UNA PAROLA DI Papa francesco
 
e le parole di...
a cura di Biancarosa Magliano

                   (20 aprile 2013)

 

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Quale brezza mattutina, presagio di una ‘bella’ giornata, le appassionate parole di papa Francesco giungono al nostro udito e l’anima le accoglie, le assapora, se ne sente scossa. L’indiscutibile fascino della sua voce, mai irruente o sferzante, con quello scandire pacato, sicuro, suadente, non lascia indecisi. Le sue, sono parole impregnate di Vangelo e di spessore umano, di sapienza e di dolcezza. Sono parole che hanno il valore della lezione di un Padre del deserto, di un asceta, di un mistico, eletto da Dio al Soglio pontificio perché egli sia “sale della terra e luce del mondo”. E questo è possibile perché egli ha capito e ha fatto sue le angosce dei poveri; egli sa che l’uomo rischia il carrierismo e l’indifferenza, sa che tra Dio e l’uomo esiste un nesso esistenziale inestinguibile. Il suo dire ci fa riscoprire la tenerezza di Dio che guarda con simpatia e benedice ogni sua opera: il cosmo nel quale è pienamente coinvolto tutto l’esistente.  

Abbiamo chiesto ad alcune donne, di estrazione culturale e mansioni diverse, cosa pensano di precise parole pronunciate da papa Francesco.

E hanno risposto:

Sr Emma Zordan, asc, Responsabile Ufficio Famiglia USMI nazionale

Perdono
Parlare di perdono in questo momento storico in cui la cultura, impregnata di individualismo, guarda con sospetto al perdono, potrebbe sembrare fuori luogo. Se si aggiunge l’affermazione e il potere, l'apparire a tutti i costi, il narcisismo dilagante, la violenza gratuita, il perdono diventa non solo incompatibile, ma anche inconciliabile con i valori di altruismo, compassione e amore, che esso implica. Ma siccome niente è impossibile a Dio, come una meteora caduta dal cielo, al suo primo Angelus, Papa Francesco, nel ribadire l'importanza della misericordia:
"Dio mai si stanca di perdonarci. Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono", suscita nel cuore dell’uomo una reazione tale da  fare avvertire il bisogno di ricorrere al sacramento della riconciliazione.
"Sentire la misericordia cambia tutto, è il meglio che possiamo sentire" e di cui il mondo ha estremamente bisogno. Davvero un meraviglioso risultato quello di papa Francesco, un vero miracolo perché, se, come afferma Guglielmo di Saint Thierry: “Dubitare del perdono di Dio significa offenderlo”, al contrario credere nel suo perdono è lodarlo. E che tale sentimento rientra nella logica della Misericordia, presente nel Dna di Jorge Mario Bergoglio, si coglie anche dal suo motto episcopale, Miserando atque eligendo: lo guardò con misericordia e lo scelse. Davvero rassicurante l’esortazione di Francesco sul perdono a fare spazio alla misericordia, sentimento che "rende il mondo meno freddo e più giusto" e il cuore dell’uomo più disponibile al cambiamento.

 

Sr Cristina Beffa, fsp, giornalista professionista

Gioia
Parola un tempo abusata, ma andata in disuso, sopravvissuta soltanto nei titoli delle pubblicazioni dell’editoria cattolica, e a buon diritto, perché la gioia è l’armonia del cuore che si “posta” (appoggia) solidamente su Dio, vera sorgente di gioia. Questa parola è tornata, di recente, agli onori della cronaca, grazie a papa Francesco, che nell’udienza del 10 aprile 2013 invitava i fedeli a “testimoniare al mondo la gioia della Risurrezione”, ricordando in particolare che  "le donne nella Chiesa e nel cammino di fede” hanno “un ruolo particolare: aprire le porte al Signore". Abbandonando il testo scritto, a braccio aggiungeva: “Abbiamo il coraggio di uscire, per portare questa gioia”.

“Postarsi” solidamente in Dio dona grande gioia al cuore: la vita spirituale ne resta rinvigorita, l’esistenza consolata.

 

Sr Francesca Filadoro, ofmcapp, traduttrice

Croce
La Croce è un’esperienza vissuta in prima persona da papa Francesco: dall’incontro pasquale e personale con Cristo all’esperienza della sofferenze fisiche personalmente vissute da giovane; dal difficile periodo vissuto con la dittatura argentina -e il discernimento doloroso con le conseguenti scelte- alle accuse ingiuste di connivenza con il regime.

