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Vita Consacrata e psicologia

Santiago González Silva (ed.), Ancora, 2013 Milano, pp. 191, € 20,00.

Con il presente volume si intende fare il punto sul tema della vita consacrata in relazione alla psicologia. Non tanto per seguire una tendenza che molto spesso ha superato i limiti epistemologici delle proprie competenze, ma proprio per cercare di capirne la reale utilità applicata al pratico. Nella vita religiosa si tende a raggiungere un livello autentico e profondo di spiritualità che non può unicamente essere compreso dalla scienza psicoanalitica, così come non si può ridurre l’assistenza psicologica alla persona ad accompagnamento della propria crescita vocazionale. Il patrimonio carismatico racchiuso in una vocazione e in un cammino di vocazione non sempre si può incanalare in schemi antropologici di comodo. Una serie di esperti prova ad intercettare la problematica da diverse angolazioni, cercando di orientare il dibattito su quelli che sono stati i limiti tracciati dalla Chiesa stessa tra spirito e Spirito. È infatti evidente che nella teologia cristiana la persona non può essere circoscritta solo sulla base della psiche e dei suoi meccanismi. Lo Spirito che Dio ci ha donato serve per discernere e riconoscere le cose che da Dio provengono. Nello Spirito si racchiude la nostra unione con il Cristo e la nostra via alla redenzione. La psicologia di cui si serve il messaggio evangelico della Rivelazione è per certi versi paradossale e ambigua. Si parla di vita che si salva ‘perdendosi’, si parla di vulnerabilità che riscatta. Ci sono molteplici narrazioni che non seguono la logica socio-psicologica. Per tale motivo il magistero non può accogliere in modo completo l’elemento psicologico in ambito formativo. La cristianità ha predilezione per la speranza e piena fiducia nella vita; questa concezione diventa poi l’anima dell’educazione e della pastorale. L’antropologia cristologica si ispira ad un radicalismo evangelico. La psicologia può innegabilmente svolgere un ruolo di supporto. Saper accettare in primis la propria umanità reale è un mezzo per accedere alla spiritualità cristiana e ad un giusto equilibrio emozionale. Il formatore e lo psicologo possono avere alcuni tratti comuni ma le proprie rispettive competenze non sono mai interscambiabili. Partono da impostazioni diverse. La Chiesa sulla base del suo ruolo specifico è chiamata a fare discernimento vocazionale. Gli interventi presenti sono di Marko Rupnik, Andrzej Wodka, Vincenzo Zani, Chaterine Aubin, Bruna Zaltron, Jorge González, Giuseppe Crea, Amedeo Cencini.

 

L’Autore

Santiago González Silva, missionario clarettiano, è nato a Don Benito (Spagna) nel 1945. Laureato in Teologia morale, è Preside dell’Istituto di teologia della vita consacrata «Claretianum» di Roma, presso il quale insegna dal 1972. Autore di numerose pubblicazioni, ha svolto attività accademica anche in altri centri universitari romani e stranieri. Ha curato per Àncora «Star bene» nella comunitàLa parola di Dio nella comunità religiosaSanti ma non per casoVita consacrata e multiculturalitàI frutti del cambiamento.


  

Pensare la fede in comunione
I dialoghi teologici tra le Chiese

Andra Pacini (a cura),
Paoline, Milano 2013, pp. 183, € 16,50.

Partendo dai buoni propositi del Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica entra attivamente nel movimento ecumenico impegnandosi in una relazione attiva con le altre confessioni cristiane.

Nel tempo i rapporti ecumenici si sono sviluppati soprattutto nella prospettiva del dialogo di carità e di verità. Ovvero si è tentato di stabilire una relazionalità basata su fratellanza, rispetto, stima e reciproca tolleranza e allo stesso tempo un progressivo avvicinamento sul piano teologico concettuale per tentare di ricomporre un’unità visibile della Chiesa tutta.

Unità di fede professata e unità di esperienza ecclesiale che riesca a smussare le controversie e i dissensi sul piano teologico. Partendo da ciò che si condivide e si riconosce unanimemente. A tale scopo la Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC), insieme alla serie di dialoghi bilaterali tra coppie di Chiese o di “famiglie” di Chiese cristiane, sono stati importanti e significativi. Si è potuta delineare una teologia ecumenica elaborata dalle Chiese che si può affiancare e recepire insieme alla teologia di ciascuna confessione. Nel presente volume si offre appunto una articolata presentazione dei dialoghi tra le Chiese. Partendo dal magistero del Concilio Vaticano II (con un saggio di Giancarlo Bruni), dai dialoghi in ambito CEC, fino a tutta una serie di dialoghi bilaterali con le Chiese della Riforma, ortodosse, anglicane, e nell’ambito più ristretto o localizzato come nel caso del Gruppo di Dombes. In questa prospettiva ampia e articolata si ha quindi modo di rendersi conto dei progressi ma anche dei limiti e delle nuove sfide che si parano davanti al cammino ecumenico. Dalla teologia ecumenica si arriva innanzi tutto a capire la caratteristica e l’essenza della “comunione”. Comunione che definisce e vivifica la Chiesa anche se sul piano sacramentale e istituzionale la dottrina può presentare delle differenze nei ministeri e nei carismi. Ad ogni modo sembra essere appurato che l’obiettivo più autentico dell’ecumenismo non è un riduttivismo alla diplomazia e alla buona relazione che si muovono nell’ambito di una sostanziale divisione ma una visibile unità. Solo partendo da una reale comunione in atto si può pensare di procedere raccogliendo frutti, intravedendo la speranza di una unità piena e convinta.

a cura di Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it 

 

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