Mancano ormai
meno di due mesi al settimo incontro mondiale delle famiglie in
programma a Milano dal 30 maggio al 3 giugno prossimi. Quattro intense
giornate che si concluderanno con la celebrazione eucaristica presieduta
dal Santo Padre Benedetto XVI al Parco Nord domenica 3 giugno. Un
milione gli ospiti attesi a questo evento concentrato questa volta su
famiglia, lavoro, festa: trinomio che sarà dipanato attraverso diversi
convegni, incontri, messe e nove catechesi. All’incontro mondiale
prenderà parte, tra gli altri, padre Josè Granados con una relazione su
“Celebrare la festa in famiglia: riti e gesti nell’esperienza
familiare”. Padre Granados è un religioso dei Discepoli dei Cuori di
Gesù e Maria. E’ professore straordinario di Teologia del Matrimonio e
la Famiglia e Vice Preside presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo
II, sezione centrale. Ha conseguito il Dottorato in Teologia alla
Pontificia Università Gregoriana, Roma (Premio Bellarmino). Dal 2004 al
2009 ha insegnato alla sezione statunitense del Pontificio Istituto
Giovanni Paolo II presso la Catholic University of America a
Washington, DC. Egli è anche Laureato in Ingegneria Industriale presso
l’Universidad Pontificia de Comillas (ICAI), Madrid.
Tra le sue pubblicazioni, Signos en la carne: El
matrimonio y los otros sacramentos, Monte Carmelo, Burgos 2011; La
carne si fa amore. Il corpo, cardine della storia della salvezza,
Cantagalli, Siena 2010; Teología de los misterios de la vida de Jesús:
ensayo de una cristología soteriológica, Sígueme, Salamanca 2009;
Called to Love.
Approaching John Paul II’s Theology of the Body,
DoubleDay, New York 2009 (con Carl A. Anderson); Betania: una casa
para el amigo.
Pilares de espiritualidad familiar,
Monte Carmelo, Burgos 2010 (con José Noriega);
Los
misterios de la vida de Cristo en Justino Mártir,
Analecta
Gregoriana 2005.
A lui abbiamo rivolto alcune domande sull’appuntamento di
Milano e sull’istituzione familiare, tra crisi e opportunità.
Trent’anni dopo la promulgazione della
Familiaris Consortio, l’esortazione apostolica di Giovanni Paolo II è
ancora attuale, alla luce dell’attuale scenario europeo?
“Penso che
l’esortazione apostolica sia ancora di grande attualità, anche perché ha
avviato una riflessione profonda sull’antropologia, propria del
pontificato di Giovanni Paolo II, dell’uomo familiare tale da
permetterci di comprendere l’uomo nella sua dimensione familiare ed in
rapporto con Dio sul piano del matrimonio e dei rapporti familiari. In
questo senso ha innescato un’analisi accurata sia filosofica che
teologica. In secondo luogo, il documento papale ha contribuito ad
offrire una visione della famiglia non più privatizzata come se
si trattasse solo di una questione tra privati, che attribuisce alla
famiglia un valore affettivo, come una sorta di luogo di rifugio per
l’affettività del singolo che non ha niente a che fare con la vita
pubblica e sociale ed ecclesiale. Di conseguenza, la F.C. insiste sul
rilievo sociale ed ecclesiale dell’istituzione familiare, una
trasformazione oggi più che mai attuale in tempi di sfide a cui la
famiglia è chiamata a rispondere”.
L’espressione “Chiesa domestica” applicata alla famiglia
cristiana, che valore ha oggi?
“Penso che sia soprattutto la necessità di mettere in
rapporto la Chiesa con la famiglia. La famiglia, infatti, è importante
per capire la Chiesa, come pure la Chiesa è importante per capire la
famiglia. Il suo valore sta in questo legame, in questa ecclesiologia,
in questa visione della Chiesa e della famiglia. La famiglia è una
piccola Chiesa domestica, la Chiesa è una grande famiglia. Occorre
capire le strutture famigliari e capire la visione della famiglia come
soggetto di evangelizzazione, e cosa la Chiesa attua sulla famiglia. Non
è soltanto cura e promozione della famiglia, ma anche come risorsa.
