LO SGUARDO DI MARIA
SUL MONDO CONTEMPORANEO
Marcellina Pedico - Maura Muraro - Lisa Burani (a cura di)
Il
21 novembre 2004 - 40° anniversario della promulgazione della
Costituzione dogmatica Lumen gentium - ricorreva il 50° anniversario
dell'incoronazione dell'immagine dell'Addolorata che si venera nella
città di Rovigo dalla fine dell'Ottocento.
Il ricordo di tale gesto solenne e devoto compiuto dal
cardinale Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna, il 21 novembre 1954
ha suscitato una rinnovata contemplazione dell'icona dolente di Maria,
il cui «sguardo addolorato ai piedi della croce» - come ha scritto
Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae
- diviene, «in certo senso, lo sguardo della "partoriente", giacché
Maria non si limiterà a condividere la passione e la morte
dell'Unigenito, ma accoglierà il nuovo figlio a Lei consegnato nel
discepolo prediletto (cf. Gv 19,26-27)» (n. 10).
La memoria di tale evento è all'origine della
celebrazione del 17° Colloquio Internazionale di Mariologia, svoltosi a
Rovigo nei giorni 10-12 settembre 2004 presso il Centro mariano attiguo
al medesimo santuario. La scelta del tema: «Lo sguardo di Maria sul
mondo contemporaneo» ha offerto l'opportunità di compiere uno studio
interdisciplinare che ha approfondito sotto l'aspetto biblico,
ecumenico, teologico, iconografico e antropologico il mistero
dell'associazione di Maria addolorata al dramma della redenzione.
Gli Atti del Colloquio - ancora freschi di stampa - si
aprono con due saluti augurali: quello dell'arcivescovo Angelo Amato
ricco di contenuti mariologici e l'altro di madre M. Rita Fattorini,
priora generale delle Serve di Maria Riparatrici, che spiega le
motivazioni e le attese del Colloquio. Seguono le tre parti di ineguale
spessore.
La prima parte è costituita dal messaggio di
Giovanni Paolo II, un vero dono straordinario per un Colloquio sia pure
internazionale. Ad esso risponde con gratitudine il vescovo di
Adria-Rovigo mons. Lucio Soravito, mentre l'esegeta Aristide Serra ne
stende un puntuale commento.
La seconda parte, la più ampia e consistente,
raccoglie le nove relazioni tenute al Colloquio cui si aggiunge il
valido contributo del patrologo Enrico dal Covolo svolto in altra
occasione al Centro mariano di Rovigo.
La terza parte riguarda la presentazione del
volume di Domenico Agasso, Maria Dolores. Il fascino dell'inattuale
(Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004). Due brillanti
relatrici: Maria Grazia Fasoli e Franca Zambonini hanno puntualizzato
rispettivamente la sorprendente figura di donna protagonista della
riparazione quale fu Maria Dolores e le interpellanze che ella lancia al
mondo d'oggi.
La Sintesi conclusiva fa il punto sui diversi
contributi e proietta l'argomento verso nuove frontiere e prospettive in
vista di un'autentica spiritualità mariana ecclesiale.
Voluto e promosso dalle Serve di Maria Riparatrici, con
la consulenza scientifica dell'Associazione Mariologica
Interdisciplinare Italiana (AMI), il Colloquio è da considerare una
valida testimonianza della vitalità del Centro stesso. I presenti Atti
indicano la qualità dell'iniziativa, che risulta fruttuosa per
l'Istituto, per la diocesi di Adria-Rovigo, per i laici
dell'Associazione «Beata Vergine Addolorata», e per quanti sostano
dinanzi alla venerata e prodigiosa immagine.
I vari contributi implicano dimensioni impegnative e
nello stesso tempo consolanti della spiritualità cristiana vissuta con
Maria. Spronano a rinvigorire le comunità perché diventino sempre più
segni profetici di comunione e di solidarietà nella Chiesa e tra i
popoli.
