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Dio Oggi Con Lui o senza di lui cambia tutto – I dibattiti
(a cura del) Comitato per il Progetto Culturale della CEI,
Cantagalli, Siena 2010, pp.254, € 14,00

Si torna a parlare dell’evento internazionale fortemente voluto dal Comitato per il Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana, svoltosi nei giorni 10-12 dicembre 2009.

Il successo tributato si era già tradotto nel libro che ne riassumeva le relazioni principali, pubblicato a febbraio del 2010.

Dio oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto, aveva aperto uno stimolante e appassionato dibattito in tutta la comunità cattolica, volendo far propri anche gli auspici del Pontefice Benedetto XVI, che proprio rivolgendosi ai vescovi della Chiesa, aveva puntualizzato l’assoluta priorità di mettere Dio sopra ogni cosa, renderlo presente nel mondo e aprire agli uomini l’accesso a Lui.

Dopo aver dimostrato la grande sete di trascendente che pervade l’uomo smarrito dei nostri giorni, come l’umanità si allontani dalla propria dignità e tenda all’autodistruzione quando priva di fede, i relatori provano ad affrontare alcune tematiche più leggere e più vicine al quotidiano.

Analizzano la figura di Dio riportandola in contesti assolutamente più familiari e partendo da una serie di considerazioni a prima vista banali o scontate, aiutano ancora una volta i “cercatori di Dio” a compiere una riflessione con se stessi.

Provano a lasciarci immaginare il nostro cuore, la nostra anima, la nostra esistenza e la nostra ragione, senza Dio, senza apertura ad un oltre. Ancora una volta viene dimostrato che senza di Lui tutto cambia e l’uomo precipita nel baratro dello smarrimento, nel freddo tentativo di spiegarsi con logiche razionali che ne escludono il sentire ultimo o il senso più intimo, il bisogno di dare e ricevere amore.

Un paesaggio desolato che incute angoscia e terrore al solo provare a immaginarlo.

I dibattiti vertono sulla figura di Dio nel cinema e nella televisione, sul piano comunicativo, nelle arti, nella letteratura e nella poesia. Viene dimostrato l’equivoco di fondo compiuto dai media nella diffusione di materiale religioso, la propensione a scambiare la semplicità (che è un grande progetto espositivo) con la banalità (che è solo messaggio inerte).

Spesso le domande più serie ed esistenziali vengono eluse per lasciare spazio a forme più rassicuranti e dirette riguardanti il sacro.

C’è la figura del predicatore, del prete caritatevole, ci sono le ricostruzioni di episodi biblici (a volte anche molto ben fatte) ma nessuno ha mai provato a interrogare la massa. Chiedere se sia possibile una vita in perenne naufragio: senza terra, senza basi, senza stabilità e senza prospettive. Provare a stimolare delle risposte, capire se il futuro va accettato o se si può pilotare, se la ricerca della verità è un desiderio legittimo della nostra natura o se è meglio non porsi interrogativi.

E’ sorprendente che la scienza trovi del tutto naturale e si vanti di offrire certezze basate su fatti evidenti e non trovi altrettanto naturale e spontaneo l’evidenza di una coscienza.

Quella coscienza che non potrà mai essere riconducibile ad un processo neuronale oggettivo. Per questo oggi come ieri, e come sempre sarà, l’uomo avverte l’esigenza di accostarsi al sacro inteso anche come filosofia dell’anima, ragione dell’anima e pacificazione dell’anima.

Ciò che sembra la cosa più difficile ma anche la più ambita in questo mondo materiale e impersonale è ritrovare la dimensione spirituale, legata all’esperienza religiosa, ma discostarsi dal riduzionismo semplice, superficiale e povero.

a cura di Romina Baldoni
 


Poesie Inglesi
Tommaso Moro
(a cura di Carlo M. Bajetta),
San Paolo, Cinisello Balsamo 2010, pp. 202, € 16,00

In queste pagine ci viene presentato un Tommaso Moro assolutamente inedito oltre che una prima traduzione di alcuni suoi scritti che finora era stata assente in Italia.

L’Autore è infatti noto al pubblico come umanista e per la celebre opera Utopia del 1516.

Nei suoi lavori invece una grande attenzione è riservata proprio alla poesia, che il martire londinese usa per affrontare i più svariati discorsi e che ci riporta una sua visione umana di delicatezza e di grande affabilità, assai lontana dall’idea di moralista intransigente che ci eravamo fatti.

Del resto lo stesso Erasmo, suo amico ed estimatore, nella dedica che gli fa nell’Elogio della Follia, lo ritrae come uomo perspicace e singolare al di sopra di ogni altro, come colui che “con gioia”, sa essere “per tutti l’uomo di ogni ora”.

Quindi un Moro autenticamente umano e solidale, un amico leale e sensibile che però riesce ad affrontare le circostanze che gli si parano davanti: dall’elaborazione di una filosofia umanistica articolata e complessa alla vita politica corrotta del suo tempo.

In queste poesie trapela un forte amore per gli uomini e un sereno distacco dalle alterne vicende che caratterizzano l’umano: una visione comprensiva e amorevole del Creatore per i suoi figli che molto spesso non sanno cogliere che una piccola parte della grande realtà che li comprende.

Nel ventesimo secolo la personalità poliedrica di questo santo e statista è stata celebrata in molte opere, mostre, pièces teatrali e film. Tuttavia molti critici che hanno avuto a che fare con un’analisi più profonda della sua figura e della sua storicità non sono mai stati in grado di tracciarne un’esegesi rigida e uniforme.

Appare medievaleggiante e démodé poiché araldo della cultura dell’era Tudor - che la prova del tempo ha decisamente sbiadito e smascherato - non ha la creatività brillante e l’umorismo sottile di autori come Skelton, l’illuminazione di Thomas Wyatt o del conte di Surrey, ma non è neanche un ferreo tradizionalista o un bacchettone con piglio censorio, forse è proprio questa sua freschezza beffarda che ce lo fa amare e percepire come affine.

Le poesie si fanno risalire al suo periodo giovanile anche se in molti casi non vi è una certezza di datazione (presumibilmente prima del 1505).

Vi sono sottigliezze linguistiche e argute allusioni anche se indubbiamente la sua lirica non è di eccelsa destrezza. Emerge però chiaramente la volontà di esplorare in chiave dialettica la relazione tra mondo terreno e ultraterreno, la gloria del nome dei reali e la realtà ultima delle cose, la pompa della corte e la condizione di pellegrinaggio che è di questo mondo. Non è un caso che le parole più usate siano “love”, “God”, “man” e “fortune”, per restituirci un Moro brillante e arguto, un uomo di spessore che non disdegna la leggerezza della satira e che legge anche nei paradossi le giuste lezioni della vita.

a cura di Romina Baldoni
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