n. 9
settembre 2012

 

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«Corpo celeste»
Leggiamo insieme il film

a cura di TERESA BRACCIO

 

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Dati tecnici

Genere: Drammatico
Regia:
Alice Rohrwacher
Interpreti: Yile Vianello (Marta), Salvatore Cantalupo (don Mario), Pasqualina Scuncia (Santa), Anita Caprioli (Rita), Renato Carpentieri (don Lorenzo).
Nazionalità: Italia
Distribuzione: Cinecittà Luce
Origine: Italia (2011)
Soggetto: Emanuele Crialese
Soggetto e Sceneggiatura: Alice Rohrwacher
Fotografia (Panoramica/a colori): Hélène Louvart
Musica: brani di autori vari
Montaggio: Marco Spoletini
Durata: 98'

Produzione: Carlo Cresto Dina, Jacques Bidou, Marianne Dumoulin, Tiziana Soudani.

Note: Film riconosciuto d’interesse culturale con il contributo della Direzione Generale per il Cinema. Mibac, con la partecipazione di Arte France e Cineteca di Bologna, con il contributo della Calabria Film Commission. Regione Calabria, con il supporto del programma media dell'Unione Europea. Presentato al Festival di Cannes 2011 alla 42a Quinzaine des Réalisateurs. Nastro d'Argento 2011 ad Alice Rohrwacher come miglior regista esordiente. Il film era candidato anche per la migliore attrice non protagonista (Anita Caprioli e Pasqualina Scuncia) e montaggio (Marco Spoletini).

La trama

Liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Anna Maria Ortese, Corpo celeste è il film d'esordio di Alice Rohrwacher in cui Marta, ragazzina tredicenne sensibile e sveglia, dopo dieci anni passati con la famiglia in Svizzera torna a vivere insieme alla madre e alla sorella maggiore a Reggio Calabria. La città rappresenta per lei una cascata di suoni, di rovine, di edifici non ultimati, di mare lontano e irraggiungibile. Molto attenta al mondo che la circonda, Marta sembra vivere in un universo tutto suo presa da un turbamento che la rende scontrosa e irraggiungibile. Ha l’età giusta per accostarsi al sacramento della cresima e così inizia a frequentare il corso di catechismo. Tutti in famiglia sostengono che questa sarà una bella occasione per farsi nuovi amici. E poi, senza la cresima, non ci si può posare!

La realtà nella quale però la ragazza si trova a vivere non è ideale. Don Mario, prete faccendiere preoccupato più di raggiungere gli obiettivi personali che la formazione delle anime, è spesso lontano dalla parrocchia, occupato in impegni misteriosi, e gestisce la chiesa come una piccola azienda, mentre la catechista Santa, donna eccentrica e bigotta, guida i ragazzi verso una vita di fede ipocrita e conformista. Il contesto in cui Marta vive è lo specchio del degrado e dell’abbandono con una sola eccezione: la madre. Un giorno, mentre don Mario si reca a Roghudi, borgo abbandonato dell'Aspromonte,per prelevare un antico crocifisso, incrocia Marta che vagasperduta e la porta con sé. In questo paese deserto la ragazza incontra il prete del luogo e parla con lui lasciandosi coinvolgere dai suoi discorsi carichi di fede sincera e amara ironia. Durante il ritorno, in un tornante a picco sul mare, il crocifisso si slega dall’automobile e precipita in acqua. Quando arriva il giorno della cresima, Marta cerca di scoprire con verità il suo mondo interiore e il suo passaggio da adolescente a donna.

Una possibile lettura

Corpo celeste, film forte e incisivo, percorre le inquietudini e il disagio esistenziale di una tredicenne. Attraverso un viaggio spirituale tutto particolare, conduce lo spettatore in un cammino tortuoso che si insinua tra il sacro e il profano. Leggera, trasparente, quasi celeste, viene raccontata la maturazione di Marta che si trova a vivere un continuo confronto con i modelli dominanti del mondo adulto: declino spirituale e morale, beni ridotti a merce di scambio, consumismo dilagante. In queste realtà troviamo la parte peggiore del nostro Paese in cui anche la fede ne resta coinvolta. I bambini vanno in parrocchia non per fare catechismo, ma “Katekismo” realizzato come un talent show televisivo.

