Utopia in Sandali -
Vita
consacrata in cammino
Alejandro Fernández Barrajón
Paoline, Milano 2010, pp. 257, € 22,00
Un libro sulla vita consacrata
che ha la caratteristica di comunicare e inculcare in modo fresco e
brillante la gioia.
Al di là della
necessità continuamente ribadita di ritessere i fili di qualcosa che ha
bisogno di essere rivisto, ordinato, rianalizzato e fortificato; al di
là della consapevolezza senza disincanto di una empasse e di una
crisi che riflette la crisi più ampia del mondo di oggi e
dell’appassimento dei valori; questo libro sa celebrare l’impeto
travolgente che riveste l’amore. La forza e la determinazione che
scaturiscono dall’essere innamorati e il sapore contagioso di questa
autenticità. Quella che vive e sente l’Autore e che non può fare altro
che far prevalere con preponderanza un senso di speranza e di fiducia.
Si affronta il
tema della vita consacrata come un inno armonico, un elogio sublime e
musicale che racchiude in sé un mistero di grandezza.
Nella piena
consapevolezza di ciò che implica l’abbracciare in modo radicale una
scelta di vita che è sequela incondizionata, dono di sé, devozione e
spoliazione. Nel riconoscere quanta severità e fermezza richiedano il
predominio costruito ogni giorno sulle proprie debolezze, per fare in
modo che nulla o nessuno venga mai anteposto a Dio. In tutto ciò emerge
la beatitudine e la magnificenza di un cuore aperto alla fede, la
ricompensa interiore del sapersi prodigare, del convincimento pieno di
essere sulla giusta via che rivela la pienezza della vita.
Tutto questo non
può che portare a un fervido e trasparente amore per la vita consacrata,
che si rinnova e trae forza dalle sfide del quotidiano, dalla
consapevolezza di tante ingiustizie e sofferenze causate dal prevalere
dell’egoismo e che solo attraverso la responsabilità, la gratuità e
l’amore possono trovare la giusta forma di antagonismo.
La giusta ancora
di salvezza, lo scoglio saldo cui rimanere aggrappati per annunciare la
verità, per disconoscere ciò che è bassamente di questo mondo ma assai
meno del mondo proclamato da Cristo.
Quello cui anela
il consacrato e ogni religioso che riesce a riporre tutta la propria
fiducia nel Signore e che nel suo nome diventa invincibile di fronte ad
ogni avversità, senza più conoscere barriere o limiti, fino al
sacrificio estremo di ciò che è solo terreno e che conoscerà al di là
del terreno una ricompensa grandiosa che è la promessa di eternità.
Questa rivelazione
non può che comunicare gioia e amore, passione, vibrazione, intensità
capaci di ergersi sopra a tutto. In una celebrazione festosa e
traboccante che è un inno di ringraziamento per il raggiungimento di
piaceri ineffabili. Consapevolezza di essere stati i prescelti di una
chiamata autorevole e del tutto speciale e a cui si rende omaggio e
grazie divenendo effluvio di gioia e amore che asperge ogni cosa.
La Luce e la Rete –
Comunicare la fede nel Web
ANGELA SILVESTRI
Effatà Editrice, Cantalupa (TO) 2010, pp. 238, € 15,00
Questo
libro offre al lettore non solo la possibilità di avere tra le mani i
cosiddetti “attrezzi del mestiere” per sapersi districare nel mondo
spesso complesso di Internet e dei siti Web, ma materialmente ne va ad
analizzare alcuni per mostrarne direttamente pregi e difetti.
Il tutto viene
trattato ovviamente nell’ottica e nell’intento di delineare una sorta di
guida rivolta principalmente ai cattolici: fedeli ed evangelizzatori.
Tenendo conto dell’immensa potenzialità mediale e comunicativa
rappresentata dalla rete, così come delle sue facili insidie.
Un vademecum
necessario e sicuramente atteso per tutti coloro che desiderano volgere
questo strumento a valore aggiunto nel cammino di fede.
Allo stesso tempo
una sorgente di nuove potenzialità che viene messa a disposizione dei
moderni incaricati del fare missione.
