Essere Chiesa in Libano oggi
 
nelle parole di
Sua beatitudine cardinale Béchara Boutros Raï

a cura di Rita Salerno

     (10 dicembre 2012)

English version
 

  trasp.gif (814 byte) trasp.gif (814 byte) trasp.gif (814 byte)

 

Nel corso del 2011 assume anche la presidenza della Conferenza episcopale libanese e del Consiglio dei patriarchi cattolici orientali. Papa Benedetto XVI lo ha innalzato alla dignità cardinalizia nel concistoro del 24 novembre 2012. Il 15 marzo 2011 i vescovi maroniti, riuniti a Bkerké (nei pressi di Beirut), la sede del Patriarcato, hanno eletto Béchara Raï, vescovo di Jbeil, Byblos dei Maroniti, nuovo patriarca di Antiochia dei Maroniti.

Sua beatitudine Béchara Boutros Raï, 72 anni, ordinato sacerdote nel 1967 e diventato vescovo nel 1986, conosce bene Roma e il Vaticano, in quanto qui ha studiato, presso il Pontificio Collegio Maronita, e qui, per anni, anche in qualità di membro del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, è stato il responsabile del programma arabo della Radio Vaticana. Sua beatitudine Béchara Raï succede a Nasrallah Pierre Sfeir, che lo scorso febbraio, a novant’anni, ha dato le dimissioni. Il 14 aprile 2011, ricevendo in udienza il nuovo patriarca, Benedetto XVI ha concesso la ecclesiastica communio. Lo abbiamo intervistato in occasione del concistoro del 24 novembre scorso.

Il futuro della Chiesa in Libano?  

“Nel mio Paese la Chiesa è molto forte ed è radicata. Dispone di una presenza numericamente consistente sia come comunità che come organizzazioni sociali e istituzioni sanitarie ed educative. È una presenza stimata e benvoluta per le sue attività, ma non solo. Tanto più adesso che, - con l’esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente che si va ad aggiungere all’altra Nuova speranza per il Libano - si è data un nuovo slancio per andare avanti anche alla luce della sua collaborazione con le Chiese del Medio Oriente. Ci auguriamo di poter essere veramente l’aurora della primavera araba. Personalmente spero che l’aurora cristiana, ecclesiale sia nel futuro la via per la primavera araba e che possa spazzare via la violenza e il terrorismo. Desideriamo ringraziare il Santo Padre per la sua recente visita in Libano che ha dato una nuova spinta al Paese e alla Chiesa e per avermi concesso la dignità cardinalizia con la quale ha voluto esprimere la sua speranza e le sue attese per la Chiesa libanese”.

L’anno della fede che stiamo vivendo come la interpella, in quanto uomo di Chiesa?

“Prima di tutto, il Papa ha già reso noto che l’anno della fede è intimamente legato a due eventi: il primo è il Concilio Ecumenico Vaticano II. Il che significa ritornare alle sorgenti dell’insegnamento del Vaticano II con tutta la sua ricchezza, che il beato Giovanni Paolo II definì ‘la primavera della Chiesa’. Se guardiamo a questi cinquant’anni ci rendiamo conto quanto ci ha arricchito di cose nuove. L’anno della fede è un ritorno all’insegnamento conciliare per essere in una primavera continua. L’altro evento è la 13.ma Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi che si è svolta da poco in Vaticano su la nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. L’anno della fede è legato alla nuova evangelizzazione che ci impone fervore nuovo, stile nuovo e tecnica nuova per poter ricreare la fede cristiana, consolidarla, nutrirla perché possiamo noi cristiani, specialmente in Medio Oriente, testimoniare in concreto i nostri valori. Difatti, l’anno della fede  ci fa ricordare che i cristiani - in Medio Oriente - sono presenti già da duemila anni, ben quattrocento anni prima dei musulmani. Quindi, hanno dato l’impronta dei valori del Vangelo e della cultura cristiana alla cultura locale. Ragion per cui i cristiani dovrebbero considerare alla luce dell’anno della fede la loro presenza come imprescindibile nell’area. La loro ragion d’essere è testimoniare la Buona Novella a tutti, facendosene interpreti ed essendo eco della salvezza del mondo attraverso il messaggio cristiano. Così io interpreto l’anno della fede. Per noi è un anno provvidenziale in questo momento tragico e critico per il Medio Oriente.”

