|
Immigrazione
e minori
nelle parole di
Sr. Stefania Marelli
|
Rita Salerno (a cura di)
|
|
|
|
|
English version
L’avvio,
come in tutte le iniziative che fanno capolino in un ambito tutto ancora
da delineare, non è stato facile. Oggi a distanza di undici anni lo
"Spazio Baby", il servizio di asilo nido creato in occasione del
Giubileo del 2000 per minori stranieri offerto dalle Suore di Carità
delle Sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa, conosciute
universalmente come Suore di Maria Bambina, rappresenta una riuscita
occasione di dialogo con persone di altre confessioni religiose, come
mussulmani e buddisti.
Fondato a Lovere nel 1832, l'Istituto delle Suore di
Carità è presente oggi in molte parti del mondo e risponde ai molteplici
bisogni dell'uomo di ogni tempo, attraverso le opere di misericordia che
si concretizzano in iniziative di pastorale giovanile, di educazione, e
di solidarietà con i più poveri. Una delle espressioni concrete di
questa carità è lo Spazio baby che da undici anni suor Stefania Marelli
porta avanti nel quartiere romano di Vigna Clara con il prezioso
sostegno delle undici consorelle della comunità e con il contributo di
una volontaria. Valorizzare le diversità, anche culturali, nel
quotidiano impegno al confronto è il segno distintivo dell’asilo nido
che oggi ospita nove bambini di età compresa tra i diciotto mesi e i tre
anni, di diversa nazionalità. L’esperienza di "Spazio Baby" nelle parole
di suor Stefania.
Da dove provengono questi bambini?
"Le origini sono le più disparate. Ci sono piccoli
delle Filippine, dello Sri Lanka e di Capo Verde, negli anni precedenti
abbiamo avuto anche bambini peruviani, marocchini, portoghesi,
equadoregni e dal Camerum. Ci sono giunte richieste anche da parte di
mamme della Romania, ma per diversi motivi non si sono più presentati.
La scelta di accogliere esclusivamente bambini
stranieri era stata dettata dall’analisi dei bisogni del territorio,
sede di diverse ambasciate con personale straniero. Di fatto, sono stati
pochi i bambini residenti nel quartiere, tutti gli altri vengono da zone
e quartieri distanti dalla nostra comunità, uno di loro arrivava persino
da Campagnano".
Si tratta di persone che sono spesso costrette a
lasciare la propria terra in cerca di fortuna e di migliori condizioni
di vita?
Non so rispondere a questa domanda, qualcuno sì,
qualcuno mi ha confidato questa sua realtà, ma non posso
generalizzare,non so se è per tutti così.
Come hanno saputo del vostro servizio?
"In principio ci siamo messe in contatto con la
Caritas e le parrocchie, ma poi ha funzionato benissimo il sistema del
passaparola. Ai nuovi arrivati chiedo sempre come ci hanno conosciuto e
ogni volta sono piacevolmente colpita dalla risposta, perché tutti
quelli che bussano alla nostra porta dicono di avere avuto il nostro
nome da amici che hanno portato i propri figli. È un tam tam che
funziona. In dieci anni non ho mai avuto un riscontro negativo. Qui sono
passati musulmani, buddisti e non c’è mai stato un problema. La
religione non è mai una discriminante qui da noi. Non chiedo mai alle
famiglie a quale religione appartengono. Con il passare del tempo, a
rapporto instaurato, si aprono e magari capita di venire a sapere il
credo religioso. È capitato di fare conoscenza di persone buddiste che
il venerdì vanno alla Scala Santa oppure frequentano la tale parrocchia
perché si trovano bene. Un altro ancora mi ha detto apertamente di
essere mussulmano e di aver scelto il nostro Spazio perché le suore
sanno educare".
Non capita tutti i giorni di sentire un attestato di
stima di questo genere…
"Fa piacere non dico di no, e ciò che mi stupisce
ogni volta è la fiducia reciproca che cresce nel cammino che facciamo
insieme.