Affinché si
traduca sempre in luogo di incontro e confronto e mai di scontro,
avvicini le persone suscitando interessi comuni e proponendo soluzioni
efficaci.
La parte più
stimolante rappresentata da questa nuova tecnologia è la possibilità
concreta di interazione tra emittente e ricevente, la spinta a fare
proprio il linguaggio digitale e la possibilità di convogliarlo verso
molteplici risorse.
Questo libro cerca
di dare risposta ad alcune semplici quanto basilari domande: si può
comunicare la fede attraverso il Web? Sulla base di quali strategie?
E’ ovvio che il
mondo cattolico, essendo per sua natura chiamato all’annuncio della
“buona novella”, è titolare di un mandato che lo impegna a saper tenere
il passo con i tempi, ad entrare nel meccanismo dell’innovazione
riuscendo sempre a comprenderla e padroneggiarla, dimostrando la giusta
competenza che si richiede a chi ambisce a raccogliere seguaci.
Allo stesso tempo
però la
Chiesa e le sue strutture devono rappresentare per i propri fedeli il
porto sicuro verso il benessere spirituale, essere depositari delle
linee guida da impartire per la ricerca autentica di senso cui ciascuno
tende.
Vi è quindi la
responsabilità enorme di saper convogliare ciascun fruitore verso la
giusta ricerca, rifuggire la banalizzazione, la mercificazione e la
materializzazione.
Tenendo sempre
presente che la comunicazione non è solo tecnica ma atteggiamento del
cuore e della mente di chi si predispone ad interagire. Tutto ciò quindi
se fatto con passione ed intelligenza può variare e fare la differenza
nella modalità di esposizione ed esternazione.
Che infine il
religioso può interagire sull’ago della bilancia con il peso dell’amore
oltre che con quello della competenza.
L’Autore
Angela Silvestri,
laureata in Economia e Commercio, ha inoltre conseguito la laurea
specialistica in Comunicazione multimediale e di massa presso
la Facoltà
di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, con una tesi in
Semiotica della cultura. Coniuga responsabilità aziendali con
l’interesse che da sempre la muove ad impegnarsi attivamente in forme di
dialogo e di approfondimento della fede cristiana soprattutto con chi si
è allontanato dalla credenza e dalla pratica religiosa. A tale scopo
cura con passione forme di comunicazione sia attraverso l’utilizzo di
Internet, sia mediante gli incontri di gruppo organizzati dal Centro
culturale Chicercatrova di Torino, di cui è una delle promotrici.
IN ASCOLTO DELL’ALTRO Esercizi Spirituali con Benedetto XVI
Don ENRICO
Dal COVOLO S.D.B.
Libreria Editrice Vaticana 2010, pp. 207, € 16,00
Il sacerdote salesiano Enrico
dal Covolo apre l’inizio di Quaresima proponendo come spunto riflessivo:
“Lezioni di Dio e della Chiesa sulla vocazione sacerdotale” nei consueti
Esercizi Spirituali tenuti in Vaticano.
Il tema trattato
col metodo della lectio divina ha l’intento di richiamare e
consolidare il corrente Anno dedicato appunto al sacerdozio, di
stabilire una sintonia autentica e coinvolgente col significato più
profondo della vocazione, richiamandosi alle tappe dei racconti biblici
dedicati a questo tema.
Don Enrico,
avvalendosi delle sue profonde conoscenze in campo biblico e patristico
riesce a rendere avvincenti le Scritture laddove si affrontano i vari
temi relativi alla chiamata, alla risposta, alla missione che si affida
e chi è eletto insieme ai sui leciti dubbi, alle possibili resistenze ma
anche alle rassicurazioni che Dio sa offrire fino alla gioia e
all’apprezzamento pieno di questo dono.
Il suo approccio
si dimostra efficace nel mettere in rilievo la dimensione contemplativa
e mistica che caratterizza la vita del ministro di Dio, la grandezza
dell’incontro intimo che avviene con Cristo e che si consolida sempre
più fortemente lungo tutto il percorso ministeriale fino alla completa
consapevolezza di penetrare in pienezza una grazia, un dono mirabile.