Rispondono ai quiz sulla religione, ballano e cantano: «Mi sintonizzo con Dio». Questo spaccato del Sud più abbandonato rivela la nostra società, racconta il Paese in cui viviamo fatto di televisione e insensibilità, di osceni viadotti che collegano le città moderne, di luoghi abbandonati e deserti in cui è possibile trovare ancora briciole di vita vera. Non è facile parlare di religione in ambienti fatti di una così spessa povertà e sofferenza. Avvalendosi della storia di una famiglia tornata in Calabria dalla Svizzera, la regista denuncia una Chiesa negligente che trascura la sua vera natura e non alimenta lo spirito delle persone. Il suo catechismo altro non è che un doloroso rito dell’arretratezza spirituale dove il Vangelo non trova spazio e nessuno si preoccupa di annunciare l’amore di Gesù. I ragazzini ripetono come una cantilena: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», senza saperne il significato. Sarà Marta a scoprirlo attraverso le parole di un prete solitario che vive in un mondo tutto suo: «Dio mio, Dio, mio, perché mi hai abbandonato?». Una coperta che apre il cuore a una speranza. Uno stupore che può spazzare via ogni dubbio.

Interpretazione

Della regista Alice Rohrwacher...

«Ho scelto come titolo del mio film Corpo celeste perché questa espressione rimanda al cielo, ma è legata anche alla presenza della terra. Corpo e celeste erano due parole che davano questa duplice direzione attraverso il mondo. Corpo celeste non si è costruito intorno ad una trama preesistente che si sarebbe poi dovuta ambientare in un certo contesto. La genesi del film è stata diversa: io e il produttore, con il quale ho strettamente collaborato in questo processo, abbiamo in primo luogo deciso di lavorare liberamente sulla storia di una bambina. Ci siamo domandati cosa sarebbe valso la pena di raccontare. Dopo molti scambi d'idee alla fine siamo giunti al tema della parrocchia e della Chiesa. A me questo soggetto interessava particolarmente perché ho studiato storia delle religioni all’Università, ho letto Pavel Florensky, che considero uno dei miei grandi maestri.

Di fatto sapevo molte cose sul passato delle religioni, ma non sapevo quasi niente sul presente concreto che sta vivendo la Chiesa, che per me era un luogo privo di ricordi perché non ho avuto un’educazione cattolica. Prima di iniziare il film ero completamente estranea a questo mondo, non avevo in mente né immagini negative, né immagini positive, ma proprio questo mi ha dato una grande libertà. L’obiettivo non era tanto quello di focalizzare la nostra attenzione sulla Chiesa in sé come istituzione, ma di raccontare un’epoca e un luogo; quella del film è infatti una parrocchia smarrita, completamente abbandonata a se stessa dentro una comunità allo sbando. Più che una critica alla Chiesa, il film è da intendersi come una critica alla società, una società che mischia tutto: la Chiesa, il tessuto sociale, la famiglia».

… della fotografa Simona Pampallona

«Il fotografo di scena deve essere discreto, e capire quando e come inserirsi. In Corpo celeste ogni ripresa era pensata soprattutto a livello fotografico, questo ha stimolato molto il mio lavoro. La sceneggiatura è cambiata dalla prima stesura: il film racconta la realtà locale, il catechismo per la cresima, realtà che nessuno credo abbia mai raccontato. Io ho conservato le frasi della prima sceneggiatura che mi colpivano di più per spiegare le foto».

Utilizzo pastorale: alcune piste

Nella storia controversa e accattivante troviamo degli spunti interessanti su cui soffermarsi a riflettere. Attraverso lo sguardo indagatore di una bambina, la regista Alice Rohrwacher scruta la realtà quotidiana a partire dalla vita di una parrocchia e dalle sue attività pastorali; delinea personaggi e situazioni con lucida verità, facendo emergere situazioni di degrado culturale e religioso:

- L’emigrazione, vista come il ritorno nella terra di origine, generata da una crisi dell'economia che attanaglia il mondo occidentale producendo un lavoro sempre più precario soprattutto nelle famiglie meno agiate.

- La crisi degli affetti e della formazione e con essi la crisi dei valori religiosi.

- Lo studio, che nel passato era visto come l’unica possibilità per crescere e migliorare, oggi banalizzato dalla televisione e dai quiz.

