In
che modo la fede di Maria, vissuta due millenni fa in una società
totalmente diversa dal nostro mondo frenetico, è ancora significativa
per le donne e gli uomini del nostro tempo? In realtà i dati evangelici
lasciano trasparire numerosi elementi della fede della Vergine che
appartengono anche alle molteplici esperienze dei credenti che camminano
sulle strade dell’oggi. Maria «viveva sulla terra una vita comune a
tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro», ha scritto il
Concilio Vaticano II.1
Esemplarità di Maria
Le famiglie
La
Virgo fidelis,
che ha vissuto la sua fede innanzi tutto nelle relazioni con il Figlio e
con Giuseppe, ha molto da dire a coloro che riconoscono nella famiglia
l’unica istituzione capace ancora di rispondere al bisogno di affetto e
di sostegno stabile presente in ogni persona. I
coniugi,
chiamati a confrontarsi oggi con la cultura delle relazioni «liquide»,
che li spinge, di fronte alle prime difficoltà, a rinunciare alla
promessa di fedeltà per tutta la vita, incontrano nella sposa del
falegname di Nazaret, una donna capace di perseverare nella fede nel Dio
dell’Alleanza che, nella profonda crisi provocata dalla sua gravidanza
misteriosa, ha impedito che andassero in porto i disegni umani di
separazione dai quali era stato tentato Giuseppe (Mt 1,18-25).
Nella loro funzione di
genitori,
i coniugi cristiani possono guardare a Maria, che per fede accoglie la
vita nascente nella situazione di grave precarietà e povertà e con
tenerezza «avvolse in fasce» (Lc 2,7) l’eterno Figlio del Padre, che da
lei aveva preso la carne; durante gli anni dell’infanzia di Gesù è
ancora la fede di Maria e Giuseppe a permettere al Bambino di crescere
«in età sapienza e grazia» (Lc ,52).
Così essa è esempio da imitare nel compito educativo di fronte ai figli
che rivendicano la loro autonomia. La coppia di Nazaret, nell’episodio
dello smarrimento e del ritrovamento di Gesù dodicenne a Gerusalemme (Lc
2,41-50), senza che le fosse risparmiata l’angoscia
per l’enorme responsabilità, ha continuato ad affidarsi a Dio e alla sua
Parola, anche se non ha compreso fino in fondo il mistero che si
nascondeva nel Figlio (Lc 2,51).
I
figli,
che soprattutto oggi appaiono lontani da una fede proposta loro con
categorie alle quali non prestano attenzione (c’è chi ha parlato dei
giovani dei nostri giorni come della «prima generazione incredula»),2
possono trovare un riferimento fondamentale nella fede vissuta in modo
responsabile e libero
dalla ragazza di Nazaret, che nell’annunciazione, nonostante il profondo
«turbamento» (Lc 1,29) provocato dalla prospettiva di un futuro ignoto
che comportava di trasformare completamente i suoi progetti, si è
generosamente e coraggiosamente tuffata nell’avventura “anticonformista”
che Dio le proponeva.
Le donne
Maria, che vive la sua fede come donna del I secolo, continua ad essere
un riferimento anche per il mondo femminile del nostro tempo. Senza
dubbio, leggere la fede di Maria «con occhi di donna»,3
vuol dire recuperare tutti quegli elementi che la teologia e la
predicazione tradizionale hanno trascurato.
Se in passato la fede di Maria era proposta solo come modello per la
donna “tutta casa e chiesa”,
enfatizzando le virtù del silenzio, dell’obbedienza, della docilità,
della sottomissione, è evidente che le donne emancipate dei nostri
giorni possano considerarla una figura ormai superata. Invece, la fede
della «donna tutt’altro che passivamente remissiva o di una religiosità
alienante», come Paolo VI ha definito Maria,4
diventa estremamente significativa anche per la fede delle
donne impegnate nella vita sociale,
che devono far valere ogni giorno la loro dignità e che sono chiamate ad
esercitare, per mezzo del loro «genio», la critica profetica al mondo
che non sa riconoscere la loro peculiare missione.
