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Sulle Vette dell’amore
Vita contemplativa, apostolica e Istituti Secolari

GRAZIA PARIS & SANTIAGO GONZÁLEZ SILVA, San Paolo, Cinisello Balsamo 2014, pp. 128, € 10,00.

«I religiosi e le religiose sono uomini e donne che illuminano il futuro. Mai un religioso deve rinunciare alla profezia» (Papa Francesco).
Edizioni San Paolo mette a disposizione una collana specificamente rivolta alla vita consacrata, una serie di dodici volumetti curati dall'Istituto di Teologia della vita consacrata di Roma (Claretianum). Con essa ci si prefigge di toccare tutti i principali temi teologici legati alla vita consacrata, dalla dimensione biblica, a quella ecclesiale, formativa, psicologica, spirituale. Nel primo volume, ad opera del curatore della serie, Ricardo Volo Pérez, si affronta il rapporto tra vita consacrata e Sacra Scrittura, in particolare il Nuovo Testamento: Attirati da Gesù.
Questo secondo volume a due voci invece, tratteggia nella prima parte un abbozzo della storia della contemplazione cristiana, provando ad esporre una sintetica definizione e poi andando a ritrovare le radici e l’evoluzione. La seconda parte si occupa, in maniera specifica, degli Istituti di tipo apostolico e degli Istituti secolari.
Tutti i battezzati sono invitati ad una vita orante e all’esercizio delle virtù. Nel testo si prova a definire l’origine della contemplazione partendo dalla filosofia platonica e seguendone con attenzione l’evoluzione delle origini provando a scandagliare il pensiero di tre autori del Medioevo, relazionando l’esigenza orante e la necessità di azione: san Basilio, Gregorio Magno e Pietro di Cava. Proprio partendo dai primordi emerge l’importanza insita nella natura stessa della vita consacrata, la necessità di portare al mondo l’annuncio del Vangelo e di incarnarlo in opere di apostolato. Con il Concilio Vaticano II in Perfectae Caritatis si afferma: «l’azione apostolica e caritatevole appartiene alla natura stessa della vita religiosa» (n.8). Ma viene da chiedersi se al giorno d’oggi, soprattutto in ambito di congregazioni femminili, la realtà contemplativa contenga davvero una giusta attenzione alle esigenze più pratiche di missione e di evangelizzazione. Letteralmente contemplare, cum-templum, significa guardare all’interno della realtà per capirne il mistero. Nei primi secoli del cristianesimo la vita contemplativa si è identificata troppo semplicisticamente con la vita monastica, al punto che l’idea stessa di vita attiva in ambito religioso veniva ricondotta ad appannaggio esclusivo del cristianesimo secolare. Niente di più sbagliato e travisante porre in contrasto un monaco e un prete nel suo ministero pastorale. L’azione deve essere letta nella prospettiva di carità e servizio alla Chiesa, quella caritas perfecta o bina caritas che concettualizzò Basilio di Cesarea in un’armonia mista e vicendevole che non si auto esclude mai.


  

Dio ama le donne?
Verso una teologia della donna
ANNE SOUPA, Paoline, Milano 2015, pp. 126, € 14,00.

