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L'urgenza
di rilanciare il dialogo ecumenico all’inizio del terzo millennio è
sotto i nostri occhi. Ce lo chiede la storia stessa del secolo XX, che
ha visto la nascita dell’ecumenismo e molti progressi nell’avvicinamento
delle Chiese. Ce lo chiede l’attuale situazione del mondo in cui diventa
sempre più urgente la testimonianza dei cristiani. Contro una tentazione
di “autosecolarizzazione” delle Chiesa – parola usata dal Card.
cattolico J. Meissner nel recente Sinodo dei Vescovi – occorre una
rievangelizzazione personale e comunitaria, un aiuto reciproco fra le
Chiese, una evangelizzazione nella reciprocità. In Europa specialmente,
la crescente unità fra le nazioni chiede di mettere in atto programmi
concreti di dialogo e di avvicinamento fra i cristiani, in modo che
possano insieme prendere la parola e testimoniare la verità. La via
della spiritualità, cioè della vita stessa dei discepoli di Cristo e in
quanto discepoli di Cristo, fedeli al Vangelo e alla grazia del
battesimo che c’inserisce in Cristo, ci pone sotto la sovranità di Dio
Padre nella grazia dello Spirito Santo, e sembra oggi una via
privilegiata di vita e di testimonianza specifica. Per diverse ragioni.
Prima di tutto per una crescente fame o diffusa esigenza di spiritualità
che l’uomo del secolo XXI sperimenta; per un “al di là” ed un “oltre”
che il mondo non può donare, per quella esigenza di novità che solo può
venire da Colui che fa nuove tutte le cose, specialmente a partire dalla
comunicazione dello Spirito al nostro spirito nella reciprocità, dato
che solo dallo Spirito e dai nostri spiriti, nel senso più nobile della
parola, possono sorgere le vere realtà nuove. Finalmente, perché la via
dell’ecumenismo spirituale è stata una delle prime e più autorevoli e
feconde vie dell’ecumenismo, per la sua stessa indole teologica e
vitale, come cercherò di chiarire. Infatti, la via della spiritualità
apre all’ecumenismo della vita, all’ecumenismo del popolo, alla
possibilità di trovare delle basi umane nelle quali ci troviamo
uniti e dei vertici della comunione con Dio, dove siamo in Lui
una cosa sola come Lui stesso e solo Lui stesso ci fa una sola cosa. La
via della spiritualità è la via privilegiata dell’ecumenismo per la sua
stessa natura. Non è un ecumenismo di dialoghi sia pure intensi a
livello di scambi dottrinali o intellettuali, ma che sono momenti in cui
noi siamo ancora gli attori di questo dialogo. La spiritualità è
un’esperienza dello Spirito che noi compiamo davanti alla Santa Trinità,
con la grazia di Cristo presente in mezzo a noi, secondo la sua
promessa, sotto la guida dello Spirito Santo. È alla presenza di Dio, “in
conspectu Dei” che noi cerchiamo le vie del dialogo o, forse meglio,
ci poniamo sotto la grazia di Dio per lasciarci ispirare da Lui. Essa è
anche l’occasione dove ci doniamo fondamentalmente quello che Dio ha
posto in noi e quello che è la nostra specifica esperienza di Dio,
sempre nell’arricchimento reciproco: non in primo luogo di ciò che noi
pensiamo, ma di quello che Dio ci ha donato, nella condivisione delle
proprie tradizioni che ci uniscono e in quelle esperienze spirituali
delle nostre proprie tradizioni spirituali che ci arricchiscono. La
spiritualità è a via dei carismi migliori, per dirla con San Paolo,
perché è esperienza di amore vissuta fra noi.
La via della spiritualità ci rende
aperti, non solo e non per primo gli uni agli altri, ma aperti
reciprocamente allo Spirito Santo, per crescere nella carità e divenire
strumenti della sapienza dello Spirito Santo, raggiungendo vette alte
di comunione cristiana in Dio. Quella comunione che i santi delle
nostre rispettive Chiese hanno raggiunto e nelle quali si trovano uniti.
L’esercizio dell’ecumenismo nella
vita religiosa nasce dalla natura stessa della consacrazione a Cristo e
della missione come collaborazione all’instaurazione del suo Regno. A
tale missione si consacrano i religiosi e le religiose con tutta la loro
vita. Nella misura in cui l’unità dei credenti in Cristo appartiene agli
stessi sentimenti di Cristo, come sappiamo, tale ideale è al centro
della nostra vocazione ecclesiale. Nella misura in cui siamo chiamati,
come ricorda Vita consecrata a “sentire la Chiesa” e a “sentire
con la Chiesa” (VC 46), siamo chiamati a questa via ecumenica e a questo
esercizio concreto dell’ecumenismo.
Lungo la storia della Chiesa, nei
momenti di divisione, nella concreta presenza dei nostri fondatori e
fondatrici, nelle vicende ecclesiali che hanno messo in luce la
necessità di ricomporre l’unità dei cristiani, si è illuminato
concretamente questo aspetto, specialmente negli ultimi decenni. E molte
famiglie religiose hanno raccolto l’eredità dei fondatori o sono nate
proprio in vista di vivere questo aspetto della vita della Chiesa
contemporane.