Nel tracciare
alcune storie emblematiche quali quelle di Salomone, Agostino e Pietro e
richiamandosi agli esempi di sacerdoti illustri come il Curato d’Ars,
Georges Bemanos e don Giuseppe Quadrio; don Enrico sottolinea
l’importanza del primato della contemplazione, della preghiera e
dell’ascolto per mantenere stabile e ferma la volontà del proprio
impegno vocazionale, per riuscire a tener dietro e soddisfare con
prontezza e acume il “servizio della mensa”.
Un impegno che
richiede giorno per giorno una valutazione ordinata, una “sapienza del
cuore” da tenere sempre viva, da nutrire giorno per giorno attraverso la
ricerca interiore capace di condurre al cuore di Gesù, la vera fonte di
ogni autentica diaconia della carità.
Il vero senso
dell’ascolto è quello di mettersi in relazione, prendere atto dei limiti
del proprio sé e volgersi agli altri per arrivare ad una conoscenza più
autentica di se stessi, lo stesso può dirsi nei termini di ascolto
dell’Altro, quello con la maiuscola.
Lo stesso può
dirsi per il sacerdote, che deve rappresentare l’apoteosi dell’ascolto
rivolto a Dio, del Dio che illumina e ci svela la nostra più intima
natura, i nostri più autentici bisogni che ci restituisce identità di
uomini consapevoli.
L’Autore
Enrico dal Covolo,
sacerdote salesiano (professione religiosa 1973, ordinazione sacerdotale
1979), è nato a Feltre (BL) il 5 ottobre 1950. Si è laureato in Lettere
classiche nell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ha
perfezionato i suoi studi nel Dipartimento di Scienze Religiose della
stessa Università e nell'Istituto Patristico Augustinianum di Roma,
conseguendo il dottorato in Teologia e Scienze Patristiche.
Dio
Oggi.
Con Lui o senza di Lui cambia tutto
AAa. Vv.
- in collaborazione con il Comitato per il Progetto Culturale CEI
Cantagalli,
Siena 2010, pp. 236, € 15,50
Gli eventi
culturali di prim’ordine sono sempre qualcosa di cui il nostro Paese
dovrebbe avere sete.
L’incontro
internazionale organizzato dal Comitato per il Progetto Culturale CEI
dal 10 al 12 dicembre
2009 ha
sicuramente avuto un successo andato ben oltre ogni ragionevole
aspettativa.
La domanda che ci
si è posti rappresenta l’interrogativo di sempre, l’interrogativo di
tutti, e la risposta non può che coinvolgerci ed invitarci ad una
riflessione esistenziale che continuamente cerchiamo nel nostro
inconscio: Dio cambia tutto.
Al di là di ogni
questione su Dio, dei vari approcci tematici che se ne tentano in ogni
campo e in misura diversa di approfondimento, ciò che sembra essere
essenziale e fondamentale per tutti è trovare un accesso a Dio, un modo
per affacciarci a Lui e avvicinarci a Lui in semplicità, senza pretesa
alcuna di voler stabilire o affermare nessuna verità.
Nelle quattro
sessioni plenarie che si sono svolte durante l’incontro si è parlato
rispettivamente di: “Dio della fede e della filosofia”, “Dio della
cultura e della bellezza”, “Dio e le religioni”, “Dio e le scienze”.
E’ stato un
itinerario tematico importante che sicuramente ha incoraggiato verso un
approccio, verso un pensiero, ma soprattutto ha evidenziato la necessità
che ciascuno di noi ha di dare un senso alla vita, all’esistenza stessa,
partendo dal trascendente e dalla sua assoluta rilevanza per le nostre
anime e per le nostre speranze.
Tutto alla luce di
quell’interrogativo profondo e insidioso su cui costruiamo ogni
fondamenta, nella prospettiva di una autentica “metafisica dell’humanum”
che riassume la riflessione agostiniana e la questione sempre aperta
della ricerca umana.
