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Si
intitola
“Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto,
di dialogo, di amicizia” il messaggio di Papa Benedetto XVI per la
43.esima giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebra il
24 maggio prossimo.
Internet è un ‘vero dono per l'umanità’, si legge nel messaggio, e per
questo deve essere accessibile a tutti. Nel testo il Papa torna su un
argomento caro alla Chiesa cattolica che gli ha già dedicato diversi
documenti per sottolineare il fatto che sarebbe “grave danno” se non
fosse accessibile a tutti, e specialmente ai più poveri e agli
emarginati. Di più. Il Santo Padre ricorda che “è gratificante vedere
l'emergere di nuove reti digitali che cercano di promuovere la
solidarietà umana, la pace e la giustizia, i diritti umani e il rispetto
per la vita e il bene della creazione. Queste reti possono facilitare
forme di cooperazione tra popoli di diversi contesti geografici e
culturali”.
Non sono pochi gli spunti di riflessione contenuti nel messaggio del
Papa che abbiamo approfondito con Simona Borello, esperta del settore.
Laureata in scienze della comunicazione con una tesi di linguistica
generale su "Comunicazione e liturgia: per un'analisi linguistica delle
omelie", collaboratrice dal 2005 della NOVA-T, centro di produzione
televisiva e multimediale dei frati cappuccini italiani, per il quale si
occupa della gestione della promozione del sito internet; della
organizzazione e della didattica dei corsi di formazione
"Evangelizzazione&Comunicazione" e dell'archivio missionario.
Attualmente, la Borello è membro del coordinamento di "Chiccodisenape",
del consiglio del Meic e collabora con la redazione de "Il Foglio" di
Torino.
Come
affronta a suo avviso il giornalismo online l’informazione religiosa e
vaticana?
“Non penso che il
giornalismo affronti in una maniera particolare l’informazione
riguardante eventi religiosi, ma che confermi anche nel mondo virtuale
la necessità di “vendere il giornale” che l’ha caratterizzata su
supporto cartaceo. Per questo motivo, i fenomeni religiosi, le
personalità ecclesiali, gli eventi cattolici, sono raccontati nella
misura in cui possono dare degli elementi utili ad aumentare il numero
dei passaggi sul sito (un tempo avremmo detto “la tiratura”). Si tratta
del resto di quello che è necessario al mantenimento dell’informazione
on line e quindi dovremo considerarlo un fattore inevitabile e, per
certi versi, necessari al mantenimento della pluralità delle opinioni.
In questo contesto, come è inevitabile, operano giornalisti con un
bagaglio di conoscenze tale da permettere una comprensione adeguata
delle situazioni che vengono raccontate e altri che invece hanno un
bagaglio minore.
Questo tipo di
meccanismo dovrebbe essere però conosciuto e interpretato da parte degli
organi e dagli uffici stampa religiosi, portando così a curare e
organizzare in maniera efficace la propria comunicazione per limitare le
possibilità di manipolazione. Penso che sia necessario non sottovalutare
l’importanza di una pianificazione professionale della propria
comunicazione, specialmente quando si hanno dei contenuti che si
vogliono diffondere.
Un meccanismo secondario –ma non per
questo meno importante- di questo tipo di situazione è la costruzione di
personaggi interessanti dal punto di vista mediatico, che diventano gli
unici punti di riferimento di un’esperienza o di un’istituzione (ad
esempio, spesso l’informazione religiosa riferisce unicamente le
attività del Papa, a fronte di una quantità enorme di iniziative
realizzate nelle diocesi, dalle congregazioni, da associazioni e
movimenti)”.
In che modo le nuove tecnologie rappresentano
una sfida culturale anche alla luce di un utilizzo critico e
responsabile?
“Ciascun mezzo di
comunicazione ha posto sfide inedite alla cultura in cui si è inserito.
Come amo dire a mo’ di battuta, coloro che si sono trovati a vivere la
nascita della stampa avranno vissuto uno smarrimento paragonabile se non
più forte al nostro.
La vera novità dei
nostri giorni sono la velocità di diffusione di nuovi supporti e la
facilità di utilizzo, che da un lato rendono estremamente semplice
l’accesso ai mezzi di comunicazione e dall’altro “obbligano” a un
continuo aggiornamento. Temo che, però, questo aggiornamento sia fatto
solo dal punto di vista di caratteristiche tecnologiche senza
interrogarsi sulle conseguenze cognitive e culturali.
