Chiesa e
pedofilia. Una ferita aperta
Giovanni Cucci - Hans Zollner,
Ancora, Milano 2010, pp. 128, € 13,00
Con questo saggio si intende esplorare il mondo
complesso della pedofilia.
Sia per ammettere le responsabilità morali,
giuridiche e pastorali che la Chiesa ha avuto circa i recenti e
gravissimi atti commessi, per le inadempienze e per le omissioni; sia
per cercare di capire e analizzare il problema in quanto tale, sul piano
psicologico.
In questo modo si tenta di offrire al lettore
una serie di spunti di riflessione per avere una visione più chiara e
documentata sull’entità di tale realtà, al di là del polverone mediatico
sollevato e dei tanti gossip apparsi con l’unico scopo di fare rumore,
gridare alla scandalo, polemizzare.
Emerge così, in modo piuttosto inatteso, che
nell’ambito medico e psicologico, il termine stesso «pedofilia» viene
definito o analizzato in maniera assai diversa, soprattutto in tali
ambiti si tende sempre ad allontanare l’analisi da possibili
connotazioni morali o etiche.
Edizioni recenti del Manuale Diagnostico e
Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) bandiscono del tutto l’uso del
termine «perversione».
E’ quindi evidente come tutto ciò non aiuti a
fare chiarezza o a individuare la sintomatica del pedofilo, né a
tracciarne un realistico profilo psicologico capace di saper rilevare
con anticipo la figura di un possibile abusatore.
In ambito ecclesiastico poi, l’emergere della
questione, costringe a rivedere i metodi formativi e a usare la massima
cautela nel conferimento degli ordini sacri.
Ci si è infatti resi conto che non sempre in
passato si è posta la giusta attenzione verso la personalità del
candidato o verso suoi possibili disturbi di tipo psichico.
Per
la Chiesa invece è basilare la vigilanza nel
discernimento delle vocazioni, poiché si affida con ciò una qualità
rappresentativa agli uomini e alle donne accolte. La maturità umana,
psicologica, spiritualità non sono nozioni scolastiche da apprendere o
di cui saper ben parlare; sono ‘qualcosa’ che si sperimenta su se stessi
e che si testimonia con l’esempio della propria vita.
Per cui è sempre più necessario dinamizzare la
formazione, ricomprendendo in essa gli ambiti fondamentali della persona
(umana, spirituale, intellettuale, pastorale) e un’analisi approfondita
della maturità affettiva ma anche sessuale della stessa.
Mettere in atto un’adeguata consulenza
psicologica può certamente ridimensionare eventuali rischi ma bisogna
comunque precisare che anche la diagnostica più attenta spesso non sa
individuare il possibile comportamento di abuso. Questo accade sia in
ambito medico che in quello della formazione presbiteriale. A complicare
ulteriormente le cose poi, sono l’accavallarsi continuo tra il sapere
certo e stabilito e il sentito dire e quel ragionare per luoghi comuni
che porta ad una cultura del “panico morale” e della colpevolizzazione
ad ogni costo. Come, inoltre, alimentare la credenza che l’essere celibe
o il votarsi alla castità sia un elemento capace di amplificare la
devianza pedofila.
E’ chiaro però che il compito più doveroso per
la Chiesa, al di là di ogni facile banalizzazione, è quello di fare
chiarezza, prendere atto degli errori commessi e porre il suo massimo
impegno affinché chi ha compiuto questi abusi venga seriamente aiutato a
livello terapeutico.
Soprattutto ogni prete deve essere pienamente
consapevole del ruolo sociale e pubblico che riveste la sua figura,
delle ripercussioni legate alle sue scelte o al modo in cui esterna
opinioni o giudizi.
Da qui la nuova necessità di formazione
integrata che sappia dare la giusta importanza all’incontro tra
intelletto, affetti e volontà nell’esperienza di fede.
Il cortile dei gentili
Massimo Introvigne, San Paolo, Cinisello Balsamo 2010, pp. 162, € 12,00
L’Autore di questo libro è un sociologo che da molti anni
ha rivolto i suoi studi al pluralismo religioso e ai nuovi movimenti
religiosi. Il CESNUR di Torino da lui diretto (Centro Studi sulle Nuove
Religioni) è una tra le istituzioni più autorevoli nel rilevamento, lo
studio e la descrizione delle religioni nel mondo.
