n. 5
maggio 2005

 

Altri articoli disponibili

 

 

English

I media a servizio della comprensione dei popoli
di Roberto Giannatelli *

 

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

Il messaggio di Giovanni Paolo II, di venerata memoria, per la 39a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali:
I
mezzi della comunicazione sociale: al servizio della comprensione tra i popoli.

Cari Fratelli e Sorelle,

1. Nella Lettera di san Giacomo leggiamo: «E’ dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione. Non deve essere così, fratelli miei» (Gc 3,10). Le Sacre Scritture ci ricordano che le parole hanno un potere straordinario e possono unire i popoli o dividerli, creando legami di amicizia o provocando ostilità.

Questo è valido non solo per le parole pronunciate da una persona nei confronti di un’altra: lo stesso concetto si applica anche alla comunicazione, a qualsiasi livello essa avvenga. Le moderne tecnologie hanno a loro disposizione possibilità senza precedenti per operare il bene, per diffondere la verità della nostra salvezza in Gesù Cristo e per promuovere l’armonia e la riconciliazione. Eppure, il loro cattivo uso può fare un male incalcolabile, dando origine all’incomprensione, al pregiudizio e addirittura al conflitto. Il tema scelto per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2005 – I mezzi della comunicazione sociale: al servizio della comprensione tra i popoli – fa riferimento a un bisogno urgente: promuovere l’unità della famiglia umana attraverso l’utilizzo di queste grandi risorse.

2. Un modo pregevole per raggiungere questo scopo è l’educazione. I media possono educare milioni di persone circa altre parti del mondo e altre culture. A buon motivo, sono stati definiti «il primo Areopago dell’era moderna... per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali» (Redemptoris missio, 37). Un’attenta conoscenza promuove la comprensione, dissipa il pregiudizio e incoraggia ad imparare di più. Le immagini in particolare hanno il potere di trasmettere impressioni durevoli e di sviluppare determinati comportamenti. Insegnano alla gente come considerare i membri di altri gruppi e nazioni, influenzando sottilmente se considerarli amici o nemici, alleati o potenziali avversari.

Quando gli altri vengono rappresentati in modo ostile, si spargono semi per un conflitto che può facilmente sfociare nella violenza, nella guerra, addirittura nel genocidio. Invece di costruire l’unità e la comprensione, i media possono demonizzare altri gruppi sociali, etnici e religiosi, fomentando la paura e l’odio. I responsabili dello stile e dei contenuti di quanto viene comunicato hanno il serio dovere di assicurare che questo non avvenga. Anzi, i media hanno un potenziale enorme per promuovere la pace e costruire ponti di dialogo tra i popoli, rompendo il ciclo fatale di violenza, rappresaglia e nuova violenza, oggi così diffuso. Come afferma san Paolo nelle parole che costituiscono la base del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male» (Rm 12,21).

3. Se un tale contributo alla realizzazione della pace è uno dei modi in cui i media possono avvicinare i popoli, un altro è la loro influenza per realizzare una veloce mobilitazione di aiuti in risposta ai disastri naturali. E’ stato consolante vedere quanto velocemente la comunità internazionale ha risposto al recente tsunami che ha provocato vittime incalcolabili. La rapidità con cui oggi si propagano le notizie accresce chiaramente la possibilità di prendere in tempo misure pratiche per offrire il maggior sostegno possibile. In questo modo i media possono conseguire un’immensa quantità di bene.

4. Il concilio Vaticano II ha ricordato: «Per usare rettamente questi strumenti è assolutamente necessario che coloro i quali se ne servono conoscano le norme della legge morale e le osservino fedelmente» (Inter mirifica, 4).