Così pure la contemplazione del lato femminile della fede della Vergine
consente di sottolineare il suo «sentire materno», la sua particolare
esperienza “viscerale” dell’incontro col Figlio, che si formava nel suo
grembo. Questa esperienza può essere compresa solo dalle madri (donne)
ed è negata ai padri (maschi), che quindi hanno bisogno di imparare
dalle donne a percepire intimamente e non solo per via di pensiero la
grandezza del mistero in cui credono. In questo modo Maria insegna ai
credenti la possibilità di accostarsi ai misteri della fede per via
“estetica” (nel doppio significato di “sensibile” e di “relativo al
bello”): si tratta, cioè, di riconoscere che la rivelazione di Dio entra
nel cuore dell’uomo non solo attraverso la comprensione intellettuale
delle verità dottrinali, ma anche attraverso le emozioni e le sensazioni
che danno sapore all’esistenza e aprono il cuore alla contemplazione
gioiosa della bellezza del mistero divino.
Le persone sofferenti
Anche per tutti coloro che sono oppressi dall’esperienza del dolore e
della fragilità dell’esistenza umana la fede di Maria appare
significativa. La Vergine di Nazaret ha continuato ad affidarsi al Dio
«che si prende cura del povero» nelle difficoltà che ha incontrato a
causa delle relazioni con gli altri: ha vissuto la solitudine di chi
deve decidere senza appoggi umani (Lc 1,38), l’incomprensione da parte
di Giuseppe (Mt 1,19), l’angoscia per la separazione dal Figlio
adolescente (Lc 2,44-45), la frustrazione dell’impotenza di fronte
all’ingiusta condanna a morte di Gesù. Pure nelle situazioni di povertà
e di precarietà sociale ha continuato a credere: così ha fatto nella
condizione di donna gravida che non trova un posto in cui partorire (Lc
2,7) o di profuga in Egitto per sfuggire alle persecuzioni di Erode (Mt
2,13-14).
Giovanni Paolo II ha dedicato la sua più importante enciclica mariana,
la Redemptoris
Mater,
al cammino di fede di Maria, sul quale si modella il cammino di fede dei
cristiani, sottolineando particolarmente la presenza del dolore in tale
percorso. La fede che ha attraversato tutti i momenti della vita della
Vergine, infatti, è connotata dalla «fatica del cuore» e l’ha condotta
fino all’annientamento di sé, esperienza che l’accomuna a tutti i
credenti che decidono nel loro cuore il “santo viaggio” verso il Dio
trinitario.
Giovanni Paolo II scorge, sin dall’inizio del rapporto di Maria con Gesù
fanciullo, durante la vita nascosta a Nazaret, «una particolare fatica
del cuore, unita a una sorta di “notte della fede” -per usare le parole
di san Giovanni della Croce -; quasi un “velo” attraverso il quale
bisogna accostarsi all'Invisibile e vivere nell'intimità col mistero. È
infatti in questo modo che Maria, per molti anni, rimase nell'intimità
col mistero del suo Figlio, e avanzava nel suo itinerario di fede, a
mano a mano che Gesù “cresceva in sapienza... e grazia davanti a Dio e
agli uomini” (Lc 2,52)».5
Questo cammino di fede la spinse sempre più “in basso”, rendendola
fedele compagna nel processo di umiliazione del Figlio di Dio, che
«spogliò sé stesso» fino alla morte: «Ai piedi della Croce Maria
partecipa mediante la fede allo sconvolgente mistero di questa
spoliazione. È questa forse la più profonda
kenosi
della fede nella storia dell'umanità. Mediante la fede la Madre
partecipa alla morte del Figlio, alla sua morte redentrice; ma, a
differenza di quella dei discepoli che fuggivano, era una fede ben più
illuminata».6 È a questa fede che possono
ispirarsi il malato piagato dal morbo incurabile, l’immigrato umiliato
dalle leggi e dagli uomini, l’omosessuale insultato che perde gli amici,
l’innamorata tradita, l’anziana che vive da sola, l’operaio che perde il
lavoro ed è prostrato nella disperazione…
E non solo la fede di Maria diventa modello della fede dei sofferenti,
ma accompagna con una presenza misteriosa le loro vicende, rivelando
come la potenza della Croce riesce a trasformare il dolore. È ancora
Giovanni Paolo II che nella Lettera apostolica sul senso cristiano della
sofferenza,
Salvifici doloris,
ha sottolineato che «Cristo morente conferì alla sempre Vergine Maria
una maternità nuova - spirituale e universale - verso tutti gli uomini,
affinché ognuno, nella peregrinazione della fede, gli rimanesse insieme
con lei strettamente unito fino alla Croce e, con la forza di questa
Croce, ogni sofferenza rigenerata diventasse, da debolezza dell'uomo,
potenza di Dio».7
I membri
della comunità cristiana
La fede di Maria diventa particolarmente “normativa” per i battezzati
che svolgono i vari ministeri nelle comunità. Così un operatore della
Caritas,
o chiunque sia impegnato a servizio degli altri, può guardare alla fede
carismatica (cioè, frutto di una «manifestazione dello Spirito per il
bene comune»: 1Cor 12,7.9) della Vergine, che la spinge a recarsi dalla
parente Elisabetta in attesa del figlio (Lc 1,39) e agisce alle nozze di
Cana favorendo l’azione soccorritrice del Figlio (Gv 2,1-12). Anche chi
è deputato ad animare la preghiera della comunità può condividere la
fede gioiosa che si sprigiona nella lode del
Magnificat
al Padre (Lc 1,46-55) o la fede solidale che si manifesta nella stessa
intercessione presso il Figlio a Cana. Chi, poi, si dedica ai ministeri
profetici potrà essere animato dalla fede di Maria che ancora nel
Magnificat
proclama esultante le «grandi cose» che Dio ha operato.