L’incontro di ciascuno di noi con Cristo morto in Croce e risorto costituisce la nostra più sicura speranza e il nostro tesoro più prezioso. La Croce di Cristo è parola imprescindibile per i cristiani. Questa Croce, abbracciata con amore, ci dona la gioia. Possiamo così dare ragione della nostra speranza annunciando con entusiasmo e con rispetto il messaggio di salvezza.

Prendiamo parte alla sofferenza di Cristo nei dolori e patimenti della vita personale e sociale, mentre, ancora oggi, molti cristiani soffrono nelle persecuzioni, partecipando alla sorte del Crocifisso Risorto. Tutti insieme i cristiani dobbiamo vivere quanto papa Francesco, dopo l’elezione a Vescovo di Roma, nella prima Messa nella cappella Sistina, ha detto tracciando il programma dei discepoli del Signore: “Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore… Io vorrei che tutti… abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti”.

 

Adriana Moltedo, esperta di comunicazione istituzionale

Cosmo.
Cosmo dal greco vuol dire ordine. Cosmo comprende tutto anche il latte della madre che nutre il bambino, ed il papà che accarezza il suo capo e la infinita pampa in Argentina che Jorge.Luis Borges chiamò poeticamente vertigine orizzontale. Cosmo comprende te, me e il mio amico Leo, il cane Argo, il gatto Silvestro e l’elefante, il perfido serpente e anche il cappuccino al bar della Pace. Comprende l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine. Comprende la tenerezza e la povertà, la gioia e il dolore, la bontà. Comprende l'amore, e il perdono, la sacra amicizia, ed è sinonimo di Universo. Contiene anche l’Aleph che letteralmente dall'alfabeto ebraico significa zero, ed è considerato il numero più piccolo che si può concepire, una sorta di atomo. Tutto questo sistema ordinato compreso di galassie, e pianeti, delle meravigliose nuvole, della candida luna con tutte le sue stelle,del bimbo che piange, del vecchio che muore, per alcuni scienziati viene dal bing bang, il grande botto iniziale, da un disordine naturale, Di fatto noi tutte/i viviamo e moriamo dentro quest’ordine assoluto così come siamo, nuotando nel grande disordine. Noi donne inoltre, che culturalmente dai secoli dei secoli ci siamo occupate fondamentalmente della cura alla persona, di fatto abbiamo messo ordine e aiutato il Cosmo a girare in una certa maniera. Avendo dunque questa visione del Cosmo,
possiamo capire le parole di papa Francesco, il quale nell’omelia del giorno del suo insediamento ha ripetuto per ben 25 volte, in versioni diverse, la parola custodire. La vocazione del custodire riguarda tutte/i. Custodire l’intero creato, è avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. Custodire, è aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili. E’  vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’umanità, ed è una responsabilità che ci riguarda tutte/i. Il prendersi cura, il custodire richiede bontà, chiede tenerezza. Abbiamo l’esempio di san Giuseppe nei Vangeli. Egli ci appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma dal suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore.  Non dobbiamo dunque avere timore della bontà, della tenerezza! Solo chi ama sa custodire!”.

 

Sr Giampaola Periotto, oscm, Responsabile Ufficio Formazione USMI nazionale

 Peccato
Il peccato, parola che non vorremmo pronunciare mai, ma è conseguenza della nostra estrema fragilità creaturale. Papa Francesco ne parla togliendone il peso che talora invade il nostro intimo. E’ un peso a cui diamo un nome segreto, vissuto in solitudine, coperto talora da un’indifferenza ilare e amara che vuol essere superficiale, ma non lo è. Papa Francesco, figlio del Padre Buono, dispensa misericordia e comprensione a tutti i fratelli del mondo con parole di pace: “Tu non sei il tuo peccato – La tua identità è quella di figlio di Dio – Ritorna a casa come sei, Egli ti aspetta – Nessun peccato, anche il più grave, è escluso dal perdono di Dio”. Il buio si illumina di una luce che cresce di intensità, la coscienza freme all’invito amoroso e  pressante, pur nel rispetto di quello che siamo. Molti fratelli e sorelle ritrovano nella Riconciliazione il loro vero volto, sentono di riprendere nuova vita nella pace, il desiderio di riempire il vuoto magari di anni: “Le cose di prima sono passate, ecco  ne faccio di nuove”.