Il principio etico fondamentale è il seguente: «La persona umana e la comunità umana sono il fine e la misura dell’uso dei mezzi di comunicazione sociale. La comunicazione dovrebbe essere fatta da persone a beneficio dello sviluppo integrale di altre persone» (Etica nelle comunicazioni sociali, 21). Prima di tutto, dunque, i comunicatori stessi devono mettere in pratica nella propria vita i valori ed i comportamenti che sono chiamati ad insegnare agli altri. In particolare, questo richiede un impegno autentico per il bene comune – un bene che non è confinato nei limitati interessi di un determinato gruppo o di una nazione, ma che abbraccia i bisogni e gli interessi di tutti: il bene dell’intera famiglia umana (cfr. Pacem in terris, 132). I comunicatori hanno l’opportunità di promuovere una vera cultura della vita prendendo loro stessi le distanze dall’attuale cospirazione a danno della vita (cfr. Evangelium vitae, 17) e trasmettendo la verità sul valore e la dignità di ogni persona umana.

5. Il modello e l’esempio di ogni comunicazione si trova nella Parola di Dio: «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1). Il Verbo incarnato ha stabilito un nuovo patto tra Dio e il suo popolo, un patto che unisce anche noi in comunione gli uni con gli altri. «Egli è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia» (Ef 2,14).

In occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali di quest’anno, la mia preghiera chiede che gli uomini e le donne dei media facciano la loro parte per abbattere il muro di ostilità che divide il nostro mondo, muro che separa popoli e nazioni alimentando l’incomprensione e la sfiducia; affinché sappiano utilizzare le risorse a loro disposizione per consolidare i vincoli di amicizia e di amore che indicano chiaramente l’inizio del Regno di Dio qui sulla terra.

Giovanni Paolo II

* * *

Da 39 anni, da quando il Concilio ecumenico ha istituito la Giornata mondiale delle CS (Inter mirifica, 18), il Papa rivolge ogni anno alla Chiesa nel mondo, e agli uomini di buona volontà, un messaggio sulle comunicazioni sociali. Si tratta di un aspetto centrale del mondo contemporaneo (cfr. CEI, Direttorio sulle CS nella missione della Chiesa, Comunicazione e missione, cap. 1°) e la Chiesa che, in occasione del concilio ecumenico Vaticano II, ha rinnovato il suo servizio all’uomo e la sua presenza nella storia (cfr. concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 1), non poteva rimanere estranea a questo grandioso fenomeno sociale (cfr. G. Nissim, Chiesa e media, in Intermed, marzo 2001).

I messaggi dei papi (finora: Paolo VI dal 1967 e Giovanni Paolo II dal 1979) costituiscono una summola della dottrina e delle prese di posizione della Chiesa circa le comunicazioni sociali. Sono testi freschi, attuali, immediati, ricchi di ispirazioni per i comunicatori cattolici, di incoraggiamento e anche di ammonizioni per chi ha la responsabilità di gestire i grandi mezzi della comunicazione sociale. Sarà utile ripercorrerli tutti, unitamente ai grandi documenti ufficiali, come sono le lettere apostoliche o le istruzioni pastorali del Pontificio Consiglio delle CS (cfr. F.J. Eilers e R. Giannatelli, Chiesa e comunicazione sociale. I documenti fondamentali, Elledici, Leumann-Torino 1996).

Il messaggio del Papa per la 39a Giornata Mondiale delle CS (quest’anno sarà celebrata l’8 maggio), I mezzi della comunicazione sociale al servizio della comprensione dei popoli, si caratterizza per questi elementi:

Si colloca al centro del dramma che è sotto i nostri occhi: la guerra e l’incomprensione dei popoli, e si pone una domanda: i media contribuiscono a unire o a dividere i popoli? Come le parole che l’uomo pronuncia ogni giorno, così anche i media hanno questo potere straordinario: unire o dividere. La vocazione propria dei media è di essere a servizio della comunione dei popoli (cfr. PCCS, Communio et progressio, 1971), ma di fatto i media, feriti dal peccato dell’uomo, alimentano sovente l’incomprensione e l’odio;

Come sempre, la Chiesa incoraggia i professionisti dei media a mettersi a servizio della giustizia e della pace. «Se un tale contributo alla realizzazione della pace è uno dei modi in cui i media possono avvicinare i popoli, un altro è la loro influenza per realizzare una veloce mobilitazione di aiuti in risposta ai disastri naturali. E’ stato consolante vedere quanto velocemente la comunità internazionale ha risposto al recente tsunami che ha provocato vittime incalcolabili… In questo modo i media possono conseguire un’immensa quantità di bene» (n. 3).

