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«A.D. 2012. La donna, il drago, l’Apocalisse».
Così s’intitola il recente libro di Saverio Gaeta e Andrea Tornielli (Piemme
2011). I due noti giornalisti e scrittori intendono rispondere ad una domanda
spesso ricorrente a proposito del 2012: Sarà l’anno della fine del mondo? A
questo interrogativo gli autori rispondono con l’esaminare alcune profezie dei
tempi moderni, ovvero le apparizioni mariane. Da parte nostra, per conoscere
quello che davvero attende l’umanità nel prossimo futuro, abbiamo scelto un
altro percorso oggi emergente: «Ripartire da Dio». Il tema - sviluppato nel
Dossier di questo primo numero di Consacrazione e Servizio - viene svolto
con una ricchezza di interventi che ne focalizzano aspetti diversi, ma
fondamentali.
Anche il presente Editoriale
si pone in questa prospettiva.
«Non dobbiamo forse
nuovamente ricominciare da Dio?». Questa domanda provocatoria - tratta dal
libro-inchiesta Luce del mondo del Papa (p. 113) - ha fatto da filo rosso
alla XXV Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i laici, che si è
svolta dal 24 al 26 novembre 2011in Vaticano. Per tre giorni, membri e
consultori del Dicastero si sono confrontati sulla questione di Dio nella
società odierna in un contesto socioculturale secolarizzato.
E proprio in questo nostro
tempo, complicato e luminoso, faticoso e fecondo, prende carne il Verbo di Dio.
Dentro le nostre ferite, le piccolezze quotidiane, le tristi solitudini prende
carne l’eternità di Dio. Dentro le nostre gioie, le conversioni di ogni giorno,
i passi importanti della nostra vita il Verbo di Dio pianta la sua tenda.
Attraverso il tempo che ci dona, Dio lascia al suo amore di dilatarsi, di
raggiungerci, di invaderci. Non siamo soli, non siamo buttati nel caos del
nulla. La nostra storia ha un progetto, una traiettoria, una meta ideale.
Occorre ripartire da Dio,
dalla certezza della sua presenza: il nostro quotidiano è il luogo in cui
possiamo farne esperienza. In quelle sorelle e fratelli da ascoltare, in quei
servizi da sbrigare, in quel progetto da verificare, in quella prova da
attraversare, in quell’incontro da non rimandare, in quel povero da amare
possiamo sperimentare il grande amore del Padre per noi. Non “nonostante tutto
questo”, ma proprio “in tutto questo” possiamo godere la sua presenza.
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Benedetto XVI nel Discorso
pronunciato il 25 novembre 2011 durante l’udienza con i partecipanti
all’Assemblea Plenaria, sopra ricordata, ha ribadito di non stancarsi mai di
riproporre la domanda sulla questione di Dio, di «ricominciare da Dio», perché
all’uomo e alla donna sia ridata piena dignità. «Infatti, dice il Papa, una
mentalità che è andata diffondendosi nel nostro tempo rinunciando a ogni
riferimento al trascendente, si è dimostrata incapace di comprendere e
preservare l’umano. La diffusione di questa mentalità ha generato la crisi che
viviamo oggi, che è crisi di significato e di valori, prima che crisi economica
e sociale. L’uomo che risveglia in sé la domanda su Dio si apre alla speranza,
ad una speranza affidabile, per cui vale la pena di affrontare la fatica del
cammino nel presente».
Ma come risvegliare la
domanda di Dio, perché sia la questione fondamentale? Il Papa vi risponde
dicendo che tale domanda si risveglia dall’incontro con chi ha il dono della
fede, con chi ha un rapporto vitale con il Signore. Dio viene conosciuto
attraverso uomini e donne che lo conoscono: la strada verso di lui passa, in
modo concreto, attraverso chi l’ha incontrato. Il mondo di oggi ha un urgente
bisogno di cristiani che siano veri “uomini di Dio”, uomini che, attraverso una
fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo. Siamo chiamati
dunque a offrire una testimonianza trasparente della rilevanza della questione
di Dio in ogni campo del pensare e dell’agire. Nella famiglia, nel lavoro, come
nella politica e nell’economia, abbiamo bisogno di vedere con i nostri occhi e
di toccare con mano come “con Dio o senza Dio tutto cambia”. Quante volte,
nonostante il definirsi cristiani, Dio di fatto non è il punto di riferimento
centrale nel nostro modo di pensare e di agire! La prima risposta a questa
grande sfida del nostro tempo sta allora nella profonda conversione del nostro
cuore, perché il Battesimo che ci ha resi luce del mondo e sale della terra
possa veramente trasformarci.