 

Sr Anna Monia Alfieri, im, Legale rappresentante

Bellezza
Rileggendo il discorso rivolto il 16 marzo da papa Francesco ai rappresentanti dei media, alcuni aspetti mi hanno particolarmente interessata e affascinata in rapporto al tema dell’educazione, centrale per la FIDAE.  Afferma papa Francesco: «(…)siamo chiamati tutti non a comunicare noi stessi, ma questa triade esistenziale che conformano verità, bontà e bellezza».

Rifletto: quale il ruolo di questi tre elementi, fondamentali per la crescita della persona umana nella Scuola Cattolica? Centrale.

La missione del docente, e a maggior ragione di quello di una scuola che si fonda sui valori evangelici, in una società e in contesti familiari talvolta molto lontani dalla trascendenza, è di cogliere e alimentare il desiderio, nei giovani, «della verità, della bontà e della bellezza, questa verità, bontà e bellezza di Dio, e che sono nostri preziosi alleati nell’impegno a difesa della dignità dell’uomo, nella costruzione di una convivenza pacifica fra i popoli e nel custodire con cura il creato».

La scuola tutta, oggi –  non solo quella fondata sui valori universali del Vangelo – deve “e-ducere”, “educare” la mente e il cuore a cogliere ogni frammento di verità bontà bellezza nella realtà, nella vira soprattutto quotidiana. In particolare, ritengo che la “via pulchritudinis” attraverso la natura, l’arte, la scienza, sia per il bambino, il ragazzo, il giovane del nostro tempo una tappa fondamentale verso la gioia e la pace, anzitutto personale e quindi per l’umanità intera.

 

Sr Azia Ciairano, smirp, Responsabile Ufficio Missioni USMI nazionale

Tenerezza
19 marzo 2013. Papa Francesco nella sua omelia con voce ferma e mite ha dichiarato: “Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!”.

E ancora una volta il nostro mondo, sempre più stretto dalla morsa della paura e della sfiducia, si è sentito protetto, custodito, avvolto, appunto, da quella tenerezza di Dio di cui Francesco, il papa “venuto dalla fine del mondo”, è icona e mediazione efficace: un pastore a cui potersi affidare perché “ha l’odore delle pecore” (Omelia della S. Messa del Crisma), perché stando in mezzo alle “pecore” ha imparato a uscire da sé, a ascoltare, a visitare, con mitezza e rispetto, “le periferie dell’esistenza”. Mentre nella nostra razionalità occidentale troppo facilmente mettiamo all’angolo una parola esplosiva come la tenerezza qualificandola come “sentimentalismo”, Papa Francesco ce la ripropone come “virtù dei forti” perché «denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, di amore», perché è generata dalle “viscere di misericordia” del nostro Dio che ci ha amato per primo e che Gesù ci ha narrato, facendosi “samaritano buono”: per questo la tenerezza si declina nel «prendersi cura e nel custodire che chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza». Un dono e un compito da assumere con responsabilità e gratitudine, perché «custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza!». Donne consacrate, testimoni della tenerezza di Dio, “presenti” nelle periferie della storia e delle esistenze, donne che anticipano nel buio più fitto le luci di un’alba che il mondo attende.

 

On. Annamaria Parente, Senatrice

Sorpresa
Nel nostro "oggi" sembra essersi smarrito il senso del sorprendersi.  

Troppo spesso la fatica del vivere, ma anche l'omologazione nei consumi e nelle aspettative non ci fanno più provare la meraviglia della "sorpresa". Eppure ci sarebbe tanto bisogno, nel nostro tempo pieno di affanni, dell'autenticità infantile dello stupore per il regalo che genera gioia. 

Per questo risuonano fondamentali per noi le parole di Papa Francesco che, durante la veglia Pasquale, ha invitato a non chiudersi alla novità, anche quando siamo stanchi, delusi, esortandoci a non rassegnarci, a non perdere la fiducia. Proprio come nel Vangelo di  Giovanni  che ci narra di come Gesù sia riuscito a ridare speranza ai suoi discepoli, manifestandosi sul lago di Tiberiade (Gv 21,1-19)  "sorprendendoli" con una rete piena di pesci.

Meditiamo queste cose nella nostra esistenza perché la sorpresa è una continua rinascita.

 

 

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