Con questo suo ultimo lavoro però, tenta un approccio
diverso del fenomeno religioso; non lo considera sotto l’aspetto
asettico e oggettivo della sua implicazione sociologica, ma si dispone
dalla parte della Chiesa. Mette da parte il suo rigore di studioso
meticoloso nel raccogliere dati, per provare, dall’alto della sua
consolidata esperienza e come cattolico militante in Alleanza Cattolica,
a fare un’analisi critica dei movimenti religiosi e delle credenze
emergenti. Per cercare di capire dal punto di vista cattolico, cosa esso
rappresenti per l’istituzione Chiesa.
Emblematico è stato allora dare alla sua riflessione
l’appellativo presente nel Vangelo di Marco e Matteo per indicare il
primo cortile del Tempio di Gerusalemme. Quel cortile dei gentili che
Gesù con tanta veemenza volle sgomberare da presenze intruse e
inopportune, da quei mercanti profittatori che lo avevano ridotto ad
essere «una spelonca di ladri» (Mc 11,17; Mt 21,13)
snaturandolo così dal suo vero ruolo di luogo di accoglienza per chi,
anche se non partecipe del rito svolto all’interno, andava là per
trovare un contatto con Dio.
Il riferimento a questo episodio del Vangelo, su cui lo
stesso Benedetto XVI è voluto tornare nel suo discorso annuale alla
Curia Romana nel 2009, ci fa capire come sia importante sapersi porre
nel modo più giusto in ascolto del diverso. Saper cogliere il bisogno
profondamente umano di rapportarsi con il sacro, ma estrapolare tale
necessità da facili manipolazioni, fare la voce grossa, all’uopo, così
come fece Gesù, per stanare i nuovi mercanti che “speculano” su tale
bisogno e sui tentativi più diversificati di non rimanere senza Dio.
La Chiesa è quindi
chiamata ancora una volta a rispondere a una sfida, a disporsi, con lo
spirito apologetico e missionario, che gli è proprio ad un ascolto e ad
un incontro del diverso cercando tuttavia di tenersi lontana dalla
propaganda o dai facili proselitismi.
Nello stesso tempo però si rende necessario prendere
visione dell’ampiezza di una problematica che non è solo quella di saper
convivere con il pluralismo ideologico e religioso delineatosi nel corso
della storia ma con tutta quella serie di dèi, miti, riti e magie che si
vanno minacciosamente moltiplicando e che spesso nascondono in sé
pericolose e faziose manipolazioni esterne da parte di chi è sempre
disposto a trarne profitto.
Quali sono allora le reali implicazioni per la Chiesa
dell’esistenza di questi movimenti paralleli?
Soprattutto, è possibile convivere con ciascuno di essi o
si deve smascherarne i più tendenziosi? Il fenomeno delle sette e dei
nuovi culti religiosi ha dei risvolti inquietanti sull’immaginario
popolare.
Con la globalizzazione imperante e l’ausilio di militanze
sempre più motivate ed agguerrite, gli episodi che prima potevano essere
circoscritti a semplici fenomeni settari, stanno conoscendo rapida
espansione fino a determinare vere e proprie mutazioni sociali. Lo
abbiamo sperimentato concretamente in America latina, Africa, Messico e
Guatemala. E’ per questo che lo stesso Autore, servendosi di pronunce
del Magistero, prende posizione attiva invitando il lettore ad
apprendere la difficile arte del discernimento. Propone una adeguata
pastorale di orientamento da mettere a disposizione del fedele per fare
in modo che esso rimanga saldo e sappia muoversi nell’intricata “foresta
di simboli”.
Siamo troppo
diversi
Giangranca Antolini - Gigi Avanti
Paoline, Milano 2010, pp. 175, € 10,00
Gli Autori di questo libro sono due consulenti direttamente
impegnati sul campo del volontariato professionale e formati alla SICOF
(Scuola Italiana Consulenti Familiari). Con la loro esperienza di
ascolto hanno voluto dare corpo a questo volume di testimonianze dirette
per mettere a disposizione una specie di “sostegno terapeutico” per
tutti coloro che si trovano alle prese con sofferenze relazionali di
vario genere.
