Dio Oggi.
Con Lui o senza di Lui cambia tutto
Aa. Vv.
- in collaborazione con il Comitato per il Progetto Culturale CEI
Cantagalli,
Siena 2010, pp. 236, € 15,50
Gli eventi culturali di prim’ordine sono sempre qualcosa di
cui il nostro Paese dovrebbe avere sete.
L’incontro internazionale organizzato dal Comitato per il
Progetto Culturale CEI dal 10 al 12 dicembre 2009 ha sicuramente avuto
un successo andato ben oltre ogni ragionevole aspettativa.
La domanda che ci si è posti rappresenta l’interrogativo di
sempre, l’interrogativo di tutti, e la risposta non può che coinvolgerci
ed invitarci ad una riflessione esistenziale che continuamente cerchiamo
nel nostro inconscio: Dio cambia tutto.
Al di là di ogni questione su Dio, dei vari approcci
tematici che se ne tentano in ogni campo e in misura diversa di
approfondimento, ciò che sembra essere essenziale e fondamentale per
tutti è trovare un accesso a Dio, un modo per affacciarci a Lui e
avvicinarci a Lui in semplicità, senza pretesa alcuna di voler stabilire
o affermare nessuna verità.
Nelle quattro sessioni plenarie che si sono svolte durante
l’incontro si è parlato rispettivamente di: “Dio della fede e della
filosofia”, “Dio della cultura e della bellezza”, “Dio e le religioni”,
“Dio e le scienze”.
E’ stato un itinerario tematico importante che sicuramente
ha incoraggiato verso un approccio, verso un pensiero, ma soprattutto ha
evidenziato la necessità che ciascuno di noi ha di dare un senso alla
vita, all’esistenza stessa, partendo dal trascendente e dalla sua
assoluta rilevanza per le nostre anime e per le nostre speranze.
Tutto alla luce di quell’interrogativo profondo e insidioso
su cui costruiamo ogni fondamenta, nella prospettiva di una autentica
“metafisica dell’humanum” che riassume la riflessione agostiniana
e la questione sempre aperta della ricerca umana.
Tutto al di fuori dell’illuminazione religiosa della fede,
delle prese di coscienza salde e inattaccabili, la vera autenticità di
questo dibattito è stata il prendere atto di un “procedere a tentoni”
che avvicina l’uomo alla sua natura più autentica di essere fragile e
sparuto che ha necessità di distinguersi dall’animale così come dalla
macchina, che nel suo cercare si rafforza, che ha bisogno di
interpretare il suo vivere e il suo operare così come il suo fine
ultimo.
E che ora più che mai, nell’era del disincanto profetizzata
da Weber, insieme al mucchio di cenere delle false idolatrie crollate,
delle aspirazioni superficiali anelate e poi miseramente rimaste
inutilizzate, si staglia con forza all’orizzonte la voglia di convivere
con una pacifica ed equilibrata libertà interiore. Il nostro pensiero
seppur debole, con umile fierezza, prova a ripartire da basi che non
sono la sfiducia o il senso di sconfitta, ma la voglia di cercare e
confrontarsi.
In questo senso emerge un Dio che ci accomuna; nel cercare
un senso a noi stessi si crede in Dio e sulla base di questa prospettiva
si sente con forza che su questa base tutto può cambiare.
Esso si materializza nelle nostre invocazioni silenziose e
nel tentativo più serio e fecondo di dare intelligenza alla nostra fede,
consapevoli dei nostri limiti così come da quei limiti spronati e mossi
verso un’investigazione consapevole e piena.
Dio è speranza e ne incarna la forza.
Per questo la storia e l’oggi ci insegnano e ci ribadiscono
con forza che: con lui o senza di lui cambia tutto.
La cura
dell’anima - Profili di una pedagogia del sé
ANTONIO BELLINGRERI
V&P, Milano 2010, 402 pp., € 30,00
In questo
libro si cerca di invitare alla riflessione circa il bisogno primario di
riconoscimento, sul come ogni impresa umana educativa e di cura tenda a
conciliarsi con tale necessità definita uno dei temi centrali della
pedagogia primaria.
Si cerca poi di mettere in luce alcune linee della
fenomenologia stessa dell’esperienza educativa e come esse possano
venire percepite dall’educando quali elementi di vita autentica di cui
appropriarsi.
Nella terza parte viene invece proposto un cosiddetto “metodo
empatico”, ovvero una forma di dialogo esistenziale capace di dare
vita a microcomunità etiche, ambienti educativi di ristretta socialità,
orientati ad una profonda ricerca del senso esistenziale.
Questa sperimentazione si propone il fine di aiutare le
persone a maturare, cercando di porre tutti gli strumenti per una giusta
“competenza esistenziale”, per predisporre in modo naturale ed abituale
al porsi domande sul sé concepito nel suo senso assoluto.