Con questa famiglia musulmana, per esempio, sono
rimasta in contatto per molto tempo, fino a quattro anni fa, quando ho
fatto una bella esperienza estiva con gli ex-piccoli diventati grandi. A
volte anche altri si fanno vivi e ci cercano al telefono, per esempio in
occasione delle festività natalizie, oppure ci s’imbatte per caso per
strada, capita anche di non riconoscerli subito perché il tempo cambia
anche le fisionomie, ma poi si fa presto a ripristinare un dialogo
caloroso scambiandosi le esperienze vissute al di fuori dello "Spazio
Baby".
C’è da dire che ogni anno, a Natale, in occasione
dell’arrivo di Babbo Natale, contattiamo quelli che sono usciti nel mese
di giugno.
Quando qualcuno vuole venire a trovarci prima, è mia
preoccupazione chiedere ai genitori se si è inserito bene nella scuola
dell’infanzia, altrimenti è meglio che aspetti a Natale, perché non viva
una regressione che può rendere più difficile il nuovo inserimento.
Quest’anno abbiamo fatto la festa il 23 dicembre e a
mezzogiorno sono arrivati i genitori. Siamo stati un po’ insieme, poi è
arrivato Babbo Natale a portare i doni, abbiamo giocato con lui; abbiamo
trascorso qualche ora lieta tutti insieme e poi ci siamo salutati.
A giugno, poi, quando abbiamo la festa di fine anno,
li chiamiamo nuovamente tutti e immancabilmente vengono, tranne qualche
bambino che con la famiglia si è allontanato da Roma.
Non sono pochi quelli che tornano. E qualcuno
continuamente si fa sentire".
Questo facilita anche i rapporti con la famiglia?
"Di solito chiedo alle famiglie di raccontarmi come è
andato l’inserimento e se si sono verificati problemi. Quasi tutti mi
riferiscono che non hanno fatto fatica ad inserirsi. Ai genitori dico
sempre che se vivono serenamente il primo allontanamento dalla famiglia,
dopo non ci saranno grosse difficoltà. Certo, non è che tutto è facile,
perché comunque, cambiano abitudini, ambiente, facce, vita.
Ricordo una mamma lo scorso anno molto preoccupata
per la sua bambina a cui ho replicato che in base alla mia esperienza la
piccola avrebbe superato questo momento di cambiamento senza grossi
problemi. È passata ad agosto a salutarci e per riferirci che la bambina
senza difficoltà li ha salutati il primo giorno di scuola. Certo,
non ci si deve aspettare che sul momento il bambino non pianga quando
vede i genitori allontanarsi, perché è normale, ma se ha già
sperimentato un distacco in modo sereno, potrà sperimentarlo ancora.
Questo per me significa prendersi cura della vita che
c’è dentro ciascuno, in modo semplice, con le possibilità che si hanno a
disposizione. È un farsi vicino ai bimbi e ai genitori che spesso sono
qui soli e senza alcun appoggio di sorta. Non di rado mi è capitato di
ascoltare problemi di chi è alle prese con tante difficoltà in una terra
straniera, e come sono stata capace ho provato a dare un consiglio. Mi
sono accorta che spesso hanno bisogno di qualcuno che li ascolti e non
li faccia sentire soli con il loro problema. Anche se hanno amici,
spesso preferiscono aprire il cuore e confidarsi con chi si prende cura
dei loro figli tutti i giorni. Per questo la fiducia che sento che
ripongono in me è una grande responsabilità che cerco di non
disattendere.
Mi viene in mente un bambino che era stato allo
Spazio Baby; dopo qualche anno, frequentava già le elementari, viene a
trovarmi e la mamma mi racconta che non sa come aiutare il figlio a non
usare più il biberon per il latte. Provo allora io a parlare con il
bambino e mi viene l’idea di dirgli di chiedere un bel regalo: una nuova
tazza per il latte, ma proprio come piace a lui, con l’impegno, però, di
usarla. Dopo qualche tempo, la mamma, contenta mi fa sapere che era
passato dal biberon alla tazza senza grandi difficoltà e soprattutto in
modo molto naturale.
