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Carissime
sorelle, vi saluto cordialmente, con affetto, con gratitudine per quello
che siete e per quanto fate. Saluto la Presidente e la sua équipe
che hanno preparato la 52ª Assemblea Nazionale con sacrificio e speranza
scegliendo un tema attuale e profetico. Percorrere strade di
discernimento e di riconciliazione per rendere visibile la speranza,
per prendere il largo verso nuovi mari. Noi la vela, Dio il vento -
secondo una bella immagine del filosofo Norberto Bobbio - che ci spinge
al largo.
È nel nome di Gesù
risorto e vivo e con la sua forza che vogliamo prendere il largo con
speranza, nonostante l’invecchiamento, la mancanza di vocazioni, le
difficoltà economiche, le defezioni, il contesto ostile, la precarietà…
Andiamo al largo con speranza perché crediamo che non siamo soli. Siamo
inabitati dalla Trinità, siamo nella Chiesa, siamo in compagnia di tante
sorelle e fratelli.
Th. Merton affermava che
la vera speranza non è qualcosa che noi pensiamo di poter fare, ma è in
Dio che sta suscitando qualcosa di buono dalla realtà in cui noi
viviamo, in noi stessi, nei nostri Istituti, anche se tutto questo è a
noi ignoto. La speranza ci fa intravedere la mano di Dio, il suo braccio
disteso che ci guida. Dobbiamo crederlo e farne l’esperienza nella
fedeltà allo Spirito. Fedeltà allo Spirito per cogliere i segni di Dio
nell’oggi della storia e per avere il coraggio di vincere lo
scoraggiamento, le ostilità, le paure e di prendere le distanze dagli
pseudo-bisogni del nostro tempo, per recuperare valori obsoleti come il
silenzio, l’umiltà, la pace, il dialogo, il perdono, la riconciliazione,
che sono diritti di tutti e non privilegi di alcuni.
A proposito di valori,
vorrei richiamare due valori indispensabili per alimentare la speranza
in noi e nel mondo: la giustizia e la verginità.
Nel Vangelo, Giuseppe, a
cui l’angelo annuncia il mistero della maternità di Maria, viene
presentato come uomo giusto. Maria viene presentata come la
vergine a cui l’angelo annuncia il disegno di Dio. E’ importante
collegare questi due attributi: il giusto, la vergine.
Il
giusto:
l’uomo fedele all’alleanza, colui che accoglie con prontezza il piano di
Dio e vi collabora. Rischia, si fida, immette il suo progetto di vita in
un progetto più grande.
La
vergine:
la donna che accoglie un progetto di salvezza, mettendosi totalmente e
prontamente a disposizione di Dio. In Maria è Dio il protagonista e la
sua verginità è l’espressione, anche fisica, del progetto di Dio.
Il
giusto e la
vergine:
i due titoli coincidono nell’indicare apertura e adesione senza riserve
a Dio e al suo progetto. Il vuoto apparente della paternità legale e
della verginità è in realtà pienezza, fecondità.
Anche noi, seppure ad un
altro livello e in un altro contesto, siamo oggi chiamate a vivere
situazioni inedite, impensate, sofferte. Non dobbiamo avere paura
dell’inedito, di ciò che non capiamo, dell’imprevisto, ma dobbiamo
viverlo con fede e riappropriarci del senso della sorpresa che dà sapore
alla vita, che dà sapore alla speranza.
Dobbiamo scoprire che
Dio, col suo progetto, è dentro questa realtà, dentro le nostre piccole
realtà quotidiane, che sono per noi come delle annunciazioni. Dio vuol
fecondare la nostra piccola storia facendone uno strumento della sua
grande storia.
Prendere il largo nella
speranza, ma insieme, in rete. Nel mondo globalizzato più che
mai, abbiamo bisogno di essere insieme, di essere uniti, di darci
fiducia reciproca.
Mons. Tonino Bello ha
scritto: “Quando diciamo insieme, non lo facciamo perché se
stiamo insieme le cose vanno meglio, nel senso che se ci mattiamo
insieme si realizza di più. Questa sarebbe mentalità aziendale. Gli
operatori del marketing mettono insieme gli operai; i sindacati
dicono “state uniti”; i tifosi, gli sportivi si sistemano tutti insieme
nella stessa curva dello stadio per gridare più forte. No, se noi
diciamo insieme, non è per poter rendere di più, ma perché
dobbiamo essere icona della SS. Trinità. Dobbiamo riprodurre nella
nostra vita, nelle nostre comunità, nei nostri Istituti, la vita che si
fa in cielo”. Dobbiamo essere agenzie periferiche della Trinità.