Per essere veramente al servizio dell’uomo, i media devono obbedire ai principi dell’etica, che dovrebbero costantemente ispirare l’azione dei professionisti. «E’ necessario che coloro che operano nella CS conoscano le norme della legge morale e le osservino fedelmente» (Inter mirifica, n. 4). Il principio etico fondamentale è il bene integrale della persona e della comunità umana: «La persona e la comunità umana sono il fine e la misura dell’uso dei mezzi della CS. La comunicazione deve essere fatta da persone a servizio dello sviluppo integrale delle persone» (PCCS, Etica nelle comunicazioni sociali, n. 21). In particolare i media devono sentirsi al servizio del bene comune, della pace (Pacem in terris, 132) e della cultura della vita (Evangelium vitae, 17) «trasmettendo la verità sul valore e la dignità di ogni uomo» (n. 4).

La preghiera della comunità ecclesiale, il prossimo 8 maggio, chiederà che «gli uomini e le donne dei media facciano la loro parte per abbattere il muro di ostilità che divide il nostro mondo, muro che separa popoli e nazioni alimentando l’incomprensione e la sfiducia; affinché sappiano utilizzare le risorse a loro disposizione per consolidare i vincoli di amicizia e di amore che indicano chiaramente l’inizio del Regno di Dio qui sulla terra» (n. 5).

Quando pregano i cristiani si impegnano, nello stesso tempo, a «costruire ponti di dialogo tra i popoli» (n. 2) seguendo l’insegnamento di san Paolo: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male» (Rm 12,21).

 

Il testo e il contesto

E’ fondamentale regola ermeneutica leggere un testo nel suo contesto. Ed è significativo che il Papa abbia firmato nello stesso giorno (24 gennaio 2005, festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti) questo messaggio e la nuova lettera apostolica Il rapido sviluppo, rivolta ai responsabili delle comunicazioni sociali. Ciò che è indicato rapidamente nel messaggio, viene ripreso e approfondito nella lettera apostolica. Questa fa esplicito riferimento al tema del messaggio: «I media possono e devono promuovere la giustizia e la solidarietà, riportando in modo accurato e veritiero gli eventi, analizzando compiutamente le situazioni e i problemi, dando voce alle diverse opinioni. I criteri supremi della verità e della giustizia, nell’esercizio maturo della libertà e della responsabilità, costituiscono l’orizzonte entro cui si situa un’autentica deontologia nella fruizione dei moderni potenti mezzi di comunicazione sociale» (n. 3).

Un elemento nuovo della lettera, rispetto al messaggio, riguarda i mezzi che devono essere adottati perché le finalità possano essere raggiunte. Ne vengono indicati in modo particolare tre:

L’educazione e la formazione, «perché i media siano conosciuti e usati in modo consapevole e appropriato… Senza un’adeguata formazione si corre il rischio che essi, anziché essere al servizio delle persone, giungano a strumentalizzarle e condizionarle pesantemente. Questo vale in modo speciale per i giovani,… i quali hanno bisogno di essere educati all’utilizzo responsabile e critico dei media» (n. 11). Da quindici anni sto cercando di portare avanti in Italia la causa della media education e a questo scopo ho fondato l’associazione MED – media education (cfr. www.medmediaeducation.it). L’educazione ai media, con tutta la gamma della sua potenzialità e creatività, dovrebbe essere il fiore all’occhiello delle scuole cattoliche e la nuova via per praticare l’animazione degli oratori. Le due scuole estive che il MED organizza a Corvara nella prossima estate (9-17 luglio e 27 agosto - 3 settembre) hanno lo scopo di formare i media educator e gli animatori della comunicazione ecclesiale alla luce del cap. 6° del direttorio Comunicazione e missione (per i programmi dei corsi, si consulti il sito del MED).

