trasp.gif (814 byte) trasp.gif (814 byte) trasp.gif (814 byte)


Utopia in Sandali -
 Vita consacrata in cammino

Alejandro Fernández Barrajón
Paoline, Milano 2010, pp. 257, € 22,00
 

Un libro sulla vita consacrata che ha la caratteristica di comunicare e inculcare in modo fresco e brillante la gioia.

Al di là della necessità continuamente ribadita di ritessere i fili di qualcosa che ha bisogno di essere rivisto, ordinato, rianalizzato e fortificato; al di là della consapevolezza senza disincanto di una empasse e di una crisi che riflette la crisi più ampia del mondo di oggi e dell’appassimento dei valori; questo libro sa celebrare l’impeto travolgente che riveste l’amore. La forza e la determinazione che scaturiscono dall’essere innamorati e il sapore contagioso di questa autenticità. Quella che vive e sente l’Autore e che non può fare altro che far prevalere con preponderanza un senso di speranza e di fiducia.

Si affronta il tema della vita consacrata come un inno armonico, un elogio sublime e musicale che racchiude in sé un mistero di grandezza.

Nella piena consapevolezza di ciò che implica l’abbracciare in modo radicale una scelta di vita che è sequela incondizionata, dono di sé, devozione e spoliazione. Nel riconoscere quanta severità e fermezza richiedano il predominio costruito ogni giorno sulle proprie debolezze, per fare in modo che nulla o nessuno venga mai anteposto a Dio. In tutto ciò emerge la beatitudine e la magnificenza di un cuore aperto alla fede, la ricompensa interiore del sapersi prodigare, del convincimento pieno di essere sulla giusta via che rivela la pienezza della vita.

Tutto questo non può che portare a un fervido e trasparente amore per la vita consacrata, che si rinnova e trae forza dalle sfide del quotidiano, dalla consapevolezza di tante ingiustizie e sofferenze causate dal prevalere dell’egoismo e che solo attraverso la responsabilità, la gratuità e l’amore possono trovare la giusta forma di antagonismo.

La giusta ancora di salvezza, lo scoglio saldo cui rimanere aggrappati per annunciare la verità, per disconoscere ciò che è bassamente di questo mondo ma assai meno del mondo proclamato da Cristo.

Quello cui anela il consacrato e ogni religioso che riesce a riporre tutta la propria fiducia nel Signore e che nel suo nome diventa invincibile di fronte ad ogni avversità, senza più conoscere barriere o limiti, fino al sacrificio estremo di ciò che è solo terreno e che conoscerà al di là del terreno una ricompensa grandiosa che è la promessa di eternità.

Questa rivelazione non può che comunicare gioia e amore, passione, vibrazione, intensità capaci di ergersi sopra a tutto. In una celebrazione festosa e traboccante che è un inno di ringraziamento per il raggiungimento di piaceri ineffabili. Consapevolezza di essere stati i prescelti di una chiamata autorevole e del tutto speciale e a cui si rende omaggio e grazie divenendo effluvio di gioia e amore che asperge ogni cosa.

 


La Luce e la Rete – Comunicare la fede nel Web

ANGELA SILVESTRI
Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 2010, pp. 238, € 15,00

Questo libro offre al lettore non solo la possibilità di avere tra le mani i cosiddetti “attrezzi del mestiere” per sapersi districare nel mondo spesso complesso di Internet e dei siti Web, ma materialmente ne va ad analizzare alcuni per mostrarne direttamente pregi e difetti.

Il tutto viene trattato ovviamente nell’ottica e nell’intento di delineare una sorta di guida rivolta principalmente ai cattolici: fedeli ed evangelizzatori. Tenendo conto dell’immensa potenzialità mediale e comunicativa rappresentata dalla rete, così come delle sue facili insidie.

Un vademecum necessario e sicuramente atteso per tutti coloro che desiderano volgere questo strumento a valore aggiunto nel cammino di fede.

