Les Choristes
I Ragazzi del coro
Regia di
Christofer Barratier
Produzione: Francia/Svizzera/Germania 2004
Dal Comunicato Stampa del PREMIO CGS “Percorsi Creativi 2004” al
Festival del Cinema per Ragazzi di Giffoni - 24 luglio 2004:
“Dedicato alla memoria di sr Anna Brunetta, educatrice FMA
prematuramente scomparsa, il premio è conferito alla pellicola “Les
Choristes”. Si distingue per la qualità della fotografia intensa e
nitida. Per l’armonia raggiunta tra musica canto e immagine. Per la
fluidità narrativa e la rappresentazione della ‘coralità’.
Il rapporto tra ragazzi ed adulti su cui scommette è valorizzato in
tutte le sue sfumature, con convinzione, realismo educativo e rispetto
della individualità di ciascuno. Indica nella forza della condivisione e
della memoria una risposta universale”.
Il
soggetto
Si ispira ad un
altro film francese del 1945 di cui mantiene l’ambientazione - il
dopoguerra -, sottolineando gli aspetti narrativi che più stanno a cuore
al regista: l’infanzia/adolescenza; l’arte/musica che agisce sulla
realtà e la trasforma.
È la storia di un
“perdente” che riesce a diventare veramente un grande, un maestro di
vita. Si tratta di Clement Mathieu, ex-insegnante di musica disoccupato,
assunto come sorvegliante in un istituto di rieducazione minorile. Si
rende conto del sistema repressivo applicato dal direttore a grave
svantaggio dei giovani reclusi. Comprendendo l’impossibilità di
contrapporsi al sistema, cerca di vincere pazientemente la diffidenza
dei ragazzi recuperandoli con la fiducia e il fascino della musica e del
canto insieme: un coro che li riscatta. Un’esperienza che resterà in
ciascuno come un’indimenticabile lezione di vita. È il primo
lungometraggio di Barratier (autore de “Il popolo Migratore”),
chitarrista di formazione classica ma figlio di cineasti approdato al
cinema attraverso il documentario. A
proposito di questo film confessa: “È semiautobiografico. Sono cresciuto
in un ambiente teatrale e cinematografico finchè i miei genitori hanno
divorziato. Dopo sono stato allevato in campagna da mia nonna e lì,
avevo 6 o 7 anni, ho incontrato un professore di musica che è stato
essenziale nella mia vita e mi ha fatto scoprire come si possa lavorare
ed impegnarsi divertendosi. È così che ho incominciato a studiare musica
e… a diventare adulto”.
Per far pensare
a)
Sull’idea del film:
scegliere per la figura fondamentale ad ogni alunno il “professore”, un
“creativo” che conosce il disadattamento del “perdente”.
“Per i ragazzi il professore appare indispensabile, ma per l’insegnante
musico, che cosa rappresentano i Coristi” – è stato chiesto al Regista
del film. “Le Choristes – risponde – è stato pensato e realizzato come
un viaggio a ritroso nell’infanzia, che ripercorre emozioni e
avvenimenti destinati a segnare un’intera vita”. Mai del tutto
cancellati, entrano a costruire tasselli densi di significato per la
propria storia interiore, la propria esistenza. E questo prodigio
avviene per l’impegno di un musico deluso, ma non “fallito”.
Stretto tra la freddezza spietata del Direttore d’Istituto e la violenza
indisciplinata dei giovani detenuti, quest’ometto “buffo e tenero” (uno
straordinario Gérard Jugnot) si presenta all’apparenza come un debole
destinato a soccombere. Eppure riuscirà a cambiare le leggi e le
“gabbie” in cui vede già soffocare quelle fragili vite. Perché? “Il vero
cambiamento – spiega il regista – avviene nello ‘scambio reciproco’. Lui
cambia la vita ai ragazzi, ma anche i ragazzi cambiano la sua: tornerà
infatti a dirigere la sua musica”. È il suo credo nella vita e quanto ha
di più prezioso: l’umanità calda e rigenerante del padre e del musico. I
Coristi sono il suo ‘specchio’. Ha già conosciuto molti fallimenti,
professionali e sentimentali, ma davanti a loro – ‘per loro’ – ritrova
la capacità di liberare tutte le risorse del suo potere creativo: il
recupero benefico del canto, la pedagogia costruttiva del sentirsi CORO.
b)
Sul sogno del film:
fare del cinema uno strumento privilegiato che si propone – se non di
cambiare le cose – di infondere nel pubblico il desiderio di provare a
farlo.
Questa bella pellicola delicata e coinvolgente ha rischiato le accuse
del “già visto”. Si è tentato di liquidarla come l’ennesimo esempio di
film umanista “farcito di buoni sentimenti ed emozioni precotte”,
sull’onda del filone ormai ripetitivo che ha fatto seguito a “L’attimo
fuggente”. Non è affatto così – scrive Nepoti su Repubblica - “Le
Choristes è un’opera pudica e divertente, che insieme all’equilibrio e
alla ‘qualità francese, conosce molto bene la differenza tra
sentimentalismo e tenerezza.” Non si tratta di un film ‘d’altri tempi’,
né di un film per bambini. È invece la forza dell’autenticità di un
racconto personale che riesce ad emozionare e a divertire con il
richiamo profondo e alto al tema della “paternità” educativa. È il
rapporto tra Mathieu e i suoi ragazzi che colpisce, il suo tratto di
adulto che li interpella da protagonisti e, nonostante i fallimenti, li
incoraggia e valorizza. Tutto viene mediato dal trasporto delle note e
della musica (spendida e coprodotta dallo stesso regista - ha già
venduto un milione di cd) che agisce direttamente sullo spettatore e lo
conquista. Ma la lezione vincente è nel segreto del canto, che celebra
in pienezza il suo valore pedagogico attraverso il coro . In esso “I
Coristi” trovano il proprio spazio ed il rapporto singolo-comunità si
ricompone, si esprime, si educa e riscatta. Buona visione.
Mariolina Perentaler
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