Ma oggi l’ecumenismo non è solo
proprio di un carisma; è di tutti i carismi, perché i carismi crescono e
si dilatano dinamicamente in comunione con la Chiesa che in questi
ultimi decenni del secolo XX con una più crescente passione si è
impegnata in questo compito. E tutti i consacrati oggi devono per
vocazione sentire nel cuore l’anelito stesso di Gesù per l’unità di
tutti i cristiani. Non è un aspetto proprio solo di una “elite” di
religiosi e religiose. È un aspetto spirituale che appartiene veramente
a tutti. Se i nostri Santi Fondatori e Fondatrici fossero vivi nella
Chiesa oggi, li sentiremo vibrare con questa passione per l’unità.
Vivendo il carisma di fondazione siamo noi, che siamo figli e figlie di
questi fondatori e fondatrici ad interpretare i loro desideri e a vivere
le istanze di una vera e propria passione per l’unità.
Questa passione per l’unità
appartiene anche alla nostra natura di religiosi/e, chiamati a favorire
una autentica spiritualità di comunione, come ricorda VC nn. 46 e 50, in
modo particolare come ricorda VC n. 51 in quanto siamo chiamati ad
aprire e riaprire tutti i dialoghi nella Chiesa .
1. Una esperienza
storica
Molteplici sono state le esperienze
in seno alla vita consacrata che di fatto sono state vissute fin dai
primi anni in cui nel sec. XX si è aperto l’itinerario del movimento
ecumenico, , anche nel tempo in cui la Chiesa cattolica non aveva ancora
sposato del tutto la causa dell’ecumenismo, come è avvenuto, finalmente,
nel pontificato di Giovanni XXIII e poi nel Concilio Vaticano II.
Comunità monastiche come quella benedettina di Chévétogne, fondata da D.
Lambert Beaudoin, religiosi di vari ordini e teologi pionieri
dell’ecumenismo come Y.M. Congar, L. Bouyer, C. Boyer e tanti altri sono
stati coraggiosi pionieri dell’ecumenismo. Tante sono state le religiose
che hanno offerto un vivo esempio di dedizione per la causa del
l’ecumenismo: la Beata Gabriella Sagheddu, ricordata dal Giovanni Paolo
II nella Lettera Ut unum sint n. 27 come apostola della preghiera
per l’unità dei cristiani, la M. Elisabetta Hesblad, fondatrice
dell’Ordine del Santissimo Salvatore e di Santa Brigida, la M. Elisabeth
Roussel, una carmelitana scalza espulsa dalla Cina, che ha fondato un
monastero carmelitano di rito bizantino per pregare ed offrire la vita
per l’unità.
Un concreto servizio dell’ecumenismo
spirituale della vita religiosa si è reso vivo e palpabile attraverso la
presenza di monasteri di vita contemplativa, maschili e femminili, in
paesi dove prevalevano i fratelli ortodossi e protestanti. Sono sorte
nuove fondazioni ispirate ai valori del monachesimo o della parola: come
Bose in Italia e tanti altri che sono divenuti centri di dialogo
ecumenico, e come il monastero delle Carmelitane Scalze di Mazille (Cluny)
voluta da R. Schutz vicino a Taizè, quale espressione del monachesimo
cattolico. Dovremmo parlare anche di tante Congregazioni religiose e di
tante comunità monastiche nate con lo scopo di contribuire all’unità dei
cristiani, come i religiosi dell’Atonement.
L’ecumenismo è ormai una dimensione
essenziale della vita consacrata anche tramite i nuovi carismi che
richiamano tutti a questo esercizio concreto.
2. Alcune indicazioni
del magistero della chiesa
Il Dossier ecumenico su vita
religiosa ed ecumenismo nel Magistero della Chiesa è particolarmente
ricco. Abbiamo testi dottrinali comuni di teologia e di spiritualità
dell’ecumenismo, come il Decreto Unitatis Redintegratio,
l’Enciclica Ut unum sint, la Lettera Orientale Lumen –
tutte e due del 1995 – ed altri testi minori.
Abbiamo come grandi documenti
orientativi il Direttorio ecumenico del 1993, e l’ottimo il sussidio del
PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA
PROMOZIONE DELL'UNITÀ DEI CRISTIANI, La dimensione ecumenica nella
formazione di chi si dedica al ministero pastorale, Roma 1997.
In maniera più specifica vogliamo ricordare alcuni documenti ed
orientamenti per la vita religiosa e l’ecumenismo.
Già nel Decreto Perfectae
Caritatis, quando si tratta degli orientamenti necessari per il
rinnovamento della vita religiosa, si allude, nel n. 2, alla
partecipazione alle preoccupazioni della Chiesa, in campo ecumenico.
Con più abbondanza di dati, Il
Direttorio ecumenico del 1993 offre ampio spazio alla realtà
dell’ecumenismo nella vita consacrata nei nn. 50-51, con questi
indirizzi che qui di seguito trascriviamo.
50.
