n. 11
novembre 2003

 

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Il progetto culturale orientato in senso cristiano
di Vittorio Sozzi *

 

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Le origini di un progetto

Agli inizi degli anni Novanta, quando venivano pubblicati gli Orientamenti pastorali per il decennio con il titolo di Evangelizzazione e testimonianza della carità, non si parlava di un ‘progetto culturale’. Quest’idea è maturata successivamente, quando si è cercato di approfondire il significato dei termini ‘evangelizzazione’ e ‘carità’ nel contesto dell’attuale società italiana e, conseguentemente, si è pensato ad un’iniziativa di ampio respiro, che fosse capace, in un modo efficace, di intercettare le nuove povertà diffuse in una società ricca e secolarizzata.

Dopo una prima proposta in tal senso emersa nel Consiglio permanente della Conferenza episcopale a Montecassino, nel settembre 1994, dopo un confronto sulla medesima avvenuto nell’Assemblea generale del maggio 1995, il Convegno ecclesiale di Palermo del novembre 1995 ha portato questo progetto all’attenzione delle diverse componenti ecclesiali italiane. Una successiva assemblea dei vescovi ha raccolto gli elementi più significativi emersi dai dibattiti susseguitisi negli anni, condensandoli in una proposta di lavoro dal titolo Progetto culturale orientato in senso cristiano, un breve documento pubblicato nel gennaio 1997 a cura della Presidenza della CEI. Da lì anche la nascita di un gruppo di lavoro dedicato alla promozione e al coordinamento a livello nazionale di tutte le attività inerenti a quello che è poi diventato noto come “progetto culturale della Chiesa italiana”.

Se già nel documento Evangelizzazione e testimonianza della carità ci si proponeva di dare una traduzione pastorale al tema dell’evangelizzazione, sottolineandone l’inscindibile legame con quello della verità, se già allora era chiara la volontà di aiutare la comunità cristiana a vivere la carità, tenendo conto dei complessi cambiamenti intervenuti nel modo di vivere e di pensare, un passo decisivo verso l’assunzione della cultura, come ambito operativo, è stato compiuto riflettendo sulla chiamata del Santo Padre a una nuova evangelizzazione per il terzo millennio.

Pensando a come tradurre concretamente l’invito a un rinnovato slancio apostolico, ci si è resi conto che uno degli aspetti della vita ecclesiale più importanti, e tuttavia lasciati più scoperti, è quello della cultura. Non solo l’inculturazione delle fede, si badi bene, ossia la necessità di aggiornare il linguaggio e adattare gli stilemi dell’annuncio evangelico ai codici del destinatario contemporaneo (punto su cui tanto si è insistito dal Concilio in poi, ottenendo peraltro indiscutibili risultati), ma anche e soprattutto l’evangelizzazione della cultura, ossia l’apporto all’elaborazione di categorie, ai modi di interpretare e rappresentare la realtà, alla produzione artistica, alla diffusione del sapere, insomma alla creazione di un vero e proprio contesto culturale cristianamente ispirato. Un’opera oggi più che mai urgente, vista la costante erosione di un ambiente che fino a poco tempo fa, almeno in Italia, poteva dirsi naturaliter cristiano e considerati i veloci cambiamenti che hanno toccato modi vivere, di pensare, di agire collettivi su cui prima l’annuncio del Vangelo poteva innestarsi in modo del tutto spontaneo. Un campo d’azione assai importante, che se sottovalutato o trascurato potrebbe rendere gli sforzi per una nuova evangelizzazione simili al seme della parabola evangelica gettato sulla roccia, ovvero su un terreno incapace per la propria conformazione di accogliere e far germogliare. Un punto sui cui concentrare impegno e passione da parte del mondo cattolico, non tanto per rivivere i ricordi di un’antica e tramontata egemonia culturale, ma per guardare avanti, per pensare ad una presenza nuova della Chiesa nella società, per poter affrontare a viso aperto le sfide e le nuove condizioni dei tempi, trasformando queste da mero ostacolo alla trasmissione della fede, a stimolo per crescere, per sprigionare quello spirito d’inventiva e quella genialità che da sempre sono proprie dell’intelligenza illuminata dalla fede.

