n. 9
settembre 2011

 

Altri articoli disponibili

  English

L'icona di Maria nella «Verbum Domini»

di CRISTINA CARACCIOLO

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

L'esortazione postsinodale Verbum Domini si apre al n. 6 con lo scenario su Dio che parla e si fa conoscere agli uomini, con i quali desidera intessere un dialogo, come già la Dei Verbum aveva messo in luce al n. 2. Tuttavia, non potremmo comprendere a sufficienza il messaggio del Prologo di Giovanni - filo conduttore del documento papale - se ci fermassimo a tale costatazione. In realtà, prima ancora di entrare in dialogo con gli uomini, il Verbo di Dio è sempre esistito nel seno del Padre, ed è il medesimo che sta «in principio…», espressione che rimanda all’inizio del libro della Genesi: «In principio Dio creò…» (Gen 1,1). Dio, che ha creato tutto per mezzo del suo Verbo, «si fa conoscere a noi come mistero d’amore infinito in cui il Padre dall’eternità esprime la sua Parola nello Spirito Santo» (VD 6).

La prima parte del documento, intitolata Verbum Dei, racchiude tre sezioni: “Il Dio che parla”, “La risposta dell’uomo al Dio che parla”, “L’ermeneutica della sacra Scrittura nella Chiesa”. Le prime due sezioni sono quelle che qui interessano: sottolineano che Dio esce dal suo silenzio e crea, e l’uomo è chiamato ad entrare in alleanza con Dio, che lo ascolta e risponde alle sue domande. La Parola di Dio richiede da parte dell’uomo la fede per essere accolta.

In questo contesto si collocano, come vertice dei paragrafi precedenti, i numeri 27-28 dedicati a Maria «Mater Verbi Dei» e «Mater fidei», dei quali ora ci occupiamo.

“Mater Verbi Dei” e “Mater fidei”

Il paragrafo 27 rimette a fuoco lo scopo del Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio (4-25 ottobre 2008): «Rinnovare la fede della Chiesa nella Parola di Dio». Da una parte c’è la Parola di Dio che chiede di essere accolta con l’assenso della fede, e dall’altra si trova l’essere umano che è lasciato libero di aderire o no a tale Parola, come sottolinea il paragrafo 25: «La risposta propria dell’uomo al Dio che parla è la fede».

La vocazione del credente è di ascoltare la Parola, per cui viene da sé che la Chiesa rivolga il suo sguardo alla Serva del Signore che, «con il suo sì alla Parola d’Alleanza e alla sua missione, compie perfettamente la vocazione divina dell’umanità» (n. 27). La fede obbediente di Maria non ci viene presentata come meta irraggiungibile, riservata a lei sola, ma come modello per tutta l’umanità, creata per mezzo del Verbo. Colmata dalla grazia di Dio fin dal suo concepimento immacolato, docile in modo incondizionato alla Parola divina (cf Lc 1,38), Maria «serba nel suo cuore gli eventi del suo Figlio, componendoli come in un unico mosaico» (cf VD 27).

Il documento propone poi degli orientamenti pastorali, auspicando che i fedeli siano guidati a scoprire meglio il rapporto tra Maria di Nazaret e l’ascolto credente della divina Parola. Gli studiosi invece sono invitati ad approfondire il rapporto tra mariologia e teologia della Parola. Tale approfondimento sarebbe di grande beneficio, sia per la vita spirituale, sia per gli studi teologici e biblici, perché il mistero centrale della fede cristiana non può essere pensato senza la figura di Maria. Ella si colloca al centro del mistero dell’Incarnazione del Verbo, che si è fatto carne per l’assenso di questa giovane donna, cooperando in tal modo all’ingresso dell’Eterno nel tempo.

Il n. 28 richiama l’attenzione sulla familiarità di Maria con la Parola di Dio. Il Magnificat è l’esempio più splendente della sua consuetudine con le Sacre Scritture: il cantico della Vergine Madre «è interamente tessuto di fili della sacra Scrittura». Maria – continua l’esortazione apostolica - «nella Parola di Dio è veramente “a casa sua”. Ella “parla e pensa con la Parola di Dio”, dalla Parola viene plasmata e messa in sintonia con il pensiero e il volere di Dio. Intimamente penetrata dalla Parola di Dio, può diventare madre della Parola incarnata». Questo aspetto è molto importante, poiché suggerisce l’idea che Maria sia stata scelta per l’incarnazione del Verbo eterno del Padre in quanto - pur essendo donna e non avendo direttamente accesso alle Scritture - era già compenetrata nell’intimo dalla Parola. Infatti, Luca “dipinge” Maria come colei che conserva e custodisce nello scrigno del cuore gli eventi e le parole del Figlio. L’esortazione, inoltre, sottolinea come la Parola di Dio, accolta liberamente nella fede, lavori la nostra terra, la plasmi e la trasformi.