Poiché la cura di ristabilire l'unità
dei cristiani riguarda tutta la Chiesa, tanto i ministri sacri quanto i
laici55, gli ordini religiosi, le congregazioni religiose e
le società di vita apostolica, per la natura stessa dei loro compiti
nella Chiesa e per il loro contesto di vita, hanno occasioni specifiche
di favorire l'ideale e l'azione ecumenica. In conformità ai propri
carismi e alle proprie costituzioni — di cui alcune sono anteriori alle
divisioni dei cristiani — e alla luce dello spirito e delle finalità di
ciascuno, tali istituti e tali società sono incoraggiati ad attuare,
secondo le loro concrete possibilità e nei limiti delle loro regole di
vita, le seguenti prospettive e attività:
-
favorire la
consapevolezza dell'importanza ecumenica delle loro particolari forme
di vita, poiché la conversione del cuore, la santità personale, la
preghiera, pubblica e privata, e il servizio disinteressato alla
Chiesa e al mondo sono il cuore del movimento ecumenico;
-
aiutare a far
comprendere la dimensione ecumenica della vocazione di tutti i
cristiani alla santità della vita, offrendo occasioni per far
progredire la formazione spirituale, la contemplazione, l'adorazione e
la lode di Dio, il servizio del prossimo;
-
tenendo conto della
natura e delle esigenze dei luoghi e delle persone, organizzare
incontri con cristiani di diverse Chiese e comunità ecclesiali per
preghiere liturgiche, riflessioni, esercizi spirituali e per una
comprensione più profonda delle tradizioni spirituali cristiane;
-
mantenere rapporti
con monasteri o comunità cenobitiche di altre Comunioni cristiane per
lo scambio di ricchezze spirituali e intellettuali, e di esperienze di
vita apostolica, poiché lo sviluppo dei carismi religiosi di tali
Comunioni può costituire un reale apporto per l'intero movimento
ecumenico. Potrebbe in tal modo essere suscitata una feconda
emulazione spirituale;
-
nel dare indirizzi
alle proprie istituzioni educative, numerose e varie, tener presente
l'attività ecumenica secondo i principi sotto indicati in questo
Direttorio;
-
collaborare con
altri cristiani in un'azione comune per la giustizia sociale, lo
sviluppo economico, il miglioramento delle condizioni sanitarie e
dell'educazione, la tutela del creato, e per la pace e la
riconciliazione tra le nazioni e le comunità;
-
«Per quanto lo
permettano le condizioni religiose, va promossa un'azione ecumenica
tale che i cattolici, esclusa ogni forma sia di indifferentismo e di
confusionismo, sia di sconsiderata concorrenza, attraverso una comune,
per quanto è possibile, professione di fede in Dio e in Gesù Cristo di
fronte alle genti, attraverso la cooperazione nel campo tecnico e
sociale come in quello religioso e culturale, collaborino
fraternamente con i fratelli separati, secondo le norme del decreto
sull'ecumenismo. Collaborino soprattutto per la causa di Cristo, loro
comune Signore: il suo Nome li unisca!»56. Nel compiere
tali attività osserveranno le norme che il Vescovo diocesano, i Sinodi
delle Chiese orientali cattoliche o le Conferenze episcopali avranno
stabilite per l'opera ecumenica, considerata come un elemento della
loro cooperazione all'insieme dell'apostolato in un determinato
territorio. Mantengano strette relazioni con le diverse commissioni
ecumeniche diocesane o nazionali e, nei casi indicati, con il
pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani.
51.
Avviando tale attività ecumenica, è
molto opportuno che i vari istituti di vita consacrata e le società di
vita apostolica, a livello della propria autorità centrale, nominino un
delegato, oppure una commissione, con il compito di promuovere e di
assicurare il proprio impegno ecumenico. La funzione di questi delegati,
o commissioni, sarà di favorire la formazione ecumenica di tutti i
membri, di collaborare alla formazione ecumenica specializzata dei
consiglieri per le questioni ecumeniche presso le autorità a livello
generale e locale degli istituti e delle società; più particolarmente
sarà loro compito mettere in atto e assicurare le attività sopra
descritte (n. 50).
Il Sinodo sulla vita consacrata e
l’Esortazione Apostolica postsinodale Vita consacrata hanno fato
emergere profondamente questa dimensione. Fra i Delegati fraterni
presenti nel Sinodo ricordiamo la partecipazione di fratelli e sorelle
delle diverse tradizioni cristiane, come: il Metropolita di Patmos,
ortodosso e la monaca riformata Monique de Vries. Negli interventi del
Padri sinodali e degli altri invitati è stata viva la sensibilità a
certi aspetti della vita monastica di Oriente e di Occidente.
Anche nelle chiese e comunità
ecclesiali dell’Occidente si sente il desiderio di far rifiorire la vita
secondo i consigli evangelici, dopo il rifiuto clamoroso dei Riformatori
del secolo XVI. Possiamo, infatti, notare che oggi esistono sotto
diversi nomi, oltre ad un ricco monachesimo orientale di uomini e donne,
comunità religiose nell’anglicanesimo e nel protestantesimo, alcune
delle quali sono ispirate a Santi cattolici: Francesco, Benedetto,
Teresa d’Avila. Oppure comunità di diaconesse di varie denominazioni.
Sono spesso luoghi di comunione e di celebrazione, di reciprocità e di
ospitalità ecumenica.
In questo contesto possiamo ricordare
gli indirizzi concreti che sull’ecumenismo ha espresso l’Esortazione
Apostolica Vita consacrata nei nn. 100-102.
