«Ai Consacrati e alle Consacrate»
I Consacrati e le Consacrate sono i destinatari esplicitamente citati
dal Santo Padre nel titolo di questa incoraggiante esortazione
postsinodale, che raccoglie una straordinaria meditazione su Gesù
Cristo, sorgente di speranza per l’Europa.
Oltre che lettori siamo quindi invitati a essere interpreti e
realizzatori del vangelo di speranza che la Chiesa annunzia oggi ai
popoli dell’Europa.
Con questa esortazione, il Santo Padre Giovanni Paolo II completa i
documenti postsinodali che fanno riferimento ai cinque continenti.
Con la Ecclesia in Africa (14 settembre 1995) egli
affrontò il tema dell’inculturazione della fede. Nella Ecclesia in
America (22 gennaio 1999), per la prima volta considerò quel
continente come un tutt’uno ecclesiale, valorizzando e incentivando la
comunione e la solidarietà tra il Nord e il Sud. Alla fine dello stesso
anno 1999, nella Ecclesia in Asia (6 novembre 1999), il Papa mise
in rilievo l’urgenza e la necessità di proclamare soprattutto in Asia il
vangelo di Gesù e l’unicità e l’universalità della salvezza in lui. Nel
2001 (22 novembre 2001) l’esortazione Ecclesia in Oceania,
invitava i cattolici a camminare gioiosamente e fiduciosamente con
Cristo, annunciando la sua verità e vivendo la sua vita. Ed ecco la
quinta e ultima esortazione, Ecclesia in Europa (29 giugno 2003)1,
che riguarda il continente europeo, tradizionale centro di irradiazione
universale del messaggio di Gesù sin dalla predicazione apostolica di
Pietro e Paolo.
Se tutti i documenti hanno una chiara intonazione cristocentrica - tema
caro al Santo Padre e tema unificatore del suo magistero, - tale
impostazione è soprattutto accentuata in quest’ultima esortazione tutta
incentrata su Gesù Cristo, nostra speranza. È un accorato messaggio di
speranza che il Papa indirizza all’Europa in questo particolare momento
storico, che se da una parte vede una positiva tensione all’unità e alla
comunione dei popoli e delle nazioni, dall’altra registra una
problematica tendenza a dimenticare o a sottovalutare le radici
cristiane della cultura europea. Si tratta di una meditazione che ha
come guida il libro dell’Apocalisse, rivelazione profetica che apre alla
comunità credente il senso nascosto e profondo delle cose che accadono:
«L’Apocalisse», scrive il Papa, «contiene un incoraggiamento rivolto ai
credenti: al di là di ogni apparenza, e anche se non se ne vedono ancora
gli effetti, la vittoria del Cristo è già avvenuta ed è definitiva» (n.
5). È, quindi, con atteggiamento di fiducia che il Santo Padre si pone
di fronte alle vicende dell’Europa odierna.
Luci e ombre nell’Europa contemporanea
Il primo capitolo - Gesù Cristo è nostra speranza (n. 6-22) -
offre un quadro abbastanza articolato delle sfide e dei segni di
speranza della Chiesa in Europa oggi. Il Santo Padre constata anzitutto
un certo offuscamento della speranza. L’Europa sembra vivere una
stagione di smarrimento, con cristiani spesso disorientati e incerti.
Sono sei le note di questo canto sconfortante della non speranza. La
prima - la nota dominante che verrà ripresa spesso nel documento - è lo
smarrimento della memoria e dell’eredità cristiana, «per cui
molti europei danno l’impressione di vivere senza retroterra spirituale
e come degli eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato
dalla storia» (n. 7). Sembrano dimenticare l’anima cristiana della loro
cultura e della loro splendida civiltà: «in non pochi ambiti pubblici»,
rileva il Papa, «è più facile dirsi agnostici che credenti; si ha
l’impressione che il non credere vada da sé mentre il credere abbia
bisogno di una legittimazione sociale né ovvia né scontata» (ib.).