Allo stesso tempo una sorgente di nuove potenzialità che viene messa a disposizione dei moderni incaricati del fare missione.

Affinché si traduca sempre in luogo di incontro e confronto e mai di scontro, avvicini le persone suscitando interessi comuni e proponendo soluzioni efficaci.

La parte più stimolante rappresentata da questa nuova tecnologia è la possibilità concreta di interazione tra emittente e ricevente, la spinta a fare proprio il linguaggio digitale e la possibilità di convogliarlo verso molteplici risorse.

Questo libro cerca di dare risposta ad alcune semplici quanto basilari domande: si può comunicare la fede attraverso il Web? Sulla base di quali strategie?

E’ ovvio che il mondo cattolico, essendo per sua natura chiamato all’annuncio della “buona novella”, è titolare di un mandato che lo impegna a saper tenere il passo con i tempi, ad entrare nel meccanismo dell’innovazione riuscendo sempre a comprenderla e padroneggiarla, dimostrando la giusta competenza che si richiede a chi ambisce a raccogliere seguaci.

Allo stesso tempo però la Chiesa e le sue strutture devono rappresentare per i propri fedeli il porto sicuro verso il benessere spirituale, essere depositari delle linee guida da impartire per la ricerca autentica di senso cui ciascuno tende.

Vi è quindi la responsabilità enorme di saper convogliare ciascun fruitore verso la giusta ricerca, rifuggire la banalizzazione, la mercificazione e la materializzazione.

Tenendo sempre presente che la comunicazione non è solo tecnica ma atteggiamento del cuore e della mente di chi si predispone ad interagire. Tutto ciò quindi se fatto con passione ed intelligenza può variare e fare la differenza nella modalità di esposizione ed esternazione.

Che infine il religioso può interagire sull’ago della bilancia con il peso dell’amore oltre che con quello della competenza.

L’Autore

Angela Silvestri, laureata in Economia e Commercio, ha inoltre conseguito la laurea specialistica in Comunicazione multimediale e di massa presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, con una tesi in Semiotica della cultura. Coniuga responsabilità aziendali con l’interesse che da sempre la muove ad impegnarsi attivamente in forme di dialogo e di approfondimento della fede cristiana soprattutto con chi si è allontanato dalla credenza e dalla pratica religiosa. A tale scopo cura con passione forme di comunicazione sia attraverso l’utilizzo di Internet, sia mediante gli incontri di gruppo organizzati dal Centro culturale Chicercatrova di Torino, di cui è una delle promotrici.

 


IN ASCOLTO DELL’ALTRO Esercizi Spirituali con Benedetto XVI

Don ENRICO Dal COVOLO S.D.B.
Libreria Editrice Vaticana 2010, pp. 207, € 16,00

Il sacerdote salesiano Enrico dal Covolo apre l’inizio di Quaresima proponendo come spunto riflessivo: “Lezioni di Dio e della Chiesa sulla vocazione sacerdotale” nei consueti Esercizi Spirituali tenuti in Vaticano.

Il tema trattato col metodo della lectio divina ha l’intento di richiamare e consolidare il corrente Anno dedicato appunto al sacerdozio, di stabilire una sintonia autentica e coinvolgente col significato più profondo della vocazione, richiamandosi alle tappe dei racconti biblici dedicati a questo tema.

Don Enrico, avvalendosi delle sue profonde conoscenze in campo biblico e patristico riesce a rendere avvincenti le Scritture laddove si affrontano i vari temi relativi alla chiamata, alla risposta, alla missione che si affida e chi è eletto insieme ai sui leciti dubbi, alle possibili resistenze ma anche alle rassicurazioni che Dio sa offrire fino alla gioia e all’apprezzamento pieno di questo dono.

Il suo approccio si dimostra efficace nel mettere in rilievo la dimensione contemplativa e mistica che caratterizza la vita del ministro di Dio, la grandezza dell’incontro intimo che avviene con Cristo e che si consolida sempre più fortemente lungo tutto il percorso ministeriale fino alla completa consapevolezza di penetrare in pienezza una grazia, un dono mirabile.

