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Le
origini di un progetto
Agli inizi degli anni Novanta,
quando venivano pubblicati gli Orientamenti pastorali per il decennio
con il titolo di Evangelizzazione e testimonianza della carità, non si
parlava di un ‘progetto culturale’. Quest’idea è maturata
successivamente, quando si è cercato di approfondire il significato dei
termini ‘evangelizzazione’ e ‘carità’ nel contesto dell’attuale società
italiana e, conseguentemente, si è pensato ad un’iniziativa di ampio
respiro, che fosse capace, in un modo efficace, di intercettare le nuove
povertà diffuse in una società ricca e secolarizzata.
Dopo una prima proposta in tal
senso emersa nel Consiglio permanente della Conferenza episcopale a
Montecassino, nel settembre 1994, dopo un confronto sulla medesima
avvenuto nell’Assemblea generale del maggio 1995, il Convegno ecclesiale
di Palermo del novembre 1995 ha portato questo progetto all’attenzione
delle diverse componenti ecclesiali italiane. Una successiva assemblea
dei vescovi ha raccolto gli elementi più significativi emersi dai
dibattiti susseguitisi negli anni, condensandoli in una proposta di
lavoro dal titolo Progetto culturale orientato in senso cristiano, un
breve documento pubblicato nel gennaio 1997 a cura della Presidenza
della CEI. Da lì anche la nascita di un gruppo di lavoro dedicato alla
promozione e al coordinamento a livello nazionale di tutte le attività
inerenti a quello che è poi diventato noto come “progetto culturale
della Chiesa italiana”.
Se già nel documento
Evangelizzazione e testimonianza della carità ci si proponeva di dare
una traduzione pastorale al tema dell’evangelizzazione, sottolineandone
l’inscindibile legame con quello della verità, se già allora era chiara
la volontà di aiutare la comunità cristiana a vivere la carità, tenendo
conto dei complessi cambiamenti intervenuti nel modo di vivere e di
pensare, un passo decisivo verso l’assunzione della cultura, come ambito
operativo, è stato compiuto riflettendo sulla chiamata del Santo Padre a
una nuova evangelizzazione per il terzo millennio.
Pensando a come tradurre
concretamente l’invito a un rinnovato slancio apostolico, ci si è resi
conto che uno degli aspetti della vita ecclesiale più importanti, e
tuttavia lasciati più scoperti, è quello della cultura. Non solo l’inculturazione
delle fede, si badi bene, ossia la necessità di aggiornare il linguaggio
e adattare gli stilemi dell’annuncio evangelico ai codici del
destinatario contemporaneo (punto su cui tanto si è insistito dal
Concilio in poi, ottenendo peraltro indiscutibili risultati), ma anche e
soprattutto l’evangelizzazione della cultura, ossia l’apporto
all’elaborazione di categorie, ai modi di interpretare e rappresentare
la realtà, alla produzione artistica, alla diffusione del sapere,
insomma alla creazione di un vero e proprio contesto culturale
cristianamente ispirato. Un’opera oggi più che mai urgente, vista la
costante erosione di un ambiente che fino a poco tempo fa, almeno in
Italia, poteva dirsi naturaliter cristiano e considerati i veloci
cambiamenti che hanno toccato modi vivere, di pensare, di agire
collettivi su cui prima l’annuncio del Vangelo poteva innestarsi in modo
del tutto spontaneo. Un campo d’azione assai importante, che se
sottovalutato o trascurato potrebbe rendere gli sforzi per una nuova
evangelizzazione simili al seme della parabola evangelica gettato sulla
roccia, ovvero su un terreno incapace per la propria conformazione di
accogliere e far germogliare. Un punto sui cui concentrare impegno e
passione da parte del mondo cattolico, non tanto per rivivere i ricordi
di un’antica e tramontata egemonia culturale, ma per guardare avanti,
per pensare ad una presenza nuova della Chiesa nella società, per poter
affrontare a viso aperto le sfide e le nuove condizioni dei tempi,
trasformando queste da mero ostacolo alla trasmissione della fede, a
stimolo per crescere, per sprigionare quello spirito d’inventiva e
quella genialità che da sempre sono proprie dell’intelligenza illuminata
dalla fede.