“(Al servizio dell'unità dei
cristiani) 100. La
preghiera di Cristo al Padre prima della Passione, perché i suoi
discepoli rimangano nell'unità (cfr Gv 17, 21-23), continua nella
preghiera e nell'azione della Chiesa. Come potrebbero non sentirsene
coinvolti i chiamati alla vita consacrata? La ferita della disunione
tuttora esistente fra i credenti in Cristo e l'urgenza di pregare e
lavorare per promuovere l'unità di tutti i cristiani sono state
particolarmente avvertite al Sinodo. La sensibilità ecumenica di
consacrati e consacrate è ravvivata anche dalla consapevolezza che in
altre Chiese e Comunità ecclesiali si conserva ed è fiorente il
monachesimo, come nel caso delle Chiese orientali, o si rinnova la
professione dei consigli evangelici, come nella Comunione anglicana e
nelle Comunità della Riforma. Il Sinodo ha messo in luce il profondo
legame della vita consacrata con la causa dell'ecumenismo e l'urgenza di
una testimonianza più intensa in questo campo. Se infatti l'anima
dell'ecumenismo è la preghiera e la conversione, non v'è dubbio che gli
Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica hanno un
particolare dovere di coltivare questo impegno. È urgente, pertanto, che
nella vita delle persone consacrate si aprano spazi maggiori alla
orazione ecumenica ed alla testimonianza autenticamente evangelica,
affinché con la forza dello Spirito Santo si possano abbattere i muri
delle divisioni e dei pregiudizi tra i cristiani”.
In
sintesi il Sinodo ci ha ricordato che vi sono esperienze di vita
consacrata, anche sotto altri nomi. Nella vita monastica e nella
consacrazione emerge quell’ecumenismo spirituale della conversione che
offre una particolare attenzione alla preghiera e al dinamismo di
dialogo nello Spirito Santo.
“(Forme di dialogo ecumenico)
101. La condivisione della lectio
divina nella ricerca della verità, la partecipazione alla preghiera
comune, nella quale il Signore garantisce la sua presenza (cfr Mt
18, 20), il dialogo dell'amicizia e della carità che fa sentire come è
bello che i fratelli vivano insieme (cfr Sal 133[132]), la
cordiale ospitalità praticata verso i fratelli e le sorelle delle
diverse confessioni cristiane, la mutua conoscenza e lo scambio dei
doni, la collaborazione in iniziative comuni di servizio e di
testimonianza, sono altrettante forme del dialogo ecumenico, espressioni
gradite al Padre comune e segni della volontà di camminare insieme verso
l'unità perfetta sulla via della verità e dell'amore. Anche la
conoscenza della storia, della dottrina, della liturgia, dell'attività
caritativa e apostolica degli altri cristiani non mancherà di giovare ad
un'azione ecumenica sempre più incisiva. Voglio incoraggiare quegli
Istituti che, per nativo carattere o per successiva chiamata, si
dedicano alla promozione dell'unità dei cristiani e per essa coltivano
iniziative di studio e di azione concreta. In realtà, nessun Istituto di
vita consacrata deve sentirsi dispensato dal lavorare per questa causa.
Rivolgo inoltre il mio pensiero alle Chiese orientali cattoliche
auspicando che, anche attraverso il monachesimo maschile e femminile, la
cui fioritura è grazia che va costantemente implorata, esse possano
giovare all'unità con le Chiese ortodosse, grazie al dialogo della
carità e alla condivisione della comune spiritualità, patrimonio della
Chiesa indivisa del primo millennio. Affido in modo particolare
l'ecumenismo spirituale della preghiera, della conversione del cuore e
della carità ai monasteri di vita contemplativa. A questo scopo
incoraggio la loro presenza là dove vivono comunità cristiane di varie
confessioni, affinché la loro totale dedizione all'«unico necessario» (cfr
Lc 10, 42), al culto di Dio e all'intercessione per la salvezza
del mondo, unitamente alla loro testimonianza di vita evangelica,
secondo i propri carismi, sia per tutti uno stimolo a vivere, ad
immagine della Trinità, in quella unità che Gesù ha voluto e chiesto al
Padre per tutti i suoi discepoli.”
Notiamo l’insistenza di certi modi di dialogo nello spirito che sono
propri e caratteristici della tradizione della vita religiosa come la
Lectio divina, il dialogo e l’amicizia con gli altri cristiani,
l’ospitalità reciproca, la mutua conoscenza, lo scambio di doni, la
collaborazione possibile nello spirito di carità e di testimonianza, il
progresso nella conoscenza reciproca storica, liturgica, teologica e
spirituale
3. Alcune esperienze
personali
L’ecumenismo non è una teoria, è una
storia ed una esperienza. Anche nell’ambito della spiritualità ecumenica
il vissuto è importante. Per questo voglio qui offrire alcune mie
esperienze di dialogo ecumenico nell’ambito della spiritualità per
risvegliare anche tante altre esperienze valide degli ultimi anni che
aprono il cuore alla speranza. Anche nell’ambito della spiritualità,
l’ecumenismo ha la sua teologia narrativa. La prima esperienza alla
quale voglio alludere sono i Simposi intercristiani che da dieci anni si
celebrano, con scadenza prima annuale e poi biennale, fra cattolici
invitati dall’Istituto Francescano di Spiritualità dell’Antonianum ed
ortodossi greci, quest’ultimi nella maggior parte professori laici
dell’Università aristotelica di Tessalonica. Fino ad oggi, dal 1992 sono
stati celebrati ormai VII Simposi. Con quest’ordine e queste tematiche.
