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Etica e democrazia
L’etica democratica tra
valori e storia
PAOLO ALLEGRA, CITTADELLA EDITRICE, Assisi
2014, pp.120, € 10,90.
Il
volume di Paolo Allegra pone un importante interrogativo
per il mondo contemporaneo. Il modello di democrazia occidentale,
dopo una fase ascensionale culminata con la fine dell’Unione
Sovietica e la caduta del Muro di Berlino, sembra ora conoscere
una crisi endemica insormontabile. I fattori sono molteplici
ed hanno origine esterna ma anche interna, lo sconvolgimento
sembra essere legato a tutta quella serie di trasformazioni
radicali che ci attraversano. Dalla globalizzazione alle
contraddizioni sempre più evidenti che recano in
sé le derive dei poteri economici e finanziari. Dalla
fine del potere di autonomia decisionale dei singoli Stati
fino ad una prevaricazione politica legata a strategie di
potere che sfuggono ad un adeguato controllo rappresentativo
e lealmente ancorato ad una giusta idea di sviluppo. In
pratica risulta sottratto ad una adeguata super visione
di etica democratica il dilagare di una dittatura del profitto,
di una finalità di arricchimento indiscriminato e
oligarchico sempre più incurante di sanare le fratture
di discriminazione e di ingiustizia nella distribuzione
dei beni. Le grandi banche (approfittando del fatto di essere
“troppo grandi per fallire”) e una finanza priva
di regole hanno prodotto una distorsione del mercato, favorendo
comportamenti troppo disinvolti e rischi inaccettabili.
Nel continente europeo, il freno forse di maggior impedimento
ad un controllo adeguato del problema, è la mancanza
di un governo e di una politica unitaria. I meccanismi di
austerità si sono imposti ai soli fini del controllo
monetario, senza tenere minimamente conto delle diseguaglianze
sociali e del vertiginoso aumento della povertà che
ha reso ai più l’incapacità materiale
di usufruire di quelli che sono i propri diritti e le proprie
tutele di garanzia. A questo punto -in cui intravedere soluzioni
efficaci nel breve termine sembra davvero arduo- si impone
una riflessione sul ruolo della democrazia e sui meccanismi
di interconnessione che in questi ultimi decenni l’hanno
vista affiancare e supportare lo sviluppo capitalistico
e liberistico. Le due logiche sembrano aver viaggiato a
velocità differenti, l’espansione e la crescita
non hanno tenuto conto dei necessari fondamenti umanistici
in grado di assicurarne qualità. Si è corso
nell’incuranza del sostegno alle idee di libertà
e difesa dei valori a cui precedentemente si faceva risalire
la volontà di sviluppo e di ethos comune. Il dinamismo
cooperante e responsabile che tiene in piedi le fondamenta
democratiche ha lasciato campo ad un decisionismo procedurale
arido e insensibile.
La
chiamavano Maddalena
La donna che per prima incontrò
il Risorto
VALENTINA ALBERICI, PAOLINE, Milano 2015,
pp. 144, € 12,50
Tra
le discepole di Gesù, la Maddalena è forse
la figura più misteriosa e differentemente interpretata
dall’analisi storica ed esegetica dei Vangeli. Il
suo nome sembra derivi da Magdala, una cittadina situata
sulla sponda occidentale del lago di Galilea, suo probabile
luogo di origine. Di lei si presume inoltre una malattia
o una fase di disgrazia, dal momento che i vangeli accennano
ad una liberazione, operata proprio da Gesù, da “sette
demoni”. Le fonti dicono delle cose e la prassi e
la tradizione ne dicono altre, spesso si tratta di deduzioni
affrettate e fantasiose che nulla hanno di provato e di
scientifico. Nei Vangeli canonici il suo nome è indicato
sempre come Maria la Maddalena (Maria he Magdalene) e mai
con quello di Maria di Magdala. Magdalene potrebbe essere
la translitterazione del termine ebraico aramaico migdal,
traducibile in “torre” o “edificio fortificato”.
Molti studiosi hanno associato il termine migdal alla città
situata ad occidente del lago di Galilea. Giustamente però
la preposizione he -participio del verbo kalein- non è
mai riferita ad una provenienza ma a un soprannome di concetto.
Nel I secolo inoltre, tale città, in tutte le fonti
dell’epoca è indicata con il termine di Tarichea.
Nella traduzione dei Vangeli fatta da Girolamo nel 384 d.c.
(Vulgata) l’autore si riferisce a Maria la Maddalena
che, per il suo zelo e per l’ardore della sua fede
ricevette il nome di “turrita”. Altra affermazione
riferita alla sua figura è che da lei “erano
usciti sette demoni”. Questo ha portato molti commentatori
dei secoli scorsi ad associare tali demoni ai sette vizi
capitali o peggio ancora al ‘vizio’ che con
maggiore facilità si tendeva ad avvicinare più
specificamente ad una ‘pecca’ del genere femminile:
la lussuria. L’Autrice prova invece a fare un interessante
e sensibile accostamento tra la figura della Maddalena e
Sara (libro di Tobia) il cui malessere più che di
natura psichica era in realtà esistenziale e dovuto
ai condizionamenti esterni e ai pregiudizi sociali propri
della loro epoca. Ancora più suggestiva e metaforicamente
piena di umanità è l’interpretazione
del testo giovanneo. Alla domanda che le rivolge il Risorto
“…perché piangi? Chi cerchi? Giovanni
ci dice che ella si volta e “vede Gesù che
stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù”.