Queste riflessioni, che hanno assunto la fisionomia della proposta del progetto culturale, hanno poi trovato piena conferma nella prospettiva missionaria degli Orientamenti pastorali della CEI per questo decennio, Annunciare il Vangelo in un mondo che cambia.

 

Le scelte del progetto culturale

Il progetto culturale, quindi, si è caratterizzato fin dalla sua nascita come un insieme di iniziative e di strumenti attraverso i quali rinnovare l’incontro tra novità evangelica e complessità della storia. Si è presentato come una proposta pastorale, espressione non di una personalità, né di un’élite di decisori, ma dell’apporto di numerose ed eterogenee realtà, che hanno accettato di operare in una dinamica di collaborazione. Un grande laboratorio, si potrebbe dire, in cui il pluralismo degli elementi è diventato non un limite, ma un fattore di reciproco stimolo nel tentativo di formulare nuove possibilità di vita ispirate al Vangelo. Una piazza o agorà, come espresso dal logo stesso del progetto culturale, una realtà aperta in cui hanno interagito, e continuano a farlo, una moltitudine di soggetti, ciascuno con la propria identità e la propria storia, ma tutti con il desiderio di condividere esperienze e ricerche. Un lavoro realmente “polifonico”, che si è articolato sostanzialmente in due percorsi.

  

Il percorso del forum

Il primo è stato quello del forum del progetto culturale, un incontro di circa duecento esperti (storici, filosofi, teologi, scienziati, artisti, sociologi, giuristi, economisti) che si propone periodicamente, facendo dibattere Pastori e studiosi di alto livello, di evidenziare il nesso vitale tra Chiesa ed elaborazione culturale e soprattutto di creare una sinergia fra personalità che, in condizioni normali, sia per le differenti specializzazioni che per le differenti appartenenze ecclesiali, difficilmente potrebbero entrare in contatto e confrontarsi professionalmente.

I temi dei forum sono stati scelti negli anni a partire da quei punti nevralgici individuati nel vissuto concreto della società. Dopo il primo forum del 1997, dedicato alla discussione sui fini e l’identità del progetto culturale stesso, i successivi hanno posto a tema:

- l’integrazione europea, in quanto sfida e problema per i cattolici (1998);

- la fede cristiana come fonte di libertà, all’interno dei mutamenti culturali della nostra epoca (2000);

- i nuovi scenari antropologici, con particolare attenzione alle dimensioni del corpo, degli affetti e del lavoro (2001);

- gli attuali nodi nel rapporto intergenerazionale, soprattutto nel processo di  trasmissione della cultura (2003).

Un’iniziativa parallela ai forum e riconducibile a questo percorso è stata quella dei seminari di studio, momenti di approfondimento guidati da esperti di diversi settori, che hanno riguardato tematiche come la spiritualità, il cattolicesimo popolare e le sue devozioni, la trasmissione della fede. A questi vanno poi aggiunte le numerose attività di ricerca realizzate da enti culturali su tre grandi aree tematiche: “Libertà personale e sociale in campo etico”; “Identità nazionale, identità locali e identità cristiana”; “Interpretazione del reale: scienze e altri saperi”.

Sul versante della promozione della ricerca, va infine ricordato che di recente è stato annoverato tra gli ambiti di competenza del progetto culturale il Centro Universitario Cattolico, un ente che offre attraverso borse di studio un sostegno economico a giovani aspiranti alla carriera universitaria e, con incontri periodici, delle valide opportunità di formazione spirituale.

 

Il percorso del cantiere

Il secondo percorso del progetto culturale è quello del cantiere, inaugurato ufficialmente nell’incontro nazionale dei referenti diocesani, dei responsabili dei centri culturali cattolici e dei rappresentanti delle aggregazioni laicali (15-17 febbraio 2001). Si tratta in sostanza di ideare e realizzare delle iniziative che traducano la proposta del progetto culturale nella realtà locale. L’intenzione è quella di stimolare le comunità cristiane ad offrire un apporto creativo alle comunità civili in cui sono inserite e allo stesso tempo di educare i propri membri a pensare nuove forme con cui vivere la fedeltà al Vangelo, senza lasciarsi imbrigliare da sintesi precostituite.

