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Diversamente dal nostro tempo che privilegia la visione, l'immagine, le Scritture cristiane, il mondo semitico, danno il primato all'udito, all'ascolto. Dio incontra l'uomo, gli si manifesta specialmente attraverso la Parola. Dio è l'Invisibile, ma l'uomo può udirne la Parola. Dio parla all'uomo, lo chiama ad un rapporto di comunione, di vita con sé e per questo diviene di primaria importanza l'ascoltare.
La vocazione domanda l'ascolto, apre all'ascolto, all'accoglienza della parola e risponde. L'ascolto - dunque - ha a che fare con un interlocutore altro, una presenza che parla a me. Parola e ascolto caratterizzano la dinamica della persona e si trasformano in accoglienza e risposta. La vita è costruita così: si sviluppa su un'incessante sequenza di risposte. Rispondere, vale a dire scegliere è un'imperiosa necessità vitale. Ed è importante che la risposta proceda da un'esperienza che si radica nella vita, che maturi dentro la propria esperienza di vita.
Rispondere è decidere, scegliere, determinarsi. Scegliere comporta l'eliminazione di ogni altra possibilità. Per cui "ogni scelta che compiamo introduce inevitabilmente una effettiva esperienza di morte" (C. Molari, La vocazione oggi, Cittadella editrice, 2014, p.35). Per vivere non si può restare nell'indeterminato, ma determinarsi va tutt'altro che da sé. Anzi, probabilmente esige un passaggio di conversione. "Convertitevi", dice Gesù, cioè rendete possibile il futuro di Dio, rendete possibili le nuove manifestazioni di Dio. Ma la conversione non è la semplice decisione della creatura, è una risposta all'azione di Dio che viene alla sua parola che chiama, che è vocazione, quella parola che fa fiorire la storia umana e che noi possiamo rifiutare.
In questo numero di Consacrazione e servizio si vuole cercare un approccio meno ordinario alla realtà della vocazione, chiaramente la proposta del tema è giocata sulla dimensione antropo-teologicospirituale, ma ci sembra bello far risaltare l'attinenza con l'esperienza di oggi, almeno come punto di partenza della riflessione. L'oggetto specifico dello sguardo spirituale sono "i segni della presenza operante di Dio nella storia", che non si aggiunge all'attività umana, ma la rende possibile e la sostiene. Lo sguardo spirituale individua l'emergere della forza dello Spirito all'interno della storia umana, soprattutto là dove essa ha la possibilità di esprimersi con tutta la sua forza creatrice.
Gli articoli che si susseguono e che trovano la centratura di approfondimento nel Dossier offrono al lettore un'immediata panoramica del carico di risonanze e di rimandi che l'ascolto conserva nell'esperienza personale e suscita la parola "vocazione", in modo che pagina dopo pagina scorre una conoscenza della parola e una esperienza dell'ascolto che si fa spirituale, che si fa sapienziale.
Nell'itinerario della vocazione umana la prima esigenza è che ci si eserciti a pensare: e pensare è sempre innanzitutto ascoltare. Ascoltare! Dio disse come prima parola ad Adamo: "Uomo, dove sei?" (Gen 3,9), e questa è una domanda fatta sempre a ogni uomo e a ogni donna: "Dove sei?", una domanda personale profonda che non può essere estranea ad alcuna persona. È a partire dall'ascolto di questa domanda – "Dove sei nel tuo cammino? Dove sei nel tuo stare al mondo? Dove sei tra gli altri e con gli altri?" – che il chiamato può rispondere: "Eccomi!" (Gen 22,1.11, ecc.). E quando dice: "Eccomi!", dice di essere in ascolto, in attesa di una parola, di una chiamata, di un compito, di una responsabilità.
