chiesa d’Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e
della pace”.
“La Chiesa locale deve potenziare quanto già sta attuando, annunciando
la Buona Novella e predicando la riconciliazione, la giustizia e la pace
in queste terre martoriate”: è monsignor
Nicola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei Vescovi a
chiarire il ruolo della Chiesa che è in Africa di fronte ai conflitti
interetnici e alle sanguinose guerre tribali, al quale abbiamo rivolto
alcune domande.
Cosa si aspetta da questo evento?
“Come segretario
generale del Sinodo dei Vescovi rifletto un po’ l’attesa dei presuli
delle Chiese particolari dell’Africa. Presuli che stanno vivendo questo
momento come un kairòs. La Chiesa cattolica in Africa sta
attraversando una fase di grande dinamismo evangelico e di sviluppo mai
immaginato. Il sinodo approfondirà questi aspetti positivi analizzandoli
anche alla luce delle sfide del momento attuale”.
A
proposito di sfide, quali sono i nodi ancora irrisolti dell’Africa?
“E’ difficile
sintetizzare. L’Africa è molto diversa da zona a zona. Nelle vaste zone
del nord Africa i cattolici sono in minoranza, mentre nel nord est vi
sono comunità cristiane molto ampie specie in Etiopia, Egitto ed
Eritrea. Nell’area sub sahariana la presenza del cristianesimo non è
uniforme, come nel caso dell’Angola dove la Chiesa è presente da
cinquecento anni. Dal Sinodo ci si attende un rafforzamento
dell’evangelizzazione, missione prioritaria della Chiesa. Un secondo
aspetto riguarda la promozione umana, la collaborazione instaurata dalla
Chiesa con tutti, dalle istituzioni alle comunità locali, per assicurare
il pieno sviluppo. Molto è stato fatto nel campo dell’educazione, che
merita di essere messo tra i punti prioritari soprattutto per quanto
attiene alla formazione dei religiosi, delle religiose, ma anche del
laicato. C’è urgente bisogno di educare laici impegnati in campo sociale
e politico come persone responsabili e capaci di vivere questo compito
come una missione.
Personalmente ho
constatato che l’opinione pubblica europea e più in generale del mondo
occidentale conserva una immagine negativa dell’Africa, a causa delle
notizie tutt’altro che piacevoli che giungono da lì. Ma ci sono aspetti
positivi che non vanno taciuti: in molti paesi africani regna concordia
e pace. E si assiste al rafforzamento dei sistemi democratici di
governo”.
In
che modo sarà messa a frutto l’esperienza della prima assemblea sinodale
del 1994?
“Questo
appuntamento è da vedere come l’ideale continuazione di
quell’appuntamento iniziato quindici anni fa e destinato ad un lungo
cammino. Già dal tema di questa seconda assemblea appare evidente.
L’inizio dei lavori ha fatto esplicito riferimento all’esortazione
apostolica Ecclesia in Africa, frutto dell’incontro del ’94.
Ovviamente i vescovi, alla luce della situazione dell’Africa, hanno
voluto concentrarsi sui temi della riconciliazione, della giustizia e
della pace. La riconciliazione con Dio e con i fratelli nella comunità
ecclesiale, come indicato dall’Instrumentum laboris, è in un certo senso
la chiave di lettura del sinodo. Ed è presupposto per la riconciliazione
di tutta la società africana”.
Ci
siamo lasciati alle spalle l’anno paolino e siamo nel pieno dell’anno
sacerdotale che offre alla riflessione dei sacerdoti di tutto il mondo
la figura e la missione del santo curato d’Ars. Come trasformare questo
evento in una occasione privilegiata per la missione dei sacerdoti e le
religiose africani?
“La riscoperta
della missionarietà dei suoi membri è stata presente anche nella
preparazione del sinodo africano. Infatti, leggendo l’Instrumentum
laboris si percepisce questo flusso biblico e la rinnovata attenzione,
oggi più che mai attuale, nei confronti della Parola di Dio. Anche san
Paolo è esempio per l’Africa. Grazie a Dio, vi sono sempre di più
missionari africani all’interno e fuori del continente, anche in Europa.
Ovviamente anche l’anno sacerdotale occupa uno spazio di tutto rilievo
perché coinvolge tutti i sacerdoti, stretti collaboratori dei vescovi,
nella missione della Chiesa in Africa. L’esempio del curato d’Ars
spingerà i sacerdoti africani a riscoprire la priorità di Dio che merita
un amore indiviso, ad avere fiducia nei mezzi della grazia, riscoprendo
il sacramento della penitenza, essenziale per la riconciliazione”.
Grande spazio hanno le donne in questo Sinodo
se si guarda anche all’elevato numero di delegate. E che la dice lunga
sul fatto che il Sinodo guarda anche al ruolo dei laici e delle laiche
in Africa…
“Molto. Possiamo
anche dire che si è molto occupato della posizione della donna, che
spesso in varie situazioni è vittima. Le stesse donne presenti, sia
laiche che religiose, hanno sottolineato questo aspetto che è stato
accolto dai pastori. Io credo che anche da questo Sinodo i laici avranno
più coscienza del loro ruolo insostituibile, soprattutto dove il clero
non può arrivare, ma di importanza capitale è la donna in Africa e
dunque la Chiesa punta molto sulle donne. Abbiamo già varie istituzioni
di donne cattoliche che fanno un’opera eccellente e dal Sinodo trarranno
ulteriore appoggio e coraggio per continuare la loro opera nella Chiesa
e nella società, perché spesso si è detto che la donna ha anche una
capacità speciale di essere agente di riconciliazione magari lì dove gli
uomini falliscono”.
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