Queste riflessioni, che hanno
assunto la fisionomia della proposta del progetto culturale, hanno poi
trovato piena conferma nella prospettiva missionaria degli Orientamenti
pastorali della CEI per questo decennio, Annunciare il Vangelo in un
mondo che cambia.
Le
scelte del progetto culturale
Il progetto culturale, quindi, si è
caratterizzato fin dalla sua nascita come un insieme di iniziative e di
strumenti attraverso i quali rinnovare l’incontro tra novità evangelica
e complessità della storia. Si è presentato come una proposta pastorale,
espressione non di una personalità, né di un’élite di decisori, ma
dell’apporto di numerose ed eterogenee realtà, che hanno accettato di
operare in una dinamica di collaborazione. Un grande laboratorio, si
potrebbe dire, in cui il pluralismo degli elementi è diventato non un
limite, ma un fattore di reciproco stimolo nel tentativo di formulare
nuove possibilità di vita ispirate al Vangelo. Una piazza o agorà, come
espresso dal logo stesso del progetto culturale, una realtà aperta in
cui hanno interagito, e continuano a farlo, una moltitudine di soggetti,
ciascuno con la propria identità e la propria storia, ma tutti con il
desiderio di condividere esperienze e ricerche. Un lavoro realmente
“polifonico”, che si è articolato sostanzialmente in due percorsi.
Il
percorso del forum
Il primo è stato quello del forum
del progetto culturale, un incontro di circa duecento esperti (storici,
filosofi, teologi, scienziati, artisti, sociologi, giuristi, economisti)
che si propone periodicamente, facendo dibattere Pastori e studiosi di
alto livello, di evidenziare il nesso vitale tra Chiesa ed elaborazione
culturale e soprattutto di creare una sinergia fra personalità che, in
condizioni normali, sia per le differenti specializzazioni che per le
differenti appartenenze ecclesiali, difficilmente potrebbero entrare in
contatto e confrontarsi professionalmente.
I temi
dei forum sono stati scelti negli anni a partire da quei punti
nevralgici individuati nel vissuto concreto della società. Dopo il primo
forum del 1997, dedicato alla discussione sui fini e l’identità del
progetto culturale stesso, i successivi hanno posto a tema:
-
l’integrazione europea, in quanto sfida e problema per i cattolici
(1998);
- la fede
cristiana come fonte di libertà, all’interno dei mutamenti culturali
della nostra epoca (2000);
- i nuovi
scenari antropologici, con particolare attenzione alle dimensioni del
corpo, degli affetti e del lavoro (2001);
- gli
attuali nodi nel rapporto intergenerazionale, soprattutto nel processo
di trasmissione della cultura (2003).
Un’iniziativa parallela ai forum e riconducibile a questo percorso è
stata quella dei seminari di studio, momenti di approfondimento guidati
da esperti di diversi settori, che hanno riguardato tematiche come la
spiritualità, il cattolicesimo popolare e le sue devozioni, la
trasmissione della fede. A questi vanno poi aggiunte le numerose
attività di ricerca realizzate da enti culturali su tre grandi aree
tematiche: “Libertà personale e sociale in campo etico”; “Identità
nazionale, identità locali e identità cristiana”; “Interpretazione del
reale: scienze e altri saperi”.
Sul versante della promozione della
ricerca, va infine ricordato che di recente è stato annoverato tra gli
ambiti di competenza del progetto culturale il Centro Universitario
Cattolico, un ente che offre attraverso borse di studio un sostegno
economico a giovani aspiranti alla carriera universitaria e, con
incontri periodici, delle valide opportunità di formazione spirituale.
Il
percorso del cantiere
Il secondo percorso del progetto
culturale è quello del cantiere, inaugurato ufficialmente nell’incontro
nazionale dei referenti diocesani, dei responsabili dei centri culturali
cattolici e dei rappresentanti delle aggregazioni laicali (15-17
febbraio 2001). Si tratta in sostanza di ideare e realizzare delle
iniziative che traducano la proposta del progetto culturale nella realtà
locale. L’intenzione è quella di stimolare le comunità cristiane ad
offrire un apporto creativo alle comunità civili in cui sono inserite e
allo stesso tempo di educare i propri membri a pensare nuove forme con
cui vivere la fedeltà al Vangelo, senza lasciarsi imbrigliare da sintesi
precostituite.