Ben prima dell’inizio del percorso del cantiere, molte tavole rotonde, assemblee diocesane e incontri del clero erano stati dedicati al tema del progetto culturale per spiegarne le motivazioni. Solo progressivamente, però, con la nomina di referenti diocesani per il progetto culturale in ciascuna Chiesa locale, si è messa in moto quella valorizzazione dell’esistente che era stata indicata come la strada maestra per l’attuazione del progetto culturale nel territorio. È così che nelle diocesi si sono iniziate a produrre, grazie al coordinamento e allo stimolo dei referenti diocesani, svariate attività volte a tradurre localmente i contenuti del progetto culturale e di cui il mensile Osservatorio Comunicazione e Cultura riferisce puntualmente.

Il Servizio nazionale ha provveduto a mettere in rete i referenti diocesani, a favorire la loro collaborazione, soprattutto nelle regioni di appartenenza e a precisarne il ruolo: nel primo semestre del 1999 in ciascuna regione ecclesiastica ha avuto luogo un incontro dei referenti diocesani; nel 2000 gli stessi referenti, insieme ai responsabili dei centri culturali, si sono ritrovati in quattro incontri interregionali, ciascuno dei quali poneva a tema un filone di possibile attuazione del progetto culturale:

“Il patrimonio artistico come progetto tra passato e futuro” (Roma, 20 maggio, incontro del Centro);

“La trasmissione della fede alle radici del progetto culturale” (Padova, 27 maggio, incontro del Nord-Est);

“I centri di studio della teologia nell’attuazione del progetto culturale” (Salerno, 3 giugno, incontro del Sud);

“Strategie culturali tra progetto e marketing” (Milano, 24 giugno, incontro del Nord-Ovest).

È importante che in tale direzione possano muoversi anche le diverse aggregazioni laicali, con le quali il Servizio nazionale ha avviato un dialogo fin dagli incontri nazionali del 1998 e del 1999.

L’elaborazione e la diffusione di una visione della vita ispirata al Vangelo compete in maniera peculiare ai credenti attivi nel mondo della comunicazione: il Servizio nazionale ha collaborato con l’Associazione Sant’Anselmo per la promozione della cultura teologica e religiosa e con l’Unione Editori e Librai Cattolici Italiani all’allestimento, presso la Fiera del libro per ragazzi di Bologna, di un’esposizione di testi per l’insegnamento della religione cattolica (aprile 2001, 2002 e 2003), mentre alla Fiera del libro di Torino ha proposto le esposizioni “Una cultura per l’uomo. Itinerari di lettura nella cultura cristiana e nell’Italia multireligiosa del terzo millennio” (17-21 maggio 2001), “La Bibbia. Personaggi, immagini, parola, annuncio, mistero” (16-20 maggio 2002) e “I colori del vero. Lo spirituale nell’arte” (15-19 maggio 2003). Queste iniziative sono state concepite dopo gli incontri con i direttori delle riviste di cultura religiosa (4 giugno 1999 e 13 ottobre 2000), nei quali il Servizio nazionale aveva posto all’attenzione di questo settore gli obiettivi della nuova proposta della CEI. Un ulteriore segno di questa volontà di presenza nel mondo dell’editoria, non solo cattolica, è stata la pubblicazione nel 2000, realizzata con Arnoldo Mondadori, Editore del libro Dopo 2000 anni di cristianesimo.

