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Quale
brezza mattutina, presagio di una ‘bella’ giornata, le appassionate
parole di papa Francesco giungono al nostro udito e l’anima le accoglie,
le assapora, se ne sente scossa. L’indiscutibile fascino della sua voce,
mai irruente o sferzante, con quello scandire pacato, sicuro, suadente,
non lascia indecisi. Le sue, sono parole impregnate di Vangelo e di
spessore umano, di sapienza e di dolcezza. Sono parole che hanno il
valore della lezione di un Padre del deserto, di un asceta, di un
mistico, eletto da Dio al Soglio pontificio perché egli sia “sale
della terra e luce del mondo”. E questo è possibile perché egli ha
capito e ha fatto sue le angosce dei poveri; egli sa che l’uomo rischia
il carrierismo e l’indifferenza, sa che tra Dio e l’uomo esiste un nesso
esistenziale inestinguibile. Il suo dire ci fa riscoprire la tenerezza
di Dio che guarda con simpatia e benedice ogni sua opera: il cosmo nel
quale è pienamente coinvolto tutto l’esistente.
Abbiamo chiesto ad
alcune donne, di estrazione culturale e mansioni diverse, cosa pensano
di precise parole pronunciate da papa Francesco.
E hanno risposto:
Sr Emma Zordan, asc, Responsabile Ufficio Famiglia USMI
nazionale
Perdono
Parlare di perdono in questo momento storico in cui la cultura,
impregnata di individualismo, guarda con sospetto al perdono, potrebbe
sembrare fuori luogo. Se si aggiunge l’affermazione e il potere,
l'apparire a tutti i costi, il narcisismo dilagante, la violenza
gratuita, il perdono diventa non solo incompatibile, ma anche
inconciliabile con i valori di altruismo, compassione e amore, che esso
implica. Ma siccome niente è impossibile a Dio, come una meteora caduta
dal cielo, al suo primo Angelus, Papa Francesco, nel ribadire
l'importanza della misericordia:
"Dio mai si stanca di perdonarci. Siamo noi che ci stanchiamo di
chiedere perdono",
suscita nel cuore dell’uomo una reazione tale da fare avvertire il
bisogno di ricorrere al sacramento della riconciliazione.
"Sentire la misericordia cambia tutto, è il meglio che possiamo sentire"
e di
cui il
mondo ha estremamente bisogno.
Davvero un meraviglioso risultato quello di papa Francesco, un vero
miracolo perché, se, come afferma Guglielmo di Saint Thierry: “Dubitare
del perdono di Dio significa offenderlo”, al contrario credere nel suo
perdono è lodarlo. E che tale sentimento rientra nella logica della
Misericordia, presente nel Dna di Jorge Mario Bergoglio, si coglie anche
dal suo motto episcopale,
Miserando atque eligendo:
lo guardò con misericordia e lo scelse.
Davvero rassicurante
l’esortazione di Francesco sul perdono a fare spazio alla misericordia,
sentimento che "rende il mondo meno freddo e più giusto" e il cuore
dell’uomo più disponibile al cambiamento.
Sr
Cristina Beffa, fsp, giornalista professionista
Gioia
Parola un tempo abusata, ma andata in disuso, sopravvissuta soltanto nei
titoli delle pubblicazioni dell’editoria cattolica, e a buon diritto,
perché la gioia è l’armonia del cuore che si “posta” (appoggia)
solidamente su Dio, vera sorgente di gioia. Questa parola è tornata, di
recente, agli onori della cronaca, grazie a papa Francesco, che
nell’udienza del 10 aprile 2013 invitava i fedeli a “testimoniare al
mondo la gioia della Risurrezione”, ricordando in particolare che
"le donne nella Chiesa e nel cammino di
fede” hanno “un ruolo particolare: aprire le porte al Signore".
Abbandonando il testo scritto, a braccio aggiungeva: “Abbiamo il
coraggio di uscire, per portare questa
gioia”.
“Postarsi” solidamente in Dio dona grande gioia al cuore: la vita
spirituale ne resta rinvigorita, l’esistenza consolata.
Sr
Francesca Filadoro, ofmcapp, traduttrice
Croce
La Croce è un’esperienza vissuta in prima persona da papa Francesco:
dall’incontro pasquale e personale con Cristo all’esperienza della
sofferenze fisiche personalmente vissute da giovane; dal difficile
periodo vissuto con la dittatura argentina -e il discernimento doloroso
con le conseguenti scelte- alle accuse ingiuste di connivenza con il
regime.
