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Elogio della dignità
GIOVANNI MARIA FLICK, LIBRERIA EDITRICE
VATICANA, Città del Vaticano 2015, pp. 136, €
12,00
Una
riflessione ad ampio raggio sulla dignità e i suoi
diversi aspetti. Il volume si articola in 18 capitoli, che
declinano il tema della dignità di fronte al terrorismo,
alla violenza e all’intolleranza, al negazionismo
della Shoah, alle degenerazioni dell’economia finanziaria,
allo sfruttamento dei più deboli, alla corruzione,
ai problemi drammatici del fine vita, ricordando le radici
della dignità nelle tradizioni cristiana ed europea
e i loro frutti nelle carte costituzionali e nelle dichiarazioni
sovranazionali sui diritti umani. La dignità è,
secondo Flick, un “valore preliminare a quelli di
libertà, eguaglianza, solidarietà, cittadinanza
e giustizia”, nonché il “cardine dello
stato democratico costituzionale e del principio personalistico
su cui esso si fonda”.
Oggi il concetto di dignità viene messo in pericolo
da sempre nuove insidie: la bio-ingegneria e le manipolazioni
genetiche; la logica preminente del profitto, il “dramma
delle condizioni di vita nei paesi della fame, della sete
e della guerra, oggi dell’ebola”, cui conseguono
“migrazioni incessanti”; l’annullamento
di ogni spazio di privacy; l’intolleranza, il fanatismo
e il terrorismo globale. In Europa la visione di dignità
è radicata sulla centralità della persona,
sul dialogo e sul rispetto reciproco, sui diritti fondamentali.
Ne traccia l’essenza della identità culturale
che deriva da una tradizione antropocentrica cristiano filosofica
(si pensi a Kant o al messaggio biblico della creazione).
Per il Nord America si parla di dignity in modo più
individualista. E’ importante quindi avere ben presente
la prospettiva storica e l’importanza del consolidamento
di valori e principi cardine per poter trovare adeguate
risposte anche in tempi di crisi, anche in tempi in cui
sembra voler prevalere la logica mercantilistica e utilitaristica.
La nostra identità europea deve quindi essere eletta
a insegnamento, garanzia e ammonimento per un presente e
un futuro che possano dirsi diversi. La libertà morale
non può essere sottoposta a condizionamenti nemmeno
in nome di una autodeterminazione del singolo. Nell’esperienza
europea ordine pubblico e buoni costumi stanno pian piano
affidandosi ad un’etica giuridicizzata invece che
ancorata ad una concettualità morale. C’è
un rischio di banalizzazione e di ambiguità. C’è
un rischio di sviluppare un concetto che di volta in volta
si adatta alle caratteristiche e alle condizioni di una
persona in astratto ma sfugge ad una applicazione concreta
davvero in grado di tutelare la persona in quanto tale.
L’Europa deve invece tutelare, nel nome della sua
tradizione culturale, una universalità dei diritti
umani e una dignità intesa come valore ultimo e fondante
della persona.
È
vita ed è religiosa
ANTONIETTA POTENTE, PAOLINE, Milano 2015,
pp. 176, € 13,00
Antonietta
Potente, una delle voci del mondo teologico femminile contemporaneo,
offre una rilettura della vita religiosa alla luce della
sapienza umana ed evangelica, in un momento storico che
chiamiamo di “crisi”. “Non si può
scrivere o parlare della vita religiosa, o di ogni altra
esperienza di vita, se non ricordandone e ammettendone la
sua precarietà. Altrimenti sarebbe solo un inutile
saggio sull’autocompiacimento di noi stessi”.
È questo il leitmotiv del libro “È vita
ed è religiosa. Una vita religiosa per tutti”,
che si rifà innanzitutto alle origini dell’epoca
cristiana per ritrovare ispirazione. Lì dov’è
nata la vita religiosa, possiamo scoprire la scelta alternativa
a un cristianesimo strutturato, la creatività di
questa scelta e la sua laicità (la vita religiosa
che si origina nella religiosità della vita).
