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S iamo
all’inizio di un nuovo anno sociale, e mentre ringraziamo il Signore per l’anno
appena terminato, gli chiediamo l’abbondanza del Suo Spirito e della Sua
misericordia per poter iniziare un nuovo cammino con slancio rinnovato e con
nuova passione, nella Sua volontà e nel Suo amore.
Chiamate a seguire Cristo più
da vicino, con il dono della vocazione religiosa, il Padre ci fa fatto il
grandissimo dono di associarci al Suo divin Figlio per annunciare al mondo il
Suo amore infinito per ogni persona e per ogni creatura, la sua misericordia
perenne per i nostri limiti e per i nostri peccati, il Suo disegno eterno di
renderci felici e averci per sempre con sé, come Sua famiglia, riunita attorno
alla Sua mensa per l’eternità.
è
ovvio che per comunicare al mondo questa Buona Novella, dobbiamo dotarci di un
linguaggio comprensibile da tutte e da tutti. La fede, infatti, deve essere
vissuta, annunciata, donata, comunicata, condivisa. Gli Atti degli apostoli, al
capitolo 2,1-11, ci insegnano che questo linguaggio universale, questa sorta di
esperanto, capace di essere codificato e decodificato da ogni persona, è il
linguaggio dell’amore. Solo l’amore, quello vero, autentico, oblativo è capace,
infatti, di farsi comprendere dagli occidentali e dagli orientali, dai sudisti e
dai nordisti, dai bianchi e dai neri, dai ricchi e dai poveri, dai credenti e
dai non-credenti, dalle donne e dagli uomini, dai piccoli e dai grandi… L’amore
supera ogni barriera di spazio e di tempo, ed è solo l’amore che può farci
comprendere le “grandi opere di Dio”.
Noi, che dovremmo essere
esperte nell’amore, viviamo in un mondo complesso, eterogeneo, diversificato,
globalizzato, a volte alienante… ma questo non ci deve impedire di essere segni
significanti e comunicatrici dell’Amore con il quale il Signore ci ama da sempre
e per sempre, come non dovrebbe impedire alle nostre comunità religiose di
testimoniare al mondo «quanto è buono e quanto è soave che i fratelli, [o le
sorelle], vivano insieme (Sl 133,1). Dall’amore che vivremo nelle nostre
comunità, infatti, il mondo potrà riconoscerci come discepole del Cristo:
«Guardate come si amano!...», dicevano, infatti, i pagani, vedendo le
prime comunità cristiane. I non-credenti di oggi potrebbero dire la stessa cosa,
vedendo le nostre comunità? Ci amiamo veramente come Gesù ci ama? San Paolo ci
ricorda, poi, se ce ne fosse bisogno, che la diversità che esiste tra di noi (di
età, cultura, provenienza, opinioni, razza, ecc.) non è un inciampo o un
ostacolo alla comprensione reciproca, bensì una grande ricchezza e una grande
opportunità, perché è vero che: «vi sono diversità di carismi, ma uno solo è
lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono
diversità di operazioni, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti» (1Cor
12,4-6).
Noi dobbiamo soltanto confidare
nell’aiuto paterno e materno di Dio, che in Cristo Gesù, dopo la sua
risurrezione, ci ha donato la Sua pace e ci ha inviato nel mondo per annunciare
a tutti che la vita ha vinto la morte, l’amore ha sconfitto l’odio, la pace ha
sopraffatto la guerra, il bene ha vinto il male per sempre e che d’ora in poi
possiamo e dobbiamo vivere come creature nuove, perché siamo state
riscattate a caro prezzo…
Questa pace che Gesù ci ha
donato, e continua a donarci, possiamo farla nostra e inverarla nella nostra
vita, a patto che sappiamo perdonarci di cuore le une con le altre, gli uni con
gli altri, non sette volte, ma settanta volte sette… Gesù, infatti, apparendo
agli apostoli, disse: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando
voi… Ricevete lo Spirito santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a
chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20,19-23).
Questo messaggio di Gesù è
molto chiaro: è con la forza dello Spirito santo, vivente in noi, che troviamo
la forza, se lo desideriamo veramente, di perdonarci a vicenda, perché abbiamo
fatto l’esperienza, e la facciamo continuamente, di essere persone perdonate,
accolte, riconciliate, nonostante le nostre debolezze e i nostri continui
peccati…
E altrove, Gesù dice ancora:
«Non giudicate, per non essere giudicati; perché con la misura con la quale
misurate, sarete misurati» (Mt 7,1).
Alla luce di questa Parola,
vogliamo, allora, iniziare questo nuovo anno sociale ponendo un’attenzione
particolare al discorso che Gesù fece nella Pentecoste della Chiesa nascente.
Esso, come abbiamo visto, ruota attorno a tre perni, che sono indispensabili
anche per noi, oggi, se vogliamo essere vere apostole del nostro Maestro divino.
Questi tre perni sono: 1) avere nella nostra vita, nei nostri pensieri, gesti,
azioni e manifestazioni la lingua universale dell’amore con tutti
e verso tutti; 2) costruire, perseguire, accogliere e condividere, a qualsiasi
prezzo, la Pace che il Signore ci ha donato, evitando ogni contrasto,
giudizi negativi, irrigidimenti e pregiudizi verso il prossimo; 3) perdonare
sempre: noi stesse e coloro che ci hanno fatto qualche torto, vero o
immaginario che sia, per vivere in pace con noi, con coloro che ci stanno vicino
e con Dio.
Solo così potremo annunciare e
comunicare con efficacia il Vangelo di Cristo Gesù al mondo, ed essere sue
discepole.
Preghiamo le une per le altre,
perché le persone consacrate a Dio siano realmente sale della terra e luce
del mondo.
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