Tutto al di fuori
dell’illuminazione religiosa della fede, delle prese di coscienza salde
e inattaccabili, la vera autenticità di questo dibattito è stata il
prendere atto di un “procedere a tentoni” che avvicina l’uomo alla sua
natura più autentica di essere fragile e sparuto che ha necessità di
distinguersi dall’animale così come dalla macchina, che nel suo cercare
si rafforza, che ha bisogno di interpretare il suo vivere e il suo
operare così come il suo fine ultimo.
E che ora più che
mai, nell’era del disincanto profetizzata da Weber, insieme al mucchio
di cenere delle false idolatrie crollate, delle aspirazioni superficiali
anelate e poi miseramente rimaste inutilizzate, si staglia con forza
all’orizzonte la voglia di convivere con una pacifica ed equilibrata
libertà interiore. Il nostro pensiero seppur debole, con umile fierezza,
prova a ripartire da basi che non sono la sfiducia o il senso di
sconfitta, ma la voglia di cercare e confrontarsi.
In questo senso
emerge un Dio che ci accomuna; nel cercare un senso a noi stessi si
crede in Dio e sulla base di questa prospettiva si sente con forza che
su questa base tutto può cambiare.
Esso si
materializza nelle nostre invocazioni silenziose e nel tentativo più
serio e fecondo di dare intelligenza alla nostra fede, consapevoli dei
nostri limiti così come da quei limiti spronati e mossi verso
un’investigazione consapevole e piena.
Dio è speranza e
ne incarna la forza.
Per questo la
storia e l’oggi ci insegnano e ci ribadiscono con forza che: con lui o
senza di lui cambia tutto
La
cura
dell’anima - Profili di una pedagogia del sé
ANTONIO
BELLINGRERI
V&P, Milano 2010, 402 pp., € 30,00
In questo libro si cerca di
invitare alla riflessione circa il bisogno primario di riconoscimento,
sul come ogni impresa umana educativa e di cura tenda a conciliarsi con
tale necessità definita uno dei temi centrali della pedagogia primaria.
Si cerca poi di
mettere in luce alcune linee della fenomenologia stessa dell’esperienza
educativa e come esse possano venire percepite dall’educando quali
elementi di vita autentica di cui appropriarsi.
Nella terza parte
viene invece proposto un cosiddetto “metodo empatico”, ovvero una
forma di dialogo esistenziale capace di dare vita a microcomunità
etiche, ambienti educativi di ristretta socialità, orientati ad una
profonda ricerca del senso esistenziale.
Questa
sperimentazione si propone il fine di aiutare le persone a maturare,
cercando di porre tutti gli strumenti per una giusta “competenza
esistenziale”, per predisporre in modo naturale ed abituale al porsi
domande sul sé concepito nel suo senso assoluto.
Cura dell’anima
appare quindi la messa in questione dell’io concreto di ciascuno di noi
per intraprendere una ricerca autentica del proprio sé e per trovare la
giusta predisposizione per concepire la realtà ed ogni suo particolare
in connessione con il tutto delle cose.
Il bisogno di
riconoscimento proprio di ciascun essere umano non è altro che la
conferma di essere attraverso il venire riconosciuti nel nostro
essere. In questo è racchiuso il nostro atavico bisogno di
sentirci voluti, accolti e amati da qualcuno che ci faccia sentire
prediletti ed essenziali e che riesca ad imprimere una direzione
etica di qualità al nostro esistere, convincendoci di valere, di avere
importanza, configurandoci come portatori di dignità.
Nel nostro
prendere coscienza di esistere, attraverso la percezione del corpo
vissuto, avviene la fondamentale registrazione dell’altro nel nostro
mondo, tale processo avviene attraverso una serie di lotte e prese di
coscienza quasi sempre drammatiche.
Così come, nel
processo educativo, l’ideale di umanità etica che l’educatore consegna
all’educando è quasi sempre una proposta di vita che si accetta
faticosamente e la si fa propria attraverso un contorto percorso di
ricerca di identità, fino ad arrivare ad un’ideale condivisione del
bene.