Agenzie periferiche
della Trinità che si fidano di Dio, che sono “memoria vivente del modo
di esistere e di agire di Gesù” (VC 22), che sentono ardere nel
cuore la passione per la santità di Dio e dopo averne accolto la Parola
nel dialogo della preghiera, la proclamano con la vita, con le labbra,
con i gesti, facendosi portavoce di Dio contro il male e il peccato.
Nella libertà, senza denaro, né provviste, né compromessi, né paure…
Senza vergognarsi. Affermava padre De Foucauld: “Di una cosa sola
dovremmo vergognarci: non amarlo abbastanza”.
Perché la gente,
soprattutto chi è più nell’indigenza, chieda a noi religiose:
“Sentinella, a che punto è la notte?…” (Is 21, 11) occorre che
vedano in noi sentinelle vigilanti, donne che hanno una parola da dire
da parte di Dio. Donne che non si vergognano del Vangelo di Gesù, che
nella routine della vita sanno introdurre semi di gioia e di
speranza, semplici ma efficaci, come hanno fatto, nel loro tempo e con
la semplicità della vita, i nostri fondatori e le nostre fondatrici.
Si racconta che “un
pubblicitario che passeggiava lungo una strada frequentata vide sul
marciapiedi un mendicante cieco e notò che nel suo cappello aveva solo
pochi spiccioli. Si inchinò e versò altre monete, poi, senza chiedere il
permesso dell’uomo, prese il cartello, lo girò e scrisse un’altra frase.
Quello stesso pomeriggio il pubblicitario tornò dal non vedente e notò
che il suo cappello era pieno di monete e di banconote. Il non vedente
riconobbe il passo dell’uomo e chiese se non fosse stato lui ad aver
riscritto il suo cartello e che cosa avesse scritto. Il pubblicitario
rispose: “Niente che non sia vero. Ho solo scritto il tuo in maniera
diversa”. Sorrise e andò via. Il non vedente non seppe mai che ora sul
cartello c’era scritto: “Oggi è primavera… e io non la posso vedere”.
È un fioretto
francescano… È un dettaglio di un uomo che crede nella vita e nella
gioia.
Vogliamo e dobbiamo
essere gente che sceglie di navigare al largo, di stare in frontiera,
pur avendo imparato dalla vita che non è comodo né facile…Siamo certi
che la vela può contare sul vento di Dio. Ha scritto Saint-Exupery: “Se
vuoi costruire una barca, non radunare insieme delle persone per
procurare la legna, preparare gli attrezzi, distribuire i compiti e
organizzare il lavoro, ma piuttosto risveglia in esse la nostalgia per
il mare aperto e infinito”.
Oggi abbiamo bisogno di
parresia, di coraggio perché ogni nostra sorella sogni il mare aperto e
infinito, per dare cuore, volto e mani al messaggio di Gesù, per dare
cuore, volto, mani ai nostri carismi nelle situazioni concrete in cui
viviamo. Ma con un’attenzione: non lasciarci vincere dalla tentazione
del generico e del vago: abbiamo un’originalità che ci è propria e sulla
quale possiamo contare per tradurre nell’oggi il discorso della
montagna. Beati i poveri in spirito, beati i misericordiosi,… beati voi
quando vi perseguiteranno a causa del mio nome… Tocca a ciascuna di noi
… fare questi miracoli. E dove essi accadono, dobbiamo crederlo, soffia
lo Spirito di Dio e nasce il futuro. È tutto qui il segreto della
speranza e della fecondità nella vita consacrata: la fedeltà allo
Spirito: credere che la nostra vela è guidata nel mare aperto, sia nei
tempi di bonaccia, sia in quelli di burrasca, dal vento di Dio. E con
Lui remare.
Siamo nel tempo di
Pasqua, in cui le donne sono particolarmente protagoniste. Come Maria di
Magdala e le altre donne del Vangelo corriamo allora ad annunciarlo con
timore e gioia grande, diciamo con la nostra vita: Cristo è vivo, è
risorto, è veramente risorto. Cristo è la mia, la nostra, speranza.
È questo il mio augurio
che si fa preghiera per ciascuna di voi e per le vostre sorelle tutte.
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