Tra i protagonisti del cantiere del progetto culturale vi sono anche i centri culturali cattolici. Alcune diocesi si sono dotate di un proprio centro culturale per promuovere, insieme a quelli già esistenti, espressioni di parrocchie, di associazioni o di ordini religiosi, l’evangelizzazione della cultura e attraverso la cultura. Recentemente è stato pubblicato un vademecum sui centri culturali cattolici, frutto di una collaborazione tra il Pontificio Consiglio della Cultura e il Servizio nazionale per il progetto culturale della CEI, che risponde all’esigenza di sostenere la vita e le proposte di queste realtà particolarmente significative nel cammino della nuova evangelizzazione e per la declinazione in Italia del progetto culturale orientato in senso cristiano.

Nel nostro Paese vi è una buona diffusione di centri di elaborazione o di animazione culturale che, a diverso livello e pertanto anche con differenti disponibilità di strutture, operano nel territorio in cui sono inseriti sul versante della mediazione culturale, offrendo un prezioso contributo sia alla missione della Chiesa che alla crescita qualitativa della realtà sociale di riferimento.

Il Servizio nazionale per il progetto culturale nei primi anni di attività ha operato per far uscire queste realtà dalla situazione di isolamento in cui spesso si trovavano, puntando sulla rete, cioè sulle relazioni che permettono di mettere in circolazione persone e idee, beni primari per qualsiasi attività culturale.

Lo strumento messo a disposizione degli oltre 340 centri culturali sparsi in Italia, ma molti sono sfuggiti al censimento, permette di raccogliere sul piano delle motivazioni, ma anche su quelli dell’organizzazione e dell’operatività, molte delle sollecitazioni ricevute e di rilanciare la sfida per una proposta qualitativamente significativa di questi centri.

L’apporto del Pontificio Consiglio della Cultura, con cui abbiamo condiviso l’ideazione e la realizzazione del vademecum, permette di collocare la prospettiva di lavoro intrapresa all’interno del più ampio cammino della Chiesa universale.

Nella medesima linea dei centri culturali si collocano le sale della comunità, le quali interpretano le sollecitazioni del progetto culturale come impegno a fare dell’arte e della comunicazione sociale il terreno dell’interrogazione esistenziale. In questa prospettiva educativa, le sale della comunità possono essere il luogo che prolunga l’annuncio della catechesi e talora ne prepara le condizioni.

La trasversalità del progetto culturale in rapporto alla pastorale della Chiesa, ossia la sua capacità di intersecare tutti i settori dell’evangelizzazione e l’urgenza di essere declinato in ciascuno di essi, ha stimolato una ricca proposta di iniziative, pensate e realizzate insieme agli altri Uffici e Servizi della Segreteria generale della CEI.

Con l’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro sono stati promossi i seminari di studio su: “Il cambiamento climatico: quale responsabilità per i cristiani?” (Roma, 9 marzo 2001), “Futuro della nostra terra. Responsabilità cristiana per il sociale, il lavoro, l’ambiente” (Assisi, 4-6 maggio 2001).

Con l’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia e il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia è stato avviato il master in scienze del matrimonio e della famiglia. Con la Commissione episcopale per la famiglia e la vita e il Forum delle Associazioni familiari è stato organizzato il convegno nazionale su “La famiglia soggetto sociale. Radici, sfide, progetti” (Roma, 18-20 ottobre 2001).

Con l’Ufficio liturgico nazionale sono stati realizzati i seminari di studio su “Liturgia e cultura” (Roma, 14-16 ottobre 1998) e su “Il creato e la liturgia” (Roma, 8 marzo 2002).

Alla promozione e valorizzazione nelle comunità cristiane della figura dell’operatore per la cultura e la comunicazione, l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e il Servizio nazionale per il progetto culturale avevano dedicato un seminario di studio (Chianciano, 24-26 giugno 1999). In questa linea è stato avviato il corso biennale di alta formazione per operatori della cultura e della comunicazione e ha avuto luogo il convegno nazionale dal titolo: “Parabole mediatiche. Fare cultura nel tempo della comunicazione” (7-9 novembre 2002).

Con la Fondazione Migrantes si è tenuto il simposio sul tema: “Migrazioni e progetto culturale” (Roma, 27-28 settembre 1999).