La metodologia
pedagogica cosiddetta “metodo empatico” si propone di stabilire
una sorta di dialogo per elaborare in comune il senso dell’essere e
dell’esistenza, per essere protesi ad amare e accettare pienamente il
mondo che ci circonda attribuendogli un senso etico ben preciso e
proteso verso una direzione che cerchi di stabilire verità
comportamentali.
In questo
reciproco riconoscimento di senso si compie la cura dell’anima
per le persone coinvolte in tale dialogo esistenziale ed avviene il
riconoscimento dell’esistere in prima persona, si compie l’avvenimento
persona in modo finalmente consapevole e libero e nella giusta sintesi
ed empatia con la totalità.
Una
conoscenza integrale – La via del simbolo
Tomás Špidlík – Marko I. Rupnik,
Lipa , Roma 2010,
270 pp., € 18,00.
Questo lavoro è il frutto di
un binomio autorevole e certamente ben noto, ma l’originalità è
rappresentata dal tentativo compiuto dai due Autori di trovare e
suggerire una via diversa alla conoscenza; ciascuno attingendo dal
proprio campo e provando a spaziare verso aperture nuove, armonizzando
ogni impressione portatrice di verità.
Il card. Špidlík
ha tentato di dare una giustificazione dell’arte attraverso richiami
alla teologia simbolica, suggerendo ulteriori riflessioni sulla
conoscenza e sul suo rapporto con la trascendenza di Dio, p. Rupnik ha
invece considerato il simbolo una sorta di chiave d’accesso al mistero
del mondo e ci ha esposto l’opera d’arte quale forma di unità elevata
tra uomo e Dio, racconto di un legame d’amore, storia riassuntiva della
salvezza.
La materia è in
grado di svelarci il racconto più veritiero dell’amore tra Dio e uomo,
attraverso la contemplazione e la conoscenza si può arrivare a cogliere
il lato umano e quello divino delle cose, l’alternarsi della gloria e
della magnificenza alla debolezza e alla fragilità che non sono altro
che la nostra stessa storia di umanità rivolta alla redenzione,
incarnazione del mistero cristologico di morte e risurrezione.
Vedere le cose
sotto questo aspetto può essere illuminante, può dare un senso autentico
alla nostra natura, può nutrire la nostra intelligenza sapienziale e
spingerci sempre a trovare il giusto nesso, a guardare ogni cosa con
occhi diversi, provare a partecipare di tutte le cose, provare a trarne
armonia interiore rigenerante.
E’ questo il vero
senso della bellezza: trasmettere una dinamica in grado di affascinare
ed attirare per mezzo della libera adesione, trasmettere lo sforzo umano
proteso verso un ideale di perfezione che tuttavia non è mai tale ma
solo lotta, ricerca, incompiutezza, ricerca di senso che attraverso la
simbologia può svelarci delle verità da fare proprie ed interiorizzare.
In questo senso la
finalità dell’arte e la nostra ricerca di bellezza sono canali
illuminanti che possono trasfigurare la vita stessa ed essere fortemente
percepiti come segnali concreti di un legame misterioso proveniente
dalla volontà divina.
Niente come
nell’arte può arrivare ad attingere dalla realtà fenomenica senza
tuttavia avere la pretesa di sigillare la rappresentazione in una crosta
empirica.
Niente come
nell’arte può avere impatto vitale e forza espressiva capace di tradurre
in modo tanto sublime la commistione tra pneuma divino che risveglia e
rivela e forza umana protesa verso la salvezza, la redenzione, la
ricerca di eternità.
Giovani e Sacro
Mario Pollo,
ElleDiCi, Leumann (TO) 2010, pp. 159, € 13,00
In moltissimi testi recensiti
negli ultimi anni, indipendentemente dagli argomenti trattati, è facile
imbattersi sulla continua sottolineatura dei tempi difficili che ci
caratterizzano.
L’Autore di questo
libro, attraverso un percorso di ricerca durato interi decenni, cerca di
cogliere e analizzare il comportamento dei giovani in rapporto a questa
realtà poliedrica e frammentata che appunto caratterizza il nostro
passaggio epocale.