Questo suo dubbio, sia Cirillo di Alessandria sia Agostino
d’Ippona, lo associano in modo misogino ad una scarsa
arguzia. Invece si tratta di pura logica, la discepola è
pienamente in sé, fa una deduzione razionale, scambia
Gesù per il giardiniere. Riconosce il suo Signore
e maestro dopo che questi pronuncia il suo nome. La figura
di Maria di Magdala è quindi importante e determinante
poiché incarna a tutti gli effetti la donna incaricata
di portare l’Annuncio di Gesù risorto. Ella
fu apostola ed evangelista, un privilegio davvero straordinario
che non ne spiega a pieno l’oblio successivo e il
mistero che avvolge le sue gesta e la sua vita dopo questo
episodio narrato da Giovanni.
Una
via del cuore
TOMMASO GUADAGNO, AdP, Roma 2015, pp. 157,
€ 10,00.
La
speranza è che quanto contenuto in questo libro venga
messo in pratica nei centri locali e parrocchiali, come
itinerario di formazione per l’AdP ricreato, nell’ambito
della Nuova Evangelizzazione, che è la sfida della
Chiesa oggi.
In tal proposito a Roma, presso la chiesa del Gesù,
si stanno portando avanti delle catechesi mensili sperimentali
basate sulla preghiera, pubblicate anche nel sito dell’AdP.
Si tratta principalmente di:
- nuove idee teologiche da apprendere
- una nuova teologia o spiritualità da vivere.
Nella crisi strutturale, che la società contemporanea
sta attraversando, in un ambiente confuso, tra tanti stimoli
contraddittori, molti uomini e donne avvertono l’esigenza
di ritrovare se stessi, cioè di raggiungere il proprio
cuore, al di là delle tante cose che ingombrano e
appesantiscono l’esistenza. L’AdP intende rispondere
a questa esigenza, attraverso un cammino di formazione che
conduce a intraprendere la via del cuore e percorrerla.
Questa proposta della “via del cuore” non annulla
le pratiche tradizionali dell’AdP, ma semplicemente
le affianca e intende muoversi nella fedeltà all’ispirazione
originaria: avere in noi, cioè nel nostro cuore “gli
stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5).
La parola “via” assume vari significati nella
Bibbia. L’antico semita era un nomade, trovare la
giusta via era essenziale per la sua esistenza quotidiana.
Spontaneamente la via è diventata anche il simbolo
della vita morale e religiosa. Dio ha un suo stile, un suo
modo di comportarsi nei confronti dell’uomo e del
mondo, perciò si parla di vie di Dio, che “sono
amore e fedeltà” (Sal 25,10), manifestano la
sua volontà (Mt 22,16) e conducono alla vita (At
2,28). La via dell’uomo è la sua maniera di
vivere, la sua condotta morale. Sia nel Nuovo Testamento,
che nell’Antico, si trova il tema delle due vie. Vengono
contrapposti due modi di comportarsi, cioè due vie:
la buona e la cattiva. Ogni uomo è libero di scegliere
tra queste due vie ed è responsabile della propria
scelta. Nel linguaggio ordinario, la parola “cuore”
evoca la vita affettiva, l’intimità, i sentimenti
e le emozioni. Eppure cuore significa l’unità
originaria della persona nella sua vita biologica e psichica
(corpo ed anima), perché il cuore è allo stesso
tempo e per entrambe la sorgente, il centro e la sede. Nella
Bibbia, il cuore è l’intero dell’uomo,
come fonte di tutte le sue diverse manifestazioni esterne.
Il cuore dell’uomo è la fonte stessa della
sua personalità cosciente, intelligente e libera,
cioè il luogo della consapevolezza. Per dirlo con
una frase delle Confessioni di s. Agostino:“Cor meum,
ubi ego sum quicumque sum” (X, 3,4): il mio cuore,
dove sono, chiunque io sono. In questo centro intimo della
persona si compie essenzialmente l’apertura verso
Dio e verso l’altro. Ma il cuore può anche
indurirsi (sklerokardìa), concentrandosi egoisticamente
su se stesso, e chiudersi nell’autosufficienza narcisistica.
Il cuore si preoccupa per le necessità del corpo:
per il cibo, per il vestito, per la casa. Angosciato di
fronte all’incertezza della vita e ai problemi della
società, si affanna senza posa, cercando sicurezza
nel possesso e nell’accumulo dei beni materiali, di
cui avverte la carenza e il bisogno. Sono urgenze e necessità
primarie, di cui non si può fare a meno. C’è
però il rischio che il cuore finisca per appesantirsi
sotto gli “affanni della vita” (Lc 21,34). Anche
le tribolazioni e le sofferenze sono fonte di inquietudine,
ma la causa principale è il peccato, che ha intaccato
profondamente l’interiorità dell’uomo,
la fonte stessa del suo sentire e desiderare, del volere
e dell’agire: cioè il cuore. Il peccato si
è annidato nel cuore dell’uomo; lo ha reso
duro e impuro, perverso e incredulo. Abbiamo bisogno di
un reale e profondo rinnovamento interiore, cioè
di “un cuore nuovo” (Ez 11,19), che solo Dio
può creare in noi. Qui emerge tutta l’urgenza
e l’importanza di trovare e proporre la “via
del cuore”. Poiché è dal cuore che proviene
la corruzione, proprio a partire dal cuore Dio inizia la
sua opera di salvezza per l’uomo peccatore e per il
mondo intero.
a cura di Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it
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