Creta, Accademia Ortodossa di Kolibari ( 8-10 settembre 1992):
Preghiera e contemplazione; Salonicco, Università di Salonicco (5-9
settembre 1993): Spiritualità del monachesimo in Oriente e in
Occidente; Venezia, Isola di San Giorgio (5-7 settembre 1994):
Spiritualità e vita ecclesiale in Oriente e in Occidente;
Alessandropouli in Grecia ( 3-7 settembre 1995): Oriente ed Occidente
cristiano: un’anima per l’Europa; Assisi ( 5-8 settembre 1997) :
Santità e vita nello Spirito nella tradizione di Oriente e di Occidente;
Veroia, antica Perea, nella regione della Macedonia (4-9 settembre
1999): Carisma e istituzione nella tradizione orientale e occidentale;
Reggio Calabria (2-4 settembre 2001): Prospettive soteriologiche
nella tradizione orientale e occidentale. Altri Simposi ai quali non
ho assistito si sono celebrati in Ioannina Grecia (2003) e Assisi
(2005).
Le tematiche proposte in questi sette
simposi sono interessanti. La reciprocità ecumenica è stata sempre
salvaguardata dalla celebrazione ora in Italia ora in Grecia,
dall’equilibrio delle due tradizioni, dal contributo bilanciato degli
oratori. Gli Atti di alcuni dei Simposi sono stati pubblicati in greco e
in italiano. Questi incontri non sono stati solo di studio della
spiritualità, ma anche di esperienza spirituale: incontro con le
persone, visite alle Chiese locali con i loro pastori, esperienze di
celebrazioni liturgiche dove ogni gruppo ha cercato di presentare il
meglio della propria tradizione, con mutua edificazione e stima delle
proprie tradizioni. Abbiamo potuto così condividere la spiritualità
vissuta, anche con precisi incontri con la gente. Fra di noi sono
cresciuti certamente, altri frutti, prima di tutto una squisita amicizia
ecumenica che si traduce, oltre che con i rapporti periodici, con
scambio di doni e con un mutuo avvicinamento. Da notare che in alcuni
Simposi non sono mancate le Lettere o messaggi di incoraggiamento da
parte del Papa e del Patriarca ecumenico e i rappresentanti ufficiali
della Santa Sede e del Patriarcato ecumenico (cf. Appendice n. 1).
Una seconda esperienza di
Spiritualità e di ecumenismo, anche vissuta da me, è quella della
Fraternità Sant’Elia. Si tratta di un gruppo ecumenico che raduna
Vescovi, sacerdoti, diaconi, monaci e monache, laiche di diverse Chiese
cristiane attorno al Monastero carmelitano femminile di
Saint-Rémy-Montbard in Francia. Il monastero conta oggi anche una
succursale in Romania presso Stanceni, non lontano da Toplitza, in un
territorio dove insieme convivono cattolici romeni di rito latino,
cattolici romani di lingua ungherese, greco cattolici, ortodossi e
luterani. In questa Fraternità, che conta anche fra gli amici alcuni
fratelli e sorelle provenienti dall’ebraismo, sotto la protezione del
profeta Elia, sono uniti spiritualmente dal vincolo della preghiera
reciproca, rappresentata dalla parola-preghiera di Elia: “Vive Dio al
cui cospetto io mi trovo!”. Condividono presso questi monasteri
carmelitani o in altre sedi, momenti di scambio dottrinale sulla
spiritualità, sono legati da una rivista chiamata Miketav,
pubblicata in francese e in romeno; partecipano a diverse celebrazioni
liturgiche, specialmente in occasione della settimana di preghiere per
l’unità dei cristiani, la Settimana santa, la festa di Sant’Elia; si
uniscono in pellegrinaggi ecumenici che favoriscono la conoscenza
reciproca delle persone e dei luoghi. È un esempio concreto di una
condivisione di spiritualità ecumenica. Anche in questo caso la
spiritualità studiata, vissuta, condivisa diventa una via regale per
l’avvicinamento e l’intesa che fa crescere i rapporti di reciprocità con
un arricchimento notevole (cf. Appendice n. 2).
4. Le vie
dell’ecumenismo oggi
Le vie dell’ecumenismo oggi,
particolarmente in Europa davanti ad una situazione cambiata, ci
spingono a ritrovarsi sempre più uniti ad essere insieme, a lavorare
insieme, a pregare insieme nel Signore, sia all’Est che all’Ovest.
Questa prassi spirituale – questa spiritualità ecumenica concreta – è
stata sancita recentemente nell’incontro delle Chiese cristiane di
Europa a Strasburgo nell’aprile del 2001. Questo terzo incontro dei
cristiani di Europa, dopo quello di Basilea nel 1989 e quello di Graz
nel 1997, organizzato dalle Conferenze delle Chiese europee (KEK) e dal
Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE), ha approdato alla
redazione di una Charta ecumenica che contiene le linee guida per
la crescita della collaborazione fra le Chiese in Europa sulla base di
un’esperienza tipicamente spirituale.