Cura dell’anima appare quindi la messa in questione dell’io
concreto di ciascuno di noi per intraprendere una ricerca autentica del
proprio sé e per trovare la giusta predisposizione per concepire la
realtà ed ogni suo particolare in connessione con il tutto delle cose.
Il bisogno di riconoscimento proprio di ciascun essere
umano non è altro che la conferma di essere attraverso il venire
riconosciuti nel nostro essere. In questo è racchiuso il nostro
atavico bisogno di sentirci voluti, accolti e amati da qualcuno che ci
faccia sentire prediletti ed essenziali e che riesca ad imprimere
una direzione etica di qualità al nostro esistere, convincendoci di
valere, di avere importanza, configurandoci come portatori di
dignità.
Nel nostro prendere coscienza di esistere, attraverso la
percezione del corpo vissuto, avviene la fondamentale registrazione
dell’altro nel nostro mondo, tale processo avviene attraverso una serie
di lotte e prese di coscienza quasi sempre drammatiche.
Così come, nel processo educativo, l’ideale di umanità
etica che l’educatore consegna all’educando è quasi sempre una proposta
di vita che si accetta faticosamente e la si fa propria attraverso un
contorto percorso di ricerca di identità, fino ad arrivare ad un’ideale
condivisione del bene.
La metodologia pedagogica cosiddetta “metodo empatico”
si propone di stabilire una sorta di dialogo per elaborare in comune il
senso dell’essere e dell’esistenza, per essere protesi ad amare e
accettare pienamente il mondo che ci circonda attribuendogli un senso
etico ben preciso e proteso verso una direzione che cerchi di stabilire
verità comportamentali.
In questo reciproco riconoscimento di senso si compie la
cura dell’anima per le persone coinvolte in tale dialogo
esistenziale ed avviene il riconoscimento dell’esistere in prima
persona, si compie l’avvenimento persona in modo finalmente consapevole
e libero e nella giusta sintesi ed empatia con la totalità.
Una
conoscenza integrale – La via del simbolo
Tomás Špidlík – Marko I. Rupnik,
Lipa , Roma
2010, 270 pp., € 18,00.
Questo
lavoro è il frutto di un binomio autorevole e certamente ben noto, ma
l’originalità è rappresentata dal tentativo compiuto dai due Autori di
trovare e suggerire una via diversa alla conoscenza; ciascuno attingendo
dal proprio campo e provando a spaziare verso aperture nuove,
armonizzando ogni impressione portatrice di verità.
Il card. Špidlík ha tentato di dare una giustificazione
dell’arte attraverso richiami alla teologia simbolica, suggerendo
ulteriori riflessioni sulla conoscenza e sul suo rapporto con la
trascendenza di Dio, p. Rupnik ha invece considerato il simbolo una
sorta di chiave d’accesso al mistero del mondo e ci ha esposto l’opera
d’arte quale forma di unità elevata tra uomo e Dio, racconto di un
legame d’amore, storia riassuntiva della salvezza.
La materia è in grado di svelarci il racconto più veritiero
dell’amore tra Dio e uomo, attraverso la contemplazione e la conoscenza
si può arrivare a cogliere il lato umano e quello divino delle cose,
l’alternarsi della gloria e della magnificenza alla debolezza e alla
fragilità che non sono altro che la nostra stessa storia di umanità
rivolta alla redenzione, incarnazione del mistero cristologico di morte
e risurrezione.
Vedere le cose sotto questo aspetto può essere illuminante,
può dare un senso autentico alla nostra natura, può nutrire la nostra
intelligenza sapienziale e spingerci sempre a trovare il giusto nesso, a
guardare ogni cosa con occhi diversi, provare a partecipare di tutte le
cose, provare a trarne armonia interiore rigenerante.
E’ questo il vero senso della bellezza: trasmettere una
dinamica in grado di affascinare ed attirare per mezzo della libera
adesione, trasmettere lo sforzo umano proteso verso un ideale di
perfezione che tuttavia non è mai tale ma solo lotta, ricerca,
incompiutezza, ricerca di senso che attraverso la simbologia può
svelarci delle verità da fare proprie ed interiorizzare.
In questo senso la finalità dell’arte e la nostra ricerca
di bellezza sono canali illuminanti che possono trasfigurare la vita
stessa ed essere fortemente percepiti come segnali concreti di un legame
misterioso proveniente dalla volontà divina.
Niente come nell’arte può arrivare ad attingere dalla
realtà fenomenica senza tuttavia avere la pretesa di sigillare la
rappresentazione in una crosta empirica.
Niente come nell’arte può avere impatto vitale e forza
espressiva capace di tradurre in modo tanto sublime la commistione tra
pneuma divino che risveglia e rivela e forza umana protesa verso la
salvezza, la redenzione, la ricerca di eternità.
A cura di Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it
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