- La Chiesa che, attraverso il volto di una parrocchia, presenta la sua inadeguatezza rispetto al mondo di oggi. L’universo parrocchiale inquinato sempre di più dai modelli consumistici.

- Il parroco, indifferente e apatico, più che pastore di anime è un sovrintendente di servizi impegnato a reclutare i voti elettorali da usare per far carriera.

- Marta, adolescente in cerca di risposte, trova solo nella madre un'amorevole disponibilità.

- Santa, la catechista priva di preparazione ma volonterosa e piena di buone intenzioni.

- Il vecchio e solitario sacerdote conquistato dalla ‘follia' di Cristo.

Tematiche: Adolescenza; Famiglia - genitori figli; Gesù; Tematiche religiose

Valutazione del CNVF: Complesso/ambiguità/dibattiti

Il film nella stampa

«Corpo celeste, presentato a Cannes, riguarda le condizioni della Chiesa e dei fedeli in una regione bellissima, ma devastata da un processo di modernizzazione mostruoso, come la Calabria… In quella condizione sociale e culturale, raffigurata efficacemente dallo scenario di orribili periferie e viadotti, la Chiesa rimane l’unica istituzione che dà identità, che offre un contesto collettivo in cui riconoscersi e un luogo dove ritrovarsi in comunità. L’unico appiglio a cui chiedere conforto nei momenti critici e aiuto materiale in caso di difficoltà. Le scene di una processione, le lezioni di preparazione alla cresima, la modestia stessa della figura del parroco vogliono indicare quanto la risposta della Chiesa sia non di rado inadeguata agli enormi bisogni di una società tanto indebolita e fragile. Ma, dal momento che il bisogno di una vera esperienza religiosa è sincero e forte - bisogno ben rappresentato dalla ragazzina, che chiede a tutti cosa significhino le ultime parole di Gesù sulla croce che le hanno insegnato in una lingua antica e per lei misteriosa – anche in questa situazione si fa strada la speranza, che prende il volto di Gesù.

Anche se poi il crocifisso, durante il trasporto andrà perduto, non si perderà la domanda sincera di incontro con Gesù nata nella comunità che si raccoglie nell’insignificante edificio della parrocchia. Gesù, quello raffigurato dal crocifisso “figurativo” - l’unico oggetto sacro che permette di riconoscerlo e di instaurare un rapporto con lui - è ancora vivo negli strati profondi della nostra società e della nostra cultura. Basta saperlo cercare» (Lucetta Scaraffia, L’Osservatore Romano, 8 giugno 2011).

 

«Grande soggetto, grande esordio, anzi, grande film. Ci voleva una neoregista di nemmeno trent’anni per farci vedere ciò che è sotto gli occhi di tutti, ma che non abbiamo più tempo o voglia di guardare. Ci voleva una protagonista sospesa tra infanzia e adolescenza, il volto angelico e il passo sghembo di chi non si sente mai a posto, una piccola “aliena” di ritorno dalla Svizzera con madre e sorella, per dare del Sud, della Chiesa, del nostro Paese, un’immagine così netta e tagliente » (Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 27 maggio 2011).

«Non sapevo che Alba Rohrwacher avesse una sorella, Alice, che però non ha scelto di fare l’attrice, ma la regista. Come tale sembra che abbia realizzato vari documentari arrivando adesso al lungometraggio di finzione. Il titolo, Corpo celeste, lo ha trovato in un testo di Anna Maria Ortese. L’argomento, certamente arduo, è addirittura quello della scoperta della religione, così come la si pratica in certi ambienti ecclesiastici, fatta, fra il dolore e lo stupore, da una ragazzina di tredici anni, Marta, nata in Calabria ma vissuta dieci anni in Svizzera con i suoi, tornati adesso da dove erano partiti» (Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 27 maggio 2011).

«Corpo celeste, lungometraggio di esordio di Alice Rohrwacher, è un film davvero inconsueto, a metà fra il documentario e la finzione, completamente privo di affettazioni e manierismi, nonché del dilettantismo del principiante (nonostante Rohrwacher abbia alle spalle solo un paio di documentari), e sfoggia un gusto estetico originale accompagnato da una capacità narrativa davvero coraggiosa» (Paola Casella, Europa, 28 maggio 2011).

Teresa Braccio fsp
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