Il teologo, chiamato a riflettere sul mistero rivelato con l’intellectus
fidei,
non può che abbracciare la ricerca con lo stesso coinvolgimento
esistenziale che ha guidato la domanda di Maria all’angelo sulle
modalità del compimento del mistero dell’incarnazione («Come è
possibile?»: Lc 1,34). E lo stesso cristiano che vive con ardente amore
le manifestazioni della pietà e della devozione riproduce in sé la fede
semplice di Colei che ha riconosciuto il Dio del suo popolo e lo ha
amato con tutto il suo «spirito» e con tutta la sua «anima» (Lc 1,45).
Le
persone consacrate,
e in particolare le donne consacrate, chiamate a testimoniare in modo
diverso il carisma femminile che trasforma il mondo, guardano alla fede
della madre di Gesù. Maria ha vissuto la verginità, la povertà e
l’obbedienza al Padre non come rinuncia e chiusura al mondo, ma come
apertura all’umanità e ai poveri, sia nella preghiera che nel servizio.
La risposta alla chiamata alla castità, infatti, è il frutto della fede
accogliente che spinge ad amare Dio al di sopra di se stessi e di ogni
altro affetto. L’accettazione della povertà assimila alla Vergine
povera, che senza appoggiarsi ai mezzi terreni, ha confidato solo in
Dio, proclamando le lodi di Colui che «ha innalzato gli umili » e «ha
colmato di beni gli affamati » (Lc 1,52-53). Nell’obbedienza, infine, si
rivive la fede della Madre del Signore che, guidata dallo Spirito,
decide di fare la volontà del Padre, rivelata attraverso i suoi
messaggeri.
Peregrinatio fidei
Sull’esempio della Vergine, infine, ogni cristiano vive la sua fede come
un cammino di maturazione all’interno di una comunità: nella sua
peregrinatio fidei
ella ha dovuto superare la relazione “di sangue” che la univa al Figlio
per entrare in una comunione sempre più profonda con lui nel discepolato
e dentro la piccola famiglia di uomini e donne che seguono il Figlio fin
sotto la Croce (Gv 19,25-27); e, dopo la Pasqua, ha deciso di continuare
ad appartenere alla nuova comunità, insieme agli apostoli, alle donne e
ai fratelli di Gesù (At 1,14). Come affermò Giovanni Paolo II, «la sua
eccezionale peregrinazione della fede rappresenta un costante punto di
riferimento per la Chiesa, per i singoli e le comunità, per i popoli e
le nazioni, in un certo senso per l'umanità intera».8
1 CONCILIO VATICANO
II, Decreto sull’apostolato dei laici
Apostolicam Actuositatem
(18 novembre
2 CF
A. MATTEO,
La prima generazione incredula.
Il difficile rapporto tra i giovani e la fede, Rubbettino,
Soveria Mannelli 2010.
3 C. MILITELLO,
Maria con occhi di donna,
Piemme, Casale Monferrato (AL) 1999.
4 Cf PAOLO
VI, Esortazione apostolica
Marialis cultus
(2 febbraio 1974), 37.
5 GIOVANNI
PAOLO
II, Lettera enciclica
Redemptoris Mater
(25 marzo 1987), 17.
6
Ibid.,
18.
7 GIOVANNI
PAOLO
II, Lettera apostolica
Salvifici doloris
(11 febbraio 1984), 26.
8 GIOVANNI
PAOLO
II, Lettera enciclica
Redemptoris Mater
(25 marzo 1987), 6.
Alfonso
Langella
Direttore di
Theotokos
Via Barcaiola, 22
80056 Ercolano (Napoli)
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