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La riconciliazione – “sorella del battesimo”

Gianmarco Busca,
Ed. Lipa, Roma 2011, pp. 333, € 20,00

Da sempre uno degli scogli più difficili per la Chiesa è la trasmissione della fede. In campo teologico, pastorale e formativo si sono nel tempo tentati vari approcci e metodologie ma si è sempre preso atto che il compito di trasmettere la vita è qualcosa che spetta unicamente a chi genera. La vita che supera la morte è donata dalla Chiesa, grembo che ci fa nascere nel battesimo. Quando la forza di questo sacramento viene meno o viene nascosta, piombiamo in una specie di limbo psico-somatico per cui proviamo ad usare lo sforzo intellettuale e morale per comprendere qualcosa che è puramente spirituale e ciò inevitabilmente reca con sé il fallimento. Per chi ha smarrito il tesoro ricevuto nel battesimo è offerta la possibilità di rinascere dall’alto con la riconciliazione. Essa è il miracolo della misericordia di Dio. Per mezzo di essa veniamo rimessi alla presenza del Signore e ci troviamo partecipi di quell’amore di Dio che è unico e che unicamente può far trionfare il bene sul male.

Riscoprire il significato più profondo della riconciliazione con Dio, significa liberarsi di tanti preconcetti legati al passato che vedevano il peccato come qualcosa da condannare in modo legale e moralista, ma anche, come è avvenuto più di recente, qualcosa da portare con leggerezza e spensieratezza poiché figlio dell’umana fragilità. Si è pensato di poter gestire il peccato con scienze metodologiche quali psicologia, sociologia, economia o perfino con la politica! Si è in realtà perso il senso del messaggio biblico e l’autenticità della vita cristiana. Si è persa la capacità di pregare, di affidarci e di dare amore che è la vera luce capace di squarciare le tenebre.

La Chiesa è quello spazio divino-umano, suscitato dal dono pentecostale dello Spirito, in cui il credente perviene alla sua identità attraverso l’itinerario dell’iniziazione cristiana che lo introduce nel Corpo di Cristo attraverso i tre sacramenti fondamentali della fede: battesimo, confermazione ed eucaristia. Essi rappresentano esattamente il dono dell’essere conforme a Cristo (battesimo), il perfezionamento della vita con l’energia che le conviene (cresima), il sostegno e la custodia che dà alimento alla vita stessa (eucaristia). Così colui che è battezzato viene trasferito in una condizione spirituale “nuova” in cui il fermento del peccato non ha più potere. Tutto questo avviene perché Cristo ha assunto la nostra carne e si è fatto peccato per poterlo distruggere attraverso la risurrezione. Ovviamente Gesù non morì a causa del peccato ma come estremo atto di donazione offerta al Padre nella sua condizione di figlio in carne ed ossa. Questa donazione è stata accolta con la risurrezione. Passando dal battesimo, rendendoci assimilabili a Gesù, abbiamo la possibilità concreta di identificarci al suo amore, alla potenza del suo Spirito, con ciò a vincere il peccato.

La nostra terza nascita è la percezione consapevole della grazia ricevuta, è un rinnovamento desiderato che si compie abbracciando l’amore. Il pentimento è un dono di grazia che Dio offre alle sue creature per purificarsi e per riscoprire i valori più autentici cui sono destinate.

a cura di Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it


Alle sorgenti della vita

Marco Cardinali (ed.),
LUP, Roma 2011, pp. 76, € 8,00
 

«La vita consacrata diviene una delle tracce concrete che la Trinità lascia nella storia, perché gli uomini possano avvertire il fascino e la nostalgia della bellezza divina».

Così si può leggere nella prima parte dell’esortazione Apostolica post sinodale Vita Consecrata. La consacrazione a Dio da parte delle sue creature, è una delle sue opere più sublimi e misteriose. Nel presente volume sono raccolti interventi autorevoli di vescovi, religiosi e religiose, pronunciati durante il Convegno che si è tenuto alla Pontificia Università Lateranense per riflettere su questa importante Esortazione del 1996. Con essa va a rinnovarsi e risplendere di luce l’intera teologia della vita religiosa. L’intero mondo cristiano si bea di questo annuncio di bellezza e fecondità, non solo fatto di parole, ma incarnato e testimoniato ogni giorno. Abbiamo uno sconfinato bisogno di confrontarci con tutti quei consacrati felici che, pur nelle difficoltà, ci testimonino che anche oggi è possibile scommettere su Cristo.