L’incontro di
ciascuno di noi con Cristo morto in Croce e risorto costituisce la
nostra più sicura speranza e il nostro tesoro più prezioso. La Croce di
Cristo è parola imprescindibile per i cristiani. Questa Croce,
abbracciata con amore, ci dona la gioia. Possiamo così dare ragione
della nostra speranza annunciando con entusiasmo e con rispetto il
messaggio di salvezza.
Prendiamo parte alla
sofferenza di Cristo nei dolori e patimenti della vita personale e
sociale, mentre, ancora oggi, molti cristiani soffrono nelle
persecuzioni, partecipando alla sorte del Crocifisso Risorto. Tutti
insieme i cristiani dobbiamo vivere quanto papa Francesco, dopo
l’elezione a Vescovo di Roma, nella prima Messa nella cappella Sistina,
ha detto tracciando il programma dei discepoli del Signore: “Quando
camminiamo senza
la Croce,
quando edifichiamo senza
la Croce
e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del
Signore… Io vorrei che tutti… abbiamo il coraggio, proprio il coraggio,
di camminare in presenza del Signore, con
la Croce
del Signore; di edificare
la Chiesa
sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare
l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così
la Chiesa
andrà avanti”.
Adriana Moltedo, esperta di comunicazione istituzionale
Cosmo.
Cosmo dal greco vuol dire ordine. Cosmo comprende tutto anche il latte
della madre che nutre il bambino, ed il papà che accarezza il suo capo e
la infinita pampa in Argentina che Jorge.Luis Borges chiamò poeticamente
vertigine orizzontale. Cosmo comprende te, me e il mio amico Leo, il
cane Argo, il gatto Silvestro e l’elefante, il perfido serpente e anche
il cappuccino al bar della Pace. Comprende l’Alfa e l’Omega, il
principio e la fine. Comprende la tenerezza e la povertà, la gioia e il
dolore, la bontà. Comprende l'amore, e il perdono, la sacra amicizia, ed
è sinonimo di Universo. Contiene anche l’Aleph che letteralmente
dall'alfabeto ebraico significa zero, ed è considerato il numero
più piccolo che si può concepire, una sorta di atomo. Tutto questo
sistema ordinato compreso di galassie, e pianeti, delle meravigliose
nuvole, della candida luna con tutte le sue stelle,del bimbo che piange,
del vecchio che muore, per alcuni scienziati viene dal bing bang, il
grande botto iniziale, da un disordine naturale, Di fatto noi tutte/i
viviamo e moriamo dentro quest’ordine assoluto così come siamo, nuotando
nel grande disordine. Noi donne inoltre, che culturalmente dai secoli
dei secoli ci siamo occupate fondamentalmente della cura alla persona,
di fatto abbiamo messo ordine e aiutato il Cosmo a girare in una certa
maniera. Avendo dunque questa visione del Cosmo,
possiamo capire le
parole di papa Francesco, il quale nell’omelia del giorno del suo
insediamento ha ripetuto per ben 25 volte, in versioni diverse, la
parola custodire. La vocazione del custodire riguarda tutte/i. Custodire
l’intero creato, è avere rispetto per ogni creatura di Dio e per
l’ambiente in cui viviamo. Custodire, è aver cura di tutti, di ogni
persona, con amore, dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più
fragili. E’ vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco
custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è
affidato alla custodia dell’umanità, ed è una responsabilità che ci
riguarda tutte/i. Il prendersi cura, il custodire richiede
bontà, chiede tenerezza. Abbiamo l’esempio di san Giuseppe nei Vangeli.
Egli ci appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma dal suo
animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi,
al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di
compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non
dobbiamo dunque avere timore della bontà, della tenerezza! Solo chi ama
sa custodire!”.
Sr
Giampaola Periotto, oscm, Responsabile Ufficio Formazione USMI nazionale
Peccato
Il peccato, parola che non vorremmo pronunciare mai, ma è conseguenza
della nostra estrema fragilità creaturale. Papa Francesco ne parla
togliendone il peso che talora invade il nostro intimo. E’ un peso a cui
diamo un nome segreto, vissuto in solitudine, coperto talora da
un’indifferenza ilare e amara che vuol essere superficiale, ma non lo è.
Papa Francesco, figlio del Padre Buono, dispensa misericordia e
comprensione a tutti i fratelli del mondo con parole di pace: “Tu non
sei il tuo peccato – La tua identità è quella di figlio di Dio – Ritorna
a casa come sei, Egli ti aspetta – Nessun peccato, anche il più grave, è
escluso dal perdono di Dio”. Il buio si illumina di una luce che
cresce di intensità, la coscienza freme all’invito amoroso e pressante,
pur nel rispetto di quello che siamo. Molti fratelli e sorelle ritrovano
nella Riconciliazione il loro vero volto, sentono di riprendere nuova
vita nella pace, il desiderio di riempire il vuoto magari di anni:
“Le cose di prima sono passate, ecco ne faccio di nuove”.