A questa nota ne seguono altre altrettanto sconfortanti come
l’angoscia esistenziale nei confronti del futuro, di cui si ha più
paura che desiderio (di qui, ad esempio, il calo della natalità e delle
vocazioni sacerdotali e religiose, il rifiuto a operare scelte
definitive di vita anche nel matrimonio); la frammentazione
dell’esistenza per il prevalere di un certo individualismo
egocentrico a tutti i livelli; l’affievolirsi della solidarietà
(n. 8).
Alla radice di questo triste canto di smarrimento della speranza c’è
un’apostasia silenziosa da parte dell’uomo che intende vivere come
se Dio non esistesse. La persona umana si crede centro assoluto e
creatore del proprio destino, dimenticando che non è l’uomo che fa Dio,
ma è Dio che fa l’uomo. Dimenticando l’apporto del Vangelo e dando vita
a una nuova cultura religiosamente agnostica, eticamente relativistica e
produttrice di una vera e propria cultura di morte (n. 9), l’uomo
europeo evade con crescente insoddisfazione verso paradisi intramondani,
come il progresso della tecnica, il consumismo, l’edonismo, le
spiritualità alternative ed esoteriche.
In questo cupo orizzonte, il Papa non manca di vedere tracce di speranza
in alcuni segni concreti come il ricupero della libertà della Chiesa
nell’est europeo; il concentrarsi della Chiesa sulla sua missione
spirituale, soprattutto sulla evangelizzazione della realtà sociale e
politica; l’accresciuta presa di coscienza dell’impegno proprio di tutti
i battezzati, nella varietà e complementarietà dei doni e dei compiti;
l’aumentata presenza della donna nelle strutture e negli ambiti della
comunità cristiana. Altri elementi di speranza in Europa sono dati dalla
riconciliazione dei popoli europei, dalla loro collaborazione e tendenza
all’unione, dal rispetto dei diritti umani, dalla considerazione data al
diritto e alla qualità della vita.
Il Papa poi sottolinea la straordinaria testimonianza dei martiri della
fede vissuti nel secolo scorso sia all’Est come all’Ovest, che attestano
la vitalità della Chiesa e l’efficacia della speranza cristiana; la
santità di molti fedeli, sia di coloro che sono proclamati solennemente
tali dalla Chiesa, sia di quanti vivono con semplicità la loro
quotidiana esistenza di fedeltà a Cristo; il moltiplicarsi e il fiorire
dei movimenti ecclesiali, di grande aiuto nel diffondere vivacità e
gioia nella Chiesa.
Questo quadro di luci e ombre esige che la Chiesa riannunci all’inizio
del terzo millennio la verità su Gesù Cristo, il Signore, nel quale solo
c’è la salvezza e che solo costituisce il vero tesoro della Chiesa. La
Chiesa oggi ha il compito di ravvivare nei cristiani d’Europa la fede
nella Trinità, ben sapendo che tale fede è foriera di autentica speranza
per il continente.
La fede trinitaria - rileva il Santo Padre - «contiene uno straordinario
potenziale spirituale, culturale ed etico, in grado, tra l’altro, di
illuminare anche alcune grandi questioni che oggi si agitano in Europa,
come la disgregazione sociale e la perdita di un riferimento che dia
senso alla vita e alla storia. Ne segue la necessità di una rinnovata
meditazione teologica, spirituale e pastorale sul mistero trinitario»
(n. 19).
In questa riscoperta trinitaria i consacrati, che sono l’epifania
dell’amore trinitario nel mondo, sono chiamati a essere gli
evangelizzatori della cultura europea.
La Chiesa, maestra di
speranza
Richiamando l’esame di coscienza che il Signore fa alle sette chiese
dell’Apocalisse, il capitolo secondo contiene due inviti, in intima
consonanza con la speciale vocazione dei consacrati: la chiamata alla
conversione e l’invio alla missione.
Chiamata alla conversione.
