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Le
lettrici e i lettori di questa rivista sono tutte, e tutti, persone adulte,
persone che hanno una certa esperienza di vita, perché hanno vissuto diversi
anni nel mondo e nei vari istituti, sono familiari di Dio, siedono alla Sua
mensa, partecipano della Sua stessa vita divina. Basta tutto questo, a noi, per
affermare, con altrettanta verità, di essere anche persone mature spiritualmente
e psicologicamente?
Forse la maturità è come la
santità, non è mai sufficiente, non è mai abbastanza, non è mai raggiunta finché
saremo in questa vita terrena… eppure, alle persone consacrate è richiesta anche
una certa maturità spirituale e psicologica, proprio perché dovrebbero essere
segno del Regno di Dio, segno della vita che verrà, segno e testimoni dell’amore
con cui il Padre ama ogni donna e ogni uomo vivente.
Come facciamo a sapere se
siamo vicine o distanti da questo tipo di maturità? Innanzi tutto, a mio modesto
parere, dovremmo avere la consapevolezza di noi stesse: chi siamo, come
siamo, come reagiamo di fronte agli imprevisti, alle situazioni positive e
negative, che tipo di relazioni stabiliamo o coltiviamo con noi stesse, con gli
altri, con Dio, che cosa vogliamo dalla vita?
La consapevolezza di sé
aiuta a riconoscere i propri sentimenti, le proprie emozioni e le proprie
reazioni e ci offre, se lo vogliamo, una prima chiave per migliorarle e dare
loro la giusta direzione e la giusta fecondità.
La consapevolezza di
sé aiuta a capire meglio anche l’ambiente in cui si vive e ciò che vivono,
sentono e patiscono le persone che ci sono accanto: i loro stati d’animo, le
emozioni, le difficoltà, le inquietudini, le attese…
Accorgersi degli altri è
già un passo avanti nella via della vita, perché non siamo monadi ma viviamo
insieme e insieme siamo chiamate a crescere e a testimoniare l’amore di Dio per
ogni creatura. Se poi riusciamo a raggiungere l’empatia, ad essere empatiche,
per metterci al posto loro, nella direzione della loro prospettiva, e sentire
sulla nostra pelle le loro sofferenze e i loro problemi esistenziali per
aiutarle a risolverli, questa è maturità relazionale.
Non credersi l’ombelico del
mondo, da cui tutto parte e a cui tutto deve ritornare, è saggezza; donarsi agli
altri, sull’esempio di Cristo, concretamente, momento per momento, 365 giorni
all’anno, perché gli altri e le altre possano crescere secondo il modello e i
tempi che Dio ha stabilito per loro, è santità.
La maturità pone la
persona, qualsiasi persona, al primo posto: il suo benessere, la sua crescita
umana e spirituale, il suo sviluppo armonico sono molto più importanti di ogni
altra cosa e di ogni altra ricchezza o interesse, perché la persona umana è
amata immensamente da Dio ed è per lei che il Padre ha inviato il Suo Figlio
unigenito nel mondo…
Solo l’amore di Dio può
renderci capaci di oblatività, di gratuità, di benevolenza, di misericordia, ed
è solo per la sua grazia che siamo capaci di dimenticare noi stesse per donarci
agli altri e, se necessario, dare la vita per loro, come ci ha insegnato il
Cristo di Dio, il nostro Signore e Salvatore.
E’, infatti, l’amore che
nutriamo verso gli altri e verso noi stesse, quello autentico, che ci può dire a
che punto è la nostra maturità: un amore gratuito, che non chiede nulla in
cambio, che non si aspetta niente, che non si offende o si ritira se è
misconosciuto, non compreso, travisato, rifiutato. Un amore libero e liberante,
senza ricatti e senza pretese, senza “se” e senza “ma”, capace di far crescere
nell’autonomia e nella vera libertà di spirito, perché ciascuna e ciascuno possa
svilupparsi in autonomia e saggezza, secondo il piano di Dio, nella sua
originalità e unicità.