Cos’è per lei la fede in un momento così difficile, in riferimento agli interrogativi posti da Papa Benedetto XVI nella catechesi del 24 ottobre scorso?

“Difatti dicevo prima che non possiamo affrontare i problemi sociali, politici, economici nei quali ci troviamo adesso se non abbiamo una fede forte in Dio e nella Chiesa e nel piano salvifico. La catechesi del Papa ci aiuta ad approfondire meglio il nostro valore cristiano. essere cristiano, non è una questione passeggera; al contrario assume per la persona che crede un aspetto molto importante della sua vita. Noi lo sentiamo veramente in Medio Oriente; speriamo che altrettanto sia per l’Occidente dove prevale il relativismo e il consumismo sfrenato. È stata una decisione provvidenziale quella del Papa di indire quest’anno della fede”.

Cosa significa per lei che è stato creato cardinale nell’ultimo concistoro essere un principe della Chiesa?

“La dignità cardinalizia viene aggiunta a quella patriarcale ed è certamente un onore personale. Ma non si esaurisce qui perché per me è una nuova spinta per andare avanti con fiducia e continuare il mio ministero patriarcale in Oriente e in Libano e anche nella diaspora dove abbiamo il nostro popolo. La dignità cardinalizia dà più valore al mio ruolo, maggiore efficacia, maggior considerazione. Quindi sono molto grato al Santo Padre per l’onore personale. Questo aiuta non solo me, ma anche la Chiesa maronita alla quale appartengo e aiuta tutte le Chiese orientali. Così è stato, infatti, interpretato dai patriarchi cattolici ortodossi che mi hanno espresso le loro felicitazioni. Hanno sostenuto che rappresenta una nuova spinta per la nostra comunione e testimonianza, che è poi il titolo dell’esortazione apostolica. Mi sprona a dare di più, a lavorare di più, e ad essere più globale, perché mi aiuta non solo a livello della Chiesa orientale ma anche universale. Per me vorrei dire che sento maggiore responsabilità attraverso questo onore; è la responsabilità che il Santo Padre ha voluto esprimere veramente alla Chiesa libanese rientrando dalla visita nel mio Paese dopo aver constatato la realtà della Chiesa locale, il valore e la vivacità, la sua ricchezza. Vivacità e ricchezza del popolo libanese e della società dove le diverse confessioni religiose e culture vivono insieme formando un solo corpo. Modello concreto di pluralismo nell’unità. Il Papa ha voluto crearmi cardinale per dimostrare la sua stima e dare appunto spinta al ruolo del Libano come tale e al ruolo della Chiesa. Sono cosciente di tutto questo”.

Il Libano rappresenta un esempio concreto di convivenza pacifica in un’area infiammata come quella del Medio Oriente che non poco preoccupa la Santa Sede alla luce dei tanti appelli del Papa.

“Difatti davanti a questa realtà ho scelto come motto ‘comunione e amore’ perché la società libanese e orientale così divisa ha bisogno di comunione e di tornare all’unità con Dio e di vivere l’unità tra tutti. Abbiamo bisogno di abbattere tutti i muri di divisione e di contrasto tra noi, perché sono molte, e dovute alla politica, al rancore e all’odio causati dal terrorismo, dalle guerre e dal conflitto insolubile israelo-palestinese, israelo-arabo, dai conflitti in Siria ed in Iraq. Abbiamo bisogno di molto amore e di comunione. Proseguiamo consapevoli di tutto questo. Comunione e amore sono parole accettate da tutti. Speriamo di poter arrivare a questo. Le politiche internazionali, che sono basate su interessi economici personali, stanno giocando una partita pesante in Medio Oriente. Stiamo lavorando per chiarire ai popoli del mondo arabo che dovrebbero essere più uniti e che possono ritagliarsi un ruolo di primo piano sullo scacchiere internazionale”.

Un suo auspicio per il Natale 2012?

“Il Natale è un ricordo della natività di Cristo, di Cristo che si è fatto uomo. Mi piace ricordare s. Ambrogio che diceva che ‘Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi Dio’. Il mio augurio e auspicio che il Natale sia il nostro Natale personale e collettivo nel Signore”.

 

 

 

Condividi su:

Torna indietro