- In questo momento storico il Signore chiama le Chiese particolari
d’Europa alla grazia della conversione, a superare concezioni e
mentalità incompatibili con la tradizione evangelica. La vita interna
ecclesiale viene continuamente insidiata dalla mondanizzazione, dalla
perdita della fede primitiva, dal compromesso con la logica del mondo:
«Non di rado», afferma il Papa, riecheggiando l’Apocalisse, «le comunità
non hanno più l’amore di un tempo (cfr. Ap 2,4)» (n. 23). Alle prese con
debolezze, fatiche, contraddizioni, le nostre comunità ecclesiali hanno
bisogno di riascoltare la voce dello Sposo, che le invita alla
conversione, le sprona all’ardimento di cose nuove e le chiama alla
nuova evangelizzazione.
Accogliendo l’invito al ravvedimento risalterà meglio l’eredità
cristiana dell’Europa:
«La grave situazione di indifferenza religiosa di tanti europei, la
presenza di molti che anche nel nostro Continente non conoscono ancora
Gesù Cristo e la sua Chiesa e che ancora non sono battezzati, il
secolarismo che contagia una larga fascia di cristiani che abitualmente
pensano, decidono e vivono “come se Cristo non esistesse”, lungi dallo
spegnere la nostra speranza, la rendono più umile e più capace di
affidarsi solo a Dio. Dalla sua misericordia riceviamo la grazia e
l’impegno della conversione» (n. 26).
Questa conversione implica per le Chiese particolari d’Europa una
duplice comunione: con Cristo risorto, diventando sua trasparenza nella
storia; con il Papa, diventando luogo e strumento di comunione
dell’intero popolo di Dio nella fede e nell’amore. Di qui l’esortazione
ad atteggiamenti altamente edificanti:
«Coltivino, perciò, un clima di carità fraterna, vissuta con radicalità
evangelica nel nome di Gesù e nel suo amore; sviluppino un contesto di
rapporti amichevoli, di comunicazione, di corresponsabilità, di
partecipazione, di coscienza missionaria, di attenzione e di servizio;
siano animate da atteggiamenti di stima, di accoglienza e di correzione
vicendevoli (cfr. Rm 12,10; 15,7-14), oltre che di servizio e sostegno
reciproci (cfr. Gal 5,13; 6,2), di perdono scambievole (cfr. Col 3,13) e
di edificazione gli uni degli altri (cfr. 1Ts 5,11); si adoperino per
realizzare una pastorale che, valorizzando tutte le legittime diversità,
promuova anche una cordiale collaborazione tra tutti i fedeli e le loro
aggregazioni; rilancino gli organismi di partecipazione quali preziosi
strumenti di comunione per una concorde azione missionaria, suscitando
la presenza di operatori pastorali adeguatamente preparati e
qualificati. In tal modo, le stesse Chiese, animate dalla comunione che
è manifestazione dell’amore di Dio, fondamento e ragione della speranza
che non delude (cfr. Rm 5,5), saranno riflesso più splendente della
Trinità, nonché segno che interpella e invita a credere» (cfr. Gv 17,21)
(n. 28).
Invio alla missione. - La
Chiesa in Europa si fa maestra di speranza sia convertendosi sia
aprendosi alla missione, nella quale sono implicati tutti i fedeli. Il
Papa accenna anzitutto ai sacerdoti e al loro impegno missionario non
solo con la loro azione, ma anche con la loro vita e soprattutto con la
testimonianza del loro celibato. Sul celibato sacerdotale - che ha
positivi riflessi anche sul voto di castità dei consacrati e delle
consacrate - il Papa si sofferma con accenti decisi ed efficaci:
«Inseriti “nel” mondo ma non “del” mondo (cfr. Gv 17,15-16),
nell’attuale situazione culturale e spirituale del Continente europeo,
[i sacerdoti] sono chiamati ad essere segno di contraddizione e di
speranza per una società malata di orizzontalismo e bisognosa di aprirsi
al Trascendente. In questo quadro acquista rilievo anche il celibato
sacerdotale, segno di una speranza riposta totalmente nel Signore.
