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Medical Humanities e Bioetica Clinica

AA.VV.

Ediz. Camilliane, Torino 2010, pp. 325, € 25,00

L’idolatria del bios, ovvero la fiducia pressoché incondizionata nel potere dell’uomo sulla natura, rischia di diventare l’ultima illusoria frontiera di una sfida senza speranza.

Con questo libro si vogliono ricercare le risposte più convincenti e stabilire le nuove frontiere della medicina; le strade che la scienza moderna deve intraprendere per rispondere alle domande bioetiche che emergono con vigore dalla società contemporanea. Nella piena consapevolezza che ci troviamo di fronte a una ridefinizione dei ruoli sia dell’operatore sanitario che del malato.

Nel 1947 l’OMS definì la salute come una stato completo di benessere fisico, mentale e sociale e ciò ha fatto sì che la medicina, oltre a soddisfare i bisogni primari, si occupasse anche di quelli secondari, di quelli legati al desiderio. Proviamo a pensare ai ricorsi sempre più numerosi di fecondazione in vitro, madri surrogate, uteri in affitto per soddisfare al desiderio di genitorialità, alla chirurgia estetica e tanto altro.

Ma la medicina dei desideri, pur essendo nata per rendere l’uomo felice, in realtà ha creato problematiche nuove, di tipo sanitario e medico-legale ed anche e soprattutto esistenziali. Ce le illustra con un suo prezioso contributo mons. Elio Sgreccia, Presidente Emerito della Pontificia Accademia per la Vita e padre della bioetica italiana, cercando anche di spiegare gli intenti del documento Dignitas personae, emanato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Dopodiché il testo raccoglie un lavoro minuzioso e articolato, contraddistinto in tre parti: fondamenti, prospettive filosofiche, teologiche, etico-sanitarie della scienza medica, ad opera di Rosaria Marchesi; prospettive di umanizzazione e coordinamento da attuarsi con la giusta strategia di comunicazione di Enrico Larghero; bioetica clinica curata da Mariella Lombardi Ricci.

La prospettiva d’insieme è comunque quella di riassumere il vero significato del prendersi cura.

La necessità di andare oltre la diagnosi e la terapia per rivalutare la relazione interpersonale medico-paziente. In tutto questo diventa fondamentale l’ascolto, l’attenzione, il rispetto, la solidarietà, la condivisione e la partecipazione. Per riuscire a dare un senso al dolore e alla sofferenza, per imparare ad accettarli ed affrontarli nel giusto modo come parte dell’esistenza e magari riuscire a guardarli in un’ottica spirituale.

 

Oltre la vita

AA.VV.

San Paolo, Cinisello Balsamo 2010, pp. 96,  € 9,00

La vita oltre la morte è vita che dura in Dio, pienezza della vita di “coloro che sono già risorti” per aver vissuto con lui, come lui, per lui, come spiegato nella Lettera di Paolo a Regino.

Il volume in questione è appunto dedicato al tema della vita oltre la vita e raccoglie il contributo di tre autori che rispettivamente propongono la loro riflessione scandendo i passaggi tra: morte, immortalità e vita eterna. Una trattazione sintetica, biblicamente e teologicamente fondata, su temi cui la sensibilità del credente si sente interpellata, oggi come ieri.

Antonio Nitrola, nella prima parte del libro, considera l’idea di morte nell’odierna società tecnica ed edonistica, il fatto che questo avvenimento viene sempre più estrapolato dalla soggettività dei singoli e analizzato come fatto. In tutto questo, secondo l’intuizione già avanzata da Bauman, si nasconde la volontà di annacquare la mortalità dell’essere umano, isolare la morte come fenomeno da tutto il resto dell’esistenza, nasconderla, pensarla come qualcosa di appartenente sempre e solo agli “altri”.

Dal punto di vista teologico, la morte, al di là dei dati biblici e dogmatici, è una riflessione verso cui ci si muove sempre con quell’ambiguità che la morte stessa le imprime.

Essa è considerata fine dell’esistenza, l’estranea, ciò che viene dall’esterno, che non poniamo noi ma che si impone. In stretta correlazione con essa vi è tutta la problematica che concerne l’immortalità e, collateralmente, quella della vita eterna.

Bruno Maggioni e Klaus Berger cercano di approfondire la discussione con il supporto della Bibbia, scandendo le differenze tra la prima creazione di Adamo e quella più ‘rivoluzionaria’ del secondo Adamo (Cristo). Si dibatte sul modo differente con cui il pensiero della fede recepisce l’immediatezza retributiva della vita dopo la morte (paradiso) e pienezza della vita in Dio (risurrezione finale) e il modo in cui si stabilisce una connessione tra questi eventi.

