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26 luglio 2012
Gesù
nostro contemporaneo
A cura del
Comitato per il Progetto Culturale
CEI, Cantagalli, Siena 2012, pp. 400, € 18,50
Il volume, ancora una volta,
propone la documentazione integrale del Convegno internazionale che
annualmente organizza il Comitato per il Progetto Culturale della CEI.
Così come nel precedente convegno si era parlato di Dio Oggi,
attualizzandolo nel nostro tempo, con quest’ultimo l’attenzione è
focalizzata sulla figura di Gesù. “Gesù nostro contemporaneo” è il tema
trattato nelle giornate tra il 9-11 febbraio 2012. L’intento è quello di
enfatizzare la contemporaneità di Gesù, il suo carattere di persona
viva, reale, capace di incontrare l’uomo di ogni tempo, ma soprattutto
l’uomo di oggi. Gesù di Nazaret è il Cristo, il figlio di Dio vivente,
fattosi uomo e messo a morte per la salvezza di tutti gli uomini. Questa
è la specificità che gli conferisce un significato assoluto e
universale, capace di toccare il cuore, di far sentire tutti ugualmente
uomini, esaltati nella propria umanità e unicità. Sono passati duemila
anni da quando Gesù camminava per le strade della Galilea, ma la sua
presenza in mezzo a noi non è un evento confinato in un’epoca lontana.
L’intento è quello di riproporre la sua Persona con entusiasmo nuovo,
con lo slancio che ha lasciato il posto all’abitudine. Il nostro è un
cristianesimo scontato e insipido, spesso la fede si presume ma non si
fa nulla per darle coerenza, né ci si emoziona. La conversione va
rinnovata ogni giorno, la missione cristiana deve essere fatto culturale
e antropologico; questo è nuova evangelizzazione: fluidità, vissuto. Il
Gesù Cristo si deve dire come essenza fresca del Vangelo, non come
precetto. Ne segue un dibattito appassionato, intellettualmente onesto e
aperto a una pluralità di voci. Un confronto condotto con rigore
critico, che abbraccia tutto l’arco dell’esperienza umana e accoglie
opinioni e punti di vista molto diversi tra loro. Il filo rosso che
unisce i diversi interventi è la certezza che Gesù è ancora e sempre
“nostro contemporaneo”. Un Essere capace di toccare l’essenza della
nostra umanità e intorno al quale si gioca la scelta cruciale della vita
di ognuno di noi. I recenti orientamenti pastorali fanno perno
sull’educazione, sulla necessità di incontro con Gesù e con la bellezza
autentica del suo messaggio.
Il
Monachesimo
Secondo la tradizione dell’Oriente cristiano
Tomáš Špidlík, Michelina TenacE,
Richard Čemus,
con la collaborazione del Centro Aletti, Lipa, Roma 2007, pp. 357, €
20,00
La vocazione del monaco ha
radici lontane che si rifanno alla creazione dell’uomo ad immagine di
Dio. Per poter realizzare questa vocazione, vista la natura umana
fragile e insidiata dal peccato, c’è stato bisogno, nel corso della
storia, di un percorso di purificazione. Lo Spirito ci fa guardare
oltre, oltre la morte, coltre il corpo, oltre le solitudini per guidarci
verso una vita vera.
Il monaco incarna la
solitudine contemplativa e la comunità, è morte e testimone di vita, è
l’essenza dell’economia votata alla salvezza.
Per mezzo della sua
opera e per mezzo della sua personale risposta di grazia riesce a
trasfigurarsi, a proiettarsi verso la santità. Quella santità che pur
saggiandosi nella comunione e per mezzo delle azioni compiute solo da
pochi eletti, ci porta a specchiarci nel vissuto più autentico della
Chiesa e ad impregnarci dei suoi effetti benefici e prodigiosi. Fu
Giovanni d’Arcadia - canonista del XII sec. - a sostenere che ai monaci
e alla pratica del monachesimo è riconosciuta «una grazia di perfezione
che li ammette ad un’iniziazione rituale, come spiega il grande
Dionigi».