Esso non è mera disciplina ecclesiastica imposta dall’autorità; al
contrario, esso è innanzitutto grazia, dono inestimabile di Dio per la
Chiesa, valore profetico per il mondo attuale, fonte di intensa vita
spirituale e di fecondità pastorale, testimonianza del Regno
escatologico, segno dell’amore di Dio verso questo mondo, nonché
dell’amore indiviso del sacerdote verso Dio e verso il suo popolo.
Vissuto in risposta al dono di Dio e come superamento delle tentazioni
di una società edonista, esso non solo favorisce la realizzazione umana
di chi vi è chiamato, ma si rivela fattore di crescita anche per gli
altri [...]. Una revisione della disciplina attuale, a questo riguardo,
non permetterebbe di risolvere la crisi delle vocazioni al presbiterato
cui si assiste in molte parti d’Europa» (n. 34-35).
La testimonianza dei consacrati
Alla missione sono chiamati a partecipare con un loro specifico
contributo le persone consacrate, che, soprattutto col monachesimo,
hanno avuto un ruolo fondamentale nella evangelizzazione dell’Europa e
nella costruzione della sua identità cristiana:
«Tale ruolo oggi non deve venir meno, in un momento nel quale è urgente
una “nuova evangelizzazione” del Continente e nel quale l’edificazione
di strutture e legami più complessi lo pongono di fronte a una svolta
delicata. L’Europa ha sempre bisogno della santità, della profezia,
dell’attività di evangelizzazione e di servizio delle persone
consacrate» (n. 37).
L’apporto specifico delle persone consacrate viene oggi incontro a tre
specifiche esigenze dell’umanità contemporanea, europea e non: il
bisogno di nuove forme di spiritualità, la testimonianza di una
autentica fraternità umana, la disponibilità alla missio ad gentes.
1. Per soddisfare la sete di interiorità,
il Santo Padre esorta i religiosi a riscoprire la loro vocazione tutta
concentrata sull’unico valore che è Dio:
«Così, la domanda di nuove forme di spiritualità, che oggi emerge dalla
società, deve trovare una risposta nel riconoscimento del primato
assoluto di Dio vissuto dai consacrati attraverso la totale donazione di
sé, la conversione permanente di un’esistenza offerta come vero culto
spirituale. In un contesto contaminato dal secolarismo e assoggettato al
consumismo, la vita consacrata, dono dello Spirito alla Chiesa e per la
Chiesa, diventa sempre più segno di speranza nella misura in cui
testimonia la dimensione trascendente dell’esistenza» (n. 38).
2. Per venire incontro al desiderio di
accoglienza e di solidarietà soprattutto per i più emarginati, il Santo
Padre ripropone ai religiosi l’impegno a testimoniare una autentica
fraternità evangelica:
«Nell’odierna situazione multiculturale e multireligiosa [...] viene
sollecitata la testimonianza della fraternità evangelica che
caratterizza la vita consacrata, rendendola stimolo alla purificazione e
all’integrazione di valori diversi, mediante il superamento delle
contrapposizioni. La presenza di nuove forme di povertà e di
emarginazione deve suscitare la creatività nel prendersi cura dei più
bisognosi, che ha caratterizzato tanti fondatori di Istituti
religiosi» (ib.).
3. Per sottrarre i consacrati alla
paralisi dell’inerzia, il Santo Padre li invita a riprendere la via
della missio ad gentes:
«La tendenza, infine, a un certo ripiegamento su di sé chiede di trovare
un antidoto nella disponibilità delle persone consacrate a continuare
l’opera di evangelizzazione in altri Continenti, nonostante la
diminuzione numerica che si verifica in diversi Istituti» (ib.).
Annunciare il Vangelo della speranza
Annunciare, celebrare e servire il Vangelo della speranza sono i titoli
dei capitoli centrali dell’esortazione postsinodale (cap. III, IV e V).