Ripartiamo da Dio, in altre
parole, diamo il primato a Dio unitrino, Padre, Figlio e Spirito Santo:
alla meditazione della Parola, ad un tempo di preghiera più costante e maturo.
Impariamo a mettere ordine nella nostra vita, a volerci un po’ più bene, a fare
gerarchie evangeliche di vita, a progettare la nostra storia mettendoci come
fogli bianchi davanti alle sorprese imprevedibili di Dio. Raccogliamo tutti i
desideri e le paure che ci riempiono il cuore, mettiamoli nelle sue mani. Non
c’è posto più sicuro.
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Sul tema del «Ripartire da
Dio» è quanto mai illuminante riproporre e rileggere alcuni brani della Lettera
pastorale per l’anno 1995-1996 del card. Carlo Maria Martini intitolata proprio
Ripartiamo da Dio. Il cardinale nei primi numeri della sua Lettera ne
spiega le ragioni e il significato, precisando che si tratta di dare il primato
a Dio nella nostra vita. Scrive il cardinale: «Rispetto al cammino personale
ripartire da Dio significa non dare mai nulla per scontato nel nostro cammino di
fede, non cullarci nella presunzione di sapere già ciò che è invece perennemente
avvolto nel mistero; significa santa inquietudine e ricerca (n. 17). […]
Ripartire da Dio vuol dire
sapere che noi non lo vediamo, ma lo crediamo e lo cerchiamo così come la notte
cerca l’aurora. Vuol dunque dire vivere per sé e contagiare altri
dell’inquietudine santa di una ricerca senza sosta del volto nascosto del Padre
(n. 18). […] Talora presumiamo di avere già raggiunto la perfetta nozione di ciò
che Dio è o fa. Grazie alla rivelazione sappiamo di lui alcune cose certe che
egli ci ha detto di sé, ma queste cose sono come avvolte dalla nebbia della
nostra ignoranza profonda di lui […], di Dio non si può parlare che con tremore
e per accenni, come di “Qualcuno” che in tutto ci supera (n. 20)».
Amiche lettrici e cari
lettori, il fascicolo di Consacrazione e Servizio che avete tra le mani -
il primo del 2012 - presenta la struttura di fondo uguale alla formula ormai
collaudata dal 2007, anno in cui la rivista ha avuto alcune novità: cambio di
direzione, inserimento di nuove rubriche, un Dossier monografico. Alcuni
accorgimenti risaltano in questo nuovo anno: le icone della copertina - scelte
seguendo l’anno liturgico - e le immagini all’interno del fascicolo sono state
eseguite da suor Maria Cristina Ghitti, della Piccola Famiglia dell’Annunziata,
felice di poter collaborare alla nostra rivista.
Le prime due rubriche sono
nuove: la prima «Verso il 50° dell’Usmi», è affidata a p. Giordano Cabra, quale
testimone del cammino della vita consacrata e della sua evoluzione dal Concilio
Vaticano II ad oggi. Questa nuova rubrica intende essere una valida modalità
della rivista, come preparazione al 50° dell’Usmi che ricorre nel 2013. L’altra
rubrica: «Per educare alla fede», è affidata alla nostra collaboratrice Paola
Bignardi, quale contributo alla riflessione sugli Orientamenti pastorali
dell’episcopato italiano per il decennio 2010-2020. La rubrica
«Orizzonti» arricchisce il fascicolo con due contributi di attualità: il XXV
dell’evento di Assisi (U. Sartorio) e il «ritratto» del cardinal Carlo Maria
Martini (B. Sorge). Circa il Dossier abbiamo già accennato alla sua
importanza. La rubrica: «Vedere-Leggere» presenta il film: «Miral»
(Teresa Braccio) e le segnalazioni di libri. Un’attenzione va data al volume
indicato il «Libro del mese»:
La Nuova Evangelizzazione per uscire dall’indifferenza di Rino Fisichella (Armando Matteo).
Non resta allora che augurare
da parte mia e della Redazione: «Buon Anno di grazia del Signore» e Buona
lettura!
Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it
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