Da questa incompleta carrellata di iniziative emerge con chiarezza quanto l’impegno culturale possa effettivamente costituire non solo un complemento all’azione pastorale, ma una sua nuova chiave di lettura, che le consente di meglio calibrare i suoi contenuti concreti e le sue modalità propositive. La trasversalità sperimentata a livello nazionale potrebbe essere sempre meglio appresa a livello locale, diventando un nuovo elemento di raccordo e di unità per l’agire ecclesiale.

 

Le prospettive

Operativamente dobbiamo aiutarci a coniugare meglio di quanto abbiamo saputo fare sino ad ora il pensare e l’operare, perché sappiamo dare ragione delle idee e delle proposte di cui ci facciamo interpreti, ma nello stesso tempo diventiamo capaci di dare traduzione concreta ad esse. La stessa complessità del nostro tempo spinge non tanto verso un livellamento delle risorse, quanto verso una loro valorizzazione, perché ogni situazione umana trovi credenti che la sappiano capire e interpretare alla luce dell’esperienza di fede. Una questione che ereditiamo per una certa prassi consolidata è quella della distinzione tra il campo della pastorale e il mondo della cultura, intesa qui in senso specialistico, pertanto scientifico ed accademico, anche quando si fa riferimento alla cultura cattolica e più specificamente a quella teologica. Tale separazione fa torto ai due termini. Alla pastorale perché non le riconosce una dignità culturale e, rischiando di estraniarla dalle questioni di fondo che muovono l’agire umano, la riduce a una pratica ripetitiva e chiusa in sé, quella che è stata definita “la conservazione dell’esistente” da Giovanni Paolo II a Palermo. Ma fa torto anche al mondo della cultura, perché lo costringe ad essere una sorta di casta chiusa, indifferente alle vicende della vita e ripiegato in una speculazione che non ha ricadute nella concretezza della storia.

La scelta antropologica con la centralità della persona e della Persona di Gesù Cristo permette di avere un punto unificante attorno al quale le diverse realtà possono operare, senza rinunciare al loro specifico servizio, ma concorrendo nella diversità anche di piani alla realizzazione di un progetto comune.

Metodologicamente è necessario pertanto mettere in moto delle dinamiche che aiutino i diversi soggetti a lavorare insieme, attorno ad obiettivi comuni e nel rispetto delle specifiche competenze. Tale scelta costringe ad un incontro tra esperienze che già operano nel territorio, quello di una diocesi, ma può essere anche quello di una città, per concorrere insieme a far crescere lo spessore storico, dunque culturale, della testimonianza cristiana.

In tale prospettiva si colloca anche l’apporto che può venire dalla testimonianza e dall’esperienza delle religiose che, con la ricchezza dei loro carismi e con la capacità di vivere la dimensione popolare, a stretto contatto con la di ricerca di senso e di risorse con cui si trovano a fare i conti le persone, offrono un contributo determinante alla traduzione di questo importante servizio di ‘carità culturale’ declinato dalla Chiesa in Italia.

Questa modalità operativa sinteticamente delineata del progetto culturale orientato in senso cristiano intende offrire una sollecitazione alle comunità cristiane e ai singoli credenti per vivere consapevolmente la testimonianza cristiana, assumendo le diverse sfide di questo tempo. Si tratta di una modalità con cui tradurre la prospettiva missionaria in una società complessa, in cui convivono diversi riferimenti culturali e anche religiosi.

Coloro che credono nel Dio che si è fatto carne non possono ignorare il problema dell’incontro con la condizione che l’uomo vive in ogni situazione storica e culturale. Evitare il confronto con questa dimensione e pertanto anche con i diversi modi di pensare, frutto di differenti matrici culturali o delle numerose acquisizioni scientifiche e tecnologiche, significa ignorare ciò che sta alla radice dell’esperienza del cristianesimo. Ma significa anche privare l’umanità di un contributo essenziale nel cammino sempre affascinante di ricerca della verità: il contributo di chi, amando intensamente l’esistenza che gli è donata, sa di dover cercare altrove le ragioni ultime di tale avventura.

   

*Responsabile del Servizio Nazionale per il Progetto Culturale della CEI.

 

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