L’annuncio è propiziato dall’imperativo dell’Apocalisse: «Prendi il
libro aperto [...] e divoralo» (Ap 10,8.9). La Chiesa in Europa è
chiamata a una nuova evangelizzazione. Anzi in non poche zone urge una
prima evangelizzazione, una vera e propria missio ad gentes (cfr.
n. 46).
Il Santo Padre ripete la domanda di Gesù:
«“Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc
18,8). La troverà su queste terre della nostra Europa di antica
tradizione cristiana? È un interrogativo aperto che indica con lucidità
la profondità e drammaticità di una delle sfide più serie che le nostre
Chiese sono chiamate ad affrontare. Si può dire – come è stato
sottolineato nel Sinodo – che tale sfida consiste spesso non tanto nel
battezzare i nuovi convertiti, ma nel condurre i battezzati a
convertirsi a Cristo e al suo Vangelo: nelle nostre comunità
occorre preoccuparsi seriamente di portare il Vangelo della speranza a
quanti sono lontani dalla fede o si sono allontanati dalla pratica
cristiana» (n. 47).
Occorre non solo annunziare Gesù e la sua buona notizia, ma anche
testimoniarlo, dal momento che «l’uomo contemporaneo ascolta più
volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa
perché sono testimoni (n. 49). La formazione di una fede adulta deve
nutrirsi di soda dottrina - il Santo Padre fa esplicito riferimento al
Catechismo della Chiesa Cattolica - , che diventa base
indispensabile per il dialogo ecumenico e interreligioso.
A proposito di quest’ultimo, mette in guardia da un certo dilettantismo
interreligioso, soprattutto nei confronti dell’Islam:
«In particolare, è importante un corretto rapporto con l’Islam.
Esso, come è più volte emerso in questi anni nella coscienza dei Vescovi
europei, “deve essere condotto con prudenza, con chiarezza di idee circa
le sue possibilità e i suoi limiti, e con fiducia nel progetto di
salvezza di Dio nei confronti di tutti i suoi figli”. È necessario, tra
l’altro, avere coscienza del notevole divario tra la cultura europea,
che ha profonde radici cristiane, e il pensiero musulmano [...]. È
peraltro comprensibile che la Chiesa, mentre chiede che le istituzioni
europee abbiano a promuovere la libertà religiosa in Europa, abbia pure
a ribadire che la reciprocità nel garantire la libertà religiosa sia
osservata anche in Paesi di diversa tradizione religiosa, nei quali i
cristiani sono minoranza» (n. 57).
Il Vangelo della speranza deve raggiungere soprattutto la mentalità
europea contemporanea:
«A tale scopo, la pastorale deve assumere il compito di plasmare una
mentalità cristiana nella vita ordinaria: in famiglia, nella scuola,
nella comunicazione sociale, nel mondo della cultura, del lavoro e
dell’economia, nella politica, nel tempo libero, nella salute e nella
malattia. Occorre un sereno confronto critico con l’attuale situazione
culturale dell’Europa, valutando le tendenze emergenti, i fatti e le
situazioni di maggiore rilievo del nostro tempo alla luce della
centralità di Cristo e dell’antropologia cristiana» (n. 58).
In questa evangelizzazione della cultura un compito insostituibile hanno
i fedeli impegnati nel mondo della scuola e quelli che conducono la
ricerca e insegnano nelle università:
«Con il “servizio del pensiero”, essi tramandano alle giovani
generazioni i valori di un patrimonio culturale arricchito da due
millenni di esperienza umanistica e cristiana. Convinto dell’importanza
delle istituzioni accademiche, chiedo pure che nelle diverse Chiese
particolari venga promossa una adeguata pastorale universitaria,
favorendo in tal modo ciò che risponde alle attuali necessità culturali»
(n. 59).
Il Vangelo di Gesù è “il libro” per l’Europa di oggi e di sempre: i
fedeli prendano questo libro, lo divorino, lo gustino e così saranno
capaci di comunicare la speranza cristiana al mondo.
Celebrare e servire il Vangelo della
speranza
Dopo l’annuncio, il Papa esorta a celebrare e a servire il Vangelo
della speranza.