Nel tracciare alcune storie emblematiche quali quelle di Salomone, Agostino e Pietro e richiamandosi agli esempi di sacerdoti illustri come il Curato d’Ars, Georges Bemanos e don Giuseppe Quadrio; don Enrico sottolinea l’importanza del primato della contemplazione, della preghiera e dell’ascolto per mantenere stabile e ferma la volontà del proprio impegno vocazionale, per riuscire a tener dietro e soddisfare con prontezza e acume il “servizio della mensa”.

Un impegno che richiede giorno per giorno una valutazione ordinata, una “sapienza del cuore” da tenere sempre viva, da nutrire giorno per giorno attraverso la ricerca interiore capace di condurre al cuore di Gesù, la vera fonte di ogni autentica diaconia della carità.

Il vero senso dell’ascolto è quello di mettersi in relazione, prendere atto dei limiti del proprio sé e volgersi agli altri per arrivare ad una conoscenza più autentica di se stessi, lo stesso può dirsi nei termini di ascolto dell’Altro, quello con la maiuscola.

Lo stesso può dirsi per il sacerdote, che deve rappresentare l’apoteosi dell’ascolto rivolto a Dio, del Dio che illumina e ci svela la nostra più intima natura, i nostri più autentici bisogni che ci restituisce identità di uomini consapevoli.

L’Autore

Enrico dal Covolo, sacerdote salesiano (professione religiosa 1973, ordinazione sacerdotale 1979), è nato a Feltre (BL) il 5 ottobre 1950. Si è laureato in Lettere classiche nell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ha perfezionato i suoi studi nel Dipartimento di Scienze Religiose della stessa Università e nell'Istitu­to Patristico Augustinianum di Roma, conseguendo il dottorato in Teologia e Scienze Patristiche.

 


Dio Oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto

AAa. Vv. - in collaborazione con il Comitato per il Progetto Culturale CEI
Cantagalli
, Siena 2010, pp. 236, € 15,50

Gli eventi culturali di prim’ordine sono sempre qualcosa di cui il nostro Paese dovrebbe avere sete.

L’incontro internazionale organizzato dal Comitato per il Progetto Culturale CEI dal 10 al 12 dicembre 2009 ha sicuramente avuto un successo andato ben oltre ogni ragionevole aspettativa.

La domanda che ci si è posti rappresenta l’interrogativo di sempre, l’interrogativo di tutti, e la risposta non può che coinvolgerci ed invitarci ad una riflessione esistenziale che continuamente cerchiamo nel nostro inconscio: Dio cambia tutto.

Al di là di ogni questione su Dio, dei vari approcci tematici che se ne tentano in ogni campo e in misura diversa di approfondimento, ciò che sembra essere essenziale e fondamentale per tutti è trovare un accesso a Dio, un modo per affacciarci a Lui e avvicinarci a Lui in semplicità, senza pretesa alcuna di voler stabilire o affermare nessuna verità.

Nelle quattro sessioni plenarie che si sono svolte durante l’incontro si è parlato rispettivamente di: “Dio della fede e della filosofia”, “Dio della cultura e della bellezza”, “Dio e le religioni”, “Dio e le scienze”.

E’ stato un itinerario tematico importante che sicuramente ha incoraggiato verso un approccio, verso un pensiero, ma soprattutto ha evidenziato la necessità che ciascuno di noi ha di dare un senso alla vita, all’esistenza stessa, partendo dal trascendente e dalla sua assoluta rilevanza per le nostre anime e per le nostre speranze.

Tutto alla luce di quell’interrogativo profondo e insidioso su cui costruiamo ogni fondamenta, nella prospettiva di una autentica “metafisica dell’humanum” che riassume la riflessione agostiniana e la questione sempre aperta della ricerca umana.

