"L'anno della fede"
 
nelle parole di M. Viviana Ballarin

a cura di Biancarosa Magliano

     (12 ottobre 2012)

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L’anno della fede con celebrazioni di alto tono spirituale è partito. Un anno particolarmente impegnativo. Papa Ratzinger, che conosce la fatica del credere, nel suo incondizionato amore a Cristo, alla Chiesa, agli uomini e alle donne di tutto il globo, ha indetto quest’anno con un  motu proprio specifico. In esso scrive: “La ‘porta della fede’ è sempre aperta per noi. E’ possibile attraversare quella soglia quando la parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma. Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita”.

A M. Viviana Ballarin, già priora generale del suo Istituto – le Domenicane di Santa Caterina da Siena - per diversi mandati, Presidente USMI dal 2008, Vicepresidente UCESM dal 2011, impegnata nell’animazione della vita religiosa soprattutto femminile da decenni, abbiamo posto alcune domande, partendo appunto dal Motu proprio.

L’Anno della fede è un invito ad una autentica e rinnovata conversione al Signore, unico salvatore del mondo. Quali cammini (proporrebbe) propone perché la vita religiosa viva questa continua conversione? (n. 6)

“La fede che si rende operosa mediante la carità, diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia la vita dell’uomo”. (n.6)

Ecco il cammino!

Il Santo Padre, anche attraverso l’indizione e celebrazione di un anno dedicato alla fede, desidera farci comprendere che essere cristiani non significa sapere tutto sul cristianesimo, ma piuttosto stabilire un rapporto speciale ed esperienziale con la Persona di Cristo; significa incontrarlo, frequentarlo, stare con lui, vivere di lui, permettergli di essere una Presenza che coinvolge tutta la nostra vita nelle Sue cose, che sono poi le cose del Padre: fare di tutti gli uomini e di tutte le donne di tutti i tempi i suoi figli e le sue figlie.

Il cammino, ce lo propone il Santo Padre stesso. A noi religiose è chiesto di essere attente, di metterci in ascolto, di far sì che davvero la fede diventi il nostro criterio di lettura della storia per scoprire in essa la presenza del Risorto che vive ed è vivo, qui ora (n.11), perché la nostra azione diventi sempre di più il racconto di un amore ricevuto, una esperienza di grazia e di gioia, divenendo testimonianza capace di generare, di trasformare, di convertire (cfr. n.7).    

Quali sono le motivazioni  che, secondo lei, oggi, possono veicolare un ritorno pieno, esistenziale, senza facili illusioni, al Signore? (n. 6)

“Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti”. (n.6)

L’uomo e la donna del nostro tempo vivono molto distrattamente, a volte cadono vittime di sottili manipolazioni e plagio a causa di situazioni pesanti che attanagliano la nostra società in crisi, a causa della caduta di valori fondanti il senso dell’esistenza umana, a causa di quello che il Santo Padre definisce “una mutata mentalità che, particolarmente oggi, riduce l’ambito delle certezze razionali a quello delle conquiste scientifiche e tecnologiche” (n. 12), a causa della separazione che si fa sempre più ampia tra fede e vita.

Ci domandiamo se c’è ancora uno spazio per un dialogo tra scienza e fede, per operare scelte libere e responsabili, per vivere la speranza.

Più che mai, la vita consacrata che per vocazione è “memoria vivente del vangelo”, è sfidata ad avere tutte le carte in regola per essere una eccezionale motivazione veicolante il ritorno di molti fratelli al Signore.

Non si tratta del fare, ma dell’essere.

Quali sono le linee di fondo che devono guidare la riscoperta e lo studio dei contenuti fondamentali della fede? (n.11)

Il Santo Padre definisce il catechismo della chiesa cattolica, a 20 anni dalla sua promulgazione “strumento valido e legittimo al servizio della comunione ecclesiale e norma sicura per l’insegnamento della fede” nel quale “pagina dopo pagina si scopre che quanto viene presentato non è teoria, ma l’incontro con una Persona che vive nella Chiesa”, è quindi “un sussidio prezioso e indispensabile” (n.11).

Queste affermazioni sono semplicemente stupende e orientanti.

Di più, il Papa afferma che la conoscenza dei contenuti della fede è essenziale per aderire pienamente con l’intelligenza e la volontà a quanto la Chiesa propone ed entrare così e fare esperienza del pienezza del mistero salvifico rivelato da Dio in Gesù Cristo.

La linea di fondo che il Santo Padre continuamente ci presenta e ribadisce è che la fede è questione di un incontro personale con la Persona di Gesù. Lo studio e la conoscenza sistematica dei contenuti della fede sostiene e accompagna  l’INCONTRO CHE CAMBIA LA VITA.

Oggi, come ieri, Cristo ci invita per le vie del mondo a proclamare il Vangelo a tutti i popoli, Quali sono le vie percorribili perché il vangelo giunga davvero a tutti?… Come illustrare oggi, in questa società multiforme, fluida, e complessa, la forza e la bellezza della fede? (n.4)

Qualcuno ha affermato che la vita consacrata è chiamata, particolarmente ai nostri giorni, ad essere narrazione del Vangelo. Sono sempre più convinta che la strada davvero percorribile è quella di narrare il vangelo vivendolo senza ‘se’ e senza ‘ma’.

Questa affermazione può sembrare semplicistica e scontata, ma non è così.

La proposta di Gesù, il suo evangelo è l’amore, amore gratuito e senza misura. L’amore, prima o poi vince, non finisce mai – lo afferma S. Paolo. Quando è presente ed è autentico raggiunge l’altro, lo tocca, lo cambia. Niente può fermare l’amore vero. L’amore può far crollare ogni forma di barriera posta anche dalla nostra società multiforme, fluida e complessa.

Non si tratta solamente di illustrare la fede e la sua bellezza perché la ridurremmo ad una ideologia o teoria; si tratta piuttosto di trasmettere quel tesoro che portiamo dentro di noi fin dal giorno del nostro battesimo, la stupenda esperienza di essere abitate dalla luce che riempie di senso la nostra vita; si tratta di trasmettere tutto questo come ha fatto Gesù, attraverso l’audacia del toccare, a volte anche superando i limiti posti dalla legge.

Le comunità religiose, dice tra l’altro il motu proprio al n. 8 troveranno il modo, in questo anno per rendere pubblica la loro professione di fede.

Ha qualche proposta da fare… qualche idea da proporre?

Sono più che certa che alle comunità religiose femminili non mancherà la fantasia e l’entusiasmo per dare vita ad iniziative per rendere pubblica la loro professione di fede. Mi pare di poter affermare che le religiose si caratterizzano nella storia per la loro audacia e coraggio nella testimonianza della loro fede e del loro amore. In questo posso anche affermare che hanno viva la consapevolezza della loro responsabilità sociale di ciò che credono fino al dono della vita se è necessario (cfr. n.10).

Quello che vorrei proporre ad ogni comunità religiosa, non solo per l’anno della fede, ma per sempre è di rendere visibile e credibile la loro fede attraverso la testimonianza dell’amore vicendevole concreto, quotidiano, verificabile, cordiale, umile, gratuito. 

 “Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa, prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati”. (At 2,42-47)

 

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