Ben prima dell’inizio del percorso
del cantiere, molte tavole rotonde, assemblee diocesane e incontri del
clero erano stati dedicati al tema del progetto culturale per spiegarne
le motivazioni. Solo progressivamente, però, con la nomina di referenti
diocesani per il progetto culturale in ciascuna Chiesa locale, si è
messa in moto quella valorizzazione dell’esistente che era stata
indicata come la strada maestra per l’attuazione del progetto culturale
nel territorio. È così che nelle diocesi si sono iniziate a produrre,
grazie al coordinamento e allo stimolo dei referenti diocesani, svariate
attività volte a tradurre localmente i contenuti del progetto culturale
e di cui il mensile Osservatorio Comunicazione e Cultura riferisce
puntualmente.
Il Servizio nazionale ha provveduto
a mettere in rete i referenti diocesani, a favorire la loro
collaborazione, soprattutto nelle regioni di appartenenza e a precisarne
il ruolo: nel primo semestre del 1999 in ciascuna regione ecclesiastica
ha avuto luogo un incontro dei referenti diocesani; nel 2000 gli stessi
referenti, insieme ai responsabili dei centri culturali, si sono
ritrovati in quattro incontri interregionali, ciascuno dei quali poneva
a tema un filone di possibile attuazione del progetto culturale:
“Il
patrimonio artistico come progetto tra passato e futuro” (Roma, 20
maggio, incontro del Centro);
“La trasmissione della fede alle
radici del progetto culturale” (Padova, 27 maggio, incontro del
Nord-Est);
“I centri di studio della teologia
nell’attuazione del progetto culturale” (Salerno, 3 giugno, incontro del
Sud);
“Strategie culturali tra progetto e
marketing” (Milano, 24 giugno, incontro del Nord-Ovest).
È importante che in tale direzione
possano muoversi anche le diverse aggregazioni laicali, con le quali il
Servizio nazionale ha avviato un dialogo fin dagli incontri nazionali
del 1998 e del 1999.
L’elaborazione e la diffusione di
una visione della vita ispirata al Vangelo compete in maniera peculiare
ai credenti attivi nel mondo della comunicazione: il Servizio nazionale
ha collaborato con l’Associazione Sant’Anselmo per la promozione della
cultura teologica e religiosa e con l’Unione Editori e Librai Cattolici
Italiani all’allestimento, presso la Fiera del libro per ragazzi di
Bologna, di un’esposizione di testi per l’insegnamento della religione
cattolica (aprile 2001, 2002 e 2003), mentre alla Fiera del libro di
Torino ha proposto le esposizioni “Una cultura per l’uomo. Itinerari di
lettura nella cultura cristiana e nell’Italia multireligiosa del terzo
millennio” (17-21 maggio 2001), “La Bibbia. Personaggi, immagini,
parola, annuncio, mistero” (16-20 maggio 2002) e “I colori del vero. Lo
spirituale nell’arte” (15-19 maggio 2003). Queste iniziative sono state
concepite dopo gli incontri con i direttori delle riviste di cultura
religiosa (4 giugno 1999 e 13 ottobre 2000), nei quali il Servizio
nazionale aveva posto all’attenzione di questo settore gli obiettivi
della nuova proposta della CEI. Un ulteriore segno di questa volontà di
presenza nel mondo dell’editoria, non solo cattolica, è stata la
pubblicazione nel 2000, realizzata con Arnoldo Mondadori, Editore del
libro Dopo 2000 anni di cristianesimo.
Tra i
protagonisti del cantiere del progetto culturale vi sono anche i centri
culturali cattolici. Alcune diocesi si sono dotate di un proprio centro
culturale per promuovere, insieme a quelli già esistenti, espressioni di
parrocchie, di associazioni o di ordini religiosi, l’evangelizzazione
della cultura e attraverso la cultura. Recentemente è stato pubblicato
un vademecum sui centri culturali cattolici, frutto di una
collaborazione tra il Pontificio Consiglio della Cultura e il Servizio
nazionale per il progetto culturale della CEI, che risponde all’esigenza
di sostenere la vita e le proposte di queste realtà particolarmente
significative nel cammino della nuova evangelizzazione e per la
declinazione in Italia del progetto culturale orientato in senso
cristiano.