Tutto al di fuori dell’illuminazione religiosa della fede, delle prese di coscienza salde e inattaccabili, la vera autenticità di questo dibattito è stata il prendere atto di un “procedere a tentoni” che avvicina l’uomo alla sua natura più autentica di essere fragile e sparuto che ha necessità di distinguersi dall’animale così come dalla macchina, che nel suo cercare si rafforza, che ha bisogno di interpretare il suo vivere e il suo operare così come il suo fine ultimo.

E che ora più che mai, nell’era del disincanto profetizzata da Weber, insieme al mucchio di cenere delle false idolatrie crollate, delle aspirazioni superficiali anelate e poi miseramente rimaste inutilizzate, si staglia con forza all’orizzonte la voglia di convivere con una pacifica ed equilibrata libertà interiore. Il nostro pensiero seppur debole, con umile fierezza, prova a ripartire da basi che non sono la sfiducia o il senso di sconfitta, ma la voglia di cercare e confrontarsi.

In questo senso emerge un Dio che ci accomuna; nel cercare un senso a noi stessi si crede in Dio e sulla base di questa prospettiva si sente con forza che su questa base tutto può cambiare.

Esso si materializza nelle nostre invocazioni silenziose e nel tentativo più serio e fecondo di dare intelligenza alla nostra fede, consapevoli dei nostri limiti così come da quei limiti spronati e mossi verso un’investigazione consapevole e piena.

Dio è speranza e ne incarna la forza.

Per questo la storia e l’oggi ci insegnano e ci ribadiscono con forza che: con lui o senza di lui cambia tutto

 

 


La cura dell’anima - Profili di una pedagogia del sé

ANTONIO BELLINGRERI
V&P, Milano 2010, 402 pp., € 30,00

In questo libro si cerca di invitare alla riflessione circa il bisogno primario di riconoscimento, sul come ogni impresa umana educativa e di cura tenda a conciliarsi con tale necessità definita uno dei temi centrali della pedagogia primaria.

Si cerca poi di mettere in luce alcune linee della fenomenologia stessa dell’esperienza educativa e come esse possano venire percepite dall’educando quali elementi di vita autentica di cui appropriarsi.

Nella terza parte viene invece proposto un cosiddetto “metodo empatico”, ovvero una forma di dialogo esistenziale capace di dare vita a microcomunità etiche, ambienti educativi di ristretta socialità, orientati ad una profonda ricerca del senso esistenziale.

Questa sperimentazione si propone il fine di aiutare le persone a maturare, cercando di porre tutti gli strumenti per una giusta “competenza esistenziale”, per predisporre in modo naturale ed abituale al porsi domande sul sé concepito nel suo senso assoluto.

Cura dell’anima appare quindi la messa in questione dell’io concreto di ciascuno di noi per intraprendere una ricerca autentica del proprio sé e per trovare la giusta predisposizione per concepire la realtà ed ogni suo particolare in connessione con il tutto delle cose.

Il bisogno di riconoscimento proprio di ciascun essere umano non è altro che la conferma di essere attraverso il venire riconosciuti nel nostro essere. In questo è racchiuso il nostro atavico bisogno di sentirci voluti, accolti e amati da qualcuno che ci faccia sentire prediletti ed essenziali e che riesca ad imprimere una direzione etica di qualità al nostro esistere, convincendoci di valere, di avere importanza, configurandoci come portatori di dignità.

Nel nostro prendere coscienza di esistere, attraverso la percezione del corpo vissuto, avviene la fondamentale registrazione dell’altro nel nostro mondo, tale processo avviene attraverso una serie di lotte e prese di coscienza quasi sempre drammatiche.

Così come, nel processo educativo, l’ideale di umanità etica che l’educatore consegna all’educando è quasi sempre una proposta di vita che si accetta faticosamente e la si fa propria attraverso un contorto percorso di ricerca di identità, fino ad arrivare ad un’ideale condivisione del bene.