Per me la cosa più bella che siamo riuscite a
realizzare con questo ‘Spazio Baby’ è il farsi vicino agli altri. Con
pochi, semplici gesti far capire che ci sei, e che se hanno qualche
problema sei a loro disposizione, dalla cosa più semplice, come la
giovane mamma a cui offri una crema per lenire per le mani rovinate dal
freddo, a quella più impegnativa, come una bronchite che non passa mai.
È sapersi fare prossimo alle tante difficoltà quotidiane di chi è
lontano dai propri affetti e dai luoghi familiari.
Persone che incontri in occasione delle feste di
Natale o semplicemente quando ti chiamano al telefono e ti chiedono di
poterti vedere anche solo per un saluto e una parola amica.
È capitato anche di essere di aiuto nell’accogliere i
loro bambini in un giorno festivo, in cui l’Spazio baby era chiuso, e lo
abbiamo fatto proprio per andare incontro alle esigenze particolari
legate al loro lavoro. Anche così si offre concretamente un aiuto.
Il nostro è un servizio gratuito, non ci sono rette
da pagare, però si chiede che ciascuno contribuisca secondo le proprie
possibilità, in modo libero, attraverso una piccola offerta; si chiede
poi di portare il pranzo per i bambini perché mangiano qui da noi e
l’autorizzazione comunale che abbiamo ci permette solo di scaldare le
vivande. Infine ogni mese s’impegnano a fornire un pacco di pannolini e
uno di salviettine rinfrescanti. A ciascuno chiediamo inoltre l’aiuto
settimanale nel tenere pulito l’ambiente in cui trascorrono il tempo i
loro figli. Quando poi ci sono le feste, due volte all’anno, mi
organizzo in modo che ognuno di loro porti una cosa diversa per la buona
riuscita di questo momento di convivialità, in modo che tutti possano
contribuire per la loro parte".
Come si svolge una giornata tipo?
"Apro alle 7.30 e alle 8 cominciano ad arrivare i
bambini. Fino alle 9.30 c’è il rito dell’accoglienza e il saluto dei
genitori. Ogni bambino ha il suo rito di ingresso. C’è chi ha bisogno di
stare vicino alla radio a sentire musica per affrontare meglio il
distacco dai genitori e quello che invece vive la cosa con tranquillità.
C’è poi il momento del gioco e delle attività intorno alle 10. Ognuno
nel suo seggiolone gioca con le vaschette dove è immersa della pasta, di
diverso formato, che faccio infilare nei bastoncini. Oppure si gioca con
le lenticchie o con i fagioli. A volte giochiamo con l’acqua, con la
pasta di sale con cui realizzare dei piccoli oggetti con l’uso di
formine, cose molto semplici, magari imperfette, ma frutto del loro
talento. Dedico spazio anche al corpo umano con la sagoma di ognuno di
loro disegnata su un grande foglio di carta. Utilizzo anche il cartone
dell’uova e palline di diverso colore per facilitare l’apprendimento dei
colori e delle diverse tonalità. Giochi che durano al massimo trenta
minuti perché si stancano presto. Si torna nuovamente in sala giochi, si
balla e si gioca, e si arriva presto all’ora di pranzo. Con loro parlo
solo in lingua italiana per aiutarli ad apprendere. Sono molto
ricettivi. Racconto la favola di Biancaneve che è la fiaba preferita nel
corso dell’anno, utilizzo raramente la televisione per la visione di
qualche cartone animato, perché so che a casa già trascorrono tanto
tempo davanti agli schermi. Di solito ricorro alla tv verso
maggio-giugno per prepararli alla festa di fine anno, in cui arriva allo
Spazio baby qualche personaggio delle fiabe che loro preferiscono
per giocare con loro".
Come mai questa scelta di stare con i bambini?
"A me è sempre piaciuto lavorare con i piccoli.
