n. 10
ottobre 2012

 

Altri articoli disponibili

  English

Educare alla carità: sfida permanente
 

VITTORIO NOZZA

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

L'educazione rappresenta una delle sfide oggi più urgenti, che impegna la comunità cristiana e quella civile. Siamo chiamati a pensare insieme, puntando alla formazione di un’umanità nuova, sapendo che il futuro è legato alle scelte nel campo dell’educazione. Il Santo Padre ne ha parlato più volte con accenti carichi di passione educativa: «Abbiamo tutti a cuore il bene delle persone che amiamo, in particolare dei nostri bambini, adolescenti e giovani. Sappiamo infatti che da loro dipende il futuro di questa nostra città. Non possiamo dunque non essere solleciti per la formazione delle nuove generazioni, per la loro capacità di orientarsi nella vita e di discernere il bene dal male, per la loro salute non soltanto fisica ma anche morale. Educare però non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile[...]. Si parla perciò di una grande “emergenza educativa”, confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita» (Benedetto XVI, Lettera alla Diocesi e alla città di Roma, 21 gennaio 2008).

 

Educare alla vita buona del Vangelo

Le dimensioni costitutive della Chiesa hanno in sé una grande valenza educativa-formativa: l’ascolto assiduo e amoroso della Parola, la celebrazione liturgica e la comunione nella vita rendono il credente capace di condividere i beni materiali e spirituali. La Chiesa è luogo e segno della permanenza di Gesù Cristo nella storia. Nel suo compito missionario l’educazione diventa esigenza costitutiva e permanente della vita della Chiesa e parte integrante della sua missione. Una missione, quella della Chiesa, sviluppata attraverso il suo essere discepola, madre e maestra.

«Imparate da me» (Mt 11,29). La Chiesa educa e forma perché prima di tutto è discepola del Signore. Umilmente si mette alla sua sequela, imparando nel tempo la via del servizio, del discernimento dei segni dei tempi e della carità nella verità.

Inoltre la Chiesa educa e forma in quanto madre. È una comunità di credenti che educa ogni giorno con tutta la sua vita. Nell’economia della salvezza è chiamata infatti ad essere un insieme educativo.

Infine la Chiesa educa e forma perché maestra. È un insieme educativo che assume la fatica della ricerca della verità a servizio dello sviluppo della persona perché viva la carità, l’amore nella verità.

Ma quale Chiesa educa? Educa una Chiesa appassionata, che non si lascia tagliare le gambe dalle delusioni, che non smonta mai dal suo turno di presenza, che di fronte agli indifferenti non dirà mai: si arrangino. Educa una Chiesa che sa sempre coniugare insieme progetto, proposta e libertà di risposta. Educa una Chiesa che sa accettare il deserto, la povertà, l’insuccesso e nello stesso tempo non vuole evitare che altri facciano l’esperienza della povertà e del deserto, per scoprire l’importanza di una vita essenziale, sobria e affidata a Dio. Educa una Chiesa che sa star dentro le mille contraddizioni, fatiche e debolezze della nostra storia. Educa una Chiesa ricca di incontro, ascolto, relazione, presa in carico, accompagnamento, perdono, misericordia, amore. Una Chiesa che educa con la sua vita, con il suo stile, con le sue scelte di ogni giorno, attraverso una testimonianza piena.

 

Dare forma alla vita

Quando parliamo di aiuto e di servizio da donare ai poveri è importante tenere presente che hanno diritto non solo al pane, al companatico, al vestito, alla casa, al lavoro, alla salute… ma anche: al pane Parola, al pane Eucaristia, al pane Carità. Cioè hanno diritto ad incontrare Gesù Cristo in tutta la sua pienezza. «Il pane della parola di Dio e il pane della carità, come il pane dell’eucaristia, non sono pani diversi: sono la stessa persona di Gesù che si dona agli uomini e coinvolge i discepoli nel suo atto di amore al Padre e ai fratelli» (Evangelizzazione e testimonianza della carità» 1). La pedagogia dei fatti impegna ad attuare il passaggio dalla carità delle parole alla carità delle opere. Un passaggio che chiede la messa in atto, nella quotidianità, di costanti azioni di discernimento e di scelte per promuovere nella comunità e nel territorio la testimonianza della carità.

 

Carità di comunione

I cristiani sono chiamati ogni giorno a costruire il vivere insieme fraternamente per essere lievito dentro la società nelle sue diverse espressioni: «Vi riconosceranno che siete miei discepoli se vi amerete gli uni gli altri». È nella cura delle espressioni particolari del nostro pensare, sentire, dire e agire che si gioca il compito della comunità cristiana ad essere segno di comunione e di corresponsabilità tra fratelli nella fede a livello personale e familiare, nel condominio e nel contesto delle relazioni quotidiane, tra gruppi di operatori pastorali impegnati nei diversi ambiti della pastorale ordinaria: catechesi, liturgia e servizi di carità.

 

Carità di popolo

Spesso si pensa che per avere una comunità cristiana a servizio dell’uomo si debbano costruire opere, costituire e avviare gruppi di volontariato in risposta a specifici bisogni, avviare iniziative organizzate da sostenere nel tempo anche con impegni sempre più gravosi. Certamente tutto questo va fatto, quando risulta necessario. Ma la gran parte dei credenti non sarà mai nella possibilità e non sarà mai chiamata a fare queste cose. E allora dovranno delegare gli altri? L’esercizio della carità non è delegabile perché essenziale alla vita cristiana, così come il nutrirsi e il respirare non è delegabile perché essenziale alla vita.

