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Sette passi nella vita
Le parole di Gesù sulla Croce - aprirsi alla Pasqua

Anselm Grün

Queriniana, Brescia 2011, pp. 160, € 12,50

La Pasqua è la prima solennità dei cristiani e quella più importante. Il centro della fede e la festa che ne celebra l’esistenza.

Proviamo con questo piccolo volume di Anselm Grün a entrare in una nuova comprensione del significato particolare della Settimana santa. Per una spiritualità dei singoli giorni che l’accompagnano ma anche per una riflessione più consapevole che ci aiuti in tutto il nostro percorso di ricerca.

Comprendere pienamente il mistero della nostra redenzione per mezzo di Gesù Cristo significa anche comprendere il senso della nostra vita. Riscoprire il percorso della Passione, penetrare ogni simbologia liturgica, accoglierne in noi la pienezza, vuol dire rapportare il nostro cammino a quello del nostro Salvatore.

La quotidianità non è dispersione degli insegnamenti di Gesù ma concretizzazione e sperimentazione che ci porta alla via della guarigione e della santificazione. Gesù sulla croce ha parole di perdono, di liberazione dalla paura della morte, di speranza.

La morte è trasformazione e compimento che avviene nell’oggi. Oggi, per mezzo dell’Eucaristia operiamo la trasformazione della morte in fiducia, ci apriamo all’amore che non potrà più escluderci. In sette giorni di preghiere possiamo rivolgere lo sguardo, con nuova attenzione, alla nostra vita, provare ad ascoltare le paure e i bisogni per condividerli con Gesù, per fare con Lui l’esperienza della risurrezione che è assimilabile alla gioia di un lungo cammino che ci conduce ad una scoperta. Sapendo che Gesù risorge possiamo riempirci di una consapevolezza che trasforma il nostro quotidiano ed ogni attimo della nostra esistenza. Non siamo soli, non siamo abbandonati alla nostra mediocrità. La scoperta della fede ci dà questa risposta grande. La Pasqua è sempre e ovunque. La Pasqua è speranza. La Pasqua è trasformazione. La trasformazione che gli occhi dell’amore sanno dare ad ogni cosa.


 

Valori Politici e Valori Religiosi

(a cura di) Nevio Genghini,

Ed. Messaggero, Padova 2010, pp. 215, € 16,00

Prendendo spunto da due interessanti seminari svoltisi tra il 2007 e 2008 sotto il patrocinio del Progetto Culturale della Chiesa italiana e sotto la responsabilità culturale del prof. Stefano Semplici, del Centro Studi Filosofici di Gallarate, si è voluto testimoniare con questo volume un tema molto attuale e spesso dalle tonalità incandescenti: il ruolo pubblico dei valori religiosi nelle democrazie liberali.

I punti della questione vengono affrontati da diverse prospettive e da molteplici Autori. Si concorda unanimemente sul fatto che uno stato di diritto debba consentire un equo pluralismo etico, culturale e religioso. Nello stesso tempo il criterio di reciprocità deve potersi sviluppare al riparo da coercizioni o interferenze esterne che tolgano spazio alla ricerca individuale di spiritualità.

Come si conciliano allora le moderne società multiculturali all’interno di istituzioni pubbliche che esigono rigori prestabiliti e imprescindibili come: parlamenti, amministrazioni, tribunali?

Quanto può arrivare a tollerare -in diversità- una società che si proclama aperta alla tolleranza?

Appare chiaro che il pluralismo può sussistere solo in virtù di un delicato equilibrio tra consenso e dissenso, tra convergenza e divergenza. Che i principi base di ciascuno Stato sono radicati nelle loro culture guida e sui propri fondamenti di pacifica convivenza e che le varie policies, così come gli adeguamenti e le correzioni, devono sempre adeguarsi ad un modello che per sua natura non può subire stravolgimenti immediati e burrascosi ma aggiustamenti mirati.

Gli accordi sono per tale motivo un salvagente delle relazioni sociali che permettono un ragionevole compromesso tra oneri e vantaggi della cooperazione. Il dialogo è un mezzo per far prevalere senza discriminazioni il criterio dell’argomento migliore.

