n. 01
gennaio 2006

 

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di Tiziana De Rosa
 

 

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«Ogni uomo ha necessariamente
un oggetto di fede e ogni uomo
compie l’atto della fede»
(M. Scheler)

Il cristianesimo non è una religione della consolazione, ma dell’inquietudine, non lascia tranquilli ma incita a pensare, a porsi domande, a cercare risposte: conosce l’incredulità. Avere fede nel Dio di Gesù Cristo non vuol dire ereditare la fede dei propri avi, credere per tradizione, o per abitudine, non vuol dire credere acriticamente a tutto, né abbandonare il proprio cervello all’ammasso… Si ragiona per credere e si crede per ragionare, perché non è mai possibile possedere Dio, è possibile e auspicabile, però, una dialettica tra il dono di Dio (che c’è sempre) e la risposta umana (che può anche non esserci) che chiamiamo fede. La fede è fidarsi di qualcuno, credere nelle sue parole, confidare in lui e, nel caso di Dio, vuol dire fidarsi e affidarsi ciecamente di e a Lui, abbandonandosi tra le sue braccia amorevoli, come un bambino fra le braccia di sua madre. La fede religiosa, però, non è un possesso ma è sempre un dono, è grazia che richiede un’accettazione e un cammino, un esodo per uscire da sé e andare verso l’ignoto, lo sconosciuto, l’imprevedibile, fidandosi soltanto sulla parola di Colui che ha parlato… Sì, la fede è difficile e rischiosa, come l’obbedienza: conosciamo bene la storia di Abramo… Abram credette alla parola del Signore, lasciò la sua terra e si incamminò verso l’ignoto, verso l’avventura che gli aveva ordinato Dio, cioè verso il paese di Canaan… E Dio benedì Abramo e gli accreditò a giustizia la sua fede.

Da quel momento (il seguito lo conosciamo, perché conosciamo la Bibbia) i credenti sono tutti e tutte figli e figlie di Abramo…

Anche Gesù ha avuto fede ed è cresciuto nella fede, come cresceva in età e grazia. Un Gesù senza un percorso crescente di fede, di obbedienza e fatica sarebbe un Gesù poco credibile umanamente, un Gesù distante da noi e, quindi, incapace di comprenderci totalmente. Infatti, «Partì… con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,51-52).

La fede, quindi, richiede una crescita continua nella fiducia radicale in Dio e nelle sue promesse, nella sua Parola e nelle sue azioni. Una fiducia profonda che investe totalmente la nostra esistenza e senza la quale non possiamo dirci cristiane/i né tanto meno persone consacrate.

Se credere è dire un sì assoluto a Dio e a Gesù Cristo, suo figlio, morto e risorto per noi, allora possiamo domandarci anche che cosa comporta, oggi, per noi, avere fede?

Fra le tante cose che si potrebbero dire, possiamo evidenziarne alcune che ci sembrano più esistenziali per la nostra vita quotidiana:

Avere una fiducia immensa nel nostro Padre celeste, che veglia su di noi, ci protegge dal Maligno, ci aspetta nella sua casa, per sempre; confidare nel Figlio Gesù, che si è incarnato, ha patito ed è morto per noi sulla croce, risorgendo il terzo giorno; abbandonarsi all’azione creatrice e santificatrice dello Spirito santo, che ci illumina, ci guida e ci dà forza, per vivere da persone nuove: libere e liberanti.

Coltivare la convinzione certa di essere nelle mani amorevoli di Dio Trinità, per cui non potrà accaderci nulla di male: anche nelle più grandi difficoltà e sofferenze, contrarietà, ingiustizie, calunnie, ecc., non potrà accaderci nulla di irreparabile, se non il cadere fra le sue braccia amorose e provvidenti. È Lui solo, infatti, che ci aiuta nella nostra inquietante ricerca di senso e significato, placando la nostra sete di assoluto…

Nutrire la certezza di essere persone amate e amabili da e per Dio Trinità, chiamate a vivere insieme a tutte le altre sorelle e fratelli come sua famiglia: tutto il resto è molto relativo, non ci tocca nel profondo, non cambia la nostra realtà, non sfigura il nostro volto e il nostro essere spirituale, non ci può scalfire né toglierci la pace e la gioia di vivere e morire per Dio.

Vivere da persone già salvate da Cristo Signore, anche se non ancora in pienezza, perché continuamente in crescita in questo mondo: persone libere, amanti, capaci di collaborare con Dio per l’avvento del suo regno, in modo che, alla fine dei tempi, Cristo sia tutto in tutti.

Abbandonarsi alla fede robusta nel Signore del tempo e della storia, che solo sa fare giustizia e che ci offre, continuamente, la sua grazia in modo da poter vivere da figlie/i e testimoniare al mondo il suo amore salvifico per ogni creatura.

Progredire nella fede, per giungere a una fiducia illimitata, ardente e creativa, che ci apre alla Grazia, ci rende capaci di accoglierla in pienezza e corrispondervi con tutto l’essere, certe che Dio sa andare oltre i nostri limiti e i nostri peccati, per aprirci all’amore santificante del Padre, del Figlio e dello Spirito santo.

Testimoniare con la vita e con le opere che non ci apparteniamo più, che apparteniamo a Dio, e per Lui al prossimo, che ci sforziamo di vivere come a Lui è gradito, secondo la sua Parola e i suoi insegnamenti, amando e ponendo in atto la missione e il ministero che ci è stato affidato, nella convinzione evangelica di essere sempre e comunque «servi/e inutili».

 

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