A quindici anni dalla sua pubblicazione, appare importante riscoprirne i contenuti, non solo per i consacrati stessi, ma per tutto il popolo cattolico, perché ci dà la misura dell’amore sconfinato che abbiamo ricevuto in dono e per farci guardare al futuro con speranza e fede rinnovata.

Soprattutto è un dono che viene offerto alla Chiesa in vista di una missione speciale che questa  è chiamata a compiere. L’icona della trasfigurazione e le parole: «Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!» (Mc 9,2-10), sono forse il senso più profondo e speciale della vocazione. Il padre attento e amorevole che richiede a coloro che sono stati scelti una risposta di dedizione totale ed esaustiva. E la determinazione che ci fa intraprendere un cammino di sequela, è un’apertura e una disponibilità completa e totalizzante. Per seguire Cristo si compie un esodo impegnativo, si lascia tutto, ci si mette in gioco. Per la persona consacrata questo mettersi in gioco è ancora più profondo ed esigente, è un’adesione “conformativa” a Cristo di tutta la propria esistenza fino ad arrivare al traguardo della perfezione escatologica. Un altro tratto caratteristico della vita consacrata è la missione, il cui protagonista è lo Spirito Santo. La sua illuminazione guida i gesti di accoglienza, conforto e assistenza tipici della missione. E’ lo Spirito che manda là dove c’è più bisogno, è lo Spirito che restituisce la giusta armonia alla vita contemplativa e a quella apostolica dei religiosi nel rispetto dei tempi, della realtà e dei singoli carismi. Le singole comunità chiamate a tessere una spiritualità di comunione che si è andata sempre più ampliando ed internazionalizzando, devono annunziare, con l’esempio concreto della loro vita, la forza del valore della fraternità e la capacità di unire esercitata dall’annuncio della Buona Novella.

a cura di Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it


Filippo Neri

Rita Delcroix,
San Paolo, Cinisello Balsamo 2011, pp. 356, € 28,00

Un’opera che rivede la luce e della quale si sentiva sicuramente la mancanza lacunosa nello studio e nella comprensione di una figura storica tanto importante e determinante come quella di Filippo Neri.

Ci voleva l’analisi accurata condotta dall’autrice Rita Delcroix e la sua spiccata sensibilità femminile per tornare a caratterizzare, in tutta la sua vivacità e tutta la sua poliedricità, un tale personaggio.

Padre Filippo con la sua vita è stato esempio armonico di diversi elementi che lo contraddistinsero: uomo riservato e affabile, amante della compagnia e attentamente dedito a coltivare la solitudine interiore, contemplativo ma anche umoristico e giocoso, lieto e serio. Ogni cosa poteva egli incarnare racchiudendo in sé e nella sua natura quel “secretum meum mihi” che lui spesso invocava e che a parole umane è inesprimibile ma che è proprio di chi riesce a costituirsi della propria, profondissima, esperienza di Dio.

Il suo modo di evangelizzare completamente innovativo, cambiò il volto dell’Urbe e gli fece meritare il titolo di “Apostolo di Roma”, Giovanni Paolo II nel celebrarlo, lo definì “Profeta della gioia cristiana”. Il card. Agostino Valier che scrisse il Dialogo Philippus sive de christiana laetitia, con il santo ancora in vita, gli mise in bocca in un bellissimo passaggio queste parole: «La gioia vera e intima è un dono di Dio, effetto della buona coscienza, del disprezzo delle vanità esteriori, della contemplazione delle altissime verità. Si alimenta con la meditazione sulla morte, con la conversazione delle persone devote, con l’uso frequente dei santissimi Sacramenti; si conserva con l’assidua vigilanza su di sé e sugli altri, con l’esercizio della beneficienza verso il prossimo (…) Le si oppone il peccato; anzi chi è servo del peccato non può nemmeno assaporarla; le si oppone principalmente l’ambizione; le si oppone il senso, e molto, altresì, la vanità e la detrazione».

Quando giunse a Roma Filippo, si dedicò infaticabilmente alla sua missione evangelica. Pur ignorando che doveva muoversi in una città corrotta e pericolosa. Divenne uno dei sacerdoti più amati della città, vicino al popolo e all’intelligenza illuminata del suo tempo. Contribuì a dare lustro al secolo del Rinascimento e della Riforma cattolica radunando attorno a sé i ragazzi di strada, istruendoli e appassionandoli nella grande casa dell’Oratorio.

a cura di Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it

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