L'educazione
rappresenta una delle sfide oggi più urgenti, che impegna la comunità
cristiana e quella civile. Siamo chiamati a
pensare insieme,
puntando alla formazione di un’umanità nuova, sapendo che il futuro è
legato alle scelte nel campo dell’educazione. Il Santo Padre ne ha
parlato più volte con accenti carichi di
passione
educativa:
«Abbiamo tutti a cuore il bene delle persone che amiamo, in particolare
dei nostri bambini, adolescenti e giovani. Sappiamo infatti che da loro
dipende il futuro di questa nostra città. Non possiamo dunque non essere
solleciti per la formazione delle nuove generazioni, per la loro
capacità di orientarsi nella vita e di discernere il bene dal male, per
la loro salute non soltanto fisica ma anche morale. Educare però non è
mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile[...]. Si
parla perciò di una grande “emergenza educativa”, confermata dagli
insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per
formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un
senso alla propria vita» (Benedetto XVI,
Lettera
alla Diocesi e alla città di Roma, 21 gennaio 2008).
Educare alla vita
buona del Vangelo
Le
dimensioni costitutive
della Chiesa hanno in sé una grande valenza educativa-formativa: l’ascolto
assiduo e amoroso della Parola, la
celebrazione
liturgica e la
comunione
nella vita rendono il credente capace di condividere i beni materiali e
spirituali. La Chiesa è
luogo e segno
della permanenza di Gesù Cristo nella storia. Nel suo compito
missionario l’educazione
diventa esigenza costitutiva e permanente della vita della Chiesa e
parte integrante della sua missione. Una missione, quella della Chiesa,
sviluppata attraverso il suo essere
discepola,
madre e maestra.
«Imparate da me» (Mt 11,29). La Chiesa educa e forma perché prima di
tutto è
discepola
del
Signore. Umilmente si mette alla sua sequela, imparando nel tempo la via
del
servizio,
del
discernimento
dei
segni dei tempi
e
della
carità
nella verità.
Inoltre la Chiesa educa e forma in quanto
madre.
È una comunità di credenti che educa ogni giorno con tutta la sua vita.
Nell’economia della salvezza è chiamata infatti ad essere un
insieme educativo.
Infine la Chiesa educa e forma perché
maestra.
È un
insieme educativo
che assume la fatica della ricerca della verità a servizio dello
sviluppo della persona perché viva la carità, l’amore nella verità.
Ma
quale Chiesa educa? Educa una Chiesa
appassionata,
che non si lascia
tagliare le gambe
dalle delusioni, che non
smonta mai
dal
suo turno di presenza, che di
fronte agli indifferenti non dirà
mai:
si
arrangino.
Educa una
Chiesa che sa sempre coniugare
insieme
progetto,
proposta e libertà
di
risposta. Educa una Chiesa che sa accettare il deserto,
la
povertà,
l’insuccesso
e
nello stesso tempo non vuole evitare che altri facciano l’esperienza
della povertà e del deserto, per scoprire l’importanza di una vita
essenziale, sobria e affidata a Dio. Educa una Chiesa che sa
star
dentro
le
mille contraddizioni, fatiche e debolezze della nostra storia. Educa una
Chiesa ricca di
incontro,
ascolto, relazione, presa in carico,
accompagnamento, perdono,
misericordia, amore.
Una Chiesa che educa con la sua
vita,
con il suo
stile,
con le sue
scelte
di
ogni giorno, attraverso una
testimonianza
piena.
Dare forma alla
vita
Quando parliamo di aiuto e di servizio da donare ai poveri è importante
tenere presente che hanno diritto non solo al pane, al companatico, al
vestito, alla casa, al lavoro, alla salute… ma anche: al pane Parola, al
pane Eucaristia, al pane Carità. Cioè hanno diritto ad incontrare Gesù
Cristo in tutta la sua pienezza. «Il pane della parola di Dio e il pane
della carità, come il pane dell’eucaristia, non sono pani diversi: sono
la stessa persona di Gesù che si dona agli uomini e coinvolge i
discepoli nel suo atto di amore al Padre e ai fratelli» (Evangelizzazione
e
testimonianza della carità»
1). La
pedagogia dei fatti
impegna ad attuare il passaggio dalla carità delle parole alla carità
delle opere. Un passaggio che chiede la messa in atto, nella
quotidianità, di costanti azioni di discernimento e di scelte per
promuovere nella comunità e nel territorio la testimonianza della
carità.