Lo sforzo principale affrontato è stato quello di riuscire
a dare corpo a un argomento tanto delicato e sfaccettato suscitando nel
lettore emozioni e coinvolgimento e soprattutto raccogliendo adesione e
interesse attraverso un approccio umoristico, metaforico, basato su
aneddoti paradossali e stimolanti, capaci di vincere ogni resistenza e
aiutare tutti nella identificazione.
Emerge la delicatezza e il rispetto con cui si è attinto da
esperienze reali, spesso condivise con difficoltà e sofferenza, per
andarle a collocare, attraverso una riflessione ponderata e graduale, in
una logica dei sentimenti che è prima di tutto rispetto e accettazione
della persona, piena accoglienza di intersoggettività diverse ma che
nascono da anima e cuore.
Un lavoro insomma che può veramente incoraggiare chiunque,
sia a livello professionale, sia relazionale, sia terapeutico o
meditativo, ad affinare l’inclinazione all’ascolto e rendere più
efficace la relazione d’aiuto. Una dimostrazione concreta e tangibile
che, per umanizzare le relazioni, si deve sempre partire da una base di
tenerezza che è sostanzialmente predisposizione ad accogliere.
Ecco allora come l’essere diversi che ci contraddistingue
può diventare motivo di integrazione basato su un’accettazione
consapevole e matura delle differenze, così come si può arrivare a
trovare uno spazio comune di riflessione per entrare in sintonia e
andare d’accordo senza necessariamente essere sempre d’accordo.
Perché è nel relazionarsi che ha luogo la com-prensione
(nel senso letterale del termine prendere insieme) dell’altro. A volte
invece il nostro inconscio, l’esasperazione alimentata dai piccoli e
grandi eventi del quotidiano, ci predispongono ad una chiusura, a vivere
la relazionalità come un problema, ad additare la diversità come
qualcosa di insidioso o minaccioso per il nostro equilibrio. Il punto
quindi è proprio questo: la sofferenza coniugale o esistenziale non
deriva necessariamente da fatti reali accaduti ma da interpretazioni e
proiezioni che si fanno a riguardo.
Ecco che allora la nostra tenerezza, il nostro essere
“morbidi”, “delicati” con le persone con cui entriamo in rapporto (nelle
relazioni coniugali, in quelle genitori-figli, con noi stessi, con la
vita, con il nostro passato, con il nostro futuro, con lo stesso Dio)
diventa la disposizione interna necessaria al nostro stesso benessere,
la condizione indispensabile per avvicinarsi empaticamente al mondo
interiore di chi ci avvicina, per dare senso a emozioni e significati
profondi alla nostra stessa esistenza, completarci e maturare come
persone in un percorso interiore che è crescita, cammino, vita.
GLI AUTORI
Gianfranca
Antolini
Laureata in Pedagogia, abilitata in Lettere, è Consulente
Familiare diplomata alla SICOF. Sposata e madre di tre figlie, vive e
lavora a Frascati (RM) come docente di scuola elementare e, attualmente,
di Italiano per stranieri. Collabora da anni come consulente nel
Consultorio «La
Famiglia» di Roma e con quello diocesano di Frascati. Si occupa inoltre di
sostegno alla genitorialità e di disagio adolescenziale nella scuola.
Gigi Avanti
Lodigiano di nascita
(1943) e romano d’adozione, è laureato in Teologia alla Gregoriana di
Roma, abilitato in Lettere, Consulente Familiare diplomato alla SICOF,
fondata da P. Luciano Cupia e Rosalba Fanelli). Docente di religione
nella scuola superiore e membro, insieme alla moglie Maria, della
Consulta della CEI per la Famiglia; padre di tre figli, ha all’attivo pubblicazioni e collaborazione a
riviste sui temi dell’affettività, dei giovani, della coppia, della
spiritualità coniugale, della psicologia relazionale (di cui alcuni
tradotti in altre lingue).
a cura di
Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it
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