È sempre più
necessario pensare momenti di formazione specifica sui mezzi di
comunicazione, rivolta sia agli adulti, che magari hanno più difficoltà
di approccio, sia ai giovani, che li usano in maniera immediata, ma
spesso non sono consapevoli delle conseguenze. Si tratta di insegnare a
farsi le domande “giuste”, allontanandosi dai cliché del sentire
comune per approfondire la questione proprio dal punto di vista
culturale.
Rispetto a questa
necessità, penso che proprio le persone consacrate possano svolgere un
ruolo cruciale, offrendo la testimonianza di un uso consapevole dei
media e organizzando momenti di formazione insieme a professionisti. Può
essere interessante segnalare che all’interno del Festival della
Comunicazione che si svolgerà ad Alba ci saranno due momenti di
formazione sulle tecnologie aperte a tutti, organizzati dai paolini e
dalle paoline in collaborazione con NOVA-T, la casa di produzione
televisiva dei frati cappuccini”.
Quali riflessioni le suggerisce il tema
scelto quest’anno per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali?
“Penso che aver
focalizzato l’attenzione sul legame tra le nuove tecnologie e le nuove
relazioni che attraverso di esse si instaurano abbia costituito uno
spunto di riflessione opportuno per le nostre realtà ecclesiali. Nei
confronti delle nuove tecnologie, infatti, ci troviamo a veder replicata
la dicotomia “apocalittici e integrati”, coniata da Umberto Eco negli
anni Sessanta: difensori e proibizionisti acritici, con conoscenze
spesso legate al “sentito dire” più che alla conoscenza diretta. È
tempo, dunque, che educatori, catechisti, preti, suore, frati, compiano
un percorso di osservazione, di studio, di confronto.
Essere tutti dei
pionieri pieni di curiosità: non possiamo dire che non cambia niente
(non è mai così quando un nuovo strumento entra nello scenario
comunicativo) e neppure che quello che conoscevamo è stato rovinato.
Giusto per fare un
esempio, ho sentito ipotizzare che la solitudine provata dagli
adolescenti sia legata alla mancanza di relazioni autentiche perché le
amicizie erano tutte legate agli sms, alle instant chat, ai
social network. Siamo sicuri che sia un’analisi adeguata? Forse che
la mia generazione, che aveva a disposizione solamente il telefono
“fisso”, non ha vissuto la solitudine nell’adolescenza? Basterebbe anche
solo una hit di allora – giustappunto La solitudine di
una giovanissima Laura Pausini - a ricordare che era proprio così.
Il mio pensiero è
che, dunque, le nostre domande dovrebbero avere un respiro maggiore: in
che modo le nuove tecnologie influenzano le modalità relazionali?
L’avere a disposizione dei mezzi di comunicazione che permettono di
essere in contatto frequente rafforza o indebolisce i legami? Il vissuto
in un flusso informativo in continua evoluzione può entrare in contrasto
con la costruzione di legami stabili? Le amicizie “virtuali” sono uguali
o diverse da quelle della vita reale? Quali i punti di contatto e quali
di divergenza? E così via”.
In base alla sua esperienza, come è vista
l’informazione on line dalle persone consacrate?
“Non penso si
possano esprimere opinioni generalizzate sull’argomento. Come avviene
per il resto della popolazione, si trovano persone competenti e
appassionate e altre, invece, diffidenti e inconsapevoli.
Nel corso dei miei
corsi di formazione sull’argomento ho naturalmente notato come le
persone più giovani abbiano maggiore facilità ad individuare le
potenzialità dei mezzi informatici, ma anche come l’educazione a un uso
consapevole permetta a persone di tutte le età di poterli adoperare.
Per questi motivi, ho
deciso di dare il mio supporto attivo ai corsi di formazione promossi
dalla NOVA-T. Il progetto si chiama Evangelizzazione&Comunicazione
pensato per potenziale le competenze comunicative delle persone
consacrate (e agli operatori laici) in vista dell’annuncio del Vangelo.
Si tratta di un’occasione per aumentare la conoscenza del mondo
contemporaneo e per individuare nuove idee per l’evangelizzazione in un
contesto così ricco di comunicazione.