Rende la famiglia soggetto attivo della società, in modo che la famiglia
stessa si faccia evangelizzatrice e formatrice all’interno della
società”.
Le religiose e i religiosi possono contribuire a
sostenere le famiglie? In che modo?
“Dobbiamo attenerci
al magistero di Giovanni Paolo II in merito. La vita religiosa non è
diversa dalle dinamiche della vita familiare. Anche la vita religiosa si
comprende in termini di vita familiare. Il religioso o la religiosa sono
figli, diventano sposi all’interno della Chiesa sposa, hanno una
paternità e una maternità spirituali, essendo intimamente legati quindi
a categorie familiari la possono aiutare a buon diritto. In primo luogo,
direi che vivono in famiglia, possono offrire una concreta testimonianza
alla società e per le famiglie. E le aiutano a guardare all’ultimo
traguardo del regno dei cieli. Cioè il senso ultimo della loro vocazione
familiare. Quindi, la fedeltà è per la vita religiosa una testimonianza
ed un segno di essere famiglia che ha la all’amore. In questo senso, la
strada da percorrere è la stessa. Questo incontro mondiale delle
famiglie è anche un incontro della vita religiosa in un certo senso. I
religiosi sono in grado di offrire un sostegno specie alle famiglie in
difficoltà o sofferenti per la mancanza di figli perché la vita
religiosa è proiettata nell’eternità e vive una fecondità spirituale.
Possono sorreggere le famiglie che si dibattono in mille difficoltà di
ogni genere perché possono aiutarle a vivere la loro specificità
cristiana.
La missione dei
religiosi è, in primo luogo, l’educazione all’amore ma conosco l’impegno
dei religiosi e delle religiose nei centri di orientamento e di aiuto
alla vita. Ma il tema educativo è centrale per aiutare la famiglia ad
imparare ad amare”.
Cosa si aspetta dal VII Incontro mondiale delle famiglie
in programma a Milano dal 30 maggio al 3 giugno prossimi?
“Il valore di questi
raduni sta nella loro testimonianza cristiana. Aiutano a vedere la
bellezza della vita in comunione, la gioia della condivisione.
Testimoniare davanti al mondo il ruolo positivo della famiglia e far
capire che la crisi o la difficoltà non guarda alla famiglia come ad una
lotta, ma al contrario come una risorsa di speranza di vita. È una festa
di gioia e di vita questo incontro che rappresenta una proposta
cristiana. Il Vangelo della famiglia si trasmette di famiglia in
famiglia testimoniando una vita grande. E permette di guardare con
interesse alle diverse iniziative ecclesiali perché quando ci si mette
in comunione, si esce arricchiti. La famiglia si mettono insieme per
testimoniare a vicenda e fa grande l’esperienza. Ci sono naturalmente
altri obiettivi come quello di mettere in evidenza il valore sociale
della famiglia valorizzando i tempi del lavoro e della festa. È la
proposta della Chiesa sulla famiglia come risorsa sociale che richiede
alcuni cambiamenti in materia economica e politica. Occorre cambiare la
nostra visione perché sia più a misura relazionale e familiare
soprattutto. Il tema della famiglia riguarda la collettività, il bene
comune e non soltanto l’interesse particolare del singolo e la loro
felicità privata.
Qualche tempo fa il
nostro Istituto ha promosso un convegno, in vista dell’appuntamento di
Milano, dedicato al tema ‘lavoro e famiglia” a cui hanno preso parte
economisti e dirigenti d’azienda. La discussione verteva sul fatto che
non è tanto un problema di conciliare tempi di lavoro con quelli
famigliari, quanto di armonizzare i due tempi nel senso di arricchimento
vicendevole. In questo senso può arricchire con il contributo del
singolo, in quanto individuo non isolato, anche l’ambito aziendale. Si è
affrontato anche l’altro lato della medaglia: anche la famiglia in fondo
è un posto di lavoro, passando anche per il valore e il ruolo della
donna nell’impresa”.