Le difficoltà e le prove fanno parte della vita. In
unione al sacrificio di Cristo e sull'esempio della Vergine Madre
diventano strumento di grazia e spazio di amore salvifico. Il mondo ha
bisogno di voci che annuncino il Vangelo, di cuori
sensibili alle sofferenze di tanti fratelli e sorelle, di mani
confortatrici, di passi verso le umane miserie del corpo e dello
spirito. Solo così il mondo contemporaneo potrà sfuggire alle tentazioni
della cultura di morte e del nichilismo e aprirsi alla speranza di un
avvenire migliore e rispondente al piano salvifico del Dio d'amore.
Maria Marcellina Pedico
delle Serve di Maria Riparatrici
Edizioni AMI, Roma
2005, pp. 228, € 15
La madre dolente e il Figlio redentore
L'icona
dell'Addolorata che si staglia nell'abside del santuario di Rovigo
sorretta da angeli non si presta ad essere contemplata da sola. Il suo
sguardo è chiaramente rivolto verso chi le sta idealmente accanto, cioè
il Figlio pendente dalla croce, e concentra lo sguardo del devoto sul
mistero di Cristo redentore. Così appare nel dittico di B. S. Murillo
che si ammira nel museo del Prado a Madrid. La «Dolorosa» è strettamente
unita all'immagine dell'«Ecce Homo». Si tratta di una coppia
inseparabile poiché il nuovo Adamo ha voluto vicino a é nell'opera della
redenzione la nuova Eva.
In un mondo dove molte
religioni si presentano come vie di salvezza, Maria presso la croce
proclama che Gesù è l'unico Salvatore universale predetto dai profeti e
annunciato da Simeone come «luce delle genti e gloria d'Israele» (Lc
2,32). Egli è il Servo sofferente che si addossa il peccato del mondo e
con la sua passione e morte ripara le colpe di Adamo e dei suoi
discendenti, ci riconcilia con il Padre perché viviamo in comunione
d'amore con lui: Cristo è morto per i nostri peccati (cf. 1Cor 15,3) e
noi siamo stati guariti dalle sue piaghe (cf 1Pt 2,25).
Nel contesto del
vangelo di Giovanni, la scena in cui Maria è rivelata come Madre
nell'ordine della grazia, è parallela a quella in cui i soldati non
dividono la tunica inconsutile di Cristo. In realtà Cristo muore per
radunare i dispersi figli di Dio (cf. Gv 11,52) e Maria è la Madre
simboleggiata dalle mura di Gerusalemme che accoglie i fedeli per
radunarli nel tempio vivo che è suo Figlio.
Guardando con occhio
contemplativo la Vergine dal cuore trafitto dalla spada (cf. Lc 2,35),
siamo spinti a proclamare la nostra fede in Cristo che ci ha salvato per
amore, versando il suo sangue prezioso per tutta l'umanità bisognosa di
redenzione. Al tempo stesso siamo invitati a divenire artefici di unità
all'interno della Chiesa, in dialogo con gli altri cristiani e con i
credenti di ogni fede religiosa.
Due
simboli eloquenti
Nel contemplare
l'icona dell'Addolorata di Rovigo siamo attirati da due simboli: gli
occhi e la corona. Il primo è parte essenziale della raffigurazione e
rimanda al fatto prodigioso del 1895 quando avvenne il movimento delle
pupille, mentre il secondo è un elemento aggiunto, ma comunque
significativo.
Gli occhi, in quanto
specchio dell'anima, sono davvero eloquenti: ci introducono
nell'intimità di Maria, nel suo cuore di madre e di donna solidale.
Mentre «gli occhi del Signore scrutano tutta la terra» (Zc 4,10) e
«penetrano fin nei luoghi più segreti» (Sir 23,19), le pupille della
Serva del Signore sono rivolte a Cristo crocifisso, centro dell'universo
e termine costante del suo amore materno. I Vangeli, narrando la vita
pubblica di Gesù, ricordano che egli rivolge lo sguardo al cielo per
invocare il Padre (cf. Gv 11,41; 17,1; Mt 14,19) e alla cerchia dei
discepoli per indicare la sua nuova famiglia spirituale (cf. Mc 3,34).