Lo sguardo amoroso e devoto alla Madre di Dio - modello e archetipo della fede della Chiesa – è di grande importanza per operare anche oggi un cambiamento nel rapporto Chiesa-Parola, sia nell’atteggiamento di ascolto orante, sia nell’impegno missionario e nell’evangelizzazione. Contemplando la Madre di Dio siamo stimolati ad essere ricettivi come lei nei confronti della Parola. Ricorda sant’Ambrogio: «Ogni cristiano che crede, in un certo senso concepisce e genera il Verbo di Dio, se c’è una sola Madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti».

Parola di Dio e preghiera mariana.

La seconda parte dell’esortazione è dedicata alla Verbum in Ecclesia. In essa, al n. 87, vi è un cenno alla Madre di Dio, modello per ogni fedele di accoglienza docile della divina Parola. In Maria si trovano sintetizzati i vari passaggi della lectio divina. Ella «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore», riuscendo a trovare nel grande disegno divino l’unione profonda di eventi, parole e cose apparentemente disgiunte.

Il n. 88 della sezione: “La Parola di Dio nella vita ecclesiale” è dedicato alla preghiera mariana nella Chiesa. In esso si riconosce innanzitutto che esiste una relazione inscindibile tra Parola di Dio e Maria di Nazaret. Segue l’invito a promuovere, soprattutto nelle famiglie, le preghiere mariane quale aiuto a meditare i santi misteri narrati nella Scrittura. Uno degli strumenti, per tale riflessione personale o comunitaria, è la recita del Santo Rosario, che ripercorre con Maria i misteri della vita di Cristo. Si esorta quindi ad accompagnarne la recita con brani biblici attinenti al mistero che si medita. Inoltre s’invitano i fedeli a praticare la preghiera dell’Angelus Domini, che fa quotidianamente memoria del mistero dell’incarnazione: all’aurora, a mezzogiorno e al tramonto. Interessante la spiegazione del motivo inerente alla preghiera dell’Angelus: «Chiediamo a Dio che, per intercessione di Maria, sia dato anche a noi di compiere, come lei, la volontà di Dio e di accogliere in noi la sua Parola».

Oltre alle classiche preghiere della Chiesa occidentale, vengono proposte per la preghiera dei fedeli anche quelle usate dall’Oriente cristiano, che «attraverso un riferimento alla Theotokos, alla Madre di Dio, ripercorrono l’intera storia della salvezza». Si indicano in particolare l’Akathistos e la Paraklesis, inni di lode cantati in forma litanica, intrisi di fede ecclesiale e di riferimenti biblici, che aiutano i fedeli a meditare insieme a Maria il mistero di Cristo.

«Mater Verbi et Mater laetitiae»

La Verbum Domini si conclude dopo il paragrafo su: “La Parola e la gioia” (n. 123), con il n. 124 sulla Vergine Maria, come sigillo a tutto il documento.

La gioia ricevuta dalla Parola si può ora dilatare a tutti coloro che nella fede si lasciano cambiare dalla Parola di Dio. L’intima relazione tra gioia e Parola risplende in tutto il suo fulgore nella Madre di Dio, dichiarata “beata”, “felice” da santa Elisabetta, perché ha creduto nell’adempimento delle parole ascoltate dal Signore (cf Lc 1,45). In due testi l’evangelista Luca presenta questo mistero di ascolto e di gaudio (cf Lc 8,21; 11,28). Gesù mostra in essi la vera grandezza di Maria, rendendo accessibile a tutti la via della beatitudine che nasce dalla Parola, accolta e messa in pratica.

A questo punto l’esortazione assume il tono che le è proprio, quello di esortare tutti i cristiani a incrementare la familiarità con la divina Parola, ad estendere tale appello a quanti si sono allontanati dalla Chiesa o non hanno mai ascoltato l’annuncio della salvezza. L’invito è formulato con le stesse parole del Testimone fedele e verace: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò a lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).

La Parola, sempre viva e nuova, che rimane in eterno, ringiovanisce la Chiesa e la rinnova. Così anche noi potremo entrare nel dialogo nuziale con il quale si chiude la Scrittura: «Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni!”. E chi ascolta ripeta: “Vieni!”, Colui che attesta queste cose dice: “Sì, vengo presto!” Amen. Vieni, Signore Gesù» (Ap 22,17.20).

Cristina Caracciolo
Biblista

Via Lagrange, 3 - 00197 Roma

Torna indietro