L’analisi della
cultura e della religiosità, dei vissuti esistenziali delle nuove
generazioni è operata sul piano qualitativo più che statistico o
quantitativo.
In tutto questo si
rileva una diversificazione piuttosto complessa dell’universo giovanile,
una tortuosa e sofferta ricerca di senso portata avanti sulla base di
percorsi più o meno articolati ma mai uguali a se stessi, caratterizzati
sempre dall’esperienza personale di ciascuno.
La cosa più
destabilizzante e dispersiva in assoluto sembra essere lo sgretolarsi
del concetto di temporalità, la perdita di riferimento ascrivibile al
passato e l’oscuramento assoluto della variabile futuro.
In tutto ciò è
chiaro che l’esperienza ‘tempo’ viene snaturata del suo lato di
leggibilità e sapienzialità fino a sminuire l’importanza stessa della
vita umana in rapporto ad esso. Emerge distintamente come unico fattore
di comunanza l’impellenza e l’inquietudine di voler rimbastire per
ciascuno e su basi nuove e stabili, un progetto di vita concretizzabile.
In questa frenesia
e confusione l’Autore coglie un segnale di forza nel delineare un
divenire, un chiaro tentativo di ricerca anche se di fatto solo
abbozzato. Dimostra di riporre fiducia nella metamorfosi partendo dal
presupposto che ciò che sta bollendo nel calderone è un cibo a sorpresa
che deve ancora giungere a cottura.
Un elemento nuovo
che non può portare un nome già esistente e che pertanto deve essere
sottratto al tentativo semplicistico della stereotipizzazione, del
giudizio sommario e superficiale.
Nello stesso tempo
però qualcosa che ha in sé potenziale umano concreto e giusta energia
per portarsi a compimento. Il non ascolto, la non accettazione di ciò
che a noi non si conforma è qualcosa che di fatto non appartiene ai
giovani e all’universo giovanile ma bensì a chi non accetta l’evolversi
e l’avanzare della società.
Molti valori
mutano per adattarsi a nuovi contesti, il senso religioso è molto spesso
vissuto in interiorità e si evolve più sul piano emozionale e
intimistico piuttosto che su quello dell’identificazione di massa, del
bisogno di esternazione, di ritualità collettive. In tutto ciò non si
può e non si deve leggere qualcosa di negativo ma una semplice e
naturale reazione all’aridità del pensiero positivista, al permeare di
qualcosa che la storia di fatto supera e smentisce.
Si tratta
semplicemente di assistere ad un cambiamento con la consapevolezza che
ogni rinnovamento richiede comunque la messa in atto di strategie
rivoluzionarie e lo scombussolamento dell’ordine precostituito.
Non Giudicare! -
Dalla
teoria alla pratica
Yves-Alexandre Thalmann,
Paoline, Milano 2010, pp. 232, € 14,50
Una frase nell’introduzione di
questo libro ci illustra in poche parole la vastità di portata,
l’importanza e le implicazioni del riuscire ad arrivare a questo scopo:
non giudicare…
“Il non giudizio è
un assaggio di paradiso.
Ed è alla nostra portata!”
Proviamo ad
immaginare come tutta la nostra vita sia intessuta da formulazioni
continue di giudizi, da etichettature e classificazioni che riguardano
ogni cosa e coinvolgono praticamente tutti. Si passa dai commenti
positivi o apparentemente leggeri fino a quelli più offensivi e pesanti
ed il fatto più sconcertante è che spesso nel farli non si calcola mai
la portata esponenziale di tutte le conseguenze.
Così come non ci
si ferma mai a riflettere sul fatto che ogni giudizio implica in sé una
presa di potere da parte di chi lo emette e quindi di fatto nasce da un
senso di superiorità destinato per sua natura a generare conflitto.
Compiere una
serena analisi di come il mondo sia impregnato da questa forma di
automatismo compulsivo, che finisce per ridurre tutto a dualità e
dicotomie, è anche una lucida presa di coscienza dell’inutilità e della
ristrettezza dei giudizi stessi.