Nella stessa comunità
civile i monaci ottengono riconoscimenti legali e cittadinanza. Ne sono
esempio Le Novelle di Giustiniano, le affermazioni di Alessio Comneno
(imperatore bizantino del XII sec.), le raccomandazioni fatte ai
crociati da papa Innocenzo III. Ne testimoniano la difesa e
l’imprescindibilità personaggi come Giovanni Crisostomo e Giovanni
Volokolamsk attraverso le loro opere. Viene allora giustamente da
chiedersi quale sia il ruolo, all’interno della Chiesa e nella
rappresentanza del mondo cattolico, di persone sposate e laici. La
verità è che nella nostra epoca le comunità stanno facendo il massimo
degli sforzi per adattare la vita religiosa alle esigenze e ai bisogni
reali della società. I monaci hanno rappresentato la messa a punto della
spiritualità cristiana. Andare a scoprire la tradizione, specialmente
nel lavoro dei grandi maestri d’Oriente, è comunque importante per
ritrovare elementi essenziali e invariabili estranei alle circostanze
esterne. Del resto come ricorda Bulgakov, la vita cristiana è un’”arte
spirituale” e lo stato monastico è l’”arte delle arti”, l’arte
dell’anima che deve esprimere la bellezza spirituale.
Tutto ciò ricordando
comunque che per le Sacre Scritture il Battesimo è il vero punto di
rottura con la vita precedente, la radicalizzazione escatologica delle
promesse fatte per mezzo di questo sacramento può essere compiuta da
ogni essere umano. Il monachesimo non è vocazione speciale ma polo
permanente e incarnazione stessa della vita cristiana. I temi trattati
nel testo riguardano tutti i cristiani e sono una sintesi emblematica
del cristianesimo.
Breve
storia dell’Islam
Antoine Sfeir,
Ed. Messaggero, Padova 2012, pp. 256, € 20,00
Comprendere l’Islam oggi
significa comprenderne lo sviluppo attraverso i secoli. Si deve intanto
partire dal fatto che le religioni cosiddette rivelate, ovvero
l’ebraismo e il cristianesimo, nascono nel Vicino Oriente. L’Islam parte
dal Medio Oriente ma di fatto divulga alle altre culture e religioni
l’ideale della Rivelazione, del monoteismo, dell’unicità di Dio.
L’Autore riporta su base cronologica e dettagliata l’intera storia
musulmana. Lo fa in modo brillante e documentato, cercando di
evidenziare le giuste distinzioni tra credo, miti, ideologie e
preconcetti. Cerca di partire dal presupposto che per l’uomo occidentale
il mondo islamico è tutto sommato qualcosa che impaurisce, qualcosa che
viene percepito come profondamente diverso e distante dai nostri
principi e dalle nostre tradizioni. Ovviamente però nella fase
mondializzata e globalizzata che stiamo vivendo la febbre musulmana ci
pervade e arriva a far parte del nostro quotidiano, che lo si voglia o
che si tenti di ignorarlo. Imparare l’Altro può significare combattere
sapientemente l’insidia dei totalitarismi. Perché imparare è in primo
luogo conoscere e sapere, poi riconoscere e rispettare e, infine,
accettare. Non tanto accettare l’altro e il suo bagaglio di diversità ma
l’idea di non essere l’unico riferimento culturale universale, di non
avere l’esclusiva sul possesso della “verità”. La verità nel suo aspetto
visibile e dogmatico non regge confronti. Parlare di dialogo
interreligioso può essere fuorviante e tutto sommato non può compiacerci
intellettualmente. Forse l’unico modo in cui ci si può avvicinare è
parlando di fede. La fede e la conoscenza possono essere un buon
‘ponte’. Il libro fa capire molto bene come il Corano contiene in sé
delle norme omnicomprensive: dogmi, culto, etica, comportamento,
giurisdizione e regole sociali. Sacro e temporale a partire dall’anno
622 vengono uniti e confusi. Non solo, il Corano è nella volontà del
Profeta un prolungamento delle Scritture ebraiche e cristiane. E’ il
ripristino del puro messaggio monoteista di Abramo, padre di tutti i
credenti. Si può immaginare cosa ciò comporti nei confronti del dogma
cristiano della Trinità. Altro grande gape di incomprensione è il
cosiddetto sesto pilastro dell’Islam, ovvero la jihad. Il termine
letterale significa sforzo e va inteso come riforma interiore, capacità
di correggere i propri difetti mentre invece la parte più integralista e
fondamentalista lo considera guerra santa da rivolgersi contro tutti
coloro che non sono sottomessi a Dio affinché diventino muslimun
e nel nome della quale è ammesso il ricorso alle armi. Ignorare lo
scontro di culture è quindi quasi folle. Significa voler ignorare delle
identità precipue e non dare la giusta importanza a delle diversità che
hanno in sé il potenziale per far scaturire un vero e proprio conflitto
di civiltà.
a cura di Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it
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