I dodici grandi e pratici impegni
della Charta costituiscono una sorta di spiritualità ecumenica
aggiornata e avanzata, frutto promettente del dialogo e dell’impegno
ecumenico all’inizio del terzo millennio, capace di ravvivare iniziative
e dialoghi a livello di popolo di Dio. Basta ricordare i dodici punti e
leggerli non in pura chiave teologica o pastorale, ma in linea di
vissuto specifico e quindi di spiritualità realizzata. Non si potrebbe,
infatti, dare corpo a questi impegni, senza una vita di comunione
nell’amore, senza il soffio dello Spirito Santo che ci aiuta ad unirci,
a collaborare, a compiere insieme questi impegni. Un concreto esercizio
di questi impegni ci fa respirare la carità di Cristo e la grazia dello
Spirito Santo.
Ecco in sintesi i
dodici punti:
Chiamati insieme all’unità
della fede. Dalla professione di fede vissuta nella Trinità
l’impegno per progredire insieme verso la totale unità della fede
cristiana, secondo il Vangelo di Cristo.
Annunciare insieme il Vangelo.
Una spiritualità dell’annuncio che non si compie senza una
rievangelizzazione mutua, come abbiamo ricordato.
Andare l’uno incontro all’altro.
Un impegno all’incontro, alla rilettura della storia delle nostre
chiese, al rinnovamento dei cuori, all’arricchimento reciproco delle
nostre tradizioni.
Operare insieme.
Si tratta di sviluppare una vera e propria fantasia della carità
ecumenica verso i fratelli di fede e verso gli altri.
Pregare insieme.
Non c’è dubbio che si allarga la gioia del Padre quando ci vede insieme
pregando nel nome del suo Figlio, sotto la mozione dello Spirito Santo.
Proseguire i dialoghi.
È questa un’espressione della speranza ecumenica, vera spiritualità
della speranza che non si rassegna alle divisioni che non si frena
davanti ai fallimenti e alle incomprensioni, ma prosegue sempre vivendo
quella “perseveranza” quotidiana nel disegno di Dio che ha
caratterizzato la prima comunità cristiana.
Contribuire a plasmare l’Europa.
Da più parti e a più voci, si richiama la necessità di plasmare
un’Europa dello spirito, un’Europa con lo Spirito. Le Chiese cristiane
non possono restare inerti e passive davanti alla costruzione di
un’Europa, se questa non porta con sé il soffio della grande tradizione
evangelica, che in altri tempi ha forgiato l’Europa. Anche le tre grandi
tradizioni ecclesiali europee – ortodossa, cattolica, protestante – sono
sollecitate a dare il proprio contributo insieme per un’Europa dello
Spirito.
Riconciliare popoli e culture.
Davanti al pericolo dei nazionalismi, la spiritualità ecumenica assume
anche le dimensioni politiche della riconciliazione fra i popoli e le
culture, per superare la divisione mediante la con-divisione,
l’opposizione mediante la comunione. La spiritualità assume anche il
peso storico e sociale che è proprio del messaggio evangelico del nostro
Maestro e dei grandi maestri dell’ecumenismo.
Salvaguardare il creato.
Anche questa dimensione, che è anche propria della spiritualità della
fine del secolo XX e del secondo millennio, e che tanto ha preoccupato
le Chiese in diverse assise ecumeniche, mostra la fecondità di una
spiritualità che non dimentica il primo atto di amore creatore di Dio,
la creazione del mondo, creatura di Dio, e l’ultima chiamata al
rinnovamento escatologico, con i cieli nuovi e con la terra nuova.
Approfondire la comunione con
l’Ebraismo. Ecco un
compito che ci porta alla considerazione attenta delle nostre radici e
ci apre ai fratelli dell’ebraismo, prima di tutto nella mutua stima
delle persone, il rifiuto di ogni sorta di razzismo, ma anche nella
doverosa attenzione alla loro eredità spirituale.
Curare le relazioni con l’Islam.
Un impegno della massima attualità che esorta allo sforzo comune e alla
stima reciproca, alla collaborazione su temi di comune interesse.
L’incontro con altre
religioni e visioni del mondo.
La forza dell’unità dei cristiani, la
visione unitaria del disegno di Dio spinge ad aprire i dialoghi, come
già affermò Paolo VI nella sua Lettera Enciclica Ecclesiam suam e
ricorda la GS, n. 92. Un dialogo che si apre prima di tutto all’interno
di ogni Chiesa, perché sia testimonianza di unità, ma anche i dialoghi
fuori della propria Chiesa, verso le altre religioni e verso tutti gli
uomini e donne, che appartengono alla stessa famiglia umana e sono tutti
e tutte creature di Dio. Se i cristiani andranno insieme verso gli
altri, con la forza della testimonianza e l’attendibilità del messaggio
di Cristo avranno la capacità di riconoscere i valori del Vangelo
presenti in tutte le culture. È stato scritto che “qualunque verità, non
importa da chi venga detta, viene dallo Spirito Santo” (M.Petri
Lombardi, Sententiae in IV Libris distinctae, l. 1, d. XLVI, c.
VII: Spicilegiǔm bonaventurianǔm IV: T.I, Pars II, 320s., 32s.;
cf I-Iiae, q. XIX, a.5, ad ulm). Ecco tutta una serie di impegni
programmatici per la spiritualità ecumenica del presente e
dell’avvenire.