Ricordano pure che Maria presso la croce, fissando il Figlio, è invitata
da Gesù stesso a rivolgere gli occhi sul discepolo amato, frutto della
sua nuova maternità: «Ecco, cioè guarda, il tuo figlio» (cf. Gv 19,26).
Anzi, secondo le testimonianze sul cosiddetto «prodigio rodigino», Maria
avrebbe ripetutamente rivolto gli occhi in tutte le direzioni, in uno
sguardo che abbraccia l'universo. In tal modo ella manifesta la sua
sollecitudine materna per i suoi figli sparsi nel mondo e per lo stesso
ambiente di vita in cui dimorano.
L'altro simbolo,
invece, quello della corona che orna il quadro dell'Addolorata, ha un
significato aggiuntivo e diverso. Esso indica il successo conseguito da
Maria con la sua fedeltà a tutta prova al disegno d'amore del Padre e
insieme mostra la ricompensa al suo umile servizio: «Chi si umilia sarà
esaltato» (Lc 14,11), «Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona
della vita» (Ap 2,10). Con questo simbolo non si isola il dolore della
Vergine, ma lo si unisce alla gioia della piena comunione con Dio nella
gloria, esprimendo così la sua partecipazione al mistero pasquale di
passione e di risurrezione.
L'approdo alla Trinità
Il duplice gesto del
movimento degli occhi del 1895 e dell'incoronazione del 1954 ci conduce
al mistero ineffabile della Trinità da cui scaturisce ogni dono e
carisma, compresa la missione di Maria. In realtà, il Padre sceglie la
Vergine di Nazaret perché svolga il ministero della divina maternità,
mediante la quale il Verbo s'incarna «per noi uomini e per la nostra
salvezza» (Credo
niceno-costantinopolitano). Si tratta del carisma o ministero che
prima degli altri sta a fondamento della storia salvifica concentrata in
Cristo Gesù. Con sant'Agostino possiamo affermare: «Se la madre fosse
fittizia, sarebbero fittizie le ferite della passione» (Commento al
vangelo di Giovanni 8,6-7).
Proprio perché la
Trinità agisce in Maria, rendendo possibile per opera dello Spirito
Santo il concepimento verginale, ella rimanda alla Trinità e ne diviene
l'icona. In lei il Padre manifesta la sua tenerezza materna verso il
Figlio, «il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29). Come tenero
Bambino tra le sue braccia, il Verbo incarnato nasconde la sua divinità
e mostra la sua
kenosi scelta per amore. In lei
lo Spirito si rivela come Potenza divina che rende possibili le cose
umanamente impossibili.
Al Calvario, la
compassione di Maria manifesta l'amore compassionevole del Padre. Non
per nulla l'iconografia pone il Figlio deposto dalla croce sulle
ginocchia della Madre, oppure su quelle del Padre. Ancora, presso la
croce, Maria rispecchia la passione redentrice del Figlio cui partecipa
con fede viva e con affetto materno. Infine, dichiarata da Cristo Madre
dei fedeli, rappresentati dal discepolo amato, ella collabora con lo
Spirito alla rinascita della nuova umanità e ne rivela i gemiti
inesprimibili (cf. Rm 8,26), finché tutta la creazione raggiunga la
gloria.
Supplire per amore
La contemplazione
dell'Addolorata ci sensibilizza circa un ulteriore aspetto del mistero
della croce: sentire misericordia unita a solidarietà per i fratelli e
le sorelle che si trovano sotto le suggestioni del peccato nelle sue
molteplici forme. Se Gesù si è rivelato realmente in tutta la sua vita
come essere-per-gli-altri, e se Maria è causa di salvezza «per tutto il
genere umano» (Ireneo,
Contro le eresie
III, 22,4), ne consegue che ogni cristiano non può disinteressarsi degli
altri, soprattutto se invischiati nel male della disonestà e corruzione,
o prigionieri del circolo diabolico della cultura di morte.