La partecipazione responsabile. I media, per la loro stessa natura, non si fanno da soli. Richiedono collaborazione e corresponsabilità. Anche i media cattolici obbediscono a questa esigenza. Fare i media nella scuola e in parrocchia è una splendida occasione per praticare il lavoro di gruppo, valorizzare i carismi diversi, saper convergere verso finalità comuni. Il principio della partecipazione vale ugualmente nel campo civile. La lettera del Papa lo ricorda: «Se le comunicazioni sociali sono un bene destinato all’intera umanità, vanno trovate forme sempre aggiornate per rendere possibile un’ampia partecipazione alla loro gestione, anche attraverso provvedimenti legislativi. Occorre far crescere la cultura della corresponsabilità» (n. 11). Ricordo che uno degli obiettivi della media education è proprio l’esercizio della cittadinanza da parte del fruitore di fronte alla pervasività e al potere dei media.

Il dialogo. I media, come si è già ricordato, possiedono una grande potenzialità per favorire il dialogo tra i popoli «divenendo veicoli di reciproca conoscenza, di solidarietà e di pace. Essi costituiscono una risorsa positiva potente, se messi a servizio della comprensione tra i popoli; un’arma distruttiva, se usati per alimentare ingiustizie e conflitti. In maniera profetica il beato Giovanni XXIII, nell’enciclica Pacem in terris, aveva già messo in guardia l’umanità da tali potenziali rischi» (n. 11).

La Lettera apostolica segnala, infine, un’altra condizione che rende possibile la partecipazione di un popolo alla gestione del bene comune della comunicazione sociale: l’opinione pubblica. Pio XII l’aveva richiesta anche nella vita della Chiesa con un’espressione che potrebbe stupirci: «...qualcosa mancherebbe nella vita della Chiesa se non vi fosse l’opinione pubblica» (n. 12). Diciamo che l’opera formativa della Chiesa, nel campo delle comunicazioni sociali, dovrebbe puntare a questa maturità nell’esercizio delle proprie responsabilità di cristiani adulti. Lo stesso Codice di diritto canonico riconosce, a certe condizioni, il diritto all’espressione della propria opinione: «Se è vero che le verità di fede non sono aperte ad interpretazioni arbitrarie e il rispetto per i diritti degli altri crea limiti intrinseci all’espressione delle proprie valutazioni, non è meno vero che in altri campi esiste tra i cattolici uno spazio per lo scambio di opinioni, in un dialogo rispettoso della giustizia e della prudenza. Sia la comunicazione all’interno della comunità ecclesiale che quella della Chiesa con il mondo richiedono trasparenza… Tale comunicazione deve tendere a un dialogo costruttivo per promuovere nella comunità cristiana un’opinione pubblica rettamente informata e capace di discernimento» (n. 12).

Quando presenteremo il messaggio della 39a Giornata Mondiale delle CS, in comunità e nell’apostolato, ricordiamoci che esso ci colloca nel cuore del mondo. Infatti, i media «sono il biglietto di ingresso di ogni uomo e di ogni donna alla moderna piazza del mercato dove si esprimono pubblicamente i pensieri, dove si scambiano le idee, vengono fatte circolare le notizie e vengono trasmesse e ricevute le informazioni di ogni genere» (Giovanni Paolo II, Messaggio per la 26a Giornata delle CS, 1992). Ed è in questa moderna piazza del mercato che siamo chiamati ad essere testimoni e protagonisti.


* Professore dell'UPS e Presidente del MED.

Torna indietro