Bioetica e questione ambientale
Giovanni Russo (ed.)
Coop. S. Tom & ElleDiCi, Messina 2010, pp. 295, € 23,00
Il
presente lavoro cerca di richiamare la responsabilità di tutti gli
uomini sulla questione ecologica. Soprattutto cerca di chiarire in modo
esaustivo il corretto significato di termini come: biosfera ed
ecosistema per fare in modo che si possa adeguatamente conoscere
l’equilibrio su cui regge il nostro pianeta e quello che ognuno è
chiamato a fare per poter contribuire a che tale equilibrio persista.
Raccoglie una serie di tematiche ed argomenti di autori
vari che hanno il compito di sensibilizzare il lettore verso le nuove
sfide che si prospettano; illustrare proposte da attuare e nuovi modelli
di sviluppo sostenibile capaci di arginare il problema se accolti
unanimemente.
Il primo studioso che cercò di dare una definizione alla
bioetica fu Van Rensselaer Potter, egli portò l’attenzione
dell’intera umanità sulla necessità di adeguare i costumi antropologici
al mantenimento e alla conservazione dell’ecosistema, denunciando in tal
senso l’incapacità della scienza moderna nel sopperire al venir meno
delle risorse. Ogni politica ambientale deve essere orientata al
mantenimento delle risorse biologiche e alla consapevolezza che
l’equilibrio naturale non è un dato di fatto né qualcosa di illimitato.
Da qui l’ammonimento affinché si attui una giusta
educazione biologica ed insieme etica per comprendere a
fondo la relazione tra uomo e natura. Relazione estesa a tutte le
scienze della vita in una visione globale e interdisciplinare, per
promuovere in senso lato la qualità della vita.
A tal proposito la presa d’atto del problema deve indurre
ad una responsabilizzazione generale.
A questa sono chiamate le scienze sociali ed economiche, le
istituzioni, ma anche le religioni stesse che possono aiutare ciascun
fedele a prendere atto della dimensione spirituale del problema, delle
possibili e prevedibili ripercussioni che ciascun comportamento può
causare alle generazioni a venire. Così come le moderne biotecnologie,
ovvero l’applicazione delle tecnologie chimiche e fisiche capaci di
consentire uno sfruttamento delle risorse più razionale, migliorato e in
alcuni casi ampliato.
Ogni Paese e ogni civiltà sono chiamati ad uno sviluppo
sostenibile, ovvero al perseguimento dell’equilibrio negli ecosistemi,
dove: autosufficienza, autorganizzazione, processi antropici devono
convivere e armonizzarsi. Per cui nei Paesi più industrializzati si deve
mirare a preservare la salute e il benessere delle persone con il
contenimento dell’inquinamento e con un’adeguata legislazione di tutela
dell’impatto ambientale.
La salvezza storica del genere umano appare oggi legata al
fondamento di una coscienza etica, misurata, non più orientata ad un
progresso illusorio, attenta alla dimensione concreta dei problemi, al
perseguimento dell’interesse collettivo. Le attuali relazioni sociali
devono essere reimpostate non più sulla contrapposizione ideologica o
sulla sete ambiziosa della prevaricazione bensì sulla base della
solidarietà umana e sull’esperienza comunitaria, solo così si può
attuare l’inversione di rotta della grossa barca sulla quale tutti, ma
proprio tutti siamo ospitati.
La società cristiana
Igino Giordani, Città Nuova & Centro Igino Giordani, Roma 2010, pp. 198,
€ 16,00
Questo
libro del 1942 può considerarsi a tutti gli effetti un saggio di
Teologia sociale, un testamento illuminato capace di indicare, anche in
tempi di oscurantismo, la strada da percorrere per edificare una società
cristiana realizzata e unificata nell’amore. Da questo lavoro di Igino
Giordani si delinea un percorso coerente che permette di cogliere in
tutta la sua pienezza lo sviluppo del pensiero cristiano rapportato alla
questione sociale.
Ne emerge una lucida analisi di una crisi generalizzata
della coscienza cristiana, una critica severa ai limiti del liberalismo
individualistico così come al marxismo e al corporativismo fascista, un
richiamo accorato a ritrovare equilibrio sociale ristabilendo
eguaglianza, rispetto, dignità.
Si coglie nella sua pienezza lo smarrimento di un’epoca
defraudata da ogni cardine etico e morale, il prevalere dell’odio e
della negazione di Dio per cui diventa fondamentale trovare dei punti
fermi cui aggrapparsi per ritrovare certezze e convinzioni ferme.
Giordani rivolge un richiamo a tutti coloro che svolgono un
lavoro di “apostolato” affinché siano riaffermate con forza le vere
ragioni del vivere cristiano, gli insegnamenti più autentici trasmessi
dal Vangelo, la necessità di reagire a quelle forme di potere che negano
il bene comune, che alimentano sperequazioni e soprusi. E a distanza di
quasi settanta anni il suo intento, non solo riesce con ampio anticipo
ad essere in sintonia con la riflessione conciliare, ma addirittura a
trascendere il tempo e le ideologie, grazie ad un autentico riferimento
alla perennità dell’insegnamento di Gesù e alla civiltà dell’amore da
Lui auspicata.