L’Autrice propone un’originale lettura dei testi del libro della Genesi e della storia della Chiesa, spesso citati nell’ambito del discorso ecclesiale «sulla donna e la complementarietà dei sessi» e tenta di comprendere perché la funzione della donna nella Chiesa si pone oggi come una questione urgente e cruciale.
La sua critica analisi dell’argomento e delle conseguenze in termini di discriminazioni, invita tutti, uomini e donne, a ripensare oggi la loro «comune umanità» e i loro rapporti mutati all’interno della Chiesa, non in funzione dei modi, ma alla luce del Vangelo. Sta prendendo sempre più piede in questi ultimi anni il dibattito sulla diversità tra uomo e donna e ciò che tende ad emergere è una vera e propria crisi di genere che tocca tutti. Eppure proprio nella Bibbia si è dimostrato che nel poema della creazione Dio crea l’uomo a sua immagine, dove la parola ha’adam non è riferita al genere maschile ma all’essere umano in generale! «E Dio creo l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (Gen 1,26-27). Sia san Bonaventura che san Tommaso hanno diffuso l’interpretazione di un’anteriorità maschile portatrice esclusiva della somiglianza a Dio. Un fraintendimento che già ai tempi di Aristotele faceva liberamente affermare che la donna sia quasi stata un errore, una causa di peccato “un maschio abortito” per dirla con le parole del filosofo greco.
In realtà come dimostrato dal grande esegeta André Wénin il ‘fare a immagine di Dio’ racchiude ancora un’incompiutezza a cui non segue “e Dio vide che era cosa buona” ma si sottende quasi un invito rivolto all’umanità stessa di proseguire il lavoro della creazione. Un invito a padroneggiare la propria animalità e scindere le potenzialità buone da quelle cattive. In questo, “maschio e femmina”, tenuti insieme dalla piccola congiunzione e, sono indissolubilmente legati. La loro relazione è l’immagine di Dio, ne riflette l’amore. Ma queste importanti correzioni interpretative sono state realmente recepite nell’antropologia della Chiesa? Questa domanda purtroppo non può trovare le stesse smentite in positivo che abbiamo riscontrato nel primo libro biblico. La teologia parla di complementarità uomo donna ma dalla Parola di Dio si può solo dedurre che l’altro è un dono, che entrambi i sessi appartengono alla stessa famiglia e che devono essere uno aiuto dell’altro. Non esiste una complementarità come afferma il Magistero, quanto una serie di differenze che di volta in volta diventano più elastiche e che spetta a ciascuno viverle in libertà e secondo i propri carismi. Sapere chi siamo è un dono che il nostro Creatore ci offre.


Quel che resta dell’uomo
E’ davvero possibile un nuovo umanesimo?
GIUSEPPE SAVAGNONE, Cittadella, Assisi 2015, pp. 179, € 14,80

L’uomo di questo periodo storico, nomade e spaesato, è arrivato a diffidare dell'umanesimo, soprattutto nel momento stesso in cui non è più stato in grado di convenire sui fondamentali dell'umano. L'umanesimo è infatti un orizzonte culturale, frutto di una elaborazione condivisa dell'umano, in cui convergono un’articolazione fondamentale del senso della vita, un modello di convivenza civile e un progetto di futuro.
Dal 9 al 13 novembre 2015 si celebrerà a Firenze il V° Convegno ecclesiale nazionale sul tema: "In Gesù Cristo il nuovo umanesimo". Il tema è impegnativo, la costruzione del titolo lo conferma. Gli intenti che lo animano sembrano essere un "testo aperto per la riflessione", con una esplicita impostazione pastorale. Ma è difficile evocare alcune parole senza farsi carico dei problemi giganteschi - in senso storico prima ancora che culturale - che esse evocano. La crisi dell'umanesimo oggi si è radicalizzata ed è diventata crisi dell'umano: non è facile costruire un nuovo edificio (anzi il nuovo edificio) se l'habitat è dissestato. In tal caso, «è inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti!», per usare le parole di papa Francesco, nella sua intervista a "Civiltà Cattolica".
Molti dei nodi culturali che si addensano nella nozione di umanesimo sono riassunti ed analizzati in modo chiaro, rigoroso e soprattutto in uno spirito di dialogo critico, dal presente libro di Giuseppe Savagnone, che già nel sottotitolo (È davvero possibile un nuovo umanesimo?) invita saggiamente ad evitare i pericoli della ingenuità e della retorica, misurandosi con gli «innumerevoli problemi» posti dal tema dell'umanesimo oggi.
«Il rischio - scrive l’Autore - è che invece di affrontarli e di cercare una risposta a partire dagli interrogativi posti dalla cultura del nostro tempo, li si sorvoli disinvoltamente, dandone per scontata la soluzione. Se questo accadesse -continua - la formula "nuovo umanesimo" diventerebbe ostaggio di una certa pratica pastorale che alimenta la superficialità e la pigrizia mentale della maggior parte dei fedeli, avallando tacitamente il loro disimpegno culturale ed esonerandoli, ancora una volta dallo sforzo, di superare l'abisso che attualmente separa, su molte questioni, il mondo contemporaneo dal Vangelo». Si devono reperire riferimenti solidi e validi per un’azione educativa capace di promuovere un senso autentico di libertà e di responsabilità per le nuove generazioni. La comunità cristiana è chiamata a dare risposte esaurienti e a confrontarsi senza lasciare che si operi una dolorosa scissione tra le persone credenti e gli altri uomini. E’ chiamata a conoscere i problemi e non rifuggire i dubbi, per mettere in campo tutto il potenziale positivo del pensiero e della speculazione filosofica appartenente alla tradizione giudaico-cristiana.

a cura di Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it

 

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