Quando mi fecero questa proposta ero in una comunità di recupero
terapeutico a Monza e mi fu chiesto l’otto settembre 1999 se me la
sentivo di venire qui a Roma nella casa di noviziato per organizzare e
gestire questo servizio a contatto con i piccoli, affiancata da un’altra
suora che avrebbe dovuto essere la responsabile. Ed eccomi qui alla fine
di ottobre dello stesso anno. Ho preparato gli ambienti per accogliere i
bambini e per prendere contatti con il terrritorio, perché all’inizio
sembrava che non ci fossero bambini da accudire. Per qualche mese
infatti ne è venuto uno solo. Poi, nel giro di quindici giorni, siamo
arrivati a otto.
C’è sempre qualcuno che resta di più nel cuore, ma
sono tutti bambini ai quali non si può non voler bene, hanno bisogno di
essere accolti e amati. Bisogna far sentire loro che sono benvoluti, non
solo da me, ma anche da Qualcuno che è più grande, indipendentemente dal
credo religioso. A Natale racconto la storia di Gesù, faccio il presepe,
allestisco l’albero. I bambini mi aiutano a mettere le statuine. I più
grandicelli sono più attenti al racconto, mentre i più piccini
stanno a guardare incuriositi. Spesso i bimbi mi chiedono chi è
guardando il crocifisso che porto al collo, allora dico loro che è Gesù,
che ha le braccia aperte in segno di accoglienza e che vuole bene a
tutti.
I genitori, anche quelli mussulmani, sanno che io
racconto loro la storia di Gesù e mai nessuno è venuto a lamentarsi per
questo. Mai ho avuto problemi basati su differenze di vedute religiose.
Ci fu un anno in cui mi trovai con un bel gruppo di genitori affiatati
tra loro e ho voluto provare a coinvolgerli di più chiedendo loro di
raccontare le esperienze e il significato del Natale nei loro paesi. C’è
stato un po’ di disagio iniziale e per rompere il ghiacciolo iniziato
io, e poi mi hanno seguito, anche se i bimbi attorno a noi hanno voluto
presto tutta la nostra attenzione."
Quel dialogo si riesce a mantenere nel tempo?
"Con diverse famiglie siamo rimasti in contatto, ma è
normale che crescendo, ci si perda di vista. Capita anche che qualcuno
del primo anno, che oggi fa la prima media, sia ancora in contatto con
me e quando la mamma mi telefona di solito poi mi passa il figlio per
gli auguri.
Cosa le ha insegnato questa esperienza a contatto con
i bambini che ha messo a frutto anche nella sua scelta di vita al
servizio della Chiesa?
"Innanzitutto, è servito ad approfondire maggiormente
questo senso della carità. Che cos’è la carità, che portiamo nel nome
della nostra congregazione, concretamente? Per me è prendersi cura di
questa vita che nasce, che cresce, è fare sentire che c’è qualcuno che
ti è vicino e ti accompagna, per come gli è possibile, con il desiderio
grande che possano scoprire ed entrare in relazione con Qualcuno più
grande che ha dato la vita per gli altri.
Vivendo questa responsabilità nei confronti dei
bambini io faccio ogni giorno l’esperienza della presenza di Dio che
aiuta e sostiene, anche negli errori. Con i bambini cerco di riuscire a
far sentire l’amore che provo, poi lascio che sia il Signore a fare il
resto. Senza l’affidamento non si può fare niente
La bellezza del carisma è far passare attraverso di
me questo amore che è più grande di me e di te e di ogni altra cosa,
farlo passare dentro la quotidianità delle relazioni e delle cose
apparentemente semplici".
PROFILO
Sono nata a Capiago Intimiano un paesino in provincia
di Como il 21 gennaio 1958, nel febbraio del 1981 ho iniziato il mio
cammino di formazione nella famiglia religiosa delle suore di Carità
delle Sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa e il 13 novembre 1983
ho emesso la Professione temporanea, il 21 novembre 1987 ho fatto la
Professione perpetua. Ho svolto il mio servizio dapprima in una comunità
parrocchiale in un quartiere periferico di Milano, poi in un Istituto
socio assistenziale sempre di Milano, in seguito in una comunità per
minori a Saronno, e in una comunità terapeutica a Monza. Dall’ottobre
1999 sono a Roma e mi occupo dello Spazio Baby, un centro di accoglienza
per bambini stranieri dai diciotto mesi ai tre anni.
|
|
|
|