Dati tecnici
Genere: Drammatico
Regia: Alice Rohrwacher
Interpreti: Yile
Vianello (Marta), Salvatore Cantalupo (don Mario), Pasqualina Scuncia
(Santa), Anita Caprioli (Rita), Renato Carpentieri (don Lorenzo).
Nazionalità: Italia
Distribuzione:
Cinecittà Luce
Origine: Italia
(2011)
Soggetto: Emanuele
Crialese
Soggetto e Sceneggiatura:
Alice Rohrwacher
Fotografia (Panoramica/a colori):
Hélène Louvart
Musica: brani di
autori vari
Montaggio: Marco
Spoletini
Durata: 98'
Produzione: Carlo Cresto
Dina, Jacques Bidou, Marianne Dumoulin, Tiziana Soudani.
Note: Film riconosciuto
d’interesse culturale con il contributo della Direzione Generale per il
Cinema. Mibac, con la partecipazione di Arte France e Cineteca di
Bologna, con il contributo della Calabria Film Commission. Regione
Calabria, con il supporto del programma media dell'Unione Europea.
Presentato al Festival di Cannes 2011 alla 42a Quinzaine des
Réalisateurs. Nastro d'Argento 2011 ad Alice Rohrwacher come miglior
regista esordiente. Il film era candidato anche per la migliore attrice
non protagonista (Anita Caprioli e Pasqualina Scuncia) e montaggio
(Marco Spoletini).
La trama
Liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Anna Maria
Ortese, Corpo celeste è il film d'esordio di Alice Rohrwacher in
cui Marta, ragazzina tredicenne sensibile e sveglia, dopo dieci anni
passati con la famiglia in Svizzera torna a vivere insieme alla madre e
alla sorella maggiore a Reggio Calabria. La città rappresenta per lei
una cascata di suoni, di rovine, di edifici non ultimati, di mare
lontano e irraggiungibile. Molto attenta al mondo che la circonda, Marta
sembra vivere in un universo tutto suo presa da un turbamento che la
rende scontrosa e irraggiungibile. Ha l’età giusta per accostarsi al
sacramento della cresima e così inizia a frequentare il corso di
catechismo. Tutti in famiglia sostengono che questa sarà una bella
occasione per farsi nuovi amici. E poi, senza la cresima, non ci si può
posare!
La realtà nella quale però la ragazza si trova a vivere
non è ideale. Don Mario, prete faccendiere preoccupato più di
raggiungere gli obiettivi personali che la formazione delle anime, è
spesso lontano dalla parrocchia, occupato in impegni misteriosi, e
gestisce la chiesa come una piccola azienda, mentre la catechista Santa,
donna eccentrica e bigotta, guida i ragazzi verso una vita di fede
ipocrita e conformista. Il contesto in cui Marta vive è lo specchio del
degrado e dell’abbandono con una sola eccezione: la madre. Un giorno,
mentre don Mario si reca a Roghudi, borgo abbandonato
dell'Aspromonte,per prelevare un antico crocifisso, incrocia Marta che
vagasperduta e la porta con sé. In questo paese deserto la ragazza
incontra il prete del luogo e parla con lui lasciandosi coinvolgere dai
suoi discorsi carichi di fede sincera e amara ironia. Durante il
ritorno, in un tornante a picco sul mare, il crocifisso si slega
dall’automobile e precipita in acqua. Quando arriva il giorno della
cresima, Marta cerca di scoprire con verità il suo mondo interiore e il
suo passaggio da adolescente a donna.
Una possibile lettura
Corpo celeste, film forte e
incisivo, percorre le inquietudini e il disagio esistenziale di una
tredicenne. Attraverso un viaggio spirituale tutto particolare, conduce
lo spettatore in un cammino tortuoso che si insinua tra il sacro e il
profano. Leggera, trasparente, quasi celeste, viene raccontata la
maturazione di Marta che si trova a vivere un continuo confronto con i
modelli dominanti del mondo adulto: declino spirituale e morale, beni
ridotti a merce di scambio, consumismo dilagante. In queste realtà
troviamo la parte peggiore del nostro Paese in cui anche la fede ne
resta coinvolta. I bambini vanno in parrocchia non per fare catechismo,
ma “Katekismo” realizzato come un talent show televisivo.
