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Numeri 1,1 - 10,10
Nuova
versione, introduzione e commento di
Innocenzo Cardellini,
Paoline 2013, Collana I
libri Biblici, pp. 560, € 52,00.
Questa
curatissima collana delle edizioni Paoline, dedicata ai libri biblici, è
progettata, diretta e coordinata da Olimpia Cavallo con i contributi
autorevoli di Gianantonio Borgonovo (Primo Testamento) e Rinaldo Fabris
(Nuovo Testamento).
In particolare
l’ultimo volume, dedicato al libro dei Numeri, nel commento
meticoloso ed esaustivo di Innocenzo Cardellini, ci offre una versione
aggiornatissima di Nm 1,1-10,10, interpretati alla luce dei documenti di
Qumran, nei Targum, nelle versioni e negli autori antichi. In
passato si è attuata un’analisi frammentaria e forse superficiale di
questo complesso racconto biblico incentrato sul vagabondaggio nel
deserto del popolo d’Israele. Negli ultimi decenni invece,
l’interessamento degli esegeti e degli studiosi si è andato accrescendo
e soprattutto si è individuata proprio tra queste pagine la parte
culminante e illuminante della redazione finale di tutto il pentateuco,
ovvero della Torah (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri,
Deuteronomio). Inoltre la trattazione in un volume a se stante di Nm
1,1 - 10,10 è funzionale ad un accostamento alla pericope sinaitica che
va da Es 19,1 a
Lv 26,46, ovvero il cuore pulsante della legge d’Israele. L’intero
volume è suddiviso in tre parti: una sezione introduttiva, la traduzione
e il commento del testo, lo studio esegetico. La tipologia
dell’approccio è essenzialmente diacronica. L’Autore prende atto che la
teoria basata sulle fonti jahwista, elohista e sacerdotale, predominante
per oltre un secolo e usata per spiegare la composizione del tetrateuco
(Genesi, Esodo, Levitico e Numeri), è oggi del tutto abbandonata e
sostituita da una serie di altri modelli contrapposti e non consolidati.
La cosa che appare più azzardata è soprattutto l’accostamento di
materiale narrativo, legislativo e culturale che spesso si è originato
da tradizioni culturali diverse, che nel tempo si è voluto omologare
senza una precisa sistematicità. Il libro dei Numeri è stato (con alcune
eccezioni) fedelmente trasmesso in ebraico nel cosiddetto TM. Testo
consonantico corredato di vocali (Manoscritto di Leningrado B19A
del 1008 d. C.). Poi esiste la versione greca, detta dei Settanta
(LXX). Più recentemente sono stati trovati dei frammenti del libro a
Qumran e sono identificati con il nome di documento 4QNumb
e il papiro 4QLXXNum. Lo scritto è intrecciato dal filo
conduttore costruito attorno alla marcia del popolo si Israele che dal
Sinai, dopo la rivelazione e la comunicazione delle leggi date a Mosè da
Dio, cerca attraverso il deserto di raggiungere la terra promessa. E’
però a tutti gli effetti un racconto contorto e confuso, a tratti
incoerente e incompleto per il quale non si può arrivare alla
formulazione di una teoria delle fonti. Certamente ad uno sguardo di
superficie vengono imposti due orizzonti: gli avvenimenti vissuti dalla
generazione dell’esodo fino alla decretata distruzione di tale stirpe. I
preparativi della nuova generazione per la conquista della terra
promessa; le tre diverse dislocazioni geografiche: attesa ai piedi del
Sinai, avvenimenti nei pressi della regione Kadesh-Barnea e marcia
attraverso Paran. Solo in tarda epoca persiana risalta e si definisce
l’identità del nuovo Israele fondata sul culto, sull’ascolto attento
della parola del Signore e sulla supremazia assoluta del sacerdote di
tradizione aaronide. Dal punto di vista teologico il libro dei Numeri
mette in evidenza soprattutto il Tabernacolo, per indicare la centralità
di Dio nella vita del popolo. Se questo altare manca, il popolo perde il
senso del suo cammino. In fondo, si può parallelamente pensare alla
centralità dell’eucarestia per merito del sacrificio di Cristo per il
Nuovo Testamento. Dio è, infatti, il protagonista di questi avvenimenti;
con Lui, ci sono i suoi maggiori rappresentanti tra i quali primeggia
Mosè, e con lui Aronne. Infine, sullo sfondo c’è il popolo che fatica a
vivere la sua risposta a Dio, mormorando e soprattutto mancando di
speranza nella fedeltà di Dio. Per questo, il libro dei Numeri può
definirsi lo specchio e la parafrasi della vita di fede del credente, il
quale è chiamato a vivere la sua fedeltà a Dio dentro le situazioni
difficili, quelle che viviamo quotidianamente, sapendo però con certezza
che Dio cammina realmente con noi e ci protegge.