Nel
nostro Paese vi è una buona diffusione di centri di elaborazione o di
animazione culturale che, a diverso livello e pertanto anche con
differenti disponibilità di strutture, operano nel territorio in cui
sono inseriti sul versante della mediazione culturale, offrendo un
prezioso contributo sia alla missione della Chiesa che alla crescita
qualitativa della realtà sociale di riferimento.
Il Servizio nazionale per il
progetto culturale nei primi anni di attività ha operato per far uscire
queste realtà dalla situazione di isolamento in cui spesso si trovavano,
puntando sulla rete, cioè sulle relazioni che permettono di mettere in
circolazione persone e idee, beni primari per qualsiasi attività
culturale.
Lo strumento messo a disposizione
degli oltre 340 centri culturali sparsi in Italia, ma molti sono
sfuggiti al censimento, permette di raccogliere sul piano delle
motivazioni, ma anche su quelli dell’organizzazione e dell’operatività,
molte delle sollecitazioni ricevute e di rilanciare la sfida per una
proposta qualitativamente significativa di questi centri.
L’apporto del Pontificio Consiglio
della Cultura, con cui abbiamo condiviso l’ideazione e la realizzazione
del vademecum, permette di collocare la prospettiva di lavoro intrapresa
all’interno del più ampio cammino della Chiesa universale.
Nella medesima linea dei centri
culturali si collocano le sale della comunità, le quali interpretano le
sollecitazioni del progetto culturale come impegno a fare dell’arte e
della comunicazione sociale il terreno dell’interrogazione esistenziale.
In questa prospettiva educativa, le sale della comunità possono essere
il luogo che prolunga l’annuncio della catechesi e talora ne prepara le
condizioni.
La trasversalità del progetto
culturale in rapporto alla pastorale della Chiesa, ossia la sua capacità
di intersecare tutti i settori dell’evangelizzazione e l’urgenza di
essere declinato in ciascuno di essi, ha stimolato una ricca proposta di
iniziative, pensate e realizzate insieme agli altri Uffici e Servizi
della Segreteria generale della CEI.
Con
l’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro sono stati
promossi i seminari di studio su: “Il cambiamento climatico: quale
responsabilità per i cristiani?” (Roma, 9 marzo 2001), “Futuro della
nostra terra. Responsabilità cristiana per il sociale, il lavoro,
l’ambiente” (Assisi, 4-6 maggio 2001).
Con
l’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia e il Pontificio
Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia è stato
avviato il master in scienze del matrimonio e della famiglia. Con la
Commissione episcopale per la famiglia e la vita e il Forum delle
Associazioni familiari è stato organizzato il convegno nazionale su “La
famiglia soggetto sociale. Radici, sfide, progetti” (Roma, 18-20 ottobre
2001).
Con
l’Ufficio liturgico nazionale sono stati realizzati i seminari di studio
su “Liturgia e cultura” (Roma, 14-16 ottobre 1998) e su “Il creato e la
liturgia” (Roma, 8 marzo 2002).
Alla
promozione e valorizzazione nelle comunità cristiane della figura
dell’operatore per la cultura e la comunicazione, l’Ufficio nazionale
per le comunicazioni sociali e il Servizio nazionale per il progetto
culturale avevano dedicato un seminario di studio (Chianciano, 24-26
giugno 1999). In questa linea è stato avviato il corso biennale di alta
formazione per operatori della cultura e della comunicazione e ha avuto
luogo il convegno nazionale dal titolo: “Parabole mediatiche. Fare
cultura nel tempo della comunicazione” (7-9 novembre 2002).
Con la
Fondazione Migrantes si è tenuto il simposio sul tema: “Migrazioni e
progetto culturale” (Roma, 27-28 settembre 1999).