1. La celebrazione implica un duplice
impegno: riscoprire la liturgia, come espressione di una Chiesa che
celebra il mistero salvifico di Dio; celebrare i Sacramenti, soprattutto
quelli della riconciliazione e della eucaristia, accompagnati dalla
preghiera (quella liturgica, ma anche le pratiche della pietà popolare,
come il rosario) e dalla celebrazione del giorno del Signore, alla
domenica.
In un contesto spesso chiuso alla trascendenza, alla Chiesa spetta un
compito importante:
«Esso consiste nel riscoprire il senso del “mistero”; nel rinnovare le
celebrazioni liturgiche perché siano segni più eloquenti della presenza
di Cristo Signore; nell’assicurare nuovi spazi al silenzio, alla
preghiera e alla contemplazione; nel ritornare ai Sacramenti,
specialmente dell’Eucaristia e della Penitenza, quali sorgenti di
libertà e di nuova speranza» (n. 69).
Il Papa richiama il fatto che la celebrazione eucaristica è esperienza
di comunione trinitaria mediante la nostra comunione con Gesù.
2. Il servizio al Vangelo della speranza
è anzitutto il servizio della carità nella comunione e nella
solidarietà. La Chiesa serve l’uomo ridando speranza ai poveri,
riconfermando la verità del matrimonio e della famiglia, ribadendo il
Vangelo della vita (accoglienza della vita nascente, condanna
dell’aborto e dell’eutanasia), costruendo una città degna dell’uomo, e
creando così una cultura dell’accoglienza (accoglienza e cura degli
immigrati e rifugiati, soprattutto di quelli cattolici).
Particolarmente accorato è l’invito che il Papa rivolge con affetto a
tutte le famiglie cristiane:
«“Famiglie, diventate ciò che siete!”. Voi siete ripresentazione
vivente della carità di Dio: avete infatti la “missione di
custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale
partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo
Signore per la Chiesa sua sposa”.
Voi siete il “santuario della vita [...]: il luogo in cui la
vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i
molteplici attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le
esigenze di un’autentica crescita umana”.
Voi siete il fondamento della società, in quanto luogo primario
dell’”umanizzazione” della persona e del vivere civile, modello per
l’instaurazione di rapporti sociali vissuti nell’amore e nella
solidarietà.
Siate voi stesse testimoni credibili del Vangelo della speranza!
Perché voi siete “gaudium et spes”» (n. 94).
Il Vangelo della speranza per un’Europa
nuova
Il capitolo finale svela l’orizzonte luminoso che il Vangelo della
speranza apre alla Chiesa in Europa. L’icona apocalittica della città
santa, della nuova Gerusalemme che scende dal cielo (cfr. Ap 21,2) è
altamente suggestiva. La vocazione spirituale dell’Europa è quella di
promuovere i valori universali dell’uomo. Per questo essa deve
ricuperare la sua vera identità:
«Per dare nuovo slancio alla propria storia, essa deve “riconoscere e
ricuperare con fedeltà creativa quei valori fondamentali, alla cui
acquisizione il cristianesimo ha dato un contributo determinante,
riassumibili nell’affermazione della dignità trascendente della persona
umana, del valore della ragione, della libertà, della democrazia, dello
Stato di diritto e della distinzione tra politica e religione”» (n.
109).
Animati da questi principi cristiani il compito oggi dell’Europa è
quello della promozione della solidarietà e della pace nel mondo: «Dire
“Europa” vuol dire “apertura”»:
«“L’Europa non è in realtà un territorio chiuso o isolato; si è
costruita andando incontro, al di là dei mari, ad altri popoli, ad altre
culture, ad altre civiltà”. Perciò deve essere un Continente aperto
e accogliente, continuando a realizzare nell’attuale
globalizzazione forme di cooperazione non solo economica, ma anche
sociale e culturale» (n. 111).