Nel libro vengono poi analizzate le metamorfosi della vita
religiosa insieme a quelle della società, e “riletti”
i voti e i lineamenti principali della vita religiosa: la
solitudine comunitaria, l’appartenenza all’altro,
ecc. Ciò che chiamiamo vita religiosa e la sua storia,
letta in modo sapienziale, oggi potrebbe diventare uno stile
alternativo per tutti. Ispirare coloro che hanno desiderio
di amare in modo autentico e prendersi cura della realtà,
senza i pesanti fardelli della falsità, dell’opportunismo
e del formalismo.
Dice l’Autrice nell’introduzione:
“Questo breve testo che avete tra le vostre mani è
pensato per chi non conosce a fondo la ‘vita religiosa’,
per chi la conosce solo per sentito dire o, addirittura,
per chi ha una certa diffidenza verso questo tipo di problematica,
ma anche per chi, pur conoscendola, la vuole rileggere ancora.
Inoltre, considero che oggi non basta più conoscere
il senso e il significato delle cose, ma ci sia anche bisogno
d’imparare a vivere, cercando delle metodologie che
alimentino la vita stessa e che ci aiutino a inserirci nella
complessità della realtà, non come ingombranti
corpi estranei, ma come corpuscoli essenziali dell’ecosistema.
Per questo, penso che sia giusto fare una breve ‘archeologia’
della vita religiosa, come una tra le tante metodologie
sapienziali della vita umana. In altre parole vorrei sviscerare
questo tema per cercare la sua essenzialità e perché
ognuno vi possa attingere e trovare o ritrovare, a sua volta,
un pre-testo per continuare a vivere e, allo stesso tempo,
per ricreare la storia in un altro modo”.
Romero
JON SOBRINO, EMI, Bologna 2015, pp. 286,
€ 17,00
“Ai
ricchi ha detto a più riprese: ‘Si sappiano
distaccare in tempo, per amore, prima che glielo strappino
con la violenza’”. Questo è il vescovo
salvadoregno, ucciso il 24 marzo del 1980, narrato da Jon
Sobrino. E’ un uomo con tutte le sue paure e titubanze,
ma anche con la capacità di accettare i propri cambiamenti
in un’età non più verde: la ferocia
della persecuzione contro la Chiesa e i poveri, secondo
l’autore, che gli fu molto vicino, “lo ha fatto
cambiare e convertirsi. All’età di cinquantanove
anni (…) monsignor Romero ha mostrato la vera umiltà
di coloro che credono in Dio”. Durante i tre anni
in cui fu arcivescovo di San Salvador, mons. Romero arriva
ad una definitiva percezione di una realtà che, né
mass-media né governo, avevano davvero narrato e
riformato, fatta di oligarchie economiche che sfruttavano
la miseria del popolo e di uccisioni in massa e rapimenti
di chi era impegnato nel sociale, tanto che fece ben presto
sentire il suo grido: “vi supplico, vi prego, vi ordino,
in nome di Dio: cessi la repressione!”.
Il problema era dunque quello di superare una posizione
ecclesiale di timore e collaborazione verso il potere in
prospettiva di una ricollocazione della Chiesa a favore
degli sfruttati e dei sofferenti. In concomitanza anche
con l’annuncio di papa Francesco che ne riconosce
in via ufficiale la santità, con questo testo si
vuole mettere in risalto la somiglianza del vescovo martire
con le figure dei profeti biblici. Come questi avevano messo
in guardia i potenti a non sostituirsi a Dio e a praticare
la giustizia, così monsignor Romero ha affrontato
nelle sue lettere e nelle sue omelie il problema del potere
separato dalla giustizia terrena e divina. Aveva capito
che l’uomo di fede doveva testimoniare personalmente
la sua fede nel Vangelo vivendo come quegli ultimi cui si
rivolge costantemente, e scelse una vita sempre a contatto
con il popolo, decidendo di non accettare una nuova sede
proposta dal governo, ma di abitare in una piccola stanza
vicino a un ospedale dove giacevano malati terminali.
Quello che risalta oggi ai nostri occhi, gli occhi di chi
ha visto rovesciarsi sull’Occidente una delle più
gravi crisi economiche della storia, è questa coerenza
e nel contempo questa sfida contro la supposta felicità
dell’avere e del possesso.
Un esempio che – al di là delle polemiche ideologiche
che hanno talvolta accompagnato la drammatica questione
Romero – dovrebbe pur dire qualcosa in questi nostri
tempi di crisi e di sopraffazione del potere economico.
a cura di Romina Baldoni
usminforma@usminazionale.it
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