5. Un metodo ecumenico di avvicinarsi, incontrarsi, riconoscersi,
lasciarsi diventare spazio della presenza di Cristo
Possiamo raccogliere qui alcune linee
fondamentali per vivere un vero ecumenismo, a partire dalla nostra
sensibilità, propria della vita religiosa nella sequela di Cristo e
nella continua ricerca della santità secondo il Vangelo.
Prima di tutto
considerare l’altro e riconoscerlo come Dio lo considera e riconosce
Occorre, davanti ai nostri fratelli e
sorelle a cui siamo uniti mediante il battesimo, ri-conoscersi come
cristiani, discepoli di Gesù ed approfondire i rapporti a partire dalla
dignità del santo battesimo. In definitiva, si deve cogliere nell’altro
la grazia della presenza di Cristo mediante il battesimo e il dono dello
Spirito. Se escludo questo rapporto – da vero cristiano - non riconosco
l’opera e la presenza di Cristo nell’altro. Se apro il mio cuore
all’altro/a, offro spazi a Gesù affinché si immetta fra noi, mediante la
carità reciproca.
In questo modo si superano i
pregiudizi, si mettono insieme le cose che ci uniscono e si procede
verso la creazione di una comunità che si costituisce per la comunione
nella parola e nell’amore fraterno.
Da questa prima comunione nasce il
bisogno e la possibilità di testimoniare insieme questa unità verso gli
altri; con una azione apostolica portata avanti insieme.
Vorrei a questo punto ricordare che
nella Veglia Pasquale del 2001, celebrata con gli ortodossi a Nizny
Novgorod in Russia, ho sentito quasi la voce dello Spirito che mi
invitava a riconoscere che nell’Eucaristia celebrata, la presenza di
Cristo faceva di questa chiesa una autentica chiesa del Signore, uscita
dalle sofferenze. Una chiesa che io dovevo amare e riconoscere con lo
stesso amore con cui Cristo si donava a questa comunità e a tutte le
comunità ortodosse.
Ricordo l’emozione di un vescovo
anglicano al quale ho chiesto di donarci la benedizione dopo la visita
in Vaticano della Cappella Redemptoris Mater. Si è commosso
perché io lo riconoscevo come egli era riconosciuto nella sua Chiesa e
lo trattavo con una deferenza particolare.
Dall’imparare (mathein)
al soffrire (pathein)
Non c’è ecumenismo senza sofferenza e
senza faticoso apprendimento. Nell’ecumenismo dobbiamo “imparare”
l’altro e imparare dall’altro attraverso la sofferenza del mio io che si
apre all’alterità, e lo “altera”: “Nel mio riconoscere l’altro mi
espongo alle sofferenze e alle gioie della mia propria trasformazione,
non per conformarmi all’altro, ma nel mettermi al posto dell’altro”( J.
Moltmann). È una considerazione fatta dal Vescovo K. Koch di Basilea in
una presentazione della spiritualità ecumenica. Si impara e si soffre
insieme. Allora spunta un vero ecumenismo di empatia verso l’altro, di
comprensione che genera simpatia.
Una forma di spiritualità ecumenica è
credere nell’altro e andare verso l’altro con un atteggiamento positivo;
sviluppare una sensibilità benevola nei confronti dell’altro e volgere
costantemente lo sguardo verso di lui. Non provocare contrasti inutili
che potrebbero essere evitati. Essere disponibili ad imparare
dall’altro. Accettare una critica giustificata dei nostri atteggiamenti
per procedere ai dovuti chiarimenti ed eventualmente ad una comunione
conversione verso il bene. Adoperare sempre un atteggiamento di
reciproca riconciliazione.
L’ecumenismo è opera della grazia.
Occorre dare spazio a Cristo affinché egli possa agire in noi e fra noi.
Pregare insieme e
mantenere un clima di preghiera
Il ricorso alla preghiera come metodo
di ecumenismo spirituale suppone dimenticare noi e le nostre differenze
per offrire uno spazio a Cristo Signore. Pregarlo insieme, nel suo nome
ed accordarsi nella sinfonia della preghiera. È un dono grande il
pregare insieme, che aiuta a renderci gli uni agli altri la
testimonianza del nostro pregare, cioè del nostro rapporto con Dio
evidenziato nel silenzio, nel canto, nella preghiera comune o spontanea.
La preghiera ci permette di avvicinarci insieme nello Spirito Santo, di
sentire le nostre povertà, di implorare insieme la grazia dell’unità. Di
lasciarci toccare dallo Spirito per essere incamminati verso la pienezza
della unità visibile.
Identità e
reciprocità
La comunione ecumenica richiede nel
dialogo l’onestà di presentarsi in tutta la verità, senza cedimenti.
Occorre quindi fedeltà alla propria fede e alla propria chiesa.
Ma l’identità non basta. Ci vuole la
reciprocità e allora risulta vero che siamo tutti invitati all’ascolto
reciproco, alla condivisione delle realtà migliori delle nostre
tradizioni: le dottrine, le esperienze, le testimonianze, le
celebrazioni liturgiche, ma anche l’ospitalità, la preghiera, in attesa
di poter condividere la stessa eucaristia.