Ribadendo una continuità confermata sia dall’escatologia biblica -per cui lo stato finale è sempre e in ogni caso qualcosa che supera l’inizio- sia dall’insegnamento paolino.

La continuità a cui fa riferimento il messaggio biblico e che San Paolo spiega nei sui scritti è una continuità non fisica né biologica ma si radica nel concetto di ‘persona’. Noi saremo trasformati dice Paolo, “noi”, cioè ogni singolo, nella sua unicità e nella sua insostituibilità.

La profondità della persona, la sua vera essenza, che Paolo chiamava ‘pnèuma’, è qualcosa che fa parte della sfera più intima e incomprensibile dell’uomo. Per san Paolo l’uomo interiore di ogni persona inizia con il Battesimo mediante l’intercessione dello Spirito Santo.

La peculiarità contenuta nel Nuovo Testamento è quella di indicare lo Spirito non solo come concessione di carisma e profezia ma di nuova forza di vita sotto il profilo etico e soteriologico.

La vita eterna è per il Nuovo Testamento la dimensione di pienezza più completa; di essa la risurrezione è primizia e promessa, mentre la coppia antitetica paradiso/inferno ne è la trascrizione contestuale.

 

Suore

Mariapia Bonanate

Paoline, Milano 2010, pp. 399, € 18,00

 L’Autrice che vent’anni fa portò all’attenzione del mondo un pianeta      femminile sconosciuto, ritorna a proporci questa insolita apertura verso le donne consacrate. Un microcosmo per lo più ignorato, considerato bizzarro e fuori dalle righe, guardato con stupore ma che tuttavia ci sorprende e ci commuove per la delicatezza e la soavità con le quali rimane a galla tra il rumorismo e l’esuberanza che caratterizza la nostra attuale società.

Ancor più sorprendente poi è la constatazione che, in questi ultimi due decenni di epocali scossoni, di ideologie e modelli andati in frantumi, di crisi e cambiamenti continui, loro sono rimaste là, nicchia senza scalfitture, in prima linea nella bufera, sventolando sempre la stessa arma vincente: la donazione totale e gratuita di se stessi agli altri.

Sembra quasi paradossale ancor più che bizzarro.

Ma tutto questo in realtà racchiude in sé delle spiegazioni semplici ed evidenti: la loro pienezza umana, la messa in campo del genio femminile, la strenua difesa dei valori, l’armonia della condivisione. Rocce di profondità ed immutabilità che sanno consolidarsi col mondo in evoluzione, così come sanno attingere dalla ragione eterna.

Di diversi carismi, impegnate su fronti diversi, tutte loro hanno un legame comune che le unisce: la passione “folle” per l’altro, per l’umanità tutta. La disponibilità a vivere senza giudicare, ad esserci sempre e comunque.

E come sottolinea Dacia Maraini nella prefazione al libro, meno male che qualcuno ha sentito il bisogno di illustrarci le loro storie, di mettersi in ascolto di scelte tanto coraggiose quanto anacronistiche, poiché queste donne rappresentano il sale della terra, ed il loro esempio è una grande ricchezza per tutti.

Penetrare il mistero umano che induce delle esistenze elette a decidere di lasciare tutto, un tetto, un lavoro sicuro, gli affetti per scegliere una vita di rischi, di sacrifici, di privazioni e fatiche per mettersi a disposizione dei sofferenti, dei poveri, degli ultimi. Farlo in tutta umiltà, senza protagonismo, senza presunzione ma con toni pacati, sempre aperte all’ascolto, determinate ma caratterizzate da una risolutezza gentile.

Affacciarsi dentro questa piccola finestra illuminata è prendere parte ad un sogno, capirne tutta la grandezza, tutta l’importanza in questo mondo senza più credo. E’ saggiare l’importanza di avere un proprio credo, di custodirlo in sé come prezioso tesoro fino a fargli prendere forma in un reale che è promessa.

Ecco allora che ci commuoviamo di fronte all’esistenza di persone come suor Eugenia, che spende la sua vita a dar voce e accoglienza alle schiave vittime della tratta internazionale, costrette a vendersi, costrette a subire abusi di ogni sorta nella più completa clandestinità; suor Osella che vive tra gli zingari di etnia Rom, tra fame e miseria, nel freddo delle baraccopoli, tra la disperazione dell’abbandono di chi è senza diritti, senza identità e senza dignità di essere umano; suor Teresa che ha scelto la via dell’ascesi ed ha aperto il suo cuore e i suoi sensi alla contemplazione del sacro.

Ci commuoviamo di fronte a chi opera il prodigio di far diventare realtà i propri sogni. Ci commuoviamo di fronte alla consapevolezza che è importante educarsi a saper perseguire i propri sogni sotto l’egida del rispetto, dell’amore e dell’ascolto e soprattutto agendo ed operando senza mai perdere di vista la realtà.

a cura di Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it

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