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IL LIBRO LA PAROLA E LA VITA

Guido Innocenzo Gargano,

San Paolo, Cinisello Balsamo 2013, pp. 363, € 22,00

Gregorio Magno ebbe un influsso determinante sull’esegesi biblica cristiana che si protrasse fino alle soglie dell’età moderna. Henri de Lubac, nella sua monumentale opera sull’esegesi medioevale, oltre un cinquantennio fa, ne richiamava nuovamente l’importanza e l’approfondimento da parte degli studiosi, per poter ritrovare il filo conduttore dell’influenza del suo pensiero nelle scelte pastorali della Chiesa cristiana d’occidente. Il linguaggio e lo stile del Papa romano del VI secolo è ricco di simboli e metafore, fornisce un ampio spazio interpretativo, è a-sistematico, difficilmente imbrigliabile in una metodologia definita. Soprattutto il grande fascino della sua interpretazione è racchiuso nel suo modo ‘ispirato’ di arrivare per induzione ad un senso ultimo elevato e attualizzabile al contemporaneo. Il testo di partenza era perciò, per Gregorio, il presente, ma la strada inevitabile e necessaria per conoscere e capire il presente era il passato. L’unica volta in cui Dio ha parlato agli uomini, lo ha fatto attraverso il Figlio. L’inizio del parlare coincide con l’inizio del mondo e deve rimanere in continuità col nostro presente fino alla fine dei tempi. La cosa fondamentale per Gregorio Magno era quella di saper intercettare sempre la Parola per l’oggi. In questa particolare strada di conoscenza si realizza in realtà un circolo ermeneutico del tutto particolare che consiste nella reciprocità tra ciò che il presente conosce di sé, grazie alla luce puntata sul passato, e ciò che il passato rivela di sé grazie alla riflessione dello stesso fascio di luce partito dal presente. Tale metodo non richiede e non impone né completezza né consequenzialità. L’innovazione del metodo gregoriano è quella di far entrare nell’interpretazione l’individuo e i suoi desideri, l’individuo e la sua realtà. Ciascun individuo, senza lasciare fuori nessuno, senza togliere dignità e consapevolezza a nessuno. E’ davvero singolare, se non paradossale, constatare quanto la nostra contemporanea post-modernità sia tanto a suo agio con una tale metodologia ermeneutica. Ci sono narrazioni elementari, riferimenti simbolici e metaforici comprensibili, c’è necessità e volontà di identificazione, c’è stimolo all’immaginazione, alla creatività, alla messa in prova del talento e dell’illuminazione di ciascuno. Il grande pontefice romano si è distinto per l’universalità della sua carità pastorale. Fu l’ultimo dei grandi Padri dell’epoca classica e il primo tra quelli del medioevo. Ebbe personalità missionaria e caritatevole fu teologo e spirituale, conoscitore profondo dell’animo umano. La sua convinzione nell’unicità del Verbo lo colloca in una presenza permanente e continua, in un tempo senza tempo. L’ascolto è quello della Parola, di niente altro che non sia la Sua parola. Questa echeggia nella storia, nella vita dei buoni, nelle opere di chi lo testimonia. Gregorio è riuscito a rendere popolare la convinzione agostiniana che scopo di tutte le Scritture ispirate è quello di rendere l'uomo stesso una Scrittura vivente. Da cui la bellissima massima: Viva lectio vita honorum, cioè leggere la vita stampata sul volto dei buoni è come leggere la Scrittura ispirata divenuta vita.

a cura di Romina Baldoni
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