Sr Anna
Monia Alfieri, im, Legale rappresentante
Bellezza
Rileggendo il discorso rivolto il 16 marzo da papa Francesco ai
rappresentanti dei media, alcuni aspetti mi hanno particolarmente
interessata e affascinata in rapporto al tema dell’educazione, centrale
per la FIDAE. Afferma papa Francesco: «(…)siamo chiamati tutti non a
comunicare noi stessi, ma questa triade esistenziale che conformano
verità, bontà e bellezza».
Rifletto: quale il ruolo di questi tre elementi,
fondamentali per la crescita della persona umana nella Scuola Cattolica?
Centrale.
La missione del docente, e a maggior ragione di quello di
una scuola che si fonda sui valori evangelici, in una società e in
contesti familiari talvolta molto lontani dalla trascendenza, è di
cogliere e alimentare il desiderio, nei giovani, «della verità, della
bontà e della bellezza, questa verità, bontà e bellezza di Dio, e che
sono nostri preziosi alleati nell’impegno a difesa della dignità
dell’uomo, nella costruzione di una convivenza pacifica fra i popoli e
nel custodire con cura il creato».
La scuola tutta, oggi – non solo quella fondata sui valori
universali del Vangelo – deve “e-ducere”, “educare” la mente e il cuore
a cogliere ogni frammento di verità bontà bellezza nella realtà, nella
vira soprattutto quotidiana. In particolare, ritengo che la “via
pulchritudinis” attraverso la natura, l’arte, la scienza, sia per il
bambino, il ragazzo, il giovane del nostro tempo una tappa fondamentale
verso la gioia e la pace, anzitutto personale e quindi per l’umanità
intera.
Sr Azia
Ciairano, smirp, Responsabile Ufficio Missioni USMI nazionale
Tenerezza
19 marzo 2013. Papa Francesco nella sua omelia con voce ferma e mite ha
dichiarato: “Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della
tenerezza!”.
E ancora una volta il nostro mondo, sempre più stretto
dalla morsa della paura e della sfiducia, si è sentito protetto,
custodito, avvolto, appunto, da quella tenerezza di Dio di cui
Francesco, il papa “venuto dalla fine del mondo”, è icona e mediazione
efficace: un pastore a cui potersi affidare perché “ha l’odore delle
pecore” (Omelia della S. Messa del Crisma), perché stando in mezzo alle
“pecore” ha imparato a uscire da sé, a ascoltare, a visitare, con
mitezza e rispetto, “le periferie dell’esistenza”. Mentre nella nostra
razionalità occidentale troppo facilmente mettiamo all’angolo una parola
esplosiva come la tenerezza qualificandola come “sentimentalismo”, Papa
Francesco ce la ripropone come “virtù dei forti” perché «denota fortezza
d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura
all’altro, di amore», perché è generata dalle “viscere di misericordia”
del nostro Dio che ci ha amato per primo e che Gesù ci ha narrato,
facendosi “samaritano buono”: per questo la tenerezza si declina nel
«prendersi cura e nel custodire che chiede bontà, chiede di essere
vissuto con tenerezza». Un dono e un compito da assumere con
responsabilità e gratitudine, perché «custodire il creato, ogni uomo ed
ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte
della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è
portare il calore della speranza!». Donne consacrate, testimoni della
tenerezza di Dio, “presenti” nelle periferie della storia e delle
esistenze, donne che anticipano nel buio più fitto le luci di un’alba
che il mondo attende.
On. Annamaria Parente, Senatrice
Sorpresa
Nel nostro "oggi" sembra essersi smarrito il senso del sorprendersi.
Troppo spesso la
fatica del vivere, ma anche l'omologazione nei consumi e nelle
aspettative non ci fanno più provare la meraviglia della "sorpresa".
Eppure ci sarebbe tanto bisogno, nel nostro tempo pieno di affanni,
dell'autenticità infantile dello stupore per il regalo che genera
gioia.
Per questo
risuonano fondamentali per noi le parole di Papa Francesco che, durante
la veglia Pasquale, ha invitato a non chiudersi alla novità, anche
quando siamo stanchi, delusi, esortandoci a non rassegnarci, a non
perdere la fiducia. Proprio come nel Vangelo di Giovanni che ci narra
di come Gesù sia riuscito a ridare speranza ai suoi discepoli,
manifestandosi sul lago di Tiberiade (Gv 21,1-19) "sorprendendoli" con
una rete piena di pesci.
Meditiamo queste
cose nella nostra esistenza perché la sorpresa è una continua rinascita.
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