 La Parola di Gesù ci indica in modo chiaro, semplice e dentro ogni momento e occasione della nostra vita quotidiana che cosa in concreto va testimoniato. Il Signore dopo averci preavvertiti che alla fine della nostra vita ci dirà: «Io ho avuto fame..., io ho avuto sete...», dice: «Ogni volta che avete fatto questo al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Occorre fermare seriamente l’attenzione su quell’avverbio temporale ogni volta. Questi passaggi del Signore vicino a noi non sono opere programmate e organizzate, non sono neppure programmabili: sono momenti-occasioni di vita scomodi, disturbanti, provocanti il nostro quieto vivere. È a queste presenze del Signore che occorre dire di sì, ogni volta. In una società fortemente frastagliata, dove il frenetico vivere quotidiano non facilita l’incontro tra persona e persona, è necessario recuperare e intensificare questa molteplicità di piccole azioni: solo attraverso di esse è possibile costruire la solidarietà del quotidiano, di base, la solidarietà delle relazioni corte, ed è possibile formare l’intera nostra esistenza di carità e quindi renderla linguaggio visibile, vivo per gli altri, scelta solidale e stile di vita.

 

Carità politica

Di fronte al paventato rischio dello sviluppo di un laicato ad intra, talora più propenso all’animazione liturgica che alla presenza e all'impegno tipicamente laicale nella famiglia, nel mondo del lavoro, nella politica, un approfondimento teologico-pastorale corretto - soprattutto la percezione della pedagogia dei fatti e dell’intimo nesso tra carità e giustizia - costituirebbe per molti uno stimolo a formarsi alla «forma di carità che è l'azione politica». Possiamo affermare che oggi una carenza pericolosa è proprio quella della passione per la costruzione della polis, come città in cui ciascuno trova in modo armonico la propria dimensione nel costruire cittadinanza solidale e quindi vera politica. La Chiesa con la sua presenza, proprio in ragione dell'impegno ad essere vicina alla gente, offre molte occasioni e strumenti per una conoscenza concreta e costruttiva della situazione come condizione di partenza per chi è chiamato a formarsi a governare il bene comune.

Nell’essere cittadino credente la testimonianza di carità si esprime attraverso alcune doverose scelte di vita che coniugano insieme carità e giustizia. Ne accenno solo tre. La prima forma di condivisione e di solidarietà è fare ciascuno il proprio dovere nella professione, nel lavoro, nello studio. La seconda è il pagare le tasse, è fare giustizia, costruire giustizia. Una terza forma concreta di solidarietà è collegata soprattutto con la prima e rivolta in particolare ai giovani: la scelta delle professioni.

 

Il volontariato come scuola di vita

Il territorio e la comunità cristiana hanno a che fare ogni giorno con molteplici necessità: vanno considerate in modo continuativo, con una appropriata preparazione e il più possibile dentro forme e servizi strutturati per garantire in maniera corretta dei servizi alle persone in situazione di particolari bisogni. Le forme di volontariato, in gruppi e associazioni, già presenti nel territorio e nella parrocchia, sono luoghi opportuni per imparare e per mettere a disposizione, non solo qualcosa, ma anche il proprio tempo, abitudini, attitudini e sensibilità, amicizie e relazioni.

 

Carità che dà ‘forma’

L’essere degni dei poveri deve trovare il punto nodale nel rinnovato impulso all’impegno educativo. Non si può infatti prescindere dal promuovere una formazione integrale - spirituale e professionale - capace di sostenere tutti i nostri animatori-operatori nel duro lavoro quotidiano. Si tratta di una proposta di crescita integrale verso una testimonianza della carità, che non si accontenta di un gesto occasionale, ma punta a promuovere legami, alleanze, orientamenti di vita. Dobbiamo coltivare con passione il nostro ‘patrimonio genetico’: la scelta educativa, una pedagogia dei fatti che si pone come obiettivo la crescita di ogni persona e dell’intera comunità cristiana attraverso esperienze educative concrete, significative, partecipate e condivise. Si tratta di una fatica e di uno stile di presenza da continuare, promuovendo una formazione attenta a coniugare il contenuto con il metodo, all’interno di un processo di crescita progettuale capace di vedere oltre il problema contingente e il bisogno immediato e che, oltre a trasmettere contenuti, abiliti le persone e le comunità a leggere i segni dei tempi, a interrogarsi sulle cause delle povertà, a incidere su stili di vita e comportamenti rinnovati nel quotidiano.

Carità come accompagnamento

Una ulteriore scelta da attuare è quella dell’educazione dei giovani alla pace, giustizia e carità. La riflessione, il confronto che si sta conducendo, è incentrato su tre parole chiave: progettualità, formazione, coordinamento. Sono grandi e inedite le inquietudini che oggi attraversano il mondo giovanile. Se ci sono delle persone da osservare, da ascoltare, rispetto alle quali saper operare discernimento, sono sicuramente i giovani. Il servizio civile in Caritas non potrà non essere che un autentico spazio di libertà in cui i giovani possano acquisire quegli strumenti di osservazione, di ascolto e di discernimento per costruire il proprio futuro e quello della comunità, ricco di un servizio in cui pace, solidarietà, nonviolenza, mondialità non sono solo declamate, ma praticate.

Questo cammino formativo va in modo opportuno collocato dentro una duplice preoccupazione: di attenzione ai poveri, per rivelare il volto di Dio che è amore; e di sviluppo delle tre funzioni ecclesiali. La Chiesa infatti evangelizza, educa, forma attraverso quello che essa è (segni - celebra la carità di Dio); dice (parole – annuncia la carità di Dio); fa (opere - testimonia la carità di Dio).

Vittorio Nozza
Caritas Italiana
Via Aurelia, 796 - 00165 Roma

 

Torna indietro