La metodologia pedagogica cosiddetta “metodo empatico” si propone di stabilire una sorta di dialogo per elaborare in comune il senso dell’essere e dell’esistenza, per essere protesi ad amare e accettare pienamente il mondo che ci circonda attribuendogli un senso etico ben preciso e proteso verso una direzione che cerchi di stabilire verità comportamentali.

In questo reciproco riconoscimento di senso si compie la cura dell’anima per le persone coinvolte in tale dialogo esistenziale ed avviene il riconoscimento dell’esistere in prima persona, si compie l’avvenimento persona in modo finalmente consapevole e libero e nella giusta sintesi ed empatia con la totalità.

 

 


Una conoscenza integrale – La via del simbolo

Tomás Špidlík – Marko I. Rupnik, Lipa , Roma 2010, 270 pp., € 18,00.

Questo lavoro è il frutto di un binomio autorevole e certamente ben noto, ma l’originalità è rappresentata dal tentativo compiuto dai due Autori di trovare e suggerire una via diversa alla conoscenza; ciascuno attingendo dal proprio campo e provando a spaziare verso aperture nuove, armonizzando ogni impressione portatrice di verità.

Il card. Špidlík ha tentato di dare una giustificazione dell’arte attraverso richiami alla teologia simbolica, suggerendo ulteriori riflessioni sulla conoscenza e sul suo rapporto con la trascendenza di Dio, p. Rupnik ha invece considerato il simbolo una sorta di chiave d’accesso al mistero del mondo e ci ha esposto l’opera d’arte quale forma di unità elevata tra uomo e Dio, racconto di un legame d’amore, storia riassuntiva della salvezza.

La materia è in grado di svelarci il racconto più veritiero dell’amore tra Dio e uomo, attraverso la contemplazione e la conoscenza si può arrivare a cogliere il lato umano e quello divino delle cose, l’alternarsi della gloria e della magnificenza alla debolezza e alla fragilità che non sono altro che la nostra stessa storia di umanità rivolta alla redenzione, incarnazione del mistero cristologico di morte e risurrezione.

Vedere le cose sotto questo aspetto può essere illuminante, può dare un senso autentico alla nostra natura, può nutrire la nostra intelligenza sapienziale e spingerci sempre a trovare il giusto nesso, a guardare ogni cosa con occhi diversi, provare a partecipare di tutte le cose, provare a trarne armonia interiore rigenerante.

E’ questo il vero senso della bellezza: trasmettere una dinamica in grado di affascinare ed attirare per mezzo della libera adesione, trasmettere lo sforzo umano proteso verso un ideale di perfezione che tuttavia non è mai tale ma solo lotta, ricerca, incompiutezza, ricerca di senso che attraverso la simbologia può svelarci delle verità da fare proprie ed interiorizzare.

In questo senso la finalità dell’arte e la nostra ricerca di bellezza sono canali illuminanti che possono trasfigurare la vita stessa ed essere fortemente percepiti come segnali concreti di un legame misterioso proveniente dalla volontà divina.

Niente come nell’arte può arrivare ad  attingere dalla realtà fenomenica senza tuttavia avere la pretesa di sigillare la rappresentazione in una crosta empirica.

Niente come nell’arte può avere impatto vitale e forza espressiva capace di tradurre in modo tanto sublime la commistione tra pneuma divino che risveglia e rivela e forza umana protesa verso la salvezza, la redenzione, la ricerca di eternità.

  

 


Giovani e Sacro

Mario Pollo,
ElleDiCi, Leumann (TO) 2010, pp. 159, € 13,00

In moltissimi testi recensiti negli ultimi anni, indipendentemente dagli argomenti trattati, è facile imbattersi sulla continua sottolineatura dei tempi difficili che ci caratterizzano.

L’Autore di questo libro, attraverso un percorso di ricerca durato interi decenni, cerca di cogliere e analizzare il comportamento dei giovani in rapporto a questa realtà poliedrica e frammentata che appunto caratterizza il nostro passaggio epocale.