Carità di
comunione
I
cristiani sono chiamati ogni giorno a costruire il
vivere insieme
fraternamente
per
essere lievito dentro la società nelle sue diverse espressioni: «Vi
riconosceranno che siete miei discepoli se vi amerete gli uni gli
altri». È nella cura delle espressioni particolari del nostro pensare,
sentire, dire e agire che si gioca il compito della comunità cristiana
ad essere
segno
di
comunione e di corresponsabilità tra fratelli nella fede a livello
personale e familiare, nel condominio e nel contesto delle relazioni
quotidiane, tra gruppi di operatori pastorali impegnati nei diversi
ambiti della pastorale ordinaria: catechesi, liturgia e servizi di
carità.
Carità di
popolo
Spesso si pensa che per avere una comunità cristiana a servizio
dell’uomo si debbano
costruire
opere,
costituire e avviare
gruppi di
volontariato
in
risposta a specifici bisogni, avviare
iniziative organizzate
da sostenere nel tempo anche con impegni sempre più gravosi. Certamente
tutto questo va fatto, quando risulta necessario. Ma la gran parte dei
credenti non sarà mai nella possibilità e non sarà mai chiamata a fare
queste cose. E allora dovranno delegare gli altri? L’esercizio della
carità non è delegabile perché essenziale alla vita cristiana, così come
il nutrirsi e il respirare non è delegabile perché essenziale alla vita.
La
Parola di Gesù ci indica in modo chiaro, semplice e dentro
ogni
momento e occasione
della nostra vita quotidiana che cosa in concreto va testimoniato. Il
Signore dopo averci preavvertiti che alla fine della nostra vita ci
dirà: «Io ho avuto fame..., io ho avuto sete...», dice: «Ogni volta che
avete fatto questo al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me»
(Mt 25,40). Occorre fermare seriamente l’attenzione su quell’avverbio
temporale
ogni
volta.
Questi passaggi del Signore vicino a noi non sono opere programmate e
organizzate, non sono neppure programmabili: sono momenti-occasioni di
vita scomodi, disturbanti, provocanti il nostro quieto vivere. È a
queste presenze del Signore che occorre dire di sì, ogni volta. In una
società fortemente frastagliata, dove il frenetico vivere quotidiano non
facilita l’incontro tra persona e persona, è necessario recuperare e
intensificare questa molteplicità di piccole azioni: solo attraverso di
esse è possibile costruire la solidarietà del quotidiano, di base, la
solidarietà delle
relazioni corte,
ed è possibile formare l’intera nostra esistenza di carità e quindi
renderla
linguaggio visibile,
vivo
per gli altri, scelta solidale e stile di vita.
Carità politica
Di
fronte al paventato rischio dello sviluppo di un
laicato ad intra,
talora più propenso all’animazione liturgica che alla presenza e
all'impegno tipicamente laicale nella famiglia, nel mondo del lavoro,
nella politica, un approfondimento teologico-pastorale corretto -
soprattutto la percezione della pedagogia dei fatti e dell’intimo nesso
tra carità e giustizia - costituirebbe per molti uno stimolo a formarsi
alla «forma di carità che è l'azione politica». Possiamo affermare che
oggi una carenza pericolosa è proprio quella della passione per la
costruzione della
polis,
come città in cui ciascuno trova in modo armonico la propria dimensione
nel costruire cittadinanza solidale e quindi vera politica. La Chiesa
con la sua presenza, proprio in ragione dell'impegno ad essere vicina
alla gente, offre molte occasioni e strumenti per una conoscenza
concreta e costruttiva della situazione come condizione di partenza per
chi è chiamato a formarsi a governare il
bene
comune.
