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Un Film parlato

Regia: Manoel de Oliveira
Nazione: Portogallo/Francia/Italia
Anno: 2003
Genere: drammatico

Un titolo sincero come lo spirito del film. È il racconto di un viaggio. A bordo di una nave che attraversa il Mediterraneo una giovane madre, insegnante di storia all’Università di Lisbona, narra con linguaggio semplice e comprensibile alla figlioletta di sette anni il percorso che la civiltà ha compiuto attraverso i secoli: le sue contraddizioni, i suoi misteri, i suoi miti in una progressione narrativa che culminerà solo nel finale a sorpresa, splendido e destabilizzante.

Opera del notissimo novantacinquenne regista portoghese, è stata definita “raccomandabile” dalla Commissione di Valutazione Pastorale. La si consiglia quindi a tutti, ma soprattutto a chi ricerca saggezza nell’intricato scenario dell’oggi. A chi vuole purificarsi dai bombardamenti mediatici che ci violentano incessantemente. A chi desidera tornare alla limpidezza fresca e profonda – anche se più dimessa ed antispettacolare – della semplice parola, del “sapersi parlare per volersi incontrare”: tra persone, culture e popoli.

 

Il soggetto

Da Lisbona Rosa Maria si imbarca insieme alla figlia Maria Joana per una crociera con destinazione Bombay dove l’attende il marito pilota. Sceglie il viaggio in nave per condurre la giovane figlia attraverso una serie di tappe culturalmente e storicamente significative. Da Pompei al Cairo, da Atene ad Istanbul: è l’occasione per un incontro con la civiltà mediterranea, con quell’eredità che più ha marcato la società occidentale. Durante la crociera Rosa Maria conosce John, il capitano della nave e, tramite lui, tre donne della modernità: Francesca ex modella italiana; Helena attrice e cantante greca; Delfina imprenditrice di successo francese. Nonostante parlino lingue diverse, durante una cena d’amicizia scoprono e godono la piacevolezza del dialogo reciproco. Proprio mentre il loro clima d’incontro sta per includere anche l’insegnante portoghese con la figlia e si sta contagiando a tutti gli ospiti della nave, arriva la notizia che alcuni infiltrati hanno collocato a bordo una bomba innescata. Si deve rapidamente far sgombrare i passeggeri. Ma quando tutti sono in salvo sulle scialuppe, la piccola Joana torna indietro per salvare la sua bambola appena ricevuta in regalo: è la morte al posto della vita. A distanza, il capitano incredulo e atterrito si immobilizza in un fermo immagine eloquente e sconvolgente, su cui scorrono lente  istantanee ricordo con i titoli di coda.

 

Per far pensare

Sull’idea del film: affrontare una traversata nella storia oggi, in compagnia di una bambina. Perché?

È un’autentica lezione e ci viene da un novantacinquenne che non ha più paura di deludere. De Oliveira sembra volerci dire che analizzando la storia umana è facile rendersi conto dei paradossi della nostra civiltà, soprattutto quando sono messi a nudo dalle semplici domande di una bambina. “Se non diventerete come bambini” ci ammonisce a proposito il Vangelo e Manuel sembra concludere: “non capirete mai”. Soltanto i bambini sanno riportarci ai toni tenui e delicati della saggezza, soltanto la loro curiosità pulita, il loro bisogno di verità ci costringe ad un giudizio e ad un linguaggio lontani dall’artificio e dalla finzione. Ad uno sguardo/stile capaci di avvicinarci il più possibile al cuore delle vicende umane. Esemplare in questo senso torna il dialogo della professoressa che cerca di spiegare alla sua bambina il significato della parola “ambizione”. Saremo costretti a ricordarlo e a rileggerlo nel culmine verso cui conduce il film: il suo drammatico finale.

Sul sogno del film: dove approdare dopo aver meditato lungo i viali della storia? A sedere insieme, conversando ciascuno nella propria lingua attorno all’unica mensa, e contribuire - nella diversità - al miraggio dei secoli:  la festa della CONVIVENZA nella comprensione reciproca.

Sulla stessa nave comandata dal capitano americano di origine polacca John Malkovich, viaggiano Catherine Deneuve, Stefania Sandrelli, Irene Papas che simboleggiano rispettivamente il mondo degli affari,  della moda, del canto. “Sono le tre Parche moderne” è stato scritto dai critici, “conversano ciascuna nella propria lingua e insieme al capitano, ma si capiscono alla perfezione” quasi si trattasse di una torre di Babele rappacificata, finalmente capace di comprensione reciproca. A questo tavolo giungono e si uniscono la madre con la figlia dopo l’incontro con i segni lasciati “dal nascere delle città, delle leggi, della convivenza, della spiritualità proposta nell’amore” - come memoria e testimonianza per il futuro. Ma il regista con una virata fulminea ci avverte: si tratta soltanto di un assaggio/miraggio appena intravisto, ma  purtroppo del tutto fragile.   

Sul messaggio reale del film: dall’ieri all’oggi, il fanatismo percorre le vie dell’Europa e del mondo per distruggere e cancellare ogni tentativo di comunicazione/incontro

“Mamma, che cosa sono gli uomini moderni?” aveva chiesto la piccola Joana. La risposta conclusiva è qui, in un finale che fa naufragare nella violenza l’utopia di un mondo finalmente senza conflitti. Con 75 anni di film alle spalle, Oliveira ci congeda così, dopo averci colpiti al cuore. E ci costringe ad una riflessione che inchioda nell’espressione di terrore pietrificato sul volto del comandante nell’ultima inquadratura e chiede: “Qual è il vero posto della nostra civiltà che, da troppo tempo ormai, presume di occupare quello centrale, nell’effimero mondo di oggi?”

Mariolina Perentaler

Ringraziamo la direzione di DMA (Da Mihi Animas) delle Figlie di Maria Ausiliatrice per l’autorizzazione a pubblicare.

 

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