L’offerta formativa
è articolata in tre proposte: Evangelizzare con le immagini per
conoscere meglio il funzionamento della comunicazione contemporanea, per
informarsi sulle indicazioni del Magistero, per trovare strumenti e
modalità di evangelizzazione; Comunicare bene, evangelizzare meglio
per apprendere la teoria e le tecniche necessarie a progettare le
proprie scelte comunicative; Montaggio, dall’idea alla pratica
per sperimentare le funzionalità comunicative e narrative dei diversi
tipi di video, linguaggio molto apprezzato dai giovani.”
Come potrebbe essere utilizzata
l’informazione on line dai religiosi e dalle religiose anche ai fini
dell’evangelizzazione?
“Come ci insegna il
Concilio Vaticano II, l’annuncio del Vangelo deve incarnarsi nella
storia e nella vita delle persone che si vogliono raggiungere. Per
questo motivo non si può prescindere dalla conoscenza e dall’uso dei
mezzi di comunicazione “elettronici” per almeno due ragioni. La prima è
che sono gli strumenti adoperati da moltissime persone per scambiarsi
informazioni, emozioni, esperienze. La seconda è che la presenza di
questi mezzi influenza profondamente la società, i processi di
apprendimento, le modalità decisionali, la diffusione delle mode, e via
dicendo.
Giusto per fare un
esempio, mi soffermerò un momento ad esaminare i social network,
che dopo un inizio in sordina si sono imposti come i maggiori centri di
aggregazione su internet. La caratteristica di questi luoghi è l’aver
messo al centro la persona, dopo anni di supporti che prevedevano una
partecipazione attraverso gli pseudonimi. Questo riporta per certi versi
a una modalità di socializzazione “tradizionale”, anche se si amplia in
modo esponenziale: si riprendono i contatti con persone del proprio
passato da cui ci si era allontanati per i motivi più vari; si
rafforzano i flussi di comunicazione con le persone che si vedono anche
di persona tutti i giorni; si “fa amicizia” con gli amici dei propri
amici visti in qualche festa di compleanno o al campeggio e mai più
incontrati; si entra in contatto con degli sconosciuti con cui si hanno
degli interessi in comune che però non sono nascosti da pseudonimi ma
vediamo “in faccia” e ne conosciamo l’ambiente (interessi, luogo di
provenienza, amici, eccetera...)...
In questi luoghi può
avvenire di tutto: c’è chi è presente “perché ci sono tutti” ma non si
fida neanche di mettere una propria foto e chi esibisce anche le foto
della gita al mare o della propria infanzia; c’è chi li utilizza come
luogo di battaglie politiche/culturali/religiose, diffondendo testi e
video e chi perde tempo a fare i test su “quale principessa Disney sei?”
e “quale personaggio storico avresti sposato?”.
Essere presenti in
questo contesto apre possibilità inedite: entrare in contatto con tutto
quello che le persone condividono e ritengono importante (l’appartenenza
al gruppo A o al gruppo B, la scelta della foto, il numero degli amici,
la quantità dei messaggi scritti); creare nuove forme di comunità
intorno ad eventi importanti, che possano essere portate avanti nel
tempo; sperimentare una comunicazione più forte, adoperando più mezzi
contemporaneamente (video, fotografie, testi, chat...)
Queste considerazioni
possono essere valide anche per gli altri mezzi di comunicazione e sono
solamente indicative di un processo: il “modo” con cui adoperarli è,
infatti, potenzialmente infinito perché la grande duttilità dei mezzi di
comunicazione permette di dare vita a modalità originali, pensate
appositamente per la realtà in cui ci si trova a vivere. Per questo non
penso ci possano essere delle regole, quanto la capacità di osservare e
sperimentare una modalità di presenza.
Così il parroco
metterà su facebook le foto del campo estivo, così i ragazzi
potranno aggiungere i propri commenti e organizzare una nuova
iniziativa.
Il frate potrà
inviare un sms contenente una sintesi del Vangelo in modo che sia un
veloce memorandum per chi a messa c’è stato e per farla arrivare a
coloro che per vari motivi si sono allontanati dalla frequenza
settimanale.
La suora potrà
animare un blog, sollecitando i partecipanti ad esprimere la
propria opinione su questioni di attualità o su disagi esistenziali.
E via dicendo, con
creatività!
(Si noti bene che
gli esempi riportati si riferiscono tutti a casi veri)”.
Come è
possibile promuovere una cultura del rispetto, del dialogo e
dell’amicizia attraverso l’informazione on line?