a cura di Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it
Senza aggredire, senza indietreggiare,
Don Bosco e il mondo del lavoro, la difesa dei giovani
PIER LUIGI GUIDUCCI, Elledici, Torino 2012, pp.272, € 19,00
Secondo centenario della
nascita di don Bosco, e, sempre più, si capisce come questo prete sia
tutto da reinventare. Non un don Bosco già predicato, già definito, ma
un prete ancora da scoprire, che, dopo tanti anni, non finisce mai di
meravigliarci.
Santità, sfida,
contestazione, fatto apposta per gettare lo scompiglio., per disturbare
il prossimo, per sconvolgere ogni logica. Così, Pier Luigi Guiducci –
docente universitario, autore di numerose pubblicazioni, insignito di
riconoscimenti, a livello nazionale e internazionale – ci prova.
È il suo libro
“nuovo”, che, tra le tante biografie, con assoluto criterio storico, con
proiezione profetica, recupera la novità di un santo, protagonista del
suo tempo, creatore di orientamenti, di proposte, di indicazioni
prorompenti, decisive, ancora oggi rilevanti.
Protagonista del suo
tempo, dentro un secolo di rivoluzione industriale e di pauperismo, di
emarginazione, di sfruttamento, in cui l’apporto di cattolici si pone
come frontiera di promozione, di impegno. Sono le pagine introduttive
del libro, che, richiamando nomi, iniziative, contributi, approda alla “figura
di san Giovanni Bosco”.
Si snoda da qui la
storia di questo prete, certamente protagonista del suo tempo, ma nel
significato di una rottura, di uno scontro con il suo tempo. Don Bosco
precursore di futuro, e, perciò, minaccia per il suo tempo.
La speranza
incalcolabile che sceglie i giovani, che inventa una strategia, l’amore
preventivo, che giura sull’oratorio, che si pone come adorazione,
passione per le anime.
Veramente un libro
“nuovo” questo di Guiducci, un libro che racconta un don Bosco allo
sbaraglio, un prete che, già prima della “Gaudium et Spes”, si fa
progetto di simpatia creatrice, vitale, con il mondo.
Si leggano, a questo
riguardo, i capitoli, interessantissimi, sulla tutela dei lavoratori,
sul primo contratto di apprendistato, sulla comunicazione, sulla stampa,
si consideri questa apertura sociale, politica, relazionale, nella
fondazione pedagogica, nel rapporto con il potere, nelle dinamiche di
chiarezza, nella forza strepitosa, testarda, dell’ottimismo.
L’ottimismo della
prevenzione che valorizza la “ragione”, che impegna la “religione”, che
disegna “l’amorevolezza” come fonte primaria di successo.
Possiamo dargli
torto? No. La prefazione, articolata, limpida, ricca di prospettive, del
Direttore generale della Elledici, don Valerio Bocci, afferma che una
ricostruzione di don Bosco “non poteva che essere affidata a Pier
Luigi Guiducci”.
Ne siamo convinti
anche noi.
Nino
Barraco
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