Il comandamento di Dio
afferma che dobbiamo amare gli altri come noi stessi, completato poi dal
comandamento di Gesù: «Amatevi come io vi ho amati». Chi non amasse se stesso,
come potrebbe amare gli altri? Chi non avesse cura di sé, potrebbe mai prendersi
cura degli altri? Ecco allora che se non vogliamo essere sterili dobbiamo
acquisire anche noi la competenza genitoriale, che consiste proprio nel
prendersi cura dell’altro, nel donarsi all’altro/a, nel generare vita e nel
farla crescere in sovrabbondanza. Come sarebbe bello se in ogni comunità si
facesse a gara per prendersi cura le une delle altre, gli uni degli altri.
Realiz-zeremmo la vera comunione e l’autentica comunicazione, e saremmo tutte, e
tutti, persone realizzate in pienezza, secondo il desiderio del cuore di Dio.
La consapevolezza di
sé, tuttavia, ci fa anche capire che possiamo donare soltanto quello che
possediamo. Se siamo persone “disperse”, se non ci “possediamo” totalmente e non
possiamo prenderci in mano, con tutta la nostra interiorità, se non ci
conosciamo abbastanza per abbandonare le nostre maschere quotidiane e i nostri
copioni distruttivi, come potremmo donarci agli altri? Come potremmo dare alle
altre e agli altri quello che noi stesse non abbiamo?
Se ci restano ancora
problemi insoluti, se la nostra affettività è ancora traballante, se la libertà
ci fa paura, se siamo ancora totalmente ripiegate su noi stesse e non abbiamo
ancora risolto i nostri complessi infantili, se abbiamo ancora tante
rivendicazioni da fare e crediamo che tutto il mondo ci è debitore, come
potremmo donarci totalmente al prossimo e costruire relazioni autentiche, frutto
di una sana armonia interiore? Se così fosse, però, non dobbiamo scoraggiarci né
credere di valere poco o niente: per Dio valiamo moltissimo, valiamo tutto il
suo amore, perché siamo sue figlie amatissime e a Lui tutto è possibile. Con Lui
possiamo ancora cambiare e ricostruire la nostra personalità: finché siamo in
vita, tutto è possibile se lo vogliamo veramente. Dobbiamo soltanto avere il
coraggio e l’umiltà di chiedere aiuto e di farci aiutare. Ciò è possibile sia
attraverso la direzione spirituale, sia per mezzo di una sana amicizia con una
persona di elevata maturità psicologico-spirituale, oppure attraverso il dialogo
personale con una psicologa o uno psicologo adulto e maturo e, ovviamente,
attraverso una profonda vita interiore fatta di preghiera autentica e di piena
fiducia nel Signore e nel Suo amore creativo per noi. Il dialogo costante e
amoroso con il Dio di Gesù Cristo ci apre alla vita, ci colma di amore e
risponde in pienezza alle esigenze più intime del nostro essere interiore.
Abbandonandoci totalmente
nelle braccia materne e paterne di Dio Padre, sotto l’influsso del Suo Spirito
creatore e riparatore, potremo – a mano a mano che abbandoneremo i nostri
meccanismi di difesa – aprirci all’amore misericordioso del Padre, per lasciarci
sanare dall’amore di Cristo, nostra unica speranza e nostra unica salvezza.
La cristoterapia può
ricrearci, farci persone nuove, darci quella carica interiore che ci porta a
vivere e a morire per il Cristo e per il suo Regno, nella certezza di aver
portato a compimento l’opera che Lui stesso ha iniziato in noi per il bene
nostro e di tutta la sua Chiesa. E’ un lavoro interessante e appassionante, che
siamo chiamate a compiere fino alla fine dei nostri giorni, ma ne vale la pena,
perché la posta in gioco è l’eterna visione beatifica e perché non siamo mai
sole a lavorare: con noi e in noi lavora lo Spirito di Dio, che è Spirito di
pace, Spirito di amore, Spirito di gaudio eterno.
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