Forse ci sono cose che ci uniscono e
costituiscono l’abc della spiritualità ecumenica, proprio perché non ci
sono delle pregiudiziali confessionali e delle esplicite proibizioni in
ambito ecumenico.
Ne enumero alcune che mi sembrano
importanti ed attuabili nell’oggi e nel domani e che ci rendono grati al
cospetto del Padre nella presenza di Cristo e sotto la guida dello
Spirito Santo. Prima di tutto la consapevolezza della
confessione della nostra fede davanti a Dio. Una confessione che non
esclude gli altri, ma piuttosto, come una glorificazione del mistero che
ci è stato rivelato e che vogliamo comprendere sempre di più
nell’ineffabilità del mistero, senza reciproci anatemi, nella ricerca
dell’umile comprensione sapienziale della rivelazione salvifica per noi,
sforzandoci poi di vivere con quella stessa fede che abbiamo professato.
È il principio di una spiritualità che ha come fondamento la verità
della fede.
In secondo luogo possiamo insieme, al
di là delle nostre teologie e come sottomissione alla vera Teologia,
sapienza di Dio in Cristo e nello Spirito, leggere, meditare,
contemplare insieme la Parola di Dio, con la sua forza e la sua
sapienza, chiedendo allo Spirito Santo la piena rivelazione di tutto il
suo senso, che nessuno può monopolizzare. È la spiritualità della Parola
ascoltata, meditata, contemplata e donata reciprocamente. In terzo luogo
possiamo essere uniti nella preghiera. Sempre nella preghiera silenziosa
affidata all’intercessione dello Spirito nei nostri cuori. Qualche volta
nella partecipazione alla preghiera degli altri ai quali viene offerta
l’ospitalità, talvolta nella preghiera ecumenica realizzata sulla base
della reciprocità, come spesso accade. Ed è la spiritualità della
preghiera ecumenica.
Finalmente dobbiamo e possiamo farlo
senza impedimenti, praticando gli uni verso gli altri la reciproca
carità del giudizio, della parola, dell’azione, della collaborazione. Ed
è la spiritualità della comunione nello stesso amore di Cristo, segno
dei discepoli, garanzia della presenza di Cristo in noi e fra noi.
Dalle esperienze proposte e dai
principi enunciati, si evince chiaramente come la vera spiritualità
ecumenica alla quale tende l’ecumenismo è quella della condivisione
della parte migliore delle nostre Chiese. Mi ha fatto impressione
ascoltare nel 1999, a Tessalonica, la conferenza di un monaco del Monte
Athos – l’igumeno del monastero di Iviron – Vassilios Gondikakis, il
quale davanti alle mutue incomprensioni ci ha ribadito il richiamo ad
essere fino in fondo noi stessi nelle nostre rispettive Chiese. “Siate
fino in fondo cattolici, ci diceva, e lasciateci essere fino in fondo
ortodossi”. È come un presupposto affinché lo Spirito faccia in noi e
con noi il miracolo dell’unità.
Conclusione: Ecumenismo spiritualità del futuro
Davanti alle difficoltà del dialogo
ecumenico ancora esistenti, viste le reticenze del dialogo teologico, la
spiritualità studiata, condivisa, vissuta insieme, come ho cercato di
descrive in questo mio intervento, si presenta come una via regale di un
futuro che ci porterà verso la convergenza del cuore e della mente.
Vivere la spiritualità significa, in
concreto, lasciare spazio a Cristo in noi e fra noi, seguire la via
dello Spirito, ritrovarsi al vertice là dove il Signore stesso ci
convoca, senza dimenticare che nell’umiltà e nella povertà, egli verrà
incontro a noi.
Spiritualità ecumenica è anche consapevolezza della nostra comunione
nella povertà con la quale nessuno si sente autosufficiente, tanto meno,
davanti a Dio; tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri. Questa
sottomissione allo Spirito del Signore è senza dubbio via di accoglienza
del mistero, fede nella potenza di Dio, atteggiamento mariano, ad
imitazione della Vergine Maria, che accoglie con gioia l’annunzio che
quello che sembra impossibile agli uomini è sempre possibile a Dio e
offre il suo spazio vitale a Dio affinché continui a compiere
meraviglie.
Nota bibliografica:
Per lo studio del nostro tema rimandiamo specialmente ad
alcune voci significative di Dizionari di Spiritualità e di
Ecumenismo: GWEN CASHMORE E JEAN PLUS, Spiritualità nel movimento
ecumenico, in: Dizionario del Movimento ecumenico, EDB,
Bologna, 1994, pp. 1035-1040; REGIS LANDUS, Ecumenismo spirituale,
Ibid. pp. 461-462; JOHN. B; CARDEN, Preghiera nel
Movimento ecumenico, ivi., pp. 878- 881; S. SPINSANTI,
Ecumenismo spirituale, in Nuovo Dizionario di Spiritualità,
Ed. Paoline, Roma, 1979, pp. 460-478; S. VIRGULIN, Ecumenismo,
in: Dizionario Enciclopedico di Spiritualità, Città Nuova
Roma, 1990, pp. 864-867.
D. FERNANDEZ, Ecumenismo,
in Diccionario Teológico de la vida consagrada, Madrid,
Publicaciones Claretianas, 1989, pp. 551-562 (versione anche in
lingua italiana, Ancora, Milano, 1994, pp. 673-683).
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