Nell’essere cittadino credente la testimonianza di carità si esprime
attraverso alcune doverose scelte di vita che coniugano insieme
carità e giustizia.
Ne accenno solo tre. La prima forma di condivisione e di solidarietà è
fare
ciascuno il proprio dovere
nella professione, nel lavoro, nello studio. La seconda è il
pagare le tasse,
è fare giustizia, costruire giustizia. Una terza forma concreta di
solidarietà è collegata soprattutto con la prima e rivolta in
particolare ai giovani:
la
scelta delle professioni.
Il volontariato
come scuola di vita
Il
territorio e la comunità cristiana hanno a che fare ogni giorno con
molteplici necessità: vanno considerate in modo continuativo, con una
appropriata preparazione e il più possibile dentro forme e servizi
strutturati per garantire in maniera corretta dei servizi alle persone
in situazione di particolari bisogni. Le forme di
volontariato,
in gruppi e associazioni, già presenti nel territorio e nella
parrocchia, sono
luoghi
opportuni
per
imparare e per mettere a disposizione, non solo qualcosa, ma anche il
proprio tempo, abitudini, attitudini e sensibilità, amicizie e
relazioni.
Carità che dà
‘forma’
L’essere degni dei poveri deve trovare il punto nodale nel rinnovato
impulso all’impegno educativo. Non si può infatti prescindere dal
promuovere una formazione integrale - spirituale e professionale -
capace di sostenere tutti i nostri animatori-operatori nel duro lavoro
quotidiano. Si tratta di una proposta di crescita integrale verso una
testimonianza della carità, che non si accontenta di un gesto
occasionale, ma punta a promuovere legami, alleanze, orientamenti di
vita. Dobbiamo coltivare con passione il nostro ‘patrimonio genetico’:
la scelta educativa, una pedagogia dei fatti che si pone come obiettivo
la crescita di ogni persona e dell’intera comunità cristiana attraverso
esperienze educative concrete, significative, partecipate e condivise.
Si tratta di una fatica e di uno stile di presenza da continuare,
promuovendo una formazione attenta a coniugare il contenuto con il
metodo, all’interno di un processo di crescita progettuale capace di
vedere oltre il problema contingente e il bisogno immediato e che, oltre
a trasmettere contenuti, abiliti le persone e le comunità a leggere i
segni dei tempi, a interrogarsi sulle cause delle povertà, a incidere su
stili di vita e comportamenti rinnovati nel quotidiano.
Carità come
accompagnamento
Una
ulteriore scelta da attuare è quella dell’educazione dei giovani alla
pace, giustizia e carità. La riflessione, il confronto che si sta
conducendo, è incentrato su tre parole chiave: progettualità,
formazione, coordinamento. Sono grandi e inedite le inquietudini che
oggi attraversano il mondo giovanile. Se ci sono delle persone da
osservare, da ascoltare, rispetto alle quali saper operare
discernimento, sono sicuramente i giovani. Il servizio civile in Caritas
non potrà non essere che un autentico spazio di libertà in cui i giovani
possano acquisire quegli strumenti di osservazione, di ascolto e di
discernimento per costruire il proprio futuro e quello della comunità,
ricco di un servizio in cui pace, solidarietà, nonviolenza, mondialità
non sono solo declamate, ma praticate.
Questo cammino formativo va in modo opportuno collocato dentro una
duplice preoccupazione:
di attenzione ai poveri, per rivelare il volto di Dio che è amore; e di
sviluppo delle tre funzioni ecclesiali. La Chiesa infatti evangelizza,
educa, forma attraverso quello che essa
è
(segni - celebra la carità di Dio);
dice
(parole – annuncia la carità di Dio);
fa
(opere - testimonia la carità di Dio).
Vittorio
Nozza
Caritas Italiana
Via Aurelia, 796 - 00165 Roma