La complessità del
mondo, la mutevolezza e l’incostanza degli esseri umani non vengono
arginate dai nostri giudizi, il più delle volte poi, al di là della loro
pretesa di imporre delle verità, essi non sanno coglierla, non riescono
a comprenderla ma si traducono semplicemente in proiezioni e riflessi
soggettivi e limitati.
Con questo manuale
d’uso si vuole portare il lettore ad una progressione sul cammino del
non giudizio. Prendendo atto con senso ironico e paradossale di come lo
stesso parlare del non giudizio o predicarlo implichi a sua volta il
meccanismo perverso e quasi inevitabile, per la concezione della nostra
psiche, di giudicare ancora una volta!
La messa in
pratica del non giudicare allora come può avvenire?
Cercando di essere
oggettivi e obiettivi.
L’intento di
questo libro non è quello di mortificarci, finendo per farci sentire a
nostra volta giudicati, ma con il massimo dell’indulgenza illuminarci
sulla non delicatezza e sull’inopportunità di molti giudizi, portarci ad
un approccio proiettivo del giudizio che favorisca in noi una presa di
coscienza, aiutarci a comprenderci meglio ad accettarci serenamente per
poter poi fare lo stesso con gli altri.
Guidarci verso il
raggiungimento di obiettivi alla nostra portata, indurci ad una maggiore
benevolenza attraverso la riflessione, l’uso più maturo e cosciente del
mettersi ‘al posto di’, ‘nei panni di’, per arrivare ad
una comprensione più profonda di noi, per migliorare la qualità delle
nostre relazioni, per mettere più amore nelle cose e pertanto
convogliare il giudizio su direzioni certamente diverse e meno sommarie.
I Santi nella Chiesa
ANGELO AMATO
Libreria Editrice Vaticana 2010, pp. 461, € 19,00
La Chiesa madre dei Santi ha il
compito di comunicare e diffondere il loro glorioso esempio che riflette
a sua volta parte della gloria di Cristo, della sua giustizia e
misericordia.
Mons. Angelo Amato
dedica a loro questa sua opera celebrandoli e ringraziandoli per
incarnare nella città degli uomini un esempio di luce cui continuamente
tendere. Nello stesso modo invita il lettore ad una riflessione di tipo
introspettivo e profondamente spirituale sulla santità, riagganciandosi
alle loro opere, alla fedeltà della loro adesione completa e radicale
alla Parola.
Attraverso il
continuo arricchirsi della splendida Bibliotheca Sanctorum
la Chiesa
vive una fondamentale ed eterna primavera che ne rafforza gli intenti,
ne vivifica la presenza illuminante, ne testimonia la pregnanza di
grazia divina.
In questo momento
difficile dell’esistenza umana poi, diventa un’oasi di largo respiro
potersi riallacciare a qualcosa di profondamente positivo e che positivo
è rimasto attraverso il tempo.
E’ una forma
edificante per
la Chiesa e per
l’uomo. E’ constatazione indiscutibile di un’aura benefica con la quale
siamo chiamati ad identificarci e a porci in simbiosi.
Per pacificarci e
pacificare, per fortificarci e trovare incoraggiamento che ci spinge
verso il bene. Incuriosirci verso la santità, riscoprire tanti fulgidi
esempi di vita, saperci entusiasmare di tutto questo.
Forse è questo il
vero intento che si è prefisso l’Autore: metterci a confronto con il
nostro intrinseco bisogno di riscoprirli, di cercare la loro
intercessione e allo stesso tempo riportare alla luce la parte più
autentica e profondamente umana della Chiesa che abbracciando i suoi
figli, accogliendoli e rassicurandoli, di fatto ne stimola e ne continua
a stimolare la vocazione verso cui Gesù ci ha chiamati tutti e
indistintamente.
La santità è
qualcosa verso la quale siamo tesi e che nel profondo ambiamo perché è
il mistico sentiero che ci conduce all’ideale di eternità e salvezza.
Nello stesso tempo
la Chiesa è
chiamata ad esserne l’edificio, la pietra di raccordo imprescindibile.
a cura di
Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it
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