Quali le ricadute di questo tipo di Incontri mondiali?
“Direi che accresce
la consapevolezza del ruolo giocato dalla famiglia nella società e nella
Chiesa. In questo tempo di individualismo sfrenato e di congiuntura
negativa, la proposta della Chiesa appare come una proposta positiva che
va incidere nella pastorale familiare, come sua chiave di azione.
L’aspetto di rinnovamento e di rafforzamento della pastorale familiare
viaggia di pari passo con l’impegno dell’istituzione familiare
nell’ambito sociale. Sono questi i due ambiti di influenza dei raduni
mondiali, a mio avviso. La Chiesa vede la famiglia come una grande
risorsa e non come un problema da risolvere. Spesso capita di assistere
a problematiche relative alla famiglia, in parrocchia come in diocesi.
Ma non è così che va affrontato”.
In che modo si dovrebbe promuovere le associazioni
familiari di impegno civile?
“Queste associazioni sono molto importanti come ad esempio
il Forum delle Associazioni familiari proprio per il loro contributo. La
famiglia, da sola, non è in grado di reggere all’impatto delle questioni
attuali. Deve sempre entrare in relazione con la società che la deve
sostenere e non sostituirla”.
Può delineare il quadro dell’attuale situazione della
famiglia in Italia e in Europa?
“Conosco in particolare la situazione spagnola che si
presenta più critica di quella italiana per le leggi approvate non certo
a favore della famiglia, aggravate dalle difficoltà economiche. Quello
che appare chiaro è la crisi del modello economico attuale. Penso che in
definitiva c’è alla base un problema culturale che si basa sulla visione
individualistica della persona, come a sé stante e non in relazione alle
dinamiche familiari. In questo senso, l’Europa sta conoscendo la crisi
proprio per la sua incapacità di guardare alla persona in chiave
familiare. C’è da notare anche il calo demografico che è un fattore
aggravante di questa situazione”.
Quali iniziative promuove per l’Incontro mondiale di
Milano l’Istituto Giovanni Paolo II per la famiglia?
“Avremo uno stand tutto nostro che ci permetterà di far
conoscere anche le nostre iniziative editoriali e i nostri corsi. Avremo
anche di diffondere le proposte avviate in occasione della giornata
mondiale della gioventù sul tema dell’educazione all’amore. Abbiamo
realizzato, su questo argomento, alcuni video incentrati sulla teologia
del corpo di Giovanni Paolo II in connessione con la teologia della
bellezza nell’arte. Avremo modo di far conoscere, attraverso alcune
relazioni, il nostro contributo sulla verità dell’amore e del piano di
Dio sulla famiglia, su cosa è veramente la famiglia. Perché la crisi
dell’istituzione familiare non è tanto legato alla morale delle persone,
ma è piuttosto una crisi culturale. C’è una mancanza nella cultura
individualista che è una riflessione da tempo avviata dal nostro
Istituto”.
Quali sfide, sul fronte della famiglia, interpellano la
Chiesa anche alla luce della recentissima sentenza della Cassazione
sulle coppie omosessuali?
“Una delle sfide più
grandi è quella relativa alla famiglia non come fatto privato. Non si
può tenere conto solo della propria affettività, occorre pensare in
chiave collettiva e di bene comune. Se non si comprende appieno questo
principio, non si può pensare ad un futuro della società. Si pensa al
matrimonio come una scelta affettiva, senza tenere conto al bene comune,
alla ricchezza della famiglia capace di generare figli e di educarli ed
in quanto tale una ricchezza per la società. Non si può giudicare solo
in senso affettivo: è questa la difficoltà principale della situazione
attuale. I figli hanno bisogno di un padre e di una madre. Di qui la
famiglia come unione stabile fondata sul matrimonio, capace di ricchezza
sociale. Fuori da questo aspetto, tutto assume un aspetto debole”.
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