Rispondono ai quiz sulla religione, ballano e cantano:
«Mi sintonizzo con Dio». Questo spaccato del Sud più abbandonato rivela
la nostra società, racconta il Paese in cui viviamo fatto di televisione
e insensibilità, di osceni viadotti che collegano le città moderne, di
luoghi abbandonati e deserti in cui è possibile trovare ancora briciole
di vita vera. Non è facile parlare di religione in ambienti fatti di una
così spessa povertà e sofferenza. Avvalendosi della storia di una
famiglia tornata in Calabria dalla Svizzera, la regista denuncia una
Chiesa negligente che trascura la sua vera natura e non alimenta lo
spirito delle persone. Il suo catechismo altro non è che un doloroso
rito dell’arretratezza spirituale dove il Vangelo non trova spazio e
nessuno si preoccupa di annunciare l’amore di Gesù. I ragazzini ripetono
come una cantilena: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», senza saperne il
significato. Sarà Marta a scoprirlo attraverso le parole di un prete
solitario che vive in un mondo tutto suo: «Dio mio, Dio, mio, perché mi
hai abbandonato?». Una coperta che apre il cuore a una speranza. Uno
stupore che può spazzare via ogni dubbio.
Interpretazione
Della regista Alice Rohrwacher...
«Ho scelto come titolo del mio film Corpo celeste
perché questa espressione rimanda al cielo, ma è legata anche alla
presenza della terra. Corpo e celeste erano due parole che
davano questa duplice direzione attraverso il mondo. Corpo celeste
non si è costruito intorno ad una trama preesistente che si sarebbe
poi dovuta ambientare in un certo contesto. La genesi del film è stata
diversa: io e il produttore, con il quale ho strettamente collaborato in
questo processo, abbiamo in primo luogo deciso di lavorare liberamente
sulla storia di una bambina. Ci siamo domandati cosa sarebbe valso la
pena di raccontare. Dopo molti scambi d'idee alla fine siamo giunti al
tema della parrocchia e della Chiesa. A me questo soggetto interessava
particolarmente perché ho studiato storia delle religioni
all’Università, ho letto Pavel Florensky, che considero uno dei miei
grandi maestri.
Di fatto sapevo molte cose sul passato delle religioni,
ma non sapevo quasi niente sul presente concreto che sta vivendo la
Chiesa, che per me era un luogo privo di ricordi perché non ho avuto
un’educazione cattolica. Prima di iniziare il film ero completamente
estranea a questo mondo, non avevo in mente né immagini negative, né
immagini positive, ma proprio questo mi ha dato una grande libertà.
L’obiettivo non era tanto quello di focalizzare la nostra attenzione
sulla Chiesa in sé come istituzione, ma di raccontare un’epoca e un
luogo; quella del film è infatti una parrocchia smarrita, completamente
abbandonata a se stessa dentro una comunità allo sbando. Più che una
critica alla Chiesa, il film è da intendersi come una critica alla
società, una società che mischia tutto: la Chiesa, il tessuto sociale,
la famiglia».
… della fotografa Simona Pampallona
«Il fotografo di scena deve essere discreto, e capire
quando e come inserirsi. In Corpo celeste ogni ripresa era
pensata soprattutto a livello fotografico, questo ha stimolato molto il
mio lavoro. La sceneggiatura è cambiata dalla prima stesura: il film
racconta la realtà locale, il catechismo per la cresima, realtà che
nessuno credo abbia mai raccontato. Io ho conservato le frasi della
prima sceneggiatura che mi colpivano di più per spiegare le foto».
Utilizzo pastorale:
alcune piste
Nella storia controversa e accattivante troviamo degli
spunti interessanti su cui soffermarsi a riflettere. Attraverso lo
sguardo indagatore di una bambina, la regista Alice Rohrwacher scruta la
realtà quotidiana a partire dalla vita di una parrocchia e dalle sue
attività pastorali; delinea personaggi e situazioni con lucida verità,
facendo emergere situazioni di degrado culturale e religioso:
- L’emigrazione, vista come il ritorno nella terra
di origine, generata da una crisi dell'economia che attanaglia il mondo
occidentale producendo un lavoro sempre più precario soprattutto nelle
famiglie meno agiate.
- La crisi degli affetti e della formazione e con
essi la crisi dei valori religiosi.
- Lo
studio, che nel passato era visto come l’unica possibilità per
crescere e migliorare, oggi banalizzato dalla televisione e dai quiz.
- La
Chiesa che, attraverso il volto di una parrocchia, presenta la sua
inadeguatezza rispetto al mondo di oggi. L’universo parrocchiale
inquinato sempre di più dai modelli consumistici.