L’analisi della cultura e della religiosità, dei vissuti esistenziali delle nuove generazioni è operata sul piano qualitativo più che statistico o quantitativo.

In tutto questo si rileva una diversificazione piuttosto complessa dell’universo giovanile, una tortuosa e sofferta ricerca di senso portata avanti sulla base di percorsi più o meno articolati ma mai uguali a se stessi, caratterizzati sempre dall’esperienza personale di ciascuno.

La cosa più destabilizzante e dispersiva in assoluto sembra essere lo sgretolarsi del concetto di temporalità, la perdita di riferimento ascrivibile al passato e l’oscuramento assoluto della variabile futuro.

In tutto ciò è chiaro che l’esperienza ‘tempo’ viene snaturata del suo lato di leggibilità e sapienzialità fino a sminuire l’importanza stessa della vita umana in rapporto ad esso. Emerge distintamente come unico fattore di comunanza l’impellenza e l’inquietudine di voler rimbastire per ciascuno e su basi nuove e stabili, un progetto di vita concretizzabile.

In questa frenesia e confusione l’Autore coglie un segnale di forza nel delineare un divenire, un chiaro tentativo di ricerca anche se di fatto solo abbozzato. Dimostra di riporre fiducia nella metamorfosi partendo dal presupposto che ciò che sta bollendo nel calderone è un cibo a sorpresa che deve ancora giungere a cottura.

Un elemento nuovo che non può portare un nome già esistente e che pertanto deve essere sottratto al tentativo semplicistico della stereotipizzazione, del giudizio sommario e superficiale.

Nello stesso tempo però qualcosa che ha in sé potenziale umano concreto e giusta energia per portarsi a compimento. Il non ascolto, la non accettazione di ciò che a noi non si conforma è qualcosa che di fatto non appartiene ai giovani e all’universo giovanile ma bensì a chi non accetta l’evolversi e l’avanzare della società.

Molti valori mutano per adattarsi a nuovi contesti, il senso religioso è molto spesso vissuto in interiorità e si evolve più sul piano emozionale e intimistico piuttosto che su quello dell’identificazione di massa, del bisogno di esternazione, di ritualità collettive. In tutto ciò non si può e non si deve leggere qualcosa di negativo ma una semplice e naturale reazione all’aridità del pensiero positivista, al permeare di qualcosa che la storia di fatto supera e smentisce.

Si tratta semplicemente di assistere ad un cambiamento con la consapevolezza che ogni rinnovamento richiede comunque la messa in atto di strategie rivoluzionarie e lo scombussolamento dell’ordine precostituito.

 

 


Non Giudicare! - Dalla teoria alla pratica

Yves-Alexandre Thalmann,

Paoline, Milano 2010, pp. 232, € 14,50 

Una frase nell’introduzione di questo libro ci illustra in poche parole la vastità di portata, l’importanza e le implicazioni del riuscire ad arrivare a questo scopo: non giudicare…

“Il non giudizio è un assaggio di paradiso.
Ed è alla nostra portata!”

Proviamo ad immaginare come tutta la nostra vita sia intessuta da formulazioni continue di giudizi, da etichettature e classificazioni che riguardano ogni cosa e coinvolgono praticamente tutti. Si passa dai commenti positivi o apparentemente leggeri fino a quelli più offensivi e pesanti ed il fatto più sconcertante è che spesso nel farli non si calcola mai la portata esponenziale di tutte le conseguenze.

Così come non ci si ferma mai a riflettere sul fatto che ogni giudizio implica in sé una presa di potere da parte di chi lo emette e quindi di fatto nasce da un senso di superiorità destinato per sua natura a generare conflitto.

Compiere una serena analisi di come il mondo sia impregnato da questa forma di automatismo compulsivo, che finisce per ridurre tutto a dualità e dicotomie, è anche una lucida presa di coscienza dell’inutilità e della ristrettezza dei giudizi stessi.