Leggendo queste pagine colpisce la freschezza
dell’argomentare, la coerenza teologica del suo dire, la contemporaneità
delle problematiche affrontate sia rispetto ai nostri giorni, sia
rispetto al modo con cui la Chiesa ha impostato la sua riflessione su
questi temi; sia durante il Concilio vaticano II, sia negli insegnamenti
successivi.
Nella riflessione dell’Autore il vero filo conduttore che
dà al cristianesimo una forza rivoluzionaria sempre viva è la forza
dell’Amore. La grande innovazione del Vangelo, al di là dei principi
teologici della nascita verginale, del Crocifisso e della risurrezione,
è il richiamo ad un ordine nuovo, una Chiesa-società autonoma e a sé
stante con una struttura giuridica ed economica sovvertita dal principio
dell’amore.
Questo messaggio non va mai dimenticato, la Chiesa è
chiamata a renderlo sempre vivo, è chiamata ad agire per riaffermare
Dio, sempre. Così come si è dimostrata vitale e precorritrice nel 1942,
attraverso questa opera di Giordani, deve esserlo ora e sempre,
consapevole che l’unità soprannaturale può raggiungersi solo con la
messa in pratica di un’unità naturale, nella concordia politica, nella
collaborazione delle classi, nei giusti limiti dell’economia.
Ecco allora che ogni epoca è giusta, ogni crisi superabile
se si ribadisce con forza che la ricostruzione è sempre possibile con il
volere di tutti. Sarebbe una capitale incomprensione ritenere che,
perché c’è corruzione o miscredenza, si debba abbandonare la partita.
Queste sono le vere condizioni feconde per l’apostolato cui siamo
chiamati.
Riscoprire questo libro significa far rinascere la passione
per la verità e per un mondo più giusto, oggi come ieri.
La rivoluzione del perdono
Padre Leonel - Alessandro Armato,
San Paolo, Cinisello Balsamo 2010, pp. 163, € 13,00
Questo libro è rivoluzionario.
Come è rivoluzionaria l’Espere (Escuela de perdón y reconciliación)
e il suo fondatore: Padre Leonel Nárvaez Gómez. E’ rivoluzionario perché
è a metà tra il delicato e l’abrasivo, perché comprende pienamente la
rabbia senza fine delle persone umiliate e private della loro dignità e
la logica della vendetta ma sa anche riuscire a spiegare l’irrazionalità
del perdono.
Tutto questo non viene fronteggiato nel testo
come un semplice passaggio accademico dedotto facendo buon uso degli
insegnamenti cristiani.
Niente qui appare semplice. Siamo messi di
fronte ad una scuola di vita, sentiamo le emozioni, veniamo proiettati
nel dolore e nel degrado di certi ambienti, intraprendiamo un cammino.
Lo stesso tortuoso cammino di cui è fatto il
perdono. Padre Leonel coi 15 anni del suo ‘laboratorio del perdono’ è
riuscito a mettere in piedi una delle più solide e incontrastate
iniziative di pace attive in un paese lacerato e tormentato come la
Colombia.
Egli ha vissuto in prima persona la
drammatica realtà della guerra ed il suo personale cammino lo ha portato
a dedurre che non si può sperare in “un domani migliore se non si
spengono i focolai di rancore, odio e vendetta che ciascuno porta nel
cuore”.
Nel perdono è racchiusa la chiave del futuro.
Le storie che vengono qui raccontate sono estremamente forti, ci
conducono emotivamente ad immedesimarci con i loro protagonisti ed in
qualche modo a chiederci concretamente quali fondamenti abbia la teoria
del perdono. Come sia possibile, al di là dei dogmi semplicistici,
riuscire ad attuarla, quale mutamento interiore può innescarla, come
nella riconciliazione sia racchiuso il vero senso della comunione.
Molte volte attuare in modo rigido e
schematico la giustizia, la verità e la riparazione non basta a sanare
il senso di rabbia e di rancore delle persone oltraggiate. Rimane in
esse un’incapacità di autosuperamento legata appunto alla ‘memoria
ingrata’ che non sa superare l’offesa ricevuta in passato.
L’Autore riesce così a delineare un quadro
dettagliato dei fallimenti e delle conseguenze disastrose che
accompagnano gli individui segnati da questa incapacità.
Anzi si ritrova proiettato in una intera
collettività, in un intero popolo dominato dalla rabbia e dalla
frustrazione di povertà, sfruttamento e soprusi e capisce in prima
persona che tutto questo rappresenta l’ostacolo principale allo
sviluppo, al conseguimento autentico della libertà.
La vera rivoluzione, quella più efficace, non
è ribaltare con la violenza lo sfruttamento sociale, politico o
economico, in questa teologia della Liberazione sono racchiuse insidie
assurde e paradossalmente antireligiose.
L’escalation della violenza può essere
smorzata dall’ampliamento della comunicazione e dall’instaurazione di un
‘linguaggio amabile’ capace di innescare una cultura del perdono e della
riconciliazione. La teologia della Riconciliazione, il messaggio dato da
Gesù non sono utopici ed ingenui esercizi di pacifismo adatti solo ad
essere sbandierati sulla carta.
Vanno testimoniati, è questa la vera
rivoluzione della salvezza, la vera costruzione della comunità:
raggiungere dentro di noi il Regno di Dio.
a cura di
Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it
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