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Siamo nel mese di ottobre, autunno dell’anno solare, tempo
di riflessione, tempo di bilanci, tempo di programmazioni e, comunque, tempo di
grazia. Le vicende sociali e politiche sono sempre meno accattivanti e
complesse, le notizie che ci vengono dal mondo e dall’Europa sono sempre più
imprevedibili e angoscianti, la violenza individuale e sociale non si placa, e
il futuro non sembra riservarci rosee sorprese.
Questo, però, è il nostro tempo, il tempo che ci è stato
donato da vivere, il tempo e le situazioni che siamo chiamate ad evangelizzare
con la nostra presenza e con la nostra missione, perché è il tempo di Dio. Anche
oggi Dio è presente e opera in questa società e in questo tempo. Il nostro è
anch’esso un tempo redento, un tempo salvato anche se fa parte, come tutta la
realtà vivente, del luogo teologico del «già e del non ancora».
In questo tempo, noi, testimoni dell’invisibile, vogliamo
soffermarci a riflettere insieme sulla nostra chiamata vocazionale e sulla
nostra fedeltà ad essa. Ci lasceremo provocare dalla parola che Gesù rivolse ad
alcuni discepoli, e che oggi sentiamo rivolta anche a noi.
«Passando lungo il lago della
Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in
mare: erano, infatti, pescatori. Gesù disse loro: “Seguitemi, vi farò diventare
pescatori di uomini”. E subito, lasciate le reti, lo seguirono» (Mc 1,16-18).
Gesù, nella sua esistenza terrena, chiamava alcune persone
a condividere la sua vita e la sua missione nel mondo. Noi, che ci riteniamo sue
seguaci, crediamo non solo che ha chiamato anche noi al suo seguito, ma che
anche oggi Egli continua a chiamare alcune persone a condividere con Lui tutto!
Ma, allora, ci viene spontaneo domandarci, perché, e come
mai, gli operai della messe sono sempre di meno, sempre più impari al compito da
svolgere, sempre più apparentemente deboli come significanza? Si tratta, forse,
di infedeltà umana? Forse, siamo persone meno generose, meno amanti, meno
coraggiose nel rischiare l’avventura cristiana? La nostra risposta differisce
molto da quella degli apostoli? Quale ne sarà il motivo? E’ vero, abbiamo tante
giustificazioni a nostro favore: i tempi sono mutati, i veri valori stanno
scomparendo e insieme alla chiamata del Signore ci sono tante altre chiamate che
possono stordirci e distrarci, con il rischio di confonderci la mente e il
cuore…
Inoltre, i veri cristiani sono pochi, i consacrati a una
speciale missione lo sono ancora di meno e l’età avanza, gli acciacchi si fanno
sentire e lo scoraggiamento cerca di appannarci lo spirito… Queste
considerazioni sono tutte vere, ma in fondo in fondo noi sappiamo bene che sono
giustificazioni che non hanno molta consistenza, perché non è la quantità che
conta, non il numero, non il fare, ma la qualità, l’essere, la testimonianza
gioiosa e convinta di avere incontrato nella nostra vita una Persona molto
significativa per noi e di essercene innamorate…
Ben venga a scuoterci, dunque, quanto il Signore disse un
giorno a Pietro, e lo dice continuamente anche a ciascuna di noi: «Prendi il
largo e getta le reti per la pesca».
Vale a dire, coraggio! Ricomincia daccapo, dimentica il
passato, le sconfitte, le umiliazioni, i limiti e la stanchezza e ricomincia a
vivere, perché non è mai troppo tardi. Io sono con te e insieme a me potrai fare
cose grandi. Se vuoi, potrai testimoniare il mio amore per ogni persona che
incontri sul tuo cammino, comunicare la gioia di vivere in pienezza con me e per
me; puoi impegnarti a diventare una persona nuova, una persona capace di amare e
suscitare vita, far crescere umanamente le persone che ti sono state affidate,
realizzare la tua vocazione di donna consacrata a Dio per il mondo, nella
gioiosa autenticità e nella pace profonda.
Ecco, questo mese si presta bene a fare questa sorta di
bilancio vocazionale. A che punto siamo? Com’è la nostra testimonianza
evangelica? Aiutiamoci a riflettere seriamente su questa parola del Signore Gesù,
sulla nostra vita, sulla missione che ci è stata affidata e vediamo dove siamo
giunte. E’ tempo di ricominciare. Come san Paolo, anche noi, dimentiche del
passato e protese verso il futuro, ci protendiamo in avanti per accogliere
nuovamente, come se fosse la prima volta, la chiamata che il Signore ci rivolge
oggi, in modo da deciderci a seguirlo fino alla croce, per lavorare nella Sua
Vigna, perché «non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie (marito) o
fratelli o sorelle o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva molto
di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà».
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