Gli Autori ovviamente non indulgono in facili entusiasmi pur intravedendo fonti di speranza nella ricerca di un ethos condiviso in società miste. Le basi da cui il discorso deve prendere piede devono essere forti e solide e fondarsi sempre su un senso di giustizia e di riconciliazione da far prevalere in tutta l’infrastruttura morale della vita umana. Questo vale anche per una società liberale che miri ad una stabilità e ad una lealtà autentica. Per cui il volume presente procede in due direzioni tra loro complementari: valorizzare la tradizione più prudente e riflessiva del progetto moderno filosofico (prendendo spunto da Kant), senza mai sottovalutare l’importanza individuale dei valori religiosi che possono aiutare ad una benefica fusione di orizzonti in regime di ospitalità e fiducia reciproca veramente radicati.

 


La spiritualità coniugale secondo Giovanni Paolo II

Yves Semen

San Paolo, Cinisello Balsamo 2011, pp. 208, € 16,00

Nei primi anni del suo pontificato, Giovanni Paolo II, ha offerto alla Chiesa e al mondo, ben 129 Udienze generali del mercoledì, per approfondire l’insegnamento sul corpo e sul matrimonio. In tutto ciò è confluita la sua grande esperienza di cappellano degli studenti e di professore di teologia morale ed etica sociale.

La sua teologia del corpo offre una risposta luminosa ed illuminante per tutti coloro che cercano un giusto orientamento e un senso nel percorso scelto.

Specialmente in questi ultimi anni, con interesse sempre crescente, una parte della teologia ha affrontato questo tema, nella consapevolezza che le risposte fondamentali che ne derivano, possano essere una svolta per l’intero pensiero moderno, non solo per i cattolici.

La cosa più originale che il Pontefice ha voluto donare ai coniugi con il suo insegnamento è stata quella di sviluppare e spiegare una spiritualità specifica per la coppia, pienamente calzante con la vocazione matrimoniale. Soprattutto la sua grande sensibilità ha messo in risalto, in piena adesione con il Vangelo e col pensiero paolino, l’importanza della persona umana nella sua integralità ed interezza.

Queste pagine hanno il dono di porsi come suggerimenti senza la veemenza né la rigidità di lezioni impartite. Hanno a cuore l’uomo e il rispetto di ciascuna vocazione individuale e fanno comprendere che tutta la Chiesa, nel suo ruolo essenziale di nuova evangelizzazione, deve ricordare ogni giorno a tutti i fedeli, l’amore infinito che Dio ha per ogni sua creatura.

Il Papa invita i giovani sposi ad un rinnovamento interiore che è armonia ed equilibrio e che si traduce nel dono di sé che è l’espressione più sublime dell’amore. La spiritualità coniugale non è il parente povero della spiritualità laica che in genere si concepisce per i celibi e per i consacrati, anch’essa è una vocazione e una chiamata che conduce verso la santità.

La Chiesa nel tempo ha faticato a far proprio il vero significato della sessualità umana, Giovanni Paolo II invece ricorda a tutti i cristiani che la religione cattolica, in quanto fondata sull’incarnazione del Verbo di Dio, è religione del corpo.

Disprezzare il corpo è rinnegare “se stessi”. Il corpo umano soffre, lavora e si prodiga a Dio ma è anche fatto per gioire. Con la teologia del corpo di papa Wojtyla ogni intuizione illuminata e ogni pista di speranza già avanzate in ambito ecclesiastico vengono validate e suffragate dalla dottrina.

Nel matrimonio avviene la piena realizzazione della persona che, attraverso il dono, realizza l’amore sponsale iscritto nella propria natura. Matrimonio e verginità sono due scelte e due vie che portano a Dio e che riflettono volontà specifiche e soggettive. A venticinque anni da questo insegnamento si riscopre tutta la bellezza e l’unicità del linguaggio del corpo che autenticamente traduce ciò che non è traducibile, la nobiltà e la grandezza del disegno divino per le sue creature.

a cura di Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it

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