- Il
parroco, indifferente e apatico, più che pastore di anime è un
sovrintendente di servizi impegnato a reclutare i voti elettorali da
usare per far carriera.
-
Marta, adolescente in cerca di risposte, trova solo nella madre
un'amorevole disponibilità.
-
Santa, la catechista priva di preparazione ma volonterosa e piena di
buone intenzioni.
- Il
vecchio e solitario sacerdote conquistato dalla ‘follia' di Cristo.
Tematiche: Adolescenza;
Famiglia - genitori figli; Gesù; Tematiche religiose
Valutazione del CNVF:
Complesso/ambiguità/dibattiti
Il film nella stampa
«Corpo celeste, presentato a Cannes, riguarda le
condizioni della Chiesa e dei fedeli in una regione bellissima, ma
devastata da un processo di modernizzazione mostruoso, come la Calabria…
In quella condizione sociale e culturale, raffigurata efficacemente
dallo scenario di orribili periferie e viadotti, la Chiesa rimane
l’unica istituzione che dà identità, che offre un contesto collettivo in
cui riconoscersi e un luogo dove ritrovarsi in comunità. L’unico
appiglio a cui chiedere conforto nei momenti critici e aiuto materiale
in caso di difficoltà. Le scene di una processione, le lezioni di
preparazione alla cresima, la modestia stessa della figura del parroco
vogliono indicare quanto la risposta della Chiesa sia non di rado
inadeguata agli enormi bisogni di una società tanto indebolita e
fragile. Ma, dal momento che il bisogno di una vera esperienza religiosa
è sincero e forte - bisogno ben rappresentato dalla ragazzina, che
chiede a tutti cosa significhino le ultime parole di Gesù sulla croce
che le hanno insegnato in una lingua antica e per lei misteriosa – anche
in questa situazione si fa strada la speranza, che prende il volto di
Gesù.
Anche se poi il crocifisso, durante il trasporto andrà
perduto, non si perderà la domanda sincera di incontro con Gesù nata
nella comunità che si raccoglie nell’insignificante edificio della
parrocchia. Gesù, quello raffigurato dal crocifisso “figurativo” -
l’unico oggetto sacro che permette di riconoscerlo e di instaurare un
rapporto con lui - è ancora vivo negli strati profondi della nostra
società e della nostra cultura. Basta saperlo cercare» (Lucetta
Scaraffia, L’Osservatore Romano, 8 giugno 2011).
«Grande soggetto, grande esordio, anzi, grande film. Ci
voleva una neoregista di nemmeno trent’anni per farci vedere ciò che è
sotto gli occhi di tutti, ma che non abbiamo più tempo o voglia di
guardare. Ci voleva una protagonista sospesa tra infanzia e adolescenza,
il volto angelico e il passo sghembo di chi non si sente mai a posto,
una piccola “aliena” di ritorno dalla Svizzera con madre e sorella, per
dare del Sud, della Chiesa, del nostro Paese, un’immagine così netta e
tagliente » (Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 27 maggio 2011).
«Non sapevo che Alba Rohrwacher avesse una sorella,
Alice, che però non ha scelto di fare l’attrice, ma la regista. Come
tale sembra che abbia realizzato vari documentari arrivando adesso al
lungometraggio di finzione. Il titolo, Corpo celeste, lo ha
trovato in un testo di Anna Maria Ortese. L’argomento, certamente arduo,
è addirittura quello della scoperta della religione, così come la si
pratica in certi ambienti ecclesiastici, fatta, fra il dolore e lo
stupore, da una ragazzina di tredici anni, Marta, nata in Calabria ma
vissuta dieci anni in Svizzera con i suoi, tornati adesso da dove erano
partiti» (Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 27 maggio 2011).
«Corpo celeste, lungometraggio di esordio di Alice
Rohrwacher, è un film davvero inconsueto, a metà fra il documentario e
la finzione, completamente privo di affettazioni e manierismi, nonché
del dilettantismo del principiante (nonostante Rohrwacher abbia alle
spalle solo un paio di documentari), e sfoggia un gusto estetico
originale accompagnato da una capacità narrativa davvero coraggiosa»
(Paola Casella, Europa, 28 maggio 2011).
Teresa Braccio fsp
Via san Giovanni Eudes, 25 – 00163 Roma
Tel. 06.661.30.39
teresa.braccio@tiscali.it