La complessità del mondo, la mutevolezza e l’incostanza degli esseri umani non vengono arginate dai nostri giudizi, il più delle volte poi, al di là della loro pretesa di imporre delle verità, essi non sanno coglierla, non riescono a comprenderla ma si traducono semplicemente in proiezioni e riflessi soggettivi e limitati.

Con questo manuale d’uso si vuole portare il lettore ad una progressione sul cammino del non giudizio. Prendendo atto con senso ironico e paradossale di come lo stesso parlare del non giudizio o predicarlo implichi a sua volta il meccanismo perverso e quasi inevitabile, per la concezione della nostra psiche, di giudicare ancora una volta!

La messa in pratica del non giudicare allora come può avvenire?

Cercando di essere oggettivi e obiettivi.

L’intento di questo libro non è quello di mortificarci, finendo per farci sentire a nostra volta giudicati, ma con il massimo dell’indulgenza illuminarci sulla non delicatezza e sull’inopportunità di molti giudizi, portarci ad un approccio proiettivo del giudizio che favorisca in noi una presa di coscienza, aiutarci a comprenderci meglio ad accettarci serenamente per poter poi fare lo stesso con gli altri.

Guidarci verso il raggiungimento di obiettivi alla nostra portata, indurci ad una maggiore benevolenza attraverso la riflessione, l’uso più maturo e cosciente del mettersi ‘al posto di’, ‘nei panni di’, per arrivare ad una comprensione più profonda di noi, per migliorare la qualità delle nostre relazioni, per mettere più amore nelle cose e pertanto convogliare il giudizio su direzioni certamente diverse e meno sommarie.

 

 


I Santi nella Chiesa
ANGELO AMATO
Libreria Editrice Vaticana 2010, pp. 461, € 19,00

La Chiesa madre dei Santi ha il compito di comunicare e diffondere il loro glorioso esempio che riflette a sua volta parte della gloria di Cristo, della sua giustizia e misericordia.

Mons. Angelo Amato dedica a loro questa sua opera celebrandoli e ringraziandoli per incarnare nella città degli uomini un esempio di luce cui continuamente tendere. Nello stesso modo invita il lettore ad una riflessione di tipo introspettivo e profondamente spirituale sulla santità, riagganciandosi alle loro opere, alla fedeltà della loro adesione completa e radicale alla Parola.

Attraverso il continuo arricchirsi della splendida Bibliotheca Sanctorum la Chiesa vive una fondamentale ed eterna primavera che ne rafforza gli intenti, ne vivifica la presenza illuminante, ne testimonia la pregnanza di grazia divina.

In questo momento difficile dell’esistenza umana poi, diventa un’oasi di largo respiro potersi riallacciare a qualcosa di profondamente positivo e che positivo è rimasto attraverso il tempo.

E’ una forma edificante per la Chiesa e per l’uomo. E’ constatazione indiscutibile di un’aura benefica con la quale siamo chiamati ad identificarci e a porci in simbiosi.

Per pacificarci e pacificare, per fortificarci e trovare incoraggiamento che ci spinge verso il bene. Incuriosirci verso la santità, riscoprire tanti fulgidi esempi di vita, saperci entusiasmare di tutto questo.

Forse è questo il vero intento che si è prefisso l’Autore: metterci a confronto con il nostro intrinseco bisogno di riscoprirli, di cercare la loro intercessione e allo stesso tempo riportare alla luce la parte più autentica e profondamente umana della Chiesa che abbracciando i suoi figli, accogliendoli e rassicurandoli, di fatto ne stimola e ne continua a stimolare la vocazione verso cui Gesù ci ha chiamati tutti e indistintamente.

La santità è qualcosa verso la quale siamo tesi e che nel profondo ambiamo perché è il mistico sentiero che ci conduce all’ideale di eternità e salvezza.

Nello stesso tempo la Chiesa è chiamata ad esserne l’edificio, la pietra di raccordo imprescindibile.

a cura di Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it

 

Archivio recensioni