Dunque l'ascolto è condizione che concorre a connettere più o meno efficacemente le domande e le risposte a un orizzonte di verità: e questo orizzonte, se supportato dalla testimonianza riesce ancora a superare le diverse forme di riduzione della vocazione. Parola e ascolto si intrecciano nel comunicare, nel dire, dire tutto con calma e dolcezza, e raccontare. Raccontare: è l'unica maniera per parlare, per dirsi all'altro. Nel racconto parlare e ascoltare sono sempre ambedue un'opera di distacco da se stessi, per poter trasmettere all'altro non la propria verità, ma la bellezza e i significati possibili della verità nella propria vita: è un'opera di speranza e di fiducia: anelito a far trasparire un Altro, vocazione a togliere veli, "rivelazione".
L'assolutezza di alcune nostre affermazioni rese non dopo un ascolto attento, ma solo per proclamare ciò che noi riteniamo verità, ci ha spesso rinchiusi nell'arroganza delle nostre definizioni che rendono impraticabile una risposta e un dialogo autentico. E così si cancellano i volti!
Scrive Oliver Clément: "il nodo del dialogo si trova nell'enigma del volto umano". "Le visage intérieur", "Il volto interiore": vuol dire il volto velato della nostra vera personalità, nascosto – non nel senso freudiano, ma nel senso primordiale, biblico. Clément intende il volto della luce, il volto dell'immagine di Dio, secondo la quale tutti noi siamo stati creati e chiamati a vivere. "Cristianesimo per me è la religione dei volti", come lui amava ripetere, perché ogni volto è come una breccia nella chiusura del mondo. Unica strada che va dal volto umano al suo segreto e lo porta al Volto dei volti, al Cristo.
"Questo Volto dei Volti è veramente, senza alcuna separazione, il volto di Dio perché 'chi ha visto me, ha visto il Padre, dice Gesù' (Gv 14,9). Dice ancora Massimo il Confessore: 'egli conduce l'intera creazione. Manifestata attraverso di Lui, totalmente nascosto'. Il Cristo ci rivela ciò che intuiamo più umile. Egli apre sul segreto di una persona, su una differenza-comunione dove l'infinito affiora pur restando inaccessibile" (Olivier Clément, Solchi di luce, ed. Lipa, 2001, p. 10).
Di fronte a una visione "dispotica" dell'esistenza, volta a disegnare una umanità immatura, non emancipata, quasi la redenzione non fosse mai avvenuta, quasi mai fossimo stati "liberati". L'umile lavoro dello Spirito, invece, ci consegna un modo aperto di pensare Dio e il suo mistero: mistero inaccessibile e insieme nutritivo per l'esistenza umana. Lo Spirito Santo è la comunione. Per lo Spirito possiamo chiamare Dio Abbà, Padre, e in lui possiamo riconoscere l'altro come immagine di Dio in cui abita lo Spirito. Lo Spirito poi è Soffio santo, respiro che allarga gli orizzonti del cuore e sconfigge ogni chiusura; spalanca agli altri. Egli guida alla verità di sé; porta a maturare sino in fondo la coscienza del proprio limite e perciò insegna ad affidarsi, accettare e accogliere l'altro, riconoscendolo compagno, "cardine" della vita di ognuno di noi e delle nostre comunità tutte, protese alla realizzazione piena della vita umana.
Non ci resta che pregare con Madeleine Delbrel:
Poiché le tue parole, mio Dio,
non sono fatte per rimanere inerti nei nostri libri,
ma per possederci
e percorrere il mondo in noi,
permetti che da quel fuoco di gioia da te acceso,
un tempo, su una montagna
e da quella lezione di felicità,
qualche scintilla ci raggiunga e ci possegga,
ci investa e ci pervada.
Concludo augurando ad ogni lettrice e ad ogni lettore che, pagina dopo pagina, si senta mosso a penetrare più a fondo la grazia della vocazione perché il seme da Dio posto nella terra di ciascuno dia grano per tutti."Buona lettura!"
Fernanda Barbiero
Suore Maestre di S. Dorotea
Via Raffaele Conforti, 25 – 00166 Roma
fernandabarbiero@smsd.it
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