Da questa
incompleta carrellata di iniziative emerge con chiarezza quanto
l’impegno culturale possa effettivamente costituire non solo un
complemento all’azione pastorale, ma una sua nuova chiave di lettura,
che le consente di meglio calibrare i suoi contenuti concreti e le sue
modalità propositive. La trasversalità sperimentata a livello nazionale
potrebbe essere sempre meglio appresa a livello locale, diventando un
nuovo elemento di raccordo e di unità per l’agire ecclesiale.
Le
prospettive
Operativamente dobbiamo aiutarci a
coniugare meglio di quanto abbiamo saputo fare sino ad ora il pensare e
l’operare, perché sappiamo dare ragione delle idee e delle proposte di
cui ci facciamo interpreti, ma nello stesso tempo diventiamo capaci di
dare traduzione concreta ad esse. La stessa complessità del nostro tempo
spinge non tanto verso un livellamento delle risorse, quanto verso una
loro valorizzazione, perché ogni situazione umana trovi credenti che la
sappiano capire e interpretare alla luce dell’esperienza di fede. Una
questione che ereditiamo per una certa prassi consolidata è quella della
distinzione tra il campo della pastorale e il mondo della cultura,
intesa qui in senso specialistico, pertanto scientifico ed accademico,
anche quando si fa riferimento alla cultura cattolica e più
specificamente a quella teologica. Tale separazione fa torto ai due
termini. Alla pastorale perché non le riconosce una dignità culturale e,
rischiando di estraniarla dalle questioni di fondo che muovono l’agire
umano, la riduce a una pratica ripetitiva e chiusa in sé, quella che è
stata definita “la conservazione dell’esistente” da Giovanni Paolo II a
Palermo. Ma fa torto anche al mondo della cultura, perché lo costringe
ad essere una sorta di casta chiusa, indifferente alle vicende della
vita e ripiegato in una speculazione che non ha ricadute nella
concretezza della storia.
La scelta antropologica con la
centralità della persona e della Persona di Gesù Cristo permette di
avere un punto unificante attorno al quale le diverse realtà possono
operare, senza rinunciare al loro specifico servizio, ma concorrendo
nella diversità anche di piani alla realizzazione di un progetto comune.
Metodologicamente è necessario
pertanto mettere in moto delle dinamiche che aiutino i diversi soggetti
a lavorare insieme, attorno ad obiettivi comuni e nel rispetto delle
specifiche competenze. Tale scelta costringe ad un incontro tra
esperienze che già operano nel territorio, quello di una diocesi, ma può
essere anche quello di una città, per concorrere insieme a far crescere
lo spessore storico, dunque culturale, della testimonianza cristiana.
In tale prospettiva si colloca
anche l’apporto che può venire dalla testimonianza e dall’esperienza
delle religiose che, con la ricchezza dei loro carismi e con la capacità
di vivere la dimensione popolare, a stretto contatto con la di ricerca
di senso e di risorse con cui si trovano a fare i conti le persone,
offrono un contributo determinante alla traduzione di questo importante
servizio di ‘carità culturale’ declinato dalla Chiesa in Italia.
Questa modalità operativa
sinteticamente delineata del progetto culturale orientato in senso
cristiano intende offrire una sollecitazione alle comunità cristiane e
ai singoli credenti per vivere consapevolmente la testimonianza
cristiana, assumendo le diverse sfide di questo tempo. Si tratta di una
modalità con cui tradurre la prospettiva missionaria in una società
complessa, in cui convivono diversi riferimenti culturali e anche
religiosi.
Coloro che credono nel Dio che si è
fatto carne non possono ignorare il problema dell’incontro con la
condizione che l’uomo vive in ogni situazione storica e culturale.
Evitare il confronto con questa dimensione e pertanto anche con i
diversi modi di pensare, frutto di differenti matrici culturali o delle
numerose acquisizioni scientifiche e tecnologiche, significa ignorare
ciò che sta alla radice dell’esperienza del cristianesimo. Ma significa
anche privare l’umanità di un contributo essenziale nel cammino sempre
affascinante di ricerca della verità: il contributo di chi, amando
intensamente l’esistenza che gli è donata, sa di dover cercare altrove
le ragioni ultime di tale avventura.
*Responsabile del Servizio
Nazionale per il Progetto Culturale della CEI.
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