La tradizione delle
Serve di Maria Riparatrici ha riconosciuto come un suo impegno
qualificante la riparazione mariana, intesa come «volontà costante di
cooperare, secondo il disegno di Dio, all'opera della
redenzione-riconciliazione compiuta da Cristo, cui Maria fu strettamente
associata; e di riparare con la preghiera e l'azione il danno che il
peccato reca all'edificazione del Regno, di cui Maria è membro
sovreminente» (Costituzioni
delle Serve di Maria Riparatrici, art. 9).
Nella società odierna,
in cui proliferano gli artefici di malvagità e odio, di arroganza e
violenza, di indifferenza ed egoismo, è quanto mai necessario che tutti
i cristiani s'impegnino a seminare nel proprio ambiente germi di bontà e
perdono, di mitezza e pace, di conforto e solidarietà.
Nella liturgia di
lode e di intercessione, culminante nella celebrazione dell'eucaristia,
ogni fedele implori la salvezza per sé e per gli altri. Perseveri nella
preghiera continuamente alimentata dal desiderio di riparare e di
controbilanciare con atti di amore le deturpazioni del volto di Cristo,
gli insulti al nome di santa Maria e le offese all'uomo e alla donna
creati ad immagine di Dio (cf. Gn 1,26-27).
Con il dono totale di
sé, modellato sull'oblazione di Cristo al Padre ognuno si eserciti
costantemente in comunione con Maria per divenire supplemento d'amore
che completa in sé «quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore
del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24).
Invito
alla lettura
Gli Atti del Colloquio
che qui presentiamo si aprono con due saluti augurali: quello
dell'arcivescovo Angelo Amato ricco di contenuti mariologici e l'altro
di madre M. Rita Fattorini, priora generale delle Serve di maria
Riparatrici, che spiega le motivazioni e le attese del Colloquio.
Seguono le tre parti di ineguale spessore.
La
prima parte
è costituita dal messaggio di Giovanni Paolo II, un vero dono
straordinario per un Colloquio sia pure internazionale. Ad esso risponde
con gratitudine il vescovo di Adria-Rovigo mons. Lucio Soravito, mentre
l'esegeta Aristide Serra ne stende un puntuale commento.
La
seconda parte,
la più ampia e consistente, raccoglie le nove relazioni tenute al
Colloquio cui si aggiunge il valido contributo del patrologo Enrico dal
Covolo svolto in altra occasione al Centro mariano di Rovigo.
La
terza parte
riguarda la presentazione del volume di Domenico Agasso, Maria
Dolores. Il fascino dell'inattuale (Città del
Vaticano 2004). Due brillanti relatrici: Maria Grazia Fasoli e Franca
Zambonini hanno puntualizzato rispettivamente la sorprendente figura di
donna protagonista della riparazione quale fu Maria Dolores e le
interpellanze che ella lancia al mondo d'oggi.
Aprirsi alla speranza
I vari contributi
implicano dimensioni impegnative e nello stesso tempo consolanti della
spiritualità cristiana vissuta con Maria. Spronano a rinvigorire le
comunità perché diventino sempre più segni profetici di comunione e di
solidarietà nella Chiesa e tra i popoli.
Le difficoltà e le
prove fanno parte della vita. In unione al sacrificio di Cristo e
sull'esempio della Vergine Madre diventano strumento di grazia e spazio
di amore salvifico. Il mondo ha bisogno di
voci che annuncino
il Vangelo, di cuori sensibili alle sofferenze di tanti fratelli
e sorelle, di mani confortatrici, di passi
verso le umane miserie del corpo e dello spirito. Solo così il mondo
contemporaneo potrà sfuggire alle tentazioni della cultura di morte e
del nichilismo e aprirsi alla speranza di un avvenire migliore e
rispondente al piano salvifico del Dio d'amore.
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