“Il mondo della
comunicazione “elettronica” è un flusso continuo, nel quale è difficile
che ci siano punti di riferimento validi e autorevoli per tutti. Quello
che conta è, dunque, la possibilità di creare delle zone dove sia
piacevole ritornare, perché ci sono contenuti sempre aggiornati, perché
si dà considerazione e si risponde ai commenti lasciati, perché si
forniscono link interessanti.
In questi luoghi si
potrà allora far passare una cultura del rispetto, del dialogo e
dell’amicizia attraverso una testimonianza credibile nel tempo: tutti
possono esprimere liberamente la propria opinione, tutti sono invitati
ad avere un atteggiamento rispettoso (senza gerarchie e senza
pregiudizi), tutti sono incoraggiati a ritrovarsi anche al di fuori di
quel contesto comunicativo.
Questo tipo di
esperienza risulta, alla fine, più forte e condivisibile
dell’affermazione di principi che, pur giusti, risultano essere
percepiti come vaghi e sganciati dalla realtà”.
Nel messaggio il papa esorta a non degradare
l’essere umano e ad escludere ciò che alimenta odio e intolleranza. Può
citare un caso on line, espressione delle parole del papa?
“Questa affermazione
mi pare ci sia di aiuto a sottolineare l’importanza della formazione per
coloro che vogliono essere educatori ed evangelizzatori nell’epoca di
internet. Competenze approfondite sul funzionamento della rete e uno
sviluppato senso critico sono necessari per poter stare accanto ai più
giovani e aiutarli a distinguere tra i diversi tipi di contenuto, a
verificare le fonti informative, a capire quali sono le domande da porsi
diversi ai tipi di contenuto.
Si potrà così
interagire con i più giovani e discutere –in classe, al catechismo,
durante un ritiro, su un gruppo di facebook- su quali sia l’idea
di persona che c’è dietro al video che sta impazzando su youtube,
al calendario della velina che è sulla home page del quotidiano,
alla barzelletta xenofoba che circola in posta elettronica.
Si tratta di mettere
a servizio il proprio senso critico, conoscendo quanto avviene sulla
rete e affrontandone i punti nodali. Va da sé che questo significa
essere aggiornati su quello che avviene ogni giorno: visitare i siti
principali, controllare la posta elettronica, fare una capatina nel
proprio profilo... sono attività che sicuramente richiedono del tempo,
ma che è benedetto in termini di competenze acquisita e di spunti per
dialogare”.
In rete cresce il numero di siti cattolici di
giorno in giorno. Analizzandoli dal suo punto di vista di esperta del
settore, come si presentano e quali i pregi e i difetti?
“La quantità di siti
cattolici in rete è veramente impressionante! Mi capita spesso di
consultare l’utilissimo portale
www.siticattolici.it curato da Francesco Diani e mi trovo a visitare
un arcipelago composito. Accanto a siti molto curati dal punto di vista
grafico, aggiornati frequentemente dal punto di vista dei contenuti,
ricchi di collegamenti con siti utili, ci sono siti “amatoriali”, dalla
grafica semplice e aggiornati molto di rado.
Penso che sia sempre
necessario considerare l’obiettivo della presenza in rete, che comporta
la creazione di “luoghi” di tipo diverso. Per fare qualche esempio, se
si vuole presentare la propria istituzione si ha bisogno di un sito
professionale, elaborato con competenza, nel quale siano recuperabili
tutta una serie di informazioni che aiutino il navigatore. In questo
caso può essere opportuno rivolgersi a uno studio professionale,
considerandolo un investimento sul lungo periodo, che serve a fornire
una visibilità adeguata. Troppi siti delle congregazioni, infatti,
finiscono per dare poche informazioni, a non essere aggiornati, a essere
abbandonati non appena il “religioso bravo con internet” cambia
convento. Se si vuole invece animare un’attività giovanile o vocazionale
può essere sufficiente un blog, avvalendosi delle interfaccia
grafica forniti gratuitamente e della possibilità di mettere in
condivisione un numero notevole di materiali.
Un’altra
caratteristica da valorizzare è la semplicità nella costruzione dei siti
e dei blog: spesso ci si trova a siti colorati con numerose
tonalità cromatiche, ricchi di animazioni, accompagnati da una colonna
musicale (che non è sempre eliminabile), sostenuti da un menu complesso
e macchinoso.
Un altro punto a cui
fare attenzione, infine, è l’integrazione tra il sito o il blog
con le altre realtà presenti nella rete: i social network
adoperati, i nomi usati nelle instant chat, eccetera”.
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