Dando poi uno sguardo all’Europa che si sta costruendo il Papa urge per
l’ennesima volta la dimensione religiosa, che è la salda roccia dei
valori autentici:
«Una e universale, pur presente nella molteplicità delle Chiese
particolari, la Chiesa cattolica può offrire un contributo unico
all’edificazione di un’Europa aperta al mondo. Dalla Chiesa cattolica,
infatti, viene un modello di unità essenziale nella diversità delle
espressioni culturali, la consapevolezza dell’appartenenza a una
comunità universale che si radica ma non si estingue nelle comunità
locali, il senso di quello che unisce aldilà di quello che distingue»
(n. 117).
Dal Vangelo un nuovo slancio per l’Europa
L’Europa ha bisogno di un salto
qualitativo nella presa di coscienza della sua eredità spirituale:
«Riprendendo questo invito alla speranza, ancora oggi ripeto a te,
Europa che sei all’inizio del terzo millennio: “Ritorna te
stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue origini. Ravviva le tue
radici”. Nel corso dei secoli, hai ricevuto il tesoro della fede
cristiana. Esso fonda la tua vita sociale sui principi tratti dal
Vangelo e se ne scorgono le tracce dentro le arti, la letteratura, il
pensiero e la cultura delle tue nazioni. Ma questa eredità non
appartiene soltanto al passato; essa è un progetto per l’avvenire da
trasmettere alle generazioni future, poiché è la matrice della vita
delle persone e dei popoli che hanno forgiato insieme il Continente
europeo.
«Non temere! Il Vangelo non è contro di te, ma è a tuo favore. Lo
conferma la constatazione che l’ispirazione cristiana può trasformare
l’aggregazione politica, culturale ed economica in una convivenza nella
quale tutti gli europei si sentano a casa propria e formino una famiglia
di Nazioni, cui altre regioni del mondo possono fruttuosamente
ispirarsi» (n. 120-121).
Non temere, abbi fiducia e sii certa! Il Vangelo della speranza non
delude.
Con queste affermazioni il Papa consegna alla Chiesa in Europa il
prezioso dono della speranza. Con l’affidamento a Maria, madre della
speranza, maternamente presente ed efficace nella storia, la Chiesa è
guidata a realizzare la sua vocazione di popolo cristiano in modo nuovo
e creativo.
Spunti di riflessione
1. Oggi come ieri l’Europa è avvolta da
una fitta rete di presenza attiva dei consacrati, le cui istituzioni si
trovano al Nord come al Sud, all’Est come all’Ovest. In Europa sono
sorte e continuano a sorgere le più significative presenze religiose
della Chiesa, a partire da san Benedetto a san Francesco, da san
Domenico a sant’Ignazio di Loyola, da santa Teresa d’Avila a san
Giovanni Bosco.
2. Non ci sono campi nella cultura e
nella società dove i consacrati non siano presenti: nella scuola come
nell’università, negli ospedali come nelle miriadi dei centri di
accoglienza e di assistenza ai piccoli, ai poveri, agli stranieri, agli
anziani. In questo le innumerevoli congregazioni religiose femminili
sono testimonianze probanti dell’influsso innegabile della Chiesa alla
costruzione di una società europea con un alto livello di qualità
evangelica.
3. Dall’Europa sono partite migliaia di
uomini e donne consacrate impegnate nella missio ad gentes.
Questa straordinaria espansione ad extra della vita consacrata
ancora oggi vive una feconda stagione di sporgenza missionaria.
Questi tre fatti - ma altri si potrebbero elencare - sono concreti segni
di vitalità di un continente da molti chiamato “vecchio”, ma che in
realtà, proprio attingendo alla linfa evangelica, risponde creativamente
non solo alle esigenti domande della raffinata cultura europea, ma anche
ai bisogni di fratelli sparsi in tutto il mondo, che attingono alla
generosità di uomini e donne europee speranza e gioia di vivere.
Siamo consapevoli di questa nostra dote e
accresciamola.
1.
Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in
Europa